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domenica 7 novembre 2021

Cuel di For da Forno

 

Cuel di For da Forno

 

Note tecniche.

 

Localizzazione: Prealpi carniche

 

Avvicinamento: Lestans- Travesio-Clauzetto-Seguire le indicazioni per Pielungo, poco sotto la frazione Forno lasciare l'auto p prima della omonima selletta (m 605, presso un comodo parcheggio accanto il monumento a Giacomo Missana).

 

Dislivello: 320 m.


Dislivello complessivo: 500 m.


Distanza percorsa in Km: 5


Quota minima partenza: 605 m.

 

Quota massima raggiunta: 1011 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore

In: solitaria

 

Tipologia Escursione: escursionistica

 

Difficoltà: escursionisti  

Segnavia: CAI 820.

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: si, creata con rami

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: si, istallato barattolino

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)          Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028.
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)          Periodo consigliato: aprile-ottobre

3)          Da evitare da farsi in: Condizione di sentiero umido o in presenza di ghiaccio

Condizioni del sentiero: ben marcato e segnato, percorso in cresta al colle selvaggio, rara traccia.

 

Fonti d’acqua: no

Consigliati: ramponcini da erba in caso di bagnato

Data: 05 novembre 2021

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

 C’è tanto odio in giro, una sensazione sgradevole che si legge nei volti di chiunque si incroci. Questo virus ha spogliato i volti umani di quella leggerezza che si percepiva fino ad alcuni anni fa. Stiamo vivendo una guerra bianca, tutti contro tutti, fazioni contro, e si cerca nell’altro la colpa dei propri fallimenti. In questo caso l’unica panacea è la fuga nell’unico modo in cui l’uomo non soccombe al suo simile, ossia nella fantasia. Bisogna liberare la mente di tutto questo marciume che si accumula, quindi, ossigenarla con dolci visioni, e la montagna è uno di questi rimedi. Ho la fortuna di vivere a poche centinaia di metri dalla montagna, vivo in un luogo dove la pianura si sposa con la grande signora. Per questa fuga ho un’intuizione, la piccola frazione di Forno, ci sono stato spesso, soprattutto nei periodi di maggiore travaglio interiore, trovando risposte alle domande che mi ponevo. Stavolta non vado sulle vette rinomate che dominano il paesaggio, cito monte Taiet, monte Rossa e monte Pala, ma mi dirigo in un minuscolo colle che porta il nome dello stesso singolo borgo, un colle posto tra le intersezioni di due sentieri molto frequentati. Sono cosciente di cosa mi aspetta: un crinale selvatico e tanto ravanamento. Bene! Il travaglio mi aiuterà a pensare.

Il giorno dell’escursione il meteo tende al bello, l’ideale. Parto da casa, percorrendo in auto la valle solcata dall’Arzino, dirigendomi con calma nell’altopiano di Clauzetto. All’improvviso mi assale un atroce dubbio che diventa certezza, ho dimenticato il thermos con il té e l’acqua. Per il thermos mi rassegno, per l’acqua mi ingegno e provvedo. Durante il tragitto mi rifornisco presso il primo negozio di alimentari che incontro. Infatti, giunto alla periferia di Clauzetto, noto un negozio che fa al caso mio, compro un litro di acqua di Pradis, sembra fatto apposta. Converso con il gentile gestore del negozio, iniziando bene la giornata con un sorriso.

Ripreso il cammino in auto proseguo per Pradis di Sopra e successivamente continuo per la stradina che conduce a Pielungo. Mi trovo nel cuore del Friuli, in luoghi che 124 anni fa hanno assistito a cruenti scontri armati tra nazioni. Una guerra combattuta sino all’estremo sacrificio per una causa, giusta o sbagliata che sia, ma che rapì la vita di milioni di uomini. I nomi delle stradine, delle località, le tante bandiere tricolori e le insegne didattiche, richiamano allo stesso periodo storico. Questo luogo è sacro al forestiero che sicuramente incede con rispetto per i sentieri intrisi di sangue e passione.

Procedo lentamente, i luoghi tuttora serbano l’aspetto dei primi decenni del secolo scorso, passo accanto al cimitero che custodisce le tombe degli opposti nemici, che ora riposano assieme, ordinati e in fila, come se fossero ancora adunati, e tutt’intorno la madre montagna protegge le anime che volle per sé a imperituro ricordo per l’umanità.

Proseguo per Forno, transito sul ponticello che supera la forra dove in basso scorrono le acque del torrente di Molin e Salaries, affluenti dell’Arzino. Raggiunti i prati che precedono il borgo di Forno la visione si apre sul circondario, un autentico paradiso che apre il cuore, esso è protetto dalle creste delle montagne che lo circondano. Lascio l’auto presso uno spiazzo, vicino a un monumento in onore dell’alpino Giacomo Miissana, eroe immolatosi combattendo contro i nazi-fascisti durante il secondo conflitto mondiale.

Zaino in spalle, sogni al seguito, parto! Inizierò l’escursione dalla carrareccia che conduce all’incrocio del sentiero CAI 820 che sale fino alla Malga Jovet (cappella votiva come punto di riferimento).  Il primo tratto del sentiero sale ripido, mi distraggo lietamente con la bellezza della natura, fotografando le foglie che si tingono di colori vivaci e le vicine montagne, tra cui ammiro la poderosa e inimitabile forma della mole del Monte Cuar e Fragjel.

