Powered By Blogger

mercoledì 6 gennaio 2021

Colle degli Spiriti Liberi e Col del Monaco

Colle degli Spiriti Liberi e Col Monaco

Note tecniche. 

 

Localizzazione: Colli di Castelnovo del Friuli

 

Avvicinamento: Lestans-Paludea- Parcheggio presso la pizzeria-trattoria “Locanda al Borgo”

 

Regione:

.

Dislivello: punto e quota di partenza


Dislivello complessivo: 348


Distanza percorsa in Km: 10


Quota minima partenza: 244 m.

 

Quota massima raggiunta: 451 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore

In: solitaria

 

Tipologia Escursione: Naturalistica storica

 

Difficoltà: escursioniste turistiche

Ferrata- valutazione difficoltà:

 

Segnavia: si, tabelle locali

 

Fonti d’acqua: no

 

Impegno fisico: medio basso

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: istallato in data odierna

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato:  

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero: Vecchi troi in ottimo stato

 



Consigliati:

Data: lunedì 04 gennaio 2008

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

Escursione introspettiva presso i verdi colli della comunità montana di Castelnovo. Località che amo e che sin dal 2003 è stata il mio ABC della montagna e della libertà intesa come natura. Il lungo protrarsi del periodo di clausura a causa del Covid 19 stimola brevi viaggi a pochi metri da casa.

Dopo aver visitato la vetta del selvaggio monte Santo con partenza da Lestans, ho deciso di continuare a peregrinare nella medesima località per scoprire cosa si cela oltre il monte stesso. Come luogo di partenza ho scelto il Comune di Paludea, lasciando il mezzo presso l’adibito parcheggio di una pizzeria- trattoria non più in attività (Locanda al Borgo).

Decido di compiere un anello in senso antiorario, risalendo sino alla frazione di Faviz e Rez tramite una stradina di servizio, per poi imboccare una remota carrareccia che taglia le pendici meridionali del monte Santo.

Bello quest’ultimo tratto, percorso ora solo dagli amanti della montagna e della mountain bike. Scopro tra le fronde della selvaggia vegetazione passati ruderi abbandonati dal tempo, alla visione mi si apre il cuore. Adesso non sono più il fuggitivo escursionista, ma un uomo perduto nel tempo. Percorro questa carrareccia, ammirando le singole foglie, da quelle rosse come l’amore alle altre imbrunite e prossime alla caduta, lasciandomi rapire dai disegni surreali dei fiori oltre tempo, e ancora osservo i singoli alberi e cerco di indovinarne il nome.

Querce, acacie, faggi, noci e castagni fanno a gara a confondermi le idee, osservo le foglie per terra e le cortecce per avere più indizi, è un universo di sapere e poesia che bisogna conoscere e saper sfogliare. La strada di campagna si stringe sino a divenire sentiero, un bel viottolo che birbante passa tra le braccia scarne dei vetusti alberi.

Giunto presso una forcella senza nome scorgo tracce di passaggio alla mia destra, uno sguardo alla mappa, e miro al vertice della quota 451 m. Chissà cosa scoprirò. Poco sotto la cresta, un fitto raggruppamento di scarni noccioli mi devia la direzione, lo aggiro a destra, ed eccomi sul filo di cresta. Un crinale di roccia, coperto e velato da una impervia vegetazione che ne oscura la visione sulle sorelle prossime. Percorro la cresta, sono in prossimità della massima quota, eccola 30 metri più avanti, aggiro altra vegetazione di ostacolo, e mi avvicino al masso da dove giovani arbusti ne coprono il vertice. La pietra sarà alta un paio di metri, un balzo e sono al vertice. Scopro con piacere sulla roccia che è stato cementato il tondino IGM in metallo con un triangolino e la scritta “Chi danneggia è punito”, mi pare giusta la minaccia. Idea! Battezzo il colle. Che nome gli do? Indovinate, facile, “Colle degli Spiriti Liberi”.

