Cuel di For da Forno
Note tecniche.
Localizzazione: Prealpi carniche
Avvicinamento: Lestans- Travesio-Clauzetto-Seguire le
indicazioni per Pielungo, poco sotto la frazione Forno lasciare l'auto p prima
della omonima selletta (m 605, presso un comodo parcheggio accanto il monumento
a Giacomo Missana).
Dislivello: 320 m.
Dislivello complessivo: 500 m.
Distanza percorsa in Km: 5
Quota minima partenza: 605 m.
Quota massima raggiunta: 1011 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore
In: solitaria
Tipologia Escursione: escursionistica
Difficoltà: escursionisti
Segnavia: CAI 820.
Impegno fisico: medio
Preparazione tecnica: bassa
Attrezzature: no
Croce di vetta: si,
creata con rami
Ometto di vetta: si
Libro di vetta: si,
istallato barattolino
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 028.
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: aprile-ottobre
3)
Da
evitare da farsi in: Condizione di sentiero umido o in presenza di ghiaccio
Condizioni del
sentiero: ben marcato e segnato, percorso in cresta al colle selvaggio, rara
traccia.
Fonti d’acqua: no
Consigliati: ramponcini
da erba in caso di bagnato
Data: 05 novembre 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
C’è tanto odio in giro, una sensazione
sgradevole che si legge nei volti di chiunque si incroci. Questo virus ha
spogliato i volti umani di quella leggerezza che si percepiva fino ad alcuni
anni fa. Stiamo vivendo una guerra bianca, tutti contro tutti, fazioni contro,
e si cerca nell’altro la colpa dei propri fallimenti. In questo caso l’unica
panacea è la fuga nell’unico modo in cui l’uomo non soccombe al suo simile, ossia
nella fantasia. Bisogna liberare la mente di tutto questo marciume che si
accumula, quindi, ossigenarla con dolci visioni, e la montagna è uno di questi rimedi.
Ho la fortuna di vivere a poche centinaia di metri dalla montagna, vivo in un
luogo dove la pianura si sposa con la grande signora. Per questa fuga ho un’intuizione,
la piccola frazione di Forno, ci sono stato spesso, soprattutto nei periodi di maggiore
travaglio interiore, trovando risposte alle domande che mi ponevo. Stavolta non
vado sulle vette rinomate che dominano il paesaggio, cito monte Taiet, monte Rossa
e monte Pala, ma mi dirigo in un minuscolo colle che porta il nome dello stesso
singolo borgo, un colle posto tra le intersezioni di due sentieri molto frequentati.
Sono cosciente di cosa mi aspetta: un crinale selvatico e tanto ravanamento. Bene!
Il travaglio mi aiuterà a pensare.
Il giorno dell’escursione
il meteo tende al bello, l’ideale. Parto da casa, percorrendo in auto la valle solcata
dall’Arzino, dirigendomi con calma nell’altopiano di Clauzetto. All’improvviso
mi assale un atroce dubbio che diventa certezza, ho dimenticato il thermos con
il té e l’acqua. Per il thermos mi rassegno, per l’acqua mi ingegno e provvedo.
Durante il tragitto mi rifornisco presso il primo negozio di alimentari che
incontro. Infatti, giunto alla periferia di Clauzetto, noto un negozio che fa
al caso mio, compro un litro di acqua di Pradis, sembra fatto apposta. Converso
con il gentile gestore del negozio, iniziando bene la giornata con un sorriso.
Ripreso il cammino in
auto proseguo per Pradis di Sopra e successivamente continuo per la stradina
che conduce a Pielungo. Mi trovo nel cuore del Friuli, in luoghi che 124 anni
fa hanno assistito a cruenti scontri armati tra nazioni. Una guerra combattuta sino
all’estremo sacrificio per una causa, giusta o sbagliata che sia, ma che rapì
la vita di milioni di uomini. I nomi delle stradine, delle località, le tante
bandiere tricolori e le insegne didattiche, richiamano allo stesso periodo
storico. Questo luogo è sacro al forestiero che sicuramente incede con rispetto
per i sentieri intrisi di sangue e passione.
Procedo lentamente, i luoghi
tuttora serbano l’aspetto dei primi decenni del secolo scorso, passo accanto al
cimitero che custodisce le tombe degli opposti nemici, che ora riposano
assieme, ordinati e in fila, come se fossero ancora adunati, e tutt’intorno la madre
montagna protegge le anime che volle per sé a imperituro ricordo per l’umanità.
Proseguo per Forno, transito
sul ponticello che supera la forra dove in basso scorrono le acque del torrente
di Molin e Salaries, affluenti dell’Arzino. Raggiunti i prati che precedono il
borgo di Forno la visione si apre sul circondario, un autentico paradiso che
apre il cuore, esso è protetto dalle creste delle montagne che lo circondano. Lascio
l’auto presso uno spiazzo, vicino a un monumento in onore dell’alpino Giacomo
Miissana, eroe immolatosi combattendo contro i nazi-fascisti durante il secondo
conflitto mondiale.
Zaino in spalle, sogni
al seguito, parto! Inizierò l’escursione dalla carrareccia che conduce all’incrocio
del sentiero CAI 820 che sale fino alla Malga Jovet (cappella votiva come punto
di riferimento). Il primo tratto del
sentiero sale ripido, mi distraggo lietamente con la bellezza della natura,
fotografando le foglie che si tingono di colori vivaci e le vicine montagne,
tra cui ammiro la poderosa e inimitabile forma della mole del Monte Cuar e Fragjel.
