Monte
Spiciat da Lestans
Note
tecniche.
Localizzazione: Colli morenici di Castelnovo
del Friuli
Avvicinamento: A piedi dall’abitazione di
Lestans
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
.
Dislivello:
280 m.
Dislivello complessivo: 280 m.
Distanza percorsa in Km: 17, 5
Quota minima partenza: 180 m.
Quota
massima raggiunta: 376 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste:
In:
solitaria e coppia
Tipologia
Escursione: Naturalistica
Difficoltà:
Ferrata- valutazione difficoltà:
Segnavia:
Bolli arancioni, segni di percorrenza mountain bike
Fonti
d’acqua: si
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: barattolino
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Fonti d’acqua: si
Consigliati:
Data: martedì 24
novembre 2020
Il “Forestiero Nomade”
Malfa.
In questo solare mese di
novembre, la natura dona i suoi giorni più belli. Un chiaro invito a cogliere
questi scampoli di bel tempo, e riempiere l’animo di splendidi ricordi. Lo
zaino è sempre pronto e il corpo freme, dopo aver calzato gli scarponi, volo per
la nuova avventura. Anche in questa
uscita parto a piedi direttamente da casa, la montagna con tutte le sue rivelazioni
è a nord, e come nelle più classiche avventure, risalgo il torrente Cosa sino
alla periferia del Borgo di Molevana.
Il continuo fluire delle
acque è una melodica musica di sottofondo, i colori accesi della natura mi
scaldano il cuore, incedo con passione, sono un uomo libero, e la mia meta sarà
un qualsiasi sentiero che mi porterà lontano da un’umanità che ultimamente percepisco
lagnosa e cattiva. Dalla periferia di Molevana mi dirigo alla località di Pontic
che prende il nome da un pittoresco ponticello che collega le due sponde del
Torrente Cosa. Odo latrare il solito vigile cane, sicuramente è il suo modo di
scandire il passaggio dei giorni e dei Viandanti, chissà quanti ne ha visti.
Percorro il sentierino
edificato con i sassi e carico di storia, transito sull’altra sponda del Cosa,
un breve sguardo alle azzurre acque del torrente, e via per la nuova
avventura. La meta è il monte Spiciat,
spero di raggiungerlo, la bella giornata e lo spirito indomito saranno uno forte
stimolo alla riuscita dell’impresa.
Mi guardo intorno, trovo
segni visivi di colore arancio e azzurro creati dagli appassionati di mountain
bike, essi sono la mia guida. Cammino per una carrareccia in cemento, ripida ma
sicura, essa porta alla forcella. Scruto il colle a destra, sarà per un’altra
volta la sua esplorazione, oggi seguo la pesta a sinistra. Un insidioso saliscendi mi porta a ridosso di
un rudere, dove la traccia si congiunge con un'altra proveniente dalla frazione
di Mocenico. Breve visita al rustico edificio, i vecchi chiodi sono impressionanti,
rifletto su queste case costruite sapientemente a mano, senza l’ausilio della
tecnologa odierna. Un tempo, nella costruzione edile, si aveva una logica, ogni
singola trave e mattone erano posti con una arte ormai scomparsa. Basta che chiuda
gli occhi e immagino: odo il battere dei martelli sui chiodi, o della mazza sui
sassi. Mi par di udire anche una lingua che non conosco, e un cuore che però so
leggere. Continuo il mio cammino, la traccia si biforca, a destra conduce agli
stavoli di Gai, io proseguo a sinistra, per una scorciatoia che porta all’insellamento.
Cammino a ridosso del
crinale del Col di Gai, non ho la pazienza di pervenire alla forcella, abbandono
il sentiero maestro e mi avventuro per il ripido pendio, mirando alla cresta,
che in breve raggiungo.
Sono un amante dei
fuori sentieri, perché mi danno quel senso di libertà, tirando fuori dallo spirito
avventuroso il lupo che alberga nel profondo. Mi emoziona scoprire altre
tracce, è un’autentica caccia al tesoro. Mi rendo conto che possedere un ottimo
senso di orientamento è stato sempre un fattore selettivo naturale. Ora cavalco
la cresta, supero alcuni schianti, non mollo, ed eccomi alla prima elevazione,
il Colle di Gai. L’altura è ricoperta da selvatica vegetazione, la visibilità non
va oltre le fronde, continuo l’esplorazione. Stavolta miro ai colli verso
settentrione, dopo alcuni metri su una corteccia scorgo un bollo arancione,
altri ancora di seguito, i segni mi guideranno da questo tratto in poi.