Il cielo è meraviglioso, le radi nubi incidono graffiti bianchi come se la stessa volta azzurra fosse una lavagna. Presto mi ritrovo alla base della cresta che sale al Cuel di For, lascio il sentiero 820 e inizio a cavalcare il crinale, a tratti intuisco una pesta di cacciatori, spesso la perdo, ma basta che mi sposto sulla spina dorsale del monte per ritrovarla. La fitta vegetazione non ostacola più di tanto il cammino, sono numerosi i piccoli arbusti di faggi e conifere che vogliono coprire la superfice del monte. Forse un dì il colle ne era del tutto spoglio, anzi sicuramente lo era, per via della pastorizia o del continuo bisogno di legname. Proseguo per la dolce ascesa, la vetta sembra lontana a causa delle fitte chiome della vegetazione che mi precludono la visione dell’azzurro. Continuo indomito, finché il pendio si fa meno erto ed eccomi nella larga cresta alla ricerca della massima quota o di un segno rappresentativo. Mi aggiro tra la ramaglia della fitta vegetazione, finché scorgo dei sassi coperti da fogliame, ecco la vetta, chiunque sia stato in passato ha eretto con poche pietre questo segno. È strano, in tutte le montagne che ho visitato in vita mia raramente nella quota più alta non ho trovato segni simbolici, come se l’uomo sentisse il bisogno di erigere un qualcosa di mistico in onore della dea della Montagna.  Mi guardo intorno, cerco e trovo dei rami acerbi, e con lacci e nastri creo una piccola croce che conficco tra i sassi, come se fosse un ombrellone e io l’avvitassi nella calda sabbia. Di seguito vado alla ricerca di sassi, ne trovo pochi, li utilizzo per rafforzare l’ometto e ricavarne un alloggiamento per il barattolino dove conservo il foglio con il segno del passaggio dello spirito libero. Fa freddino, tira un’aria gelida, mi diverte fare queste operazioni, in fondo l’esplorazione è un gioco che unisce noi spiriti amanti della montagna. Isso la bandiera piratesca degli spiriti liberi legandola a un robusto ramoscello. Missione compiuta! La visuale purtroppo è occultata dalla fitta vegetazione, non importa, ammirerò con il cuore ciò che desidero vedere.

Continuo l’escursione, proseguendo a nord-ovest, lungo il crinale, ad un ratto, dopo essermi abbassato molto di quota, ho l’impressione di essermi spostato troppo a ovest; infatti, scorgo a monte il crinale orientale. Con un taglio nella vegetazione, quasi in piano, mi riporto sulla crestina ed eccomi dopo pochi metri sul sentiero 820 che avevo lasciato in precedenza.

 Continuo per la seconda meta, il monte Cecon. Dal basso ho avuto dei seri dubbi che sia praticabile, testerò di persona. Dopo aver percorso il bel sentiero 820 giungo a una forcelletta, il sentiero ufficiale prosegue a occidente, io mi piego ad oriente, e stranamente vedo degli inaspettati segni CAI. Il tratto iniziale è ripidissimo e ardito, mi arrampico con passaggi di primo grado tenendomi ai piccoli fusti di faggio e alzandomi a furia di braccia. Trovo ancora segni, raggiungo la cresta e successivamente un pulpito panoramico (roccia con segni), ma il proseguo è ardito, tanto audace, con un su e giù per crinale molto esposto. Ho al seguito uno zaino pesante, anche ramponi da erba, ma non voglio rovinarmi la giornata; quindi, declino la seconda meta a un futuro prossimo, per oggi mi ritengo soddisfatto. Rientro a Forno con calma, mi godo tutto della montagna. La lentezza del passo visto tutto il tempo che ho a disposizione mi aiuta in questa meditazione. raggiunta l’auto, non mi fermo, proseguo dritto sino al colle che ospita l’ex cimitero di guerra adibito agli austroungarici. I corpi dei soldati in passato sono stati traslati nel cimitero che ho visto di mattina, ove riposano assieme ai soldati italiani. All’interno della recinzione stanno dei cartelli esplicativi che leggerò prima di lasciare il sito. Presso il cimitero è posto un tavolo con panche, lo destino come refettorio della mia escursione. Mi siedo dando le spalle al monte Pala, e avendo di fronte il Cuel di For e le circostanti cime. Consumo il mio rancio, pane e mortadella, buonissimo, specie quando si ha fame. La mezzoretta dedicata al desinare scorre dolcemente. Finita la sosta mi preparo al rientro. Visito il cimitero austroungarico e ripasso gli avvenimenti storici di 124 anni fa. Proprio oggi ricorre l’anniversario della Battaglia di Pradis, lo stesso giorno e mese, non lo sapevo, strana coincidenza.  Saluto con riverenza gli eroi nemici di un tempo, e rientro a valle. Oggi è stata una fantastica escursione, all’insegna della storia, dei ricordi e del selvaggio, tutto questo in una delle località più caratteristiche della montagna friulana.

Il Forestiero Nomade.

Malfa

























































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