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giovedì 17 marzo 2022

Monte Corno da Lunas -Caprizzi (UD)

Monte Corno da Lunas -Caprizzi (UD)

 

Localizzazione: Alpi Tolmezzine Occidentali: Giogaia del Bivera - Massiccio di Tinisia

 

 

Avvicinamento: Lestans- Pinzano-Cornino-Cavazzo Carnico-Tolmezzo- Villa Santina- Enemonzo- Socchieve- Priuso- Bivio per il Passo del monte Rest- Raggiunta Caprizzi, seguire la rotabile che sale alla frazione di Lunas: Lasciare l’auto ove si trova uno spiazzo (non facile).

 

Regione: Friuli- Venezia Giulia.

 

Provincia di: UD

.

Dislivello: 700 m.

 

Dislivello complessivo: 1001 m.


Distanza percorsa in Km: 13


Quota minima partenza: 542 m.

 

Quota massima raggiunta: 1253 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 0re 4,5

In: coppia

 

Tipologia Escursione: Storico-panorama-escursionistica

 

Difficoltà: Escursionistiche- Tranne l’ultimo tratto che precede la cima del monte Corno, che si seguono radi segni o tracce di animali selvatici.

 

Tipologia sentiero o cammino: Sentirei remoti-mulattiere- carrarecce- tracce di animali selvatici

 

 

Ferrata-

 

Segnavia: CAI 241-239.

 

Fonti d’acqua: no

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: si, presso le radici di un faggio.

Libro di vetta: Installato contenitore spiriti liberi.

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 02
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato:  

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:


Consigliati:

Data: 12 febbraio 2022

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

Monte Corno da Caprizzi, è la bella dorsale boscosa posta a metà tra i monti che precedono il passo Rest e la sontuosa mole del monte Tinisa. Come tutte le mie recenti escursioni, anche questa è nata per caso, spulciando sulle mappe alla ricerca della vetta sconosciuta. Da una attenta osservazione ho potuto constatare che il versante più agevole vista la stagione è quello meridionale, esposto al sole e non eccessivamente ripido. Sicuramente dovremo percorrere 350 metri di dislivello in più rispetto alla variante più breve che parte da Sella di Cima Corso, ma vuoi mettere l’incomparabile bellezza dei versanti esposti al sole.

Si parte quindi alla volta della Carnia, compiendo, visto la stagione, l’anello automobilistico più ampio, che da Lestans, passando per Pinzano, Tolmezzo e Villa Santina ci conduce nel meraviglioso territorio che circonda l’eroica cittadina di Ampezzo, martire dei nazifascisti durante l’ultimo conflitto mondiale. Appena giunti presso Tolmezzo, durante la guida, sbircio all’orizzonte e a occidente, cercando da lontano, man mano che ci avviciniamo, la situazione neve. A occhio pare che la mia idea di salire da sud sia la più logica. Dopo aver superato la località di Socchieve, seguiamo indicazioni per Priuso, e successivamente per il passo Rest, percorrendo la rotabile, che in alcuni tratti affianca il fiume Tagliamento. Ai margini dell’arteria notiamo del ghiaccio, quindi si procede con prudenza, Raggiunta la frazione di Caprizzi (quota 518 m.), cerchiamo uno spiazzo per la sosta, ma non lo troviamo, quindi, tentiamo di trovarlo risalendo la stradina che conduce al borgo di Lunas (quota 642 m., dove la fortuna ci assiste, lasciando il mezzo presso uno spiazzo adiacente a uno stavolo.

Una volta pronti, zaino in spalle e sogni a seguito, partiamo per la nostra nuova avventura.

Dalla frazione di Lunas cerchiamo i segni CAI che puntualmente troviamo a monte degli stavoli.  Iniziamo a risalire un prato e di seguito la traccia si fa più marcata, assumendo la fisionomia di una assolata, remota e storica mulattiera. Dopo pochi metri sfioriamo le Case Pascat, adibite ad abitazioni e in eccellenti condizioni, e di seguito iniziamo la meravigliosa ascesa sul dolce pendio dominato dal monte Pelois, passando per una lunga serie di ruderi, che comprende le casere Col Maggiore, Col Ribatas, lo stavolo Faidiel, e le stalle Pantianuta e Pantiana. Ognuno di questi ruderi citati è un’autentica meraviglia visiva che rimanda, anche se non vissute, a episodi di vita montana. Fantasticando, ricostruiamo mentalmente, il via vai continuo di uomini e armenti, accompagnati dalla sonora armonia delle voci dei malgari e dei suoni provenienti dal bestiame, campane, ecc. ecc. Cento e più anni fa, dove adesso si ode solo il silenzio, era un continuo divenire, e il sognare il mondo perduto mi mette un po’ di tristezza. Dopo le affascinanti vestigie della stalla Paintana, il sentiero diviene mulattiera e vira a oriente, affiancando un edificio che pare, grazie ai giochi di luce, una chiesa o un edificio mistico. Noi proseguiamo lungo la mulattiera per un breve tratto, per poi deviare a sinistra, guidati dagli immancabili segni bianco-rossi e la cartellonistica, siamo a ridosso della cresta del monte Pelois,

Il sentiero 241 sorvola la vetta del monte, per tale motivo noi usciamo volontariamente fuori traccia, dirigendoci alla cresta del monte Pelois che conduce alla cima più alta quotata 1202 m.

