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mercoledì 3 novembre 2021

Col di San Giacomo da Casera Razzo

Col di San Giacomo da Casera Razzo

 

 

Localizzazione: Alpi Carniche- Alpi Tolmezzine- Gruppo Giogaia del Bivera- Massicci del Tiarfin e Bivera.

 

Avvicinamento:         Lestans-Pinzano-Cornino-Tolmezzo - villa Santina – Ovaro- val Pesarina –Casera Razzo-

 

Regione: Veneto-Friuli- Venezia Giulia

 

Provincia di: - BL-UD

.

Dislivello: 650 m.

 

Dislivello complessivo: 650 m.


Distanza percorsa in Km: 10, 7.


Quota minima partenza: 1739 m.

 

Quota massima raggiunta: 2058 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: selvaggio-escursionistica

 

Difficoltà: escursionistiche

 

Tipologia sentiero o cammino: Carrareccia-sentiero segnato-traccia battuta

 

 

Ferrata-

 

Segnavia: CAI 209

 

Fonti d’acqua: si

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature:

 

Croce di vetta: si

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: istallato barattolino spiriti liberi

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 02
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato: tutto l’anno

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:


Consigliati:

 

Data: sabato 30 ottobre 2021

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

Per l’ultimo giorno autunnale dal sapore estivo si ritorna nel grande anfiteatro dolomitico di Casera Razzo. L’ispirazione per quest’ultima escursione mi è data dalla stessa meta che avevo previsto come piano “B”, ovvero il Col San Giacomo. Siamo a cavallo del confine tra Veneto e Friuli, ci tocca fare una levataccia, ma ci sta, strada facendo faremo il classico ripasso dei nomi delle cime. Nelle prime ore del mattino giungiamo nella magnifica località, ci precedono alcuni escursionisti che armati di treppiedi e reflex immortalano la grande bellezza del luogo. Per molti aspetti sono eccitato dall’avventura, e ne elenco alcune motivazioni: la prima è il ritorno in questo luogo meraviglioso che ho utilizzato spesso come punto di partenza per scalare le vette del Clap Savon, del Bivera e del Tiarfin; la seconda motivazione, ma non meno importante, è che per la prima volta Giovanna incontra questo meraviglioso luogo, e sono sicurissimo che ne rimarrà esterrefatta.  La meta del Col di San Giacomo è nata per caso, onestamente ne ignoravo l’esistenza, per l’occasione ho studiato un anello che può comprendere più obiettivi, ma valuteremo sentiero facendo. Si parte con una temperatura frizzantina tendente al sottozero, finché scaldandoci durante il cammino ci alleggeriamo del peso degli abiti. Viste le tante auto al parcheggio, molteplici escursionisti sono già all’opera, un tempo ero solito arrivare sul luogo prima che il sole nascesse, per non dire in piena notte, con l’età sono diventato sedentario. Si cammina su questo piano meraviglio da dove possiamo scorgere alle spalle la magnifica catena montuosa dominata dal Brentoni, sicuramente uno dei più seducenti scenari di montagna che abbia mai visto, davvero una magnificenza. A nord-est scrutiamo la cresta che protegge da settentrione il borgo Sauris di Sopra, località appena visitata la settimana prima, mentre a sud -est seguiamo con lo sguardo la catena montuosa che dal monte Tudaio conduce sino al Bivera.  Il sole sta sorgendo da dietro quest’ultima cima che ammiro in controluce, rendo edotta Giovanna sulla bellezza di queste notorie elevazioni, un giorno le rifaremo assieme. I colori autunnali ravvivano la nostra mente, e quelli che spiccano di più sono lo smeraldino degli abeti e il dorato dei larici. Il cammino è soave, presso una segnaletica continuiamo sempre per il sentiero 209, ma voltando a destra per inoltrarci nella meravigliosa valle che precede la Forcella della Croce di Trigonia. Tracciato semplice e nemmeno ripido, in meno di mezzora siamo al cospetto della forcella, da dove la visuale si apre sule dolomiti friulane e venete. Rimango incantato dalla vista che mi si prospetta: in lontananza a destra spicca il Pelmo e l’Antelao, mentre al centro le dolomiti che proteggono la valle Cimoliana con il Cridola e il Monfalcon fanno bella mostra di sé. Continuando la visione del paesaggio alla mia sinistra, e sempre in lontananza, riesco anche