Col
di San Giacomo da Casera Razzo
Localizzazione:
Alpi Carniche- Alpi Tolmezzine- Gruppo Giogaia del Bivera- Massicci del Tiarfin
e Bivera.
Avvicinamento:
Lestans-Pinzano-Cornino-Tolmezzo -
villa Santina – Ovaro- val Pesarina –Casera Razzo-
Regione:
Veneto-Friuli- Venezia Giulia
Provincia
di: - BL-UD
.
Dislivello:
650 m.
Dislivello
complessivo: 650 m.
Distanza percorsa in Km: 10, 7.
Quota minima partenza: 1739 m.
Quota
massima raggiunta: 2058 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 3 ore
In:
coppia
Tipologia
Escursione: selvaggio-escursionistica
Difficoltà:
escursionistiche
Tipologia sentiero o
cammino: Carrareccia-sentiero segnato-traccia battuta
Ferrata-
Segnavia:
CAI 209
Fonti
d’acqua: si
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
Croce di vetta: si
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: istallato
barattolino spiriti liberi
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 02
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: sabato 30
ottobre 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Per l’ultimo giorno
autunnale dal sapore estivo si ritorna nel grande anfiteatro dolomitico di
Casera Razzo. L’ispirazione per quest’ultima escursione mi è data dalla stessa
meta che avevo previsto come piano “B”, ovvero il Col San Giacomo. Siamo a
cavallo del confine tra Veneto e Friuli, ci tocca fare una levataccia, ma ci sta,
strada facendo faremo il classico ripasso dei nomi delle cime. Nelle prime ore
del mattino giungiamo nella magnifica località, ci precedono alcuni
escursionisti che armati di treppiedi e reflex immortalano la grande bellezza
del luogo. Per molti aspetti sono eccitato dall’avventura, e ne elenco alcune
motivazioni: la prima è il ritorno in questo luogo meraviglioso che ho
utilizzato spesso come punto di partenza per scalare le vette del Clap Savon,
del Bivera e del Tiarfin; la seconda motivazione, ma non meno importante, è che
per la prima volta Giovanna incontra questo meraviglioso luogo, e sono sicurissimo
che ne rimarrà esterrefatta. La meta del
Col di San Giacomo è nata per caso, onestamente ne ignoravo l’esistenza, per l’occasione
ho studiato un anello che può comprendere più obiettivi, ma valuteremo sentiero
facendo. Si parte con una temperatura frizzantina tendente al sottozero, finché
scaldandoci durante il cammino ci alleggeriamo del peso degli abiti. Viste le tante
auto al parcheggio, molteplici escursionisti sono già all’opera, un tempo ero
solito arrivare sul luogo prima che il sole nascesse, per non dire in piena
notte, con l’età sono diventato sedentario. Si cammina su questo piano
meraviglio da dove possiamo scorgere alle spalle la magnifica catena montuosa
dominata dal Brentoni, sicuramente uno dei più seducenti scenari di montagna
che abbia mai visto, davvero una magnificenza. A nord-est scrutiamo la cresta
che protegge da settentrione il borgo Sauris di Sopra, località appena visitata
la settimana prima, mentre a sud -est seguiamo con lo sguardo la catena
montuosa che dal monte Tudaio conduce sino al Bivera. Il sole sta sorgendo da dietro quest’ultima
cima che ammiro in controluce, rendo edotta Giovanna sulla bellezza di queste notorie
elevazioni, un giorno le rifaremo assieme. I colori autunnali ravvivano la
nostra mente, e quelli che spiccano di più sono lo smeraldino degli abeti e il
dorato dei larici. Il cammino è soave, presso una segnaletica continuiamo
sempre per il sentiero 209, ma voltando a destra per inoltrarci nella
meravigliosa valle che precede la Forcella della Croce di Trigonia. Tracciato semplice
e nemmeno ripido, in meno di mezzora siamo al cospetto della forcella, da dove
la visuale si apre sule dolomiti friulane e venete. Rimango incantato dalla vista
che mi si prospetta: in lontananza a destra spicca il Pelmo e l’Antelao, mentre
al centro le dolomiti che proteggono la valle Cimoliana con il Cridola e il
Monfalcon fanno bella mostra di sé. Continuando la visione del paesaggio alla
mia sinistra, e sempre in lontananza, riesco anche a riconoscere la Cima dei Preti,
la regina delle dolomiti friulane e accanto ad essa la cima Laste. In una sola