Le prime chiazze di neve ci avvisano che siamo in vetta, per la quota più alta ci orientiamo a occhio, veloce autoscatto e poi via, stavolta per il crinale, direzione ovest, per ricongiungerci con il sentiero CAI 241.

Raggiunto il sentiero ufficiale, transitiamo lungo un’ampia sella, finché, dopo aver degradato per 100 metri di quota, siamo a ridosso dei prati che ospitano il magnifico bivacco di Jof. 

Davvero una fantastica visione quella della struttura alpina. Stupenda! Locale ben fornito per ospitare il viandante, ed è così meraviglioso l’interno, che decidiamo, di affrettare la conquista delle restanti mete, per poi rientrare alla casetta e celebrare l’escursione con il nostro pranzo a sacco. Dall’altura che ospita la casera possiamo ammirare le regine di roccia che dominano il paesaggio. A nord-ovest è sita l’inconfondibile mole del Monte Tinisa, mentre a sud-est attraggono l’attenzione i monti che proteggono la Val Tramontina, ossia il Monte Auda, il Monte Rest e la catena montuosa della Costa di Paladin, che prosegue all’infinito sino alle Dolomiti Friulane.

La nostra meta è a occidente, al margine della costa, proseguiamo il viaggio per il sentiero CAI che lambisce a meridione il ripido versante del monte Jof (traccia leggermente esposta), fino a incrociare una carrareccia che successivamente sfocia in una comoda mulattiera.

Il paesaggio della cresta visto dal sentiero è meraviglioso, oltre ad ammirare le varie specie di aghiformi, ci divertiamo a rimanere in equilibrio sui numerosi tratti di percorso ghiacciato. Raggiunto l’avvallamento innevato che precede il monte Corno, rimaniamo sorprese per il notevole innevamento del luogo. Fortunatamente abbiamo indossato le ghette, e spesso affondiamo sino alla cintola per via della neve, che a causa della temperatura mite è fradicia. Seguiamo le orme di chi ci ha preceduto fino ai ruderi della Stalla Claupa di Sopra, di seguito viriamo a destra, per quello che rimane di un sentiero tracciato e tratteggiato in nero sulla mappa, e reso impraticabile a causa dei recenti e numerosi schianti. Mirando spesso alla quota più alta ci destreggiamo tra l’incolta vegetazione, finché scorgiamo un segno, un masso sormontato da un faggio con una data incisa sul tronco e uno straccio logoro di color rosso legato a uno dei rami; è la vetta del monte Corno, quotata 1253 m. Fatta! Dalla cima non si vede un fico secco, essendo totalmente avvolta dalla bellissima faggeta, ma fantasticare non costa nulla. Fatte le dovute operazioni di rito, ci dedichiamo al rientro, avendo ben fissa in mente l’obiettivo, la bella casera Jof e il suo interno dove pranzeremo. Erroneamente decido di tagliare per il pendio orientale, ma a causa della troppa neve, il rientro sulla pista è avventuroso; infatti, sbuchiamo da un vallone alle spalle dei ruderi della stalla Claupa di Sopra.

Superato il tratto più impegnativo non ci rimane che ripercorrere le nostre tracce a ritroso, ma per evitare il tratto esposto sul versante meridionale del monte Jof, lo percorriamo direttamente in cresta, passando per le due vette gemelle avente la stessa quota, ossia 1115 m, con una fava abbiamo colto due piccioni.

Finalmente la casera Jof è in vista, pochi metri di prato e siamo al suo interno. E ‘così delizioso il riparo, che pare ideato da uno scrittore di fiabe. L’interno è accogliente, munito di tutti i confort e soprattutto di una elegante stufa a legna. Tiriamo fuori dallo zaino le vettovaglie, allestiamo la tavola, e affamati come due naufraghi pranziamo. Il tempo dedicato alla sosta scorre velocemente, ed è triste lasciare la casetta delle bambole, ma dobbiamo, non possiamo esimerci, a casa ci aspettano due micioni e il prode Magritte. La discesa è per lo stesso sentiero dell’andata, ripassiamo dagli stavoli e dalle stalle, rivivendo attraverso lo sguardo di ciò che rimane, oggetti ed elementi architettonici, la vita di un tempo, fatta di tanto lavoro e fatica, e mal compensata dai sogni. Raggiunta la frazione di Lunas, riprendiamo il mezzo, rientrando a valle con una nuova avventura vissuta e da raccontare.

Il forestiero Nomade

Malfa

























































 

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