Il cielo è
meraviglioso, le radi nubi incidono graffiti bianchi come se la stessa volta azzurra
fosse una lavagna. Presto mi ritrovo alla base della cresta che sale al Cuel di
For, lascio il sentiero 820 e inizio a cavalcare il crinale, a tratti intuisco
una pesta di cacciatori, spesso la perdo, ma basta che mi sposto sulla spina
dorsale del monte per ritrovarla. La fitta vegetazione non ostacola più di
tanto il cammino, sono numerosi i piccoli arbusti di faggi e conifere che
vogliono coprire la superfice del monte. Forse un dì il colle ne era del tutto spoglio,
anzi sicuramente lo era, per via della pastorizia o del continuo bisogno di
legname. Proseguo per la dolce ascesa, la vetta sembra lontana a causa delle
fitte chiome della vegetazione che mi precludono la visione dell’azzurro. Continuo
indomito, finché il pendio si fa meno erto ed eccomi nella larga cresta alla
ricerca della massima quota o di un segno rappresentativo. Mi aggiro tra la
ramaglia della fitta vegetazione, finché scorgo dei sassi coperti da fogliame,
ecco la vetta, chiunque sia stato in passato ha eretto con poche pietre questo
segno. È strano, in tutte le montagne che ho visitato in vita mia raramente
nella quota più alta non ho trovato segni simbolici, come se l’uomo sentisse il
bisogno di erigere un qualcosa di mistico in onore della dea della Montagna. Mi guardo intorno, cerco e trovo dei rami acerbi,
e con lacci e nastri creo una piccola croce che conficco tra i sassi, come se fosse
un ombrellone e io l’avvitassi nella calda sabbia. Di seguito vado alla ricerca
di sassi, ne trovo pochi, li utilizzo per rafforzare l’ometto e ricavarne un
alloggiamento per il barattolino dove conservo il foglio con il segno del
passaggio dello spirito libero. Fa freddino, tira un’aria gelida, mi diverte fare
queste operazioni, in fondo l’esplorazione è un gioco che unisce noi spiriti
amanti della montagna. Isso la bandiera piratesca degli spiriti liberi legandola
a un robusto ramoscello. Missione compiuta! La visuale purtroppo è occultata
dalla fitta vegetazione, non importa, ammirerò con il cuore ciò che desidero
vedere.
Continuo l’escursione,
proseguendo a nord-ovest, lungo il crinale, ad un ratto, dopo essermi abbassato
molto di quota, ho l’impressione di essermi spostato troppo a ovest; infatti, scorgo
a monte il crinale orientale. Con un taglio nella vegetazione, quasi in piano,
mi riporto sulla crestina ed eccomi dopo pochi metri sul sentiero 820 che avevo
lasciato in precedenza.
Continuo per la seconda meta, il monte Cecon. Dal
basso ho avuto dei seri dubbi che sia praticabile, testerò di persona. Dopo
aver percorso il bel sentiero 820 giungo a una forcelletta, il sentiero ufficiale
prosegue a occidente, io mi piego ad oriente, e stranamente vedo degli inaspettati
segni CAI. Il tratto iniziale è ripidissimo e ardito, mi arrampico con passaggi
di primo grado tenendomi ai piccoli fusti di faggio e alzandomi a furia di
braccia. Trovo ancora segni, raggiungo la cresta e successivamente un pulpito panoramico
(roccia con segni), ma il proseguo è ardito, tanto audace, con un su e giù per
crinale molto esposto. Ho al seguito uno zaino pesante, anche ramponi da erba,
ma non voglio rovinarmi la giornata; quindi, declino la seconda meta a un
futuro prossimo, per oggi mi ritengo soddisfatto. Rientro a Forno con calma, mi
godo tutto della montagna. La lentezza del passo visto tutto il tempo che ho a
disposizione mi aiuta in questa meditazione. raggiunta l’auto, non mi fermo,
proseguo dritto sino al colle che ospita l’ex cimitero di guerra adibito agli
austroungarici. I corpi dei soldati in passato sono stati traslati nel cimitero
che ho visto di mattina, ove riposano assieme ai soldati italiani. All’interno
della recinzione stanno dei cartelli esplicativi che leggerò prima di lasciare
il sito. Presso il cimitero è posto un tavolo con panche, lo destino come refettorio
della mia escursione. Mi siedo dando le spalle al monte Pala, e avendo di fronte
il Cuel di For e le circostanti cime. Consumo il mio rancio, pane e mortadella,
buonissimo, specie quando si ha fame. La mezzoretta dedicata al desinare scorre
dolcemente. Finita la sosta mi preparo al rientro. Visito il cimitero austroungarico
e ripasso gli avvenimenti storici di 124 anni fa. Proprio oggi ricorre l’anniversario
della Battaglia di Pradis, lo stesso giorno e mese, non lo sapevo, strana
coincidenza. Saluto con riverenza gli
eroi nemici di un tempo, e rientro a valle. Oggi è stata una fantastica
escursione, all’insegna della storia, dei ricordi e del selvaggio, tutto questo
in una delle località più caratteristiche della montagna friulana.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
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