visione ho colmato il cuore di gioia, ed è tale l’eccitazione da coinvolgere con
il mio entusiasmo la mia compagna. La nostra meta è vicina, bene in vista e
adombrata, dobbiamo seguire a sinistra la cresta è risalire il colle, che
raggiungeremo dopo un quarto d’ora. Non nascondo che ogni due passi mi fermo a
fotografare, e vorrei fare di più, dipingere ad acquerello questo magnifico
paesaggio. Il versante del Tiarfin è regale, mentre il Clapsavon e il Bivera
grazie alle ombre della controluce nascondono ancora al viandante le bellezze
delle loro forme. Dalla forcella individuiamo
la croce del colle, cavalchiamo la morbida cresta sino a raggiungere la massima
elevazione. L’ascesa non è stata né difficile, direi un’autentica passeggiata,
e dal pulpito panoramico ci godiamo il paradiso che ci circonda. Dopo aver
fatto le operazioni di routine di vetta proseguiamo l’escursione proseguendo a
sud lungo la continuazione della cresta. Nel frattempo, in vetta sopraggiungono
due escursionisti, il più anziano con un fare grezzo e un dialetto non
individuato ci chiede dove andiamo, con ironia gli rispondo che da piccino mia
madre mi ha insegnato a non rispondere a chi non si conosce. Dopo un
tratto scosceso e comodo la cresta si affila, non rischiamo, quindi, aggiriamo
a occidente per un ripidissimo pendio l’ostacolo. Il fuori traccia è ardito, ci
teniamo ai ciuffi d’erba cercando di abbassare il più possibile il baricentro
del corpo, affinché, con l’ausilio di passaggi virtuosi ci ricongiungiamo alla
cresta. Intuisco che alcune tracce di camoscio intersecano il piano, la nostra futura
meta è in vista, il monte Lagna, ma non ci sono tracce ben definite, e si
rischia di andare giù in un canalone. Mi studio la morfologia del terreno: sia
dalla mappa topografica che con l’osservazione diretta, scendiamo a intuito,
finché trovo una traccia, quella che conduce alla Forcella Forada. Abbiamo
perso tanto tempo nel peregrinare, quindi, decliniamo la prosecuzione dell’escursione,
per oggi ci contentiamo del Colle di San Giacomo. Per la prossima escursione in
loco ho ben memorizzato dove trovare la traccia, per fortuna le montagne si
spostano solo di un centimetro all’anno. Rientriamo ad anello, seguendo alcune tracce
di cacciatori molto intuitive, finché raggiungiamo poco sotto la Forcella della
Croce di Tragonia il sentiero proveniente da Casera Tragonia. E ‘meriggio e lo
stomaco bussa, e noi rispondiamo di pazientare ancora. In forcella è in atto un
vistoso via vai di escursionisti, noi desiniamo poco sopra, in un pizzo dove
ricaviamo un punto di ristoro. Malgrado il sole splenda in alto e il cielo sia
terso fa freddo, ci copriamo come si deve, e iniziamo la consumazione del pasto
ammirando dalla forcella uno dei più emozionanti paesaggi del pianeta, quello
che ho descritto precedentemente a inizio racconto. Il tempo scorre e gli
escursionisti transitano, quindi, decidiamo di rientrare per lo stesso itinerario
dell’andata. Abbiamo tante ore di luce, ce la prendiamo comoda. Una coppietta di
escursionisti, tanto atletici, ci incrocia e supera, proviene scuramente dal
bellissimo gruppo di monti del Clapsavon e Bivera, me lo sento, e riesco ad afferrare
il loro entusiasmo. Raggiunta Casera Razzo, ci spostiamo con l’auto in uno spiazzo
adiacente e assolato, ci approntiamo per la partenza, decidendo di rientrare
per la strada che porta a Sauris. L’utile e il dilettevole, ne approfitto per studiarmi
il territorio per le prossime avventure. Il cielo è meraviglioso, di un blu che
difficilmente riesco a dipingere, esso varia con le sfumature dal cobalto al turchese,
e l’atmosfera è gioiosa. La località di Sauris è splendida più che mai, e
difficile lasciare questo luogo con le sue magnifiche creste che la circondano,
ma dobbiamo. Diamo così un arrivederci all’ultimo sole estivo di questo caldo
autunno, rientriamo a valle con il cuore colmo di beatitudine. La vita è
meravigliosa, e ancora di più lo sarebbe se una piccola parte dell’umanità non
fosse tanto egoista.
Il forestiero Nomade.
Malfa
Nessun commento:
Posta un commento