Libero il masso dalla vegetazione superflua, e installo in una cavità insita nello stesso masso  un contenitore con il simbolo del gruppo, una penna e dei fogli per apportare il segno del passaggio.

Felice e contento della meta raggiunta, 451 metri di libertà, riprendo il cammino. Raggiunta la forcella, mi rendo conto che ho smarrito la mappa che avevo al seguito, ma ho un’ottima memoria, quindi proseguo a sinistra, prima per il sentiero, passando proprio sotto un gigantesco castagno, davvero mirabile la sua imponente figura, un re del bosco. Ancora pochi metri di sentiero e raggiungo una carrareccia. Quest’ultima risale il versante settentrionale del monte Santo e si inoltra sino a Celante di Castelnovo. lascio il comodo cammino proprio sotto il colle quota 431 m. seguendo un sentiero a destra che lo aggira sino a raggiungere la località citata in precedenza. Il sentiero è davvero magnifico, antico e vissuto, resti di scalinate, muri a secco e un vecchio stavolo, altri momenti di poesia da aggiungere a quelli vissuti. Non sono insensibile, il bosco parla, chiama, tocca, racconta. Raggiunta la periferia di Celante di Castelnovo, saluto un indigeno che va a zonzo con due bottiglie di vino vuote, sicuramente liberate del prezioso nettare dallo stesso omino, per dimenticare o festeggiare, chissà…

Seguo la strada asfaltata a occidente sino a una cappella, non nascondo che la frazione mi rapisce, le abitazioni erette con i sassi miste a quelle di cemento, è come leggere un passato mai passato da un presente mai presente. Presso una cappella votiva bianca e luminosa, scorgo l’inizio del sentiero che mi porta all’antico colle che fu frequentato per primo da antiche civiltà friulane e dopo da un solitario monaco. Col del Monaco non è la prima volta che mi vede ospite, ricordo che al vertice mi aspetta una chiesetta e i resti di una fortificazione preromana tra il settimo e il nono secolo a.C.

Davvero notevole e incantevole questa giornata. Continuo! Seguo il ben curato sentiero, una stradina campale, poi pochi metri prima di uno stavolo, pesto la traccia a destra, che sale in cresta, e si congiunge alla chiesetta con campanile. Essa è stata prima abitata dall’eremita monaco nelle sue primitive strutture (ruderi del fortilizio), e successivamente, nel Seicento, edificata e resa disponibile al culto.

Sono immagini affascinanti quelle che memorizzo, e la giornata grigia le rende ancora più magiche, sembrano avvolte dal mistero.

 Sfioro i resti della millenaria torre di avvistamento, un pensiero dedico alle sentinelle di guardia, sicuramente celti, ne avverto la fatata presenza… Rientro per la stradella, sfioro lo stavolo, ne apro con rispetto la remota porta, scruto al suo interno, era un ricovero per animali, ma quanta perizia noto nell’edificazione. Osservo tra i ciottoli delle pareti i cocci di cotto, segni dell’opera dell’uomo che il tempo può solo rivelare con orgoglio.

Poco più avanti è sito un pozzo, l’apertura sembra una cappella votiva coperta da un’insolita volta, forse per coprire l’acqua dalle impurità involontarie delle intemperie. Ripercorro il sentiero dell’andata, stavolta in discesa, l’avventura volge al termine. Per la strada asfaltata proseguo sino a raggiungere quella principale che da Clauzetto porta a Paludea. Percorro l’arteria in prossimità della sponda sinistra del torrente Cosa, ricco di copiose acque che le recenti piogge hanno contribuito ad alimentare. Pochi metri ancora di cammino ed eccomi al capoluogo, Paludea, fine dell’avventura. È stato un bel viaggio, a volte onirico. Un altro gioiello da incastonare nella corona della vita di uno spirito libero.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.































































 

Nessun commento:

Posta un commento