Percorro sempre la cresta, stavolta la traccia è ben battuta e anche pulita,
davvero bella e rilassante la progressione, è un’autentica gioia dello spirito volare
sul crinale. Raggiungo un altro colle, anonimo sulla mappa, intuisco che la mia
meta è sempre più vicina. Mi abbasso di alcuni metri di quota, faggi, pini selvatici
e carpini mi sono compagni, percorro una comoda cresta, orizzontale e aerea,
anche se le fronde coprono la visuale. Ultimi sali scendi e inizio a scorgere
la vetta del Monte Spiciat, la massima elevazione. Dopo un breve tratto delicato,
eccomi sul bel torrione naturale, e la visione che ne segue è magnifica. Non ci
sono ometti, croci, soltanto un eroico carpino nero, vigile come un soldato,
che in eterno resiste alle intemperie per proteggere la valle e la frazione di
Travesio. La visuale si apre sulla splendida valle protetta dai colli di Usago
e dal Monte Ciaurlec. Lo sguardo vola
alle lontane signore di roccia. Una lunga serie di cime da sogno, le riconosco
tutte: Caserine, Dosaip, Rodolino, Raut, Crep Nudo, Jouf di Maniago, San
Lorenzo, Fara, e tante altre ancora… Divino e strategico il pulpito panoramico,
un eccellente punto di osservazione e contemplazione.
Lascio un barattolino
di vetro con carta e penna in un incavo ricavato nella roccia, mi rilasso e mi
concedo mezz’ora di estasi, ne ho davvero tanto bisogno. Noto che i bolli arancioni
guidano a occidente, giù per la cresta esposta. Sono un po’ titubante, ma ci
provo, non sarò né il primo e né l’ultimo.
Salutata la bella e
singolare cima del monte Spiciat, inizio il rientro per l’ardito sentiero.
Effettivamente i primi metri di cresta sono affilati, ma poi, con il proseguo,
la cresta si fa comoda, sino a sbucare in un ripido e ampio pendio, che se non
fosse per l’ausilio dei bolli ci si perderebbe.
Ecco filtrare la luce
dalle fronde, e la visuale aprirsi su un ampio terrazzo prativo dove troneggia
la piccola chiesetta di San Giorgio. Meraviglia! Un panorama da cartolina. Dopo
aver dato uno sguardo all’interno della chiesetta, mi spingo sino alla zona
panoramica provista di panca, manca solo il binocolo fisso a gettoni. Sono in
mezze maniche, fa caldo, e il cuore è colmo di felicità. Gravito in uno stato
idilliaco, come si suol dire, sto da dio. La discesa è comoda, devo percorrere
una scalinata, intervallata da 14 edicole in cemento con mosaici che
raffigurano una via crucis delle imprese degli alpini; dalla loro fondazione al
tragico terremoto del Friuli del 1976. Questa gradita sorpresa mi prende al
cuore, inizio a commuovermi. Conosco i singoli episodi eroici abbinati a ogni
singolo nome raffigurato, li elenco tutti e in ordine inverso, perché è doveroso
che nessuno di essi venga dimenticato: Friuli 1976; Don; Nikola Jewka, Nave
soccorso Galilea, Ponte dei Perati; Fiume Vojussa; Monte Golico; Ambra Uork;
Fiume Piave; Monte Grappa; Monte Ortigara; Monte Pasubio; Monte Nero; Auda
1896. Un elenco di 14 nomi di località, monti ed episodi; conosco benissimo la
storia di questi tragici eventi, sia perché sono un appassionato di storia, e sia
perché sono un soldato, e ancora in servizio. Una calda lacrima scorre sul volto,
mentre leggo i nomi delle località: dalle campagne in Africa Orientale,
Albania, di Russia, l’affondamento della nave ospedale Galilea nello stretto di
Otranto, con a bordo il battaglione Gemona, sino ai tragici e recenti eventi
del terremoto del Friuli del 1976. Altre ne avrei erette di edicole commemorative,
ma i loro nomi sono scolpiti nel mio cuore. Lo scudetto tricolore della mia divisa
che fieramente ho cucito nello zaino ne è la visibile testimonianza. In
quest’epoca di finti eroi e di cattivi spiriti opportunisti, questa escursione
è stata davvero una catarsi, una liberazione dello spirito dalla tristezza di
squallide figure. Alla fine della scaletta, do una lettura a una scritta (incisa
in una targa in metallo), che non ha bisogno di ulteriori commenti” I morti
sono davvero morti solo quando vengono dimenticati”. Poesia, nobiltà d’animo,
sacrificio, spirito di corpo, sentimento di patria, vocaboli e sentimenti distinti,
ben lontani e sconosciuti a certi personaggi contemporanei…
Riprendo il cammino
per Lestans. Dopo un breve tratto di strada comunale, rientro tramite un
vecchio troi a Molevana, e da qui a ritroso per il percorso dell’andata, sino
alla ridente cittadina di Lestans.
In questo cammino nel bucolico
paesaggio il sole e il cielo mi sono fratelli, mi scaldano l’animo e illuminano
gli occhi dandogli il medesimo colore. Una anziana contadina nell’orto, gli alberi
di gelso che protendono i rami al cielo, lo scorrere del Torrente Cosa e il
latrare del cane sono l’ultimo album fotografico di questa splendida escursione.
Tutto mi ricorda che ho due occhi per vedere, due gambe per camminare e una
mente libera per pensare, cosa posso desiderare di più, cosa…
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
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