Monte
Corno da Lunas -Caprizzi (UD)
Localizzazione: Alpi Tolmezzine Occidentali: Giogaia
del Bivera - Massiccio di Tinisia
Avvicinamento:
Lestans- Pinzano-Cornino-Cavazzo Carnico-Tolmezzo- Villa Santina- Enemonzo-
Socchieve- Priuso- Bivio per il Passo del monte Rest- Raggiunta Caprizzi,
seguire la rotabile che sale alla frazione di Lunas: Lasciare l’auto ove si
trova uno spiazzo (non facile).
Regione:
Friuli- Venezia Giulia.
Provincia
di: UD
.
Dislivello:
700 m.
Dislivello
complessivo: 1001 m.
Distanza percorsa in Km: 13
Quota minima partenza: 542 m.
Quota
massima raggiunta: 1253 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 0re 4,5
In:
coppia
Tipologia
Escursione: Storico-panorama-escursionistica
Difficoltà:
Escursionistiche- Tranne l’ultimo tratto che precede la cima del monte Corno,
che si seguono radi segni o tracce di animali selvatici.
Tipologia sentiero o
cammino: Sentirei remoti-mulattiere- carrarecce- tracce di animali selvatici
Ferrata-
Segnavia:
CAI 241-239.
Fonti
d’acqua: no
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: si,
presso le radici di un faggio.
Libro di vetta: Installato
contenitore spiriti liberi.
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 02
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: 12 febbraio 2022
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Monte Corno da
Caprizzi, è la bella dorsale boscosa posta a metà tra i monti che precedono il
passo Rest e la sontuosa mole del monte Tinisa. Come tutte le mie recenti
escursioni, anche questa è nata per caso, spulciando sulle mappe alla ricerca
della vetta sconosciuta. Da una attenta osservazione ho potuto constatare che
il versante più agevole vista la stagione è quello meridionale, esposto al sole
e non eccessivamente ripido. Sicuramente dovremo percorrere 350 metri di
dislivello in più rispetto alla variante più breve che parte da Sella di Cima
Corso, ma vuoi mettere l’incomparabile bellezza dei versanti esposti al sole.
Si parte quindi alla
volta della Carnia, compiendo, visto la stagione, l’anello automobilistico più
ampio, che da Lestans, passando per Pinzano, Tolmezzo e Villa Santina ci
conduce nel meraviglioso territorio che circonda l’eroica cittadina di Ampezzo,
martire dei nazifascisti durante l’ultimo conflitto mondiale. Appena giunti
presso Tolmezzo, durante la guida, sbircio all’orizzonte e a occidente, cercando
da lontano, man mano che ci avviciniamo, la situazione neve. A occhio pare che
la mia idea di salire da sud sia la più logica. Dopo aver superato la località
di Socchieve, seguiamo indicazioni per Priuso, e successivamente per il passo
Rest, percorrendo la rotabile, che in alcuni tratti affianca il fiume
Tagliamento. Ai margini dell’arteria notiamo del ghiaccio, quindi si procede
con prudenza, Raggiunta la frazione di Caprizzi (quota 518 m.), cerchiamo uno
spiazzo per la sosta, ma non lo troviamo, quindi, tentiamo di trovarlo
risalendo la stradina che conduce al borgo di Lunas (quota 642 m., dove la
fortuna ci assiste, lasciando il mezzo presso uno spiazzo adiacente a uno
stavolo.
Una volta pronti,
zaino in spalle e sogni a seguito, partiamo per la nostra nuova avventura.
Dalla frazione di
Lunas cerchiamo i segni CAI che puntualmente troviamo a monte degli
stavoli. Iniziamo a risalire un prato e
di seguito la traccia si fa più marcata, assumendo la fisionomia di una
assolata, remota e storica mulattiera. Dopo pochi metri sfioriamo le Case
Pascat, adibite ad abitazioni e in eccellenti condizioni, e di seguito iniziamo
la meravigliosa ascesa sul dolce pendio dominato dal monte Pelois, passando per
una lunga serie di ruderi, che comprende le casere Col Maggiore, Col Ribatas,
lo stavolo Faidiel, e le stalle Pantianuta e Pantiana. Ognuno di questi ruderi
citati è un’autentica meraviglia visiva che rimanda, anche se non vissute, a
episodi di vita montana. Fantasticando, ricostruiamo mentalmente, il via vai continuo
di uomini e armenti, accompagnati dalla sonora armonia delle voci dei malgari e
dei suoni provenienti dal bestiame, campane, ecc. ecc. Cento e più anni fa, dove
adesso si ode solo il silenzio, era un continuo divenire, e il sognare il mondo
perduto mi mette un po’ di tristezza. Dopo le affascinanti vestigie della stalla
Paintana, il sentiero diviene mulattiera e vira a oriente, affiancando un
edificio che pare, grazie ai giochi di luce, una chiesa o un edificio mistico. Noi
proseguiamo lungo la mulattiera per un breve tratto, per poi deviare a
sinistra, guidati dagli immancabili segni bianco-rossi e la cartellonistica,
siamo a ridosso della cresta del monte Pelois,
Il sentiero 241 sorvola
la vetta del monte, per tale motivo noi usciamo volontariamente fuori traccia, dirigendoci
alla cresta del monte Pelois che conduce alla cima più alta quotata 1202 m.
