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lunedì 25 gennaio 2021

Monte Spiciat da Lestans

Monte Spiciat da Lestans

 

Note tecniche. 

 

Localizzazione: Colli morenici di Castelnovo del Friuli

 

Avvicinamento: A piedi dall’abitazione di Lestans

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

.

Dislivello: 280 m.


Dislivello complessivo: 280 m.


Distanza percorsa in Km: 17, 5


Quota minima partenza: 180 m.

 

Quota massima raggiunta: 376 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste:

In: solitaria e coppia

 

Tipologia Escursione: Naturalistica

 

Difficoltà:

Ferrata- valutazione difficoltà:

 

Segnavia: Bolli arancioni, segni di percorrenza mountain bike

 

Fonti d’acqua: si

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: barattolino

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato:  

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:

 

Fonti d’acqua: si

Consigliati:

Data: martedì 24 novembre 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa.

In questo solare mese di novembre, la natura dona i suoi giorni più belli. Un chiaro invito a cogliere questi scampoli di bel tempo, e riempiere l’animo di splendidi ricordi. Lo zaino è sempre pronto e il corpo freme, dopo aver calzato gli scarponi, volo per la nuova avventura.  Anche in questa uscita parto a piedi direttamente da casa, la montagna con tutte le sue rivelazioni è a nord, e come nelle più classiche avventure, risalgo il torrente Cosa sino alla periferia del Borgo di Molevana.

Il continuo fluire delle acque è una melodica musica di sottofondo, i colori accesi della natura mi scaldano il cuore, incedo con passione, sono un uomo libero, e la mia meta sarà un qualsiasi sentiero che mi porterà lontano da un’umanità che ultimamente percepisco lagnosa e cattiva. Dalla periferia di Molevana mi dirigo alla località di Pontic che prende il nome da un pittoresco ponticello che collega le due sponde del Torrente Cosa. Odo latrare il solito vigile cane, sicuramente è il suo modo di scandire il passaggio dei giorni e dei Viandanti, chissà quanti ne ha visti.

Percorro il sentierino edificato con i sassi e carico di storia, transito sull’altra sponda del Cosa, un breve sguardo alle azzurre acque del torrente, e via per la nuova avventura.  La meta è il monte Spiciat, spero di raggiungerlo, la bella giornata e lo spirito indomito saranno uno forte stimolo alla riuscita dell’impresa.

Mi guardo intorno, trovo segni visivi di colore arancio e azzurro creati dagli appassionati di mountain bike, essi sono la mia guida. Cammino per una carrareccia in cemento, ripida ma sicura, essa porta alla forcella. Scruto il colle a destra, sarà per un’altra volta la sua esplorazione, oggi seguo la pesta a sinistra.  Un insidioso saliscendi mi porta a ridosso di un rudere, dove la traccia si congiunge con un'altra proveniente dalla frazione di Mocenico. Breve visita al rustico edificio, i vecchi chiodi sono impressionanti, rifletto su queste case costruite sapientemente a mano, senza l’ausilio della tecnologa odierna. Un tempo, nella costruzione edile, si aveva una logica, ogni singola trave e mattone erano posti con una arte ormai scomparsa. Basta che chiuda gli occhi e immagino: odo il battere dei martelli sui chiodi, o della mazza sui sassi. Mi par di udire anche una lingua che non conosco, e un cuore che però so leggere. Continuo il mio cammino, la traccia si biforca, a destra conduce agli stavoli di Gai, io proseguo a sinistra, per una scorciatoia che porta all’insellamento.

Cammino a ridosso del crinale del Col di Gai, non ho la pazienza di pervenire alla forcella, abbandono il sentiero maestro e mi avventuro per il ripido pendio, mirando alla cresta, che in breve raggiungo.

Sono un amante dei fuori sentieri, perché mi danno quel senso di libertà, tirando fuori dallo spirito avventuroso il lupo che alberga nel profondo. Mi emoziona scoprire altre tracce, è un’autentica caccia al tesoro. Mi rendo conto che possedere un ottimo senso di orientamento è stato sempre un fattore selettivo naturale. Ora cavalco la cresta, supero alcuni schianti, non mollo, ed eccomi alla prima elevazione, il Colle di Gai. L’altura è ricoperta da selvatica vegetazione, la visibilità non va oltre le fronde, continuo l’esplorazione. Stavolta miro ai colli verso settentrione, dopo alcuni metri su una corteccia scorgo un bollo arancione, altri ancora di seguito, i segni mi guideranno da questo tratto in poi. Percorro sempre la cresta, stavolta la traccia è ben battuta e anche pulita, davvero bella e rilassante la progressione, è un’autentica gioia dello spirito volare sul crinale. Raggiungo un altro colle, anonimo sulla mappa, intuisco che la mia meta è sempre più vicina. Mi abbasso di alcuni metri di quota, faggi, pini selvatici e carpini mi sono compagni, percorro una comoda cresta, orizzontale e aerea, anche se le fronde coprono la visuale. Ultimi sali scendi e inizio a scorgere la vetta del Monte Spiciat, la massima elevazione. Dopo un breve tratto delicato, eccomi sul bel torrione naturale, e la visione che ne segue è magnifica. Non ci sono ometti, croci, soltanto un eroico carpino nero, vigile come un soldato, che in eterno resiste alle intemperie per proteggere la valle e la frazione di Travesio. La visuale si apre sulla splendida valle protetta dai colli di Usago e dal Monte Ciaurlec.  Lo sguardo vola alle lontane signore di roccia. Una lunga serie di cime da sogno, le riconosco tutte: Caserine, Dosaip, Rodolino, Raut, Crep Nudo, Jouf di Maniago, San Lorenzo, Fara, e tante altre ancora… Divino e strategico il pulpito panoramico, un eccellente punto di osservazione e contemplazione.

