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venerdì 11 dicembre 2020

Colli morenici tra Usago e Sequals, parte III.

Colli morenici tra Usago e Sequals, parte III.

Col Palalis 367 m.; Col Pallotta 361 m.

Note tecniche. 

 

Localizzazione: Colline moreniche che Si estendono nella zona nord-orientale della provincia di Pordenone, ai piedi delle Prealpi Carniche, tra il fiume Meduna e il torrente Cosa.

 

Avvicinamento: Lestans-parcheggio chiesa di Usago poco dopo la stazione ferroviaria.

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

.

Dislivello: 200 m.

 


Dislivello complessivo: 416 m.


Distanza percorsa in Km: 7,5


Quota minima partenza: 240 m.

 

Quota massima raggiunta: 406 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore

In: solitaria

 

Tipologia Escursione: Selvaggia panoramica

 

Difficoltà: escursionisti esperti abili a operare in ambiente selvaggio e dotati di altissimo senso di orientamento.

 

Ferrata- valutazione difficoltà:

 

Segnavia: Bolli Bianco Azzurri, e nastri segnaletici.

 

Fonti d’acqua: nessuna

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: media

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: Si, sul Col Pallotta

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: no

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)             Cartografici: IGM Friuli –
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)             Periodo consigliato: tutto l’anno

3)              

4)             Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:

 

Fonti d’acqua: no

Consigliati: abiti idonei a proteggere il corpo dalla fitta vegetazione  

Data: ottobre 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

 

Relazione:

 

Terzo Episodio. Il ritorno del Malfa (assieme a Giovanna e il fido Magritte) e la conquista dell’autentica vetta del Col di Palalis.

Rientrato a casa dopo la seconda escursione sui colli morenici, scopro amaramente che non avevo toccato la cima principale del Col Palalis (quota 374 m.), ma bensì l’ante-cima (quota367 m.). Quindi, preparo la terza uscita, stavolta con me ci saranno Giovanna e Magritte.

Partiamo anche stavolta dall’Ancona di Santa Fosca (quota 241 m.) ma non prendiamo per la carrareccia di servizio che risale al Colle Pallotta, ma proseguiamo dritti per la stradina campestre, diretti verso il sole. Raggiunta la piccola valle posta tra il crinale di Colle Pallotta e Col di Palalis, la attraversiamo. Il terreno è duro a causa della gelata, alle pendici occidentale del Col Palalis, incrociamo una carrareccia, la seguiamo, risalendo tramite una vistosa pendenza il crinale del colle in precedenza citato. La pista è abbastanza larga, forse trattasi di una dismessa strada militare di servizio alla polveriera. In breve tempo raggiungiamo il vertice della cresta del monte, la carrareccia termina il suo tragitto, e dei bolli arancioni ci indicano il proseguo.

Spesso il sentiero è invaso da vegetazione che ci ostacola, ma non molliamo. Adoperiamo i bastoncini da trekking come spade e machete per farci spazio tra i rovi, lotta impari ma non disperiamo, non molliamo, e alla fine abbiamo la meglio. Traguardo il GPS, mi indica che la quota massima è vicina, eccola, è un masso coperto da fitta vegetazione, letteralmente e praticamente impraticabile. Giro intorno all’ostacolo cercando un punto debole di accesso. Ecco, trovato! Sposto dei rami secchi, bonifico il passaggio e con due movimenti siamo sull’esile masso, posto a quota 374 m. È la cima che non ti aspetti, solo edera, rami e piante spinose, altro che Pelmo e Civetta. Pongo un barattolino di vetro con il simbolo del gruppo, a testimoniare l’avvenuta conquista, e scendiamo dal sacro masso. Proseguiamo l’escursione seguendo i bolli arancioni, sempre per la cresta ma a sud. Dopo alcuni su e giù, mi ritrovo sull’ante-cima, raggiunta appena due giorni prima. Ritrovo il barattolino, breve sosta, foto ricordo per i nipotini e si prosegue. Seguiamo le tracce che portano al colle Pallotta, con le stesse difficolta della precedente escursione, finché raggiungiamo il pennone con bandiera tricolore in metallo e il santo redentore con le stesse emozioni del naufrago quando tocca terra. Missione compiuta, ci complimentiamo e non ci resta che rientrare alla base, e tramite la carrareccia di servizio raggiungere l’auto.

È stata un ‘escursione appagante, originale e fuori dal comune. Ci siamo avventurati per tracce e crinali percorsi da pochi, e questo da un alto senso di avventura e di libertà. Adesso, per il sottoscritto, i colli verdi che separano la pianura friulana dal monte Ciaurlec non hanno più segreti e sono una meravigliosa realtà. Ogni qualvolta che passerò in zona elargirò un sorriso a questa magica cresta, essa mi ha donato con passione tutta sé stessa, anima e corpo.

Il forestiero Nomade.

 Malfa

 

 
























 

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