Le prime chiazze di
neve ci avvisano che siamo in vetta, per la quota più alta ci orientiamo a
occhio, veloce autoscatto e poi via, stavolta per il crinale, direzione ovest,
per ricongiungerci con il sentiero CAI 241.
Raggiunto il sentiero
ufficiale, transitiamo lungo un’ampia sella, finché, dopo aver degradato per
100 metri di quota, siamo a ridosso dei prati che ospitano il magnifico bivacco
di Jof.
Davvero una fantastica
visione quella della struttura alpina. Stupenda! Locale ben fornito per
ospitare il viandante, ed è così meraviglioso l’interno, che decidiamo, di affrettare
la conquista delle restanti mete, per poi rientrare alla casetta e celebrare l’escursione
con il nostro pranzo a sacco. Dall’altura che ospita la casera possiamo
ammirare le regine di roccia che dominano il paesaggio. A nord-ovest è sita l’inconfondibile
mole del Monte Tinisa, mentre a sud-est attraggono l’attenzione i monti che
proteggono la Val Tramontina, ossia il Monte Auda, il Monte Rest e la catena montuosa
della Costa di Paladin, che prosegue all’infinito sino alle Dolomiti Friulane.
La nostra meta è a
occidente, al margine della costa, proseguiamo il viaggio per il sentiero CAI
che lambisce a meridione il ripido versante del monte Jof (traccia leggermente
esposta), fino a incrociare una carrareccia che successivamente sfocia in una
comoda mulattiera.
Il paesaggio della
cresta visto dal sentiero è meraviglioso, oltre ad ammirare le varie specie di
aghiformi, ci divertiamo a rimanere in equilibrio sui numerosi tratti di
percorso ghiacciato. Raggiunto l’avvallamento innevato che precede il monte
Corno, rimaniamo sorprese per il notevole innevamento del luogo. Fortunatamente
abbiamo indossato le ghette, e spesso affondiamo sino alla cintola per via
della neve, che a causa della temperatura mite è fradicia. Seguiamo le orme di
chi ci ha preceduto fino ai ruderi della Stalla Claupa di Sopra, di seguito
viriamo a destra, per quello che rimane di un sentiero tracciato e tratteggiato
in nero sulla mappa, e reso impraticabile a causa dei recenti e numerosi
schianti. Mirando spesso alla quota più alta ci destreggiamo tra l’incolta
vegetazione, finché scorgiamo un segno, un masso sormontato da un faggio con
una data incisa sul tronco e uno straccio logoro di color rosso legato a uno
dei rami; è la vetta del monte Corno, quotata 1253 m. Fatta! Dalla cima non si
vede un fico secco, essendo totalmente avvolta dalla bellissima faggeta, ma
fantasticare non costa nulla. Fatte le dovute operazioni di rito, ci dedichiamo
al rientro, avendo ben fissa in mente l’obiettivo, la bella casera Jof e il suo
interno dove pranzeremo. Erroneamente decido di tagliare per il pendio
orientale, ma a causa della troppa neve, il rientro sulla pista è avventuroso;
infatti, sbuchiamo da un vallone alle spalle dei ruderi della stalla Claupa di
Sopra.
Superato il tratto più
impegnativo non ci rimane che ripercorrere le nostre tracce a ritroso, ma per
evitare il tratto esposto sul versante meridionale del monte Jof, lo
percorriamo direttamente in cresta, passando per le due vette gemelle avente la
stessa quota, ossia 1115 m, con una fava abbiamo colto due piccioni.
Finalmente la casera
Jof è in vista, pochi metri di prato e siamo al suo interno. E ‘così delizioso
il riparo, che pare ideato da uno scrittore di fiabe. L’interno è accogliente,
munito di tutti i confort e soprattutto di una elegante stufa a legna. Tiriamo
fuori dallo zaino le vettovaglie, allestiamo la tavola, e affamati come due
naufraghi pranziamo. Il tempo dedicato alla sosta scorre velocemente, ed è
triste lasciare la casetta delle bambole, ma dobbiamo, non possiamo esimerci, a
casa ci aspettano due micioni e il prode Magritte. La discesa è per lo stesso
sentiero dell’andata, ripassiamo dagli stavoli e dalle stalle, rivivendo
attraverso lo sguardo di ciò che rimane, oggetti ed elementi architettonici, la
vita di un tempo, fatta di tanto lavoro e fatica, e mal compensata dai sogni.
Raggiunta la frazione di Lunas, riprendiamo il mezzo, rientrando a valle con
una nuova avventura vissuta e da raccontare.
Il forestiero Nomade
Malfa
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