Lascio un barattolino di vetro con carta e penna in un incavo ricavato nella roccia, mi rilasso e mi concedo mezz’ora di estasi, ne ho davvero tanto bisogno. Noto che i bolli arancioni guidano a occidente, giù per la cresta esposta. Sono un po’ titubante, ma ci provo, non sarò né il primo e né l’ultimo.

Salutata la bella e singolare cima del monte Spiciat, inizio il rientro per l’ardito sentiero. Effettivamente i primi metri di cresta sono affilati, ma poi, con il proseguo, la cresta si fa comoda, sino a sbucare in un ripido e ampio pendio, che se non fosse per l’ausilio dei bolli ci si perderebbe.

Ecco filtrare la luce dalle fronde, e la visuale aprirsi su un ampio terrazzo prativo dove troneggia la piccola chiesetta di San Giorgio. Meraviglia! Un panorama da cartolina. Dopo aver dato uno sguardo all’interno della chiesetta, mi spingo sino alla zona panoramica provista di panca, manca solo il binocolo fisso a gettoni. Sono in mezze maniche, fa caldo, e il cuore è colmo di felicità. Gravito in uno stato idilliaco, come si suol dire, sto da dio. La discesa è comoda, devo percorrere una scalinata, intervallata da 14 edicole in cemento con mosaici che raffigurano una via crucis delle imprese degli alpini; dalla loro fondazione al tragico terremoto del Friuli del 1976. Questa gradita sorpresa mi prende al cuore, inizio a commuovermi. Conosco i singoli episodi eroici abbinati a ogni singolo nome raffigurato, li elenco tutti e in ordine inverso, perché è doveroso che nessuno di essi venga dimenticato: Friuli 1976; Don; Nikola Jewka, Nave soccorso Galilea, Ponte dei Perati; Fiume Vojussa; Monte Golico; Ambra Uork; Fiume Piave; Monte Grappa; Monte Ortigara; Monte Pasubio; Monte Nero; Auda 1896. Un elenco di 14 nomi di località, monti ed episodi; conosco benissimo la storia di questi tragici eventi, sia perché sono un appassionato di storia, e sia perché sono un soldato, e ancora in servizio. Una calda lacrima scorre sul volto, mentre leggo i nomi delle località: dalle campagne in Africa Orientale, Albania, di Russia, l’affondamento della nave ospedale Galilea nello stretto di Otranto, con a bordo il battaglione Gemona, sino ai tragici e recenti eventi del terremoto del Friuli del 1976. Altre ne avrei erette di edicole commemorative, ma i loro nomi sono scolpiti nel mio cuore. Lo scudetto tricolore della mia divisa che fieramente ho cucito nello zaino ne è la visibile testimonianza. In quest’epoca di finti eroi e di cattivi spiriti opportunisti, questa escursione è stata davvero una catarsi, una liberazione dello spirito dalla tristezza di squallide figure. Alla fine della scaletta, do una lettura a una scritta (incisa in una targa in metallo), che non ha bisogno di ulteriori commenti” I morti sono davvero morti solo quando vengono dimenticati”. Poesia, nobiltà d’animo, sacrificio, spirito di corpo, sentimento di patria, vocaboli e sentimenti distinti, ben lontani e sconosciuti a certi personaggi contemporanei…

Riprendo il cammino per Lestans. Dopo un breve tratto di strada comunale, rientro tramite un vecchio troi a Molevana, e da qui a ritroso per il percorso dell’andata, sino alla ridente cittadina di Lestans. 

In questo cammino nel bucolico paesaggio il sole e il cielo mi sono fratelli, mi scaldano l’animo e illuminano gli occhi dandogli il medesimo colore. Una anziana contadina nell’orto, gli alberi di gelso che protendono i rami al cielo, lo scorrere del Torrente Cosa e il latrare del cane sono l’ultimo album fotografico di questa splendida escursione. Tutto mi ricorda che ho due occhi per vedere, due gambe per camminare e una mente libera per pensare, cosa posso desiderare di più, cosa…

Il Forestiero Nomade.

Malfa.

 

 










































































 

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