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giovedì 27 agosto 2020

Monte Chiadenis -ferrata Portogruaro dalle sorgenti del Piave.

Ferrata del monte Chaidenis dalle sorgenti del Piave

(Impegnativa via ferrata con un sentiero di avvicinamento breve.)

 

Note tecniche.

 

Localizzazione: Alpi Carniche- Catena carnica occidentale-Costiera Peralba-Rinaldo -Massiccio Peralba-Avanza

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

 

Avvicinamento: Tolmezzo- Val Degano -Giunti a Forni Avoltri -- Cima Sappada- - indicazioni per le sorgenti del Piave- parcheggio alle Sorgenti, (m 1815).

 

Dislivello: 700 m.


Dislivello complessivo: 700 m.


Distanza percorsa in Km: 5, 7


Quota minima partenza: 1760 m.

 

Quota massima raggiunta: 2459m

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 6 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: Storico-paesaggistica

 

Difficoltà: Escursionisti-Esperti con percorso

 

Ferrata- valutazione difficoltà: difficile

 

Segnavia:  CAI 132; 173

 

 

Impegno fisico: alto

Preparazione tecnica: alta

Attrezzature: si

 

Croce di vetta: si

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: no

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 01
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato:  

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:

 

Fonti d’acqua: no

Consigliati: Set completo per ferrata.

Data: sabato 22 agosto 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

L’attrezzata “ferrata CAI Portogruaro”, l’ho percorsa sette anni fa, e ancora ne conservo un vivo ricordo, malgrado con il tempo molti particolari sono scemati nell’oblio. Per la seconda esperienza di ferrate per Giovanna, ho pensato che fosse quella più idonea, avendo scordato le concrete difficoltà tecniche. Sicuramente, sette anni fa, ero più giovane e anche più spericolato. L’avvicinamento alle sorgenti del Piave è grandioso, la zona di Sappada è attorniata dalle più affascinanti elevazioni del Friuli. Al parcheggio, dove lasciamo l’auto, è un continuo brulicare di escursionisti, molti sicuramente diretti nel contiguo monte Peralba, cima regale, imperiosa ma non difficile.

Una volta pronti, zaino in spalle, si parte, iniziando il percorso dalla lunga carrareccia che porta sino al rifugio Calvi. La strada di transito è comoda ma molto ripida (CAI 132). Lungo il tragitto abbiamo modo di incontrare molteplici escursionisti, tra cui uno in particolare mi ha colpito, dal volto e dalle espressioni è la copia di John Lennon, impressionante la somiglianza. Dopo il rifugio Calvi, iniziamo a seguire lo sterrato sentiero sempre numerato 132, che in breve ci accompagna sino al passo di Sesis. Effettuiamo una breve sosta per ammirare le limitrofe montagne, tra cui il Fleons, l’Avanza, e le Crete del Cacciatore. Per comodo sentiero (CAI 173) svoltiamo a destra, percorrendo una traccia ben battuta con un breve passaggio attrezzato, essa lambisce il versante sudorientale della valle del Chiadenis.

Presso un ripido costone, poco prima del Passo del Cacciatore, la traccia si biforca, a destra devia per un ripido tratto sino alla base di uno sperone roccioso da dove hanno inizio le attrezzature.

Ci rifocilliamo, indossiamo l’armatura (set di sicurezza) e iniziamo la via ferrata. Il primo tratto è un ripido e verticale spigolo (molto appigliato), che conduce al foro materializzato da un masso incastrato sopra una fenditura. Lo si supera da sopra, e seguendo i cavi si procede lungo un traverso assai esposto. Raggiunta la base di un lunghissimo colatoio, lo si risale con divertenti passaggi di arrampicata, tranne in un paio di salti molto spigolosi che vanno superati con maestria ed elasticità. In un camino stretto e angusto, a causa dello zaino, si rischia di rimanere incastrati. L’ultimo tratto del Colatoio è uno spigolo, articolato, che lo si risale grazie anche all’aiuto di alcune staffe. Alla fine del tratto ripido troviamo una comoda cengia, la stessa lambisce una cavità artificiale. Tiriamo un sospiro di sollievo, e proseguiamo, percorrendo i resti di un camminamento trincerato, sino a raggiungere una caverna (riparo). Il sentiero si biforca, procediamo a destra (sempre con l’ausilio dei cavi e di alcune staffe), e raggiungiamo un camminamento molto suggestivo, che porta alla base di un ripido camino, staffe e cavi aiutano a risalirlo. Raggiunto un terrazzamento, si ascende una paretina, e da un successivo terrazzino proseguiamo per l’ultimo salto che porta alla vertiginosa vetta est (2459 m.), croce in metallo.

La cima è davvero striminzita quanto un fazzoletto, dopo una brevissima pausa, con prudenza, si ritorna indietro e si riprende il cammino verso la seconda cima, quella Ovest.

Dal bivio stavolta viriamo a sinistra (tavoletta in legno affissa sulla roccia indicante il rifugio Calvi), percorriamo un camminamento molto esposto ma suggestivo (resti di un transennamento), dopo di che ci abbassiamo di quota, sino a transitare dentro uno stretto intaglio.

Successivamente ci aspetta l’ultimo tratto impegnativo dell’intera escursione, ovvero, un camino da risalire grazie all’ausilio di alcune staffe. Raggiunto il vertice, pochi metri ci separano dalla seconda vetta, quella ovest (2459 m), materializzata da un leggio