a riconoscere la Cima dei Preti, la regina delle dolomiti friulane e accanto ad essa la cima Laste. In una sola visione ho colmato il cuore di gioia, ed è tale l’eccitazione da coinvolgere con il mio entusiasmo la mia compagna. La nostra meta è vicina, bene in vista e adombrata, dobbiamo seguire a sinistra la cresta è risalire il colle, che raggiungeremo dopo un quarto d’ora. Non nascondo che ogni due passi mi fermo a fotografare, e vorrei fare di più, dipingere ad acquerello questo magnifico paesaggio. Il versante del Tiarfin è regale, mentre il Clapsavon e il Bivera grazie alle ombre della controluce nascondono ancora al viandante le bellezze delle loro forme.  Dalla forcella individuiamo la croce del colle, cavalchiamo la morbida cresta sino a raggiungere la massima elevazione. L’ascesa non è stata né difficile, direi un’autentica passeggiata, e dal pulpito panoramico ci godiamo il paradiso che ci circonda. Dopo aver fatto le operazioni di routine di vetta proseguiamo l’escursione proseguendo a sud lungo la continuazione della cresta. Nel frattempo, in vetta sopraggiungono due escursionisti, il più anziano con un fare grezzo e un dialetto non individuato ci chiede dove andiamo, con ironia gli rispondo che da piccino mia madre mi ha insegnato a non rispondere a chi non si conosce.   Dopo un tratto scosceso e comodo la cresta si affila, non rischiamo, quindi, aggiriamo a occidente per un ripidissimo pendio l’ostacolo. Il fuori traccia è ardito, ci teniamo ai ciuffi d’erba cercando di abbassare il più possibile il baricentro del corpo, affinché, con l’ausilio di passaggi virtuosi ci ricongiungiamo alla cresta. Intuisco che alcune tracce di camoscio intersecano il piano, la nostra futura meta è in vista, il monte Lagna, ma non ci sono tracce ben definite, e si rischia di andare giù in un canalone. Mi studio la morfologia del terreno: sia dalla mappa topografica che con l’osservazione diretta, scendiamo a intuito, finché trovo una traccia, quella che conduce alla Forcella Forada. Abbiamo perso tanto tempo nel peregrinare, quindi, decliniamo la prosecuzione dell’escursione, per oggi ci contentiamo del Colle di San Giacomo. Per la prossima escursione in loco ho ben memorizzato dove trovare la traccia, per fortuna le montagne si spostano solo di un centimetro all’anno. Rientriamo ad anello, seguendo alcune tracce di cacciatori molto intuitive, finché raggiungiamo poco sotto la Forcella della Croce di Tragonia il sentiero proveniente da Casera Tragonia. E ‘meriggio e lo stomaco bussa, e noi rispondiamo di pazientare ancora. In forcella è in atto un vistoso via vai di escursionisti, noi desiniamo poco sopra, in un pizzo dove ricaviamo un punto di ristoro. Malgrado il sole splenda in alto e il cielo sia terso fa freddo, ci copriamo come si deve, e iniziamo la consumazione del pasto ammirando dalla forcella uno dei più emozionanti paesaggi del pianeta, quello che ho descritto precedentemente a inizio racconto. Il tempo scorre e gli escursionisti transitano, quindi, decidiamo di rientrare per lo stesso itinerario dell’andata. Abbiamo tante ore di luce, ce la prendiamo comoda. Una coppietta di escursionisti, tanto atletici, ci incrocia e supera, proviene scuramente dal bellissimo gruppo di monti del Clapsavon e Bivera, me lo sento, e riesco ad afferrare il loro entusiasmo. Raggiunta Casera Razzo, ci spostiamo con l’auto in uno spiazzo adiacente e assolato, ci approntiamo per la partenza, decidendo di rientrare per la strada che porta a Sauris. L’utile e il dilettevole, ne approfitto per studiarmi il territorio per le prossime avventure. Il cielo è meraviglioso, di un blu che difficilmente riesco a dipingere, esso varia con le sfumature dal cobalto al turchese, e l’atmosfera è gioiosa. La località di Sauris è splendida più che mai, e difficile lasciare questo luogo con le sue magnifiche creste che la circondano, ma dobbiamo. Diamo così un arrivederci all’ultimo sole estivo di questo caldo autunno, rientriamo a valle con il cuore colmo di beatitudine. La vita è meravigliosa, e ancora di più lo sarebbe se una piccola parte dell’umanità non fosse tanto egoista.

Il forestiero Nomade.

Malfa





























































 

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