Gravis
di Trep e Colmaior da Navarons (PN)
Avvicinamento:
Lestans- toppo-Meduno-Navarons- parcheggio dentro la
frazione presso una piazzetta.
Localizzazione: Prealpi Carniche- Catena Chiarescons - Cornaget- Resettum
-Dorsale Resettum- Raut
Regione:
Friuli-Venezia Giulia.
Provincia
di: PN
.
Dislivello:
613 m.
Dislivello
complessivo: 613 m.
Distanza percorsa in Km: 7
Quota minima partenza: 320 m.
Quota
massima raggiunta: 704 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 4 ore
In:
solitaria
Tipologia
Escursione: ambiente misto: Colmaior, colle intensamente solcato da remoti
sentieri e con la presenza di numerosi stavoli e ruderi degli stessi. Gravis di
Trep: traccia di cacciatori con bolli, per l’ascesa alla vetta nessun segno e
ometto. Per il raggiungimento della vetta del Gravis di Trep ho seguito una mia
intuizione, creando pochi ometti, a scopo di orientamento personale, terreno
instabile e molto esposto.
Difficoltà:
Colmaior
per escursionisti.
Gravis
di Trep: Escursionisti Esperti atti ad agire in ambiente con poche o assenza di
tracce e segni.
Tipologia sentiero o
cammino: remoti sentieri di montagna - tracce di cacciatori o animali
selvatici.
Ferrata-
Segnavia:
Anello Colmaior- segni Bianco-rossi- bolli per il Gravis di Trep.
Fonti
d’acqua: no
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: medio-alta
Attrezzature:
no
Croce di vetta: si
Ometto di vetta: si
Libro di vetta: installato
barattolino spiriti liberi.
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: primavera-autunno
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: 02 marzo 2022
Gravis
di Trep e Colmaior da Navarons, la meravigliosa escursione che non ti aspetti.
Non avendo trovato nessuna relazione sul Web a riguardo il Gravis di Trep, ho ideato
questa escursione, naturalmente in compagnia di me stesso, chi fa da sé
notoriamente fa per tre. Il mattino sono alla volta di Navarons, bellissimo
borgo in provincia di Pordenone, frazione che visiterò in lungo e largo a fine
escursione. I muri delle abitazioni della frazione sono abbelliti con dei
ritratti fotografici della nota poetessa spilimberghese Novella Cantarutti. Il volto
elegante anche se segnato dal tempo della
cantrice ha richiamato alla mente l’incontro avuto con la stessa durante una
mia esposizione pittorica a Poffabro, era il 1996, ricordo ancora che la
conversazione via via scivolò sul meraviglioso cantore, artista, regista, e
poeta del secolo passato, ossia Pier Paolo Pasolini. Tralascio di leggere le
poesie tra i vicoli, lo farò con calma e giovamento al ritorno. L’idea iniziale
e di salire il Colmaior, il colle che domina Navarons, ma non dal solito e noto sentiero turistico, ma tramite le
remote mulattiere. Una volta raggiunta la bella frazione di Navarons, mappa IGM
alla mano, mi aggiro per i vicoli, alla volta della periferia tramite una stradina
asfaltata che mi guida a nord della stessa frazione. Poco dopo, in periferia, durante
la marcia attiro l’attenzione di un cacciatore, insospettito dal mio passaggio,
ma dopo essermi presentato e una volta riconosciuto, si è rasserenato, divenendo
socievole e loquace. Mi ha chiesto quale fosse la mia meta, gli ho spiegato il mio proposito e le possibili
direttrici da fare. Gli ho parlato con
entusiasmo della precedente escursione sul monte Rossa, e di altri monti adiacenti.
Constatando che non sono un novello della zona, mi ha accennato a una cengia,
essa diparte dal canalone sotto il monte. Memorizzo le sue frasi, effettuerò
quanto consigliatomi il 28 marzo del corrente anno. Sul Gravis di Trep mi illumina,
mi informa che è un percorso aspro ma non proibitivo, ma la via della vetta la devo
trovare da me. Dopo la breve conversazione mi congedo dall’uomo, è stato
cordialissimo, e come tutta la gente della zona, prima sospettano, ma una volta
che si fidano ti danno anche il cuore. lo saluto, mentre il suo cane da caccia è
intento nel latrare. Poco a nord della frazione, a sinistra, segnata come
carrareccia, inizia il suo corso una remota mulattiera, alcuni tratti della
costruzione con sassi sono stati erosi dal tempo, ma dopo un centinaio di metri
essa diviene comoda. Fa caldo, mi spoglio del superfluo, e riprendo il cammino,
volgendo lo sguardo al cielo noto qualcosa, come un’ombra. Infatti, una
meravigliosa aquila volteggia sul Colmaior, e nello splendido rapace riconosco
la bella Artemide che mi accoglie nel suo regno. Sono emozionato, il segno dell’apparizione,
come sempre, presagisce un ottimo auspicio per lo svolgimento dell’escursione. Continuo
per il remoto sentiero, incrocio un bel esemplare di muflone, un altro
meraviglioso segno della dea. La traccia, meravigliosa, taglia il versante meridionale
del monte, una volta per questo stesso sentiero transitava gran parte della comunità
montana che transitava da Navarons a
Casasola e viceversa.
Un
segno rosso su una corteccia mi avvisa di lasciare il vecchio cammino e iniziare
l’ascesa al colle, ma come sempre, rapito dalla curiosità, vengo distratto dai
propositi da altri sentieri e stavoli. Studiando la mappa leggo di edifici posti su svariate quote, quindi, cambio direzione frequentemente. Adoro fotografare
e accarezzare i vecchi edifici. Fantasticando rivivo e percepisco ancora la remota
presenza umana. Stavolta avvisto una famigliola di caprioli, oggi sono davvero
fortunato, sono spettatore di numerosi
incontri con esemplari della fauna
selvatica. Gli stavoli sulla mappa non hanno nomi, ma sono affascinanti, alcuni
in ottimo stato, mentre altri solo sotto
forma di ruderi, e avvolti dalla vegetazione selvatica, che nel tempo ha
riconquistato lo spazio primordiale. Da un sentiero transito su un altro, senza
seguire una logica. Incrocio una seconda mulattiera, quest’ultima porta alla
vetta del colle. Dopo un leggero aumento
di pendenza e alcune centinaia di metri di percorso sono fuori dalla selva, al
cospetto di un meraviglioso prato, ove un solitario albero con delle
indicazioni è posto di vedetta.
Girovago
per l’inerbita vetta: a nord ammiro le creste del Gravis di Trep, la mia
prossima meta, mentre a sud, tra la fitta flora arborea noto una casera rifugio,
la visiterò di seguito, dopo aver raggiunto la vetta fisica ed aver apposto un
segno del mio passaggio. Purtroppo, alcune settimane dopo alcuni vandali
deturperanno questo segno, ma questa è un’altra e brutta storia.
Prima
di lasciare il colle visito la casera, con adibito spazio per il picnic, è la
prima volta, ma non sarà l’ultima che visiterò
questo sito. Dalla vetta mi sposto ai margini settentrionali del prato, dove è
posta una panca in legno, protesa a nord, un eccellente pulpito panoramico,
accanto ad essa, diparte un sentiero, accanto a un’icona in legno. Il tracciato prende nome di Sentiero Colmaior
e si inoltra nel bosco. Scendo per la pesta, alcune centinaia di metri, e di
seguito viro a sinistra per una traccia ben visibile, essa mi conduce alle
pendici del Gravis di Trep. Percorro con attenzione un tratto eroso e affilato:
marcio e friabile a occidente, inerbito e ripido a oriente, finché, raggiungo
il versante orientale attraverso un tratto detritico, frantumato, dall’aspetto molto
dolomitico e aggettante a precipizio sul versante che guarda il massiccio del
Ciaurlec. Calzo i ramponi per aggiungere sicurezza al passo, transitando in
bilico su delle cenge di ghiaino e zolle d’erba, l’ultimo tratto all’interno di
un bosco di conifere mi conduce alla piccola ed esposta forcella posta alla
base del crinale del Ciucul del Signour. Nessuna traccia porta in vetta al Gravis
di Trep, sul versante occidentale il terreno è dirupato e impraticabile. Ritorno
indietro, convinto di mollare l’impresa, ma le croci viste sulle due cimette mi
tormentano, ci deve essere una via di accesso. A metà tratto detritico mi fermo,
noto una traccia che sale, ma poi si perde, sto per mollare l’impresa, eseguo
altri passai avanti, e superato un ampio canalone detritico mi fermo al bordo a
riflettere sul da farsi. Vado su e rischio, o me ne torno a Navarons? Il
dilemma Amletiano mi riempie la testa, tormenta. Nel frattempo, un’ombra riflessa dal sole mi distrae, è l’amica
aquila che volteggia ancora su di me, e mi indirizza il suo volo verso il
vertice del canalone, pare voglia dirmi: <<Su Malfa, dai, coraggio
viandante, vieni su dove osano gli spiriti liberi>>. Convinto e recepito
il messaggio di Artemide, lascio lo zaino alla base del canalone, adagiato su
un masso, e porto al seguito solo lo stretto necessario. Seguendo in ascesa il margine del canalone,
sulla destra orografica, una labile traccia ca volte scalinata, si inerpica tra i santi mughi. Ci sono, preso dall’entusiasmo salgo velocemente, notando
a conforto dei segni di passaggio. Dove il canalone si restringe l’ascesa è più
sicura e meno esposta, finché, tra zolle e ghiaie raggiungo un piccolo canalino
e la seguente forcelletta esposta su entrambi i versanti. Sposto il ramo di
mugo e trovo una traccia sul versante occidentale, a tratti inerbita ma percorribile.
Sono commosso, dalla gioia piango,
mentre l’amica aquila con un ultimo volteggio mi saluta, svanendo di seguito dietro
i dirupi. Pochi passi sul ripido pendio e sono sull’esile cresta che si
affaccia sul versante occidentale,
ancora pochi metri ed ecco la vetta, L’aver
avvistato la croce costruita con dei tubi in metallo, mi ha scorso, ho i
brividi, ancora pochi metri, passi, centimetri
ed ecco l’esile cimetta che inebria di emozioni. Installo subito il contenitore
per il libro di vetta, e lego alla base della croce un pezzo di stoffa azzurro,
donatomi da un caro amico scomparso tempo fa, e che oggi ho voluto ricordare, donando
al cielo dello stesso colore una stoffa carica di storia, che oggi può svolazzare
liberamente. La cima più bassa dista pochi metri, ma è ascendibile da un altro versante,
in precedenza ho visto la traccia da un altro versante, ma oggi non sono
interessato. Ho imparato dalla vita a non strafare, oggi la meta iniziale era
il Colmaior, e questa altra elevazione mi è giunta gradita, soprattutto grazie
all’intervento divino della regina dei rapaci. Sul web non avevo trovato nulla sull’accessibilità,
chi verrà dopo di me, grazie alle mie future pubblicazioni, avrà informazioni
esaurienti. Sono sereno, felice, e consapevole della mia unicità nel
perseverare nella continua ricerca del bello. I capelli crescono, diverranno
lunghi come il foulard nero che corona la mia testa, e che adesso sulla cima vengono mossi dalla
lieve brezza, come le piume dell’aquila che mi preserva dall’alto. Mi godo il paesaggio, ho tempo anche per
disegnare un volto su un foglietto di carta, che serberò dentro un vasetto di
vetro in uno degli ometti eretti durante
la discesa. Per oggi sono pago, rimessi i materiali a posto decido di
rientrare, costruendo durante la discesa , come ho in precedenza scritto, dei piccoli ometti all’interno del canalone di
ghiaia. Sono tanto egocentrico ma altrettanto altruista, e ho sempre un
pensiero nobile per il prossimo. Raggiunto lo zaino al margine del canale, riprendo
il cammino, dirigendomi al Sentiero Colmaior per completare l’anello. Il
tracciato di discesa è comodo e ben segnato rispetto al precedente, finché, all’interno
della pineta raggiungo la carrareccia che riporta a Navarons. Vista l’ora, non
è ancora meriggio, potrei spingermi verso
il Col Ventous, ma penso di andare con la mia signora, in un futuro prossimo, partendo
direttamente da Navarons per una gita domenicale. Con un passo lento cammino a
ritroso verso la frazione natia del garibaldino Andreuzzi, medico e cultore
dell’amor patrio in tempi non sospetti. Da bimbo, mio padre nell’elencarmi i
nomi dei vari garibaldini, mi parlò del Friuli, di Ippolito Nievo e di
Andreuzzi, e oggi sarà un onore per il sottoscritto vagare e ammirare il borgo nelle
prime ore pomeridiane. L’auto l’ho lasciata all’interno del paese, presso una
corte. Con passo lento e cadenzato e il volto disteso, mi avvio alla frazione. Sulla stradina
asfaltata incrocio un anziano vestito con una mimetica, e mi pare strano vedere
i civili travestiti da guerrieri, mentre io da soldato non vedevo l’ora di
indossare abiti borghesi. Forse è un anziano cacciatore, che percorre una
strada solitaria nel rivivere i ricordi e gli amori passati, spero che faccia
bei pensieri, e gli invidio il sapere del luogo, della sapienza anche delle
singole foglie. Il sapere è come l’acqua di cui non ci si disseta mai abbastanza.
Vago per il borgo, per ogni singolo vicolo, finestra dopo finestra, calle dopo
calle, numero civico dopo numero civico, sono in totale contemplazione. Leggo i
versi della poetessa apposte come opere pittoriche sui remoti muri, e in essi
mi perdo, rivivendo la lingua che il compianto poeta Pierpaolo Pasolini ha reso
divina nei versi poetici giovanili (Poesie a Casarsa). Prima di pranzare ho
tempo di vistare la Casa museo del patriota Antonio Andreuzzi , noto patriota italiano.
Laureato medico a Padova, si dedicò alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini,
partecipò a molteplici moti cospirativi, tra cui i "Moti di Navarons", e
fu anche amico e medico di Garibaldi. Ho rivissuto le eroiche pagine del Risorgimento
Italiano, sfiorandole con mano, per immedesimarmi per brevi istanti nello spirito
epico di Andreuzzi. Fuori dalle sale museali gioco con un gatto, anche lui
solitario, mentre si sollazza all’esterno dell’abitazione. Ripreso il cammino
mi sposto in direzione di dove ho
lasciato l’automezzo. Finalmente mangio
qualcosa, per la pausa mi accomodo su
una panchina posta all’ombra. L’ora ludica passa quiete, mentre osservo le antiche
abitazioni: lo stile, quelle decrepite e le altre restaurate. Un’anziana signora cura l’orto
mentre è assolta dai pensieri, un’attività
secolare tramandata di madre in figlia. Finito di pranzare, mi metto in auto, e
inizio il cammino verso la valle. È stata una meravigliosa giornata in
montagna, dove non mi sono fatto mancare nulla: arte, poesia, storia, natura,
sentieri arditi, alpinistici e comode mulattiere, tutto all’insegna dell’amore e
della pace.
Un
pensiero intenso vola a chi in questi giorni sta soffrendo per una guerra (come
tutte le guerre) orrenda e stupida.
Il
forestiero Nomade.
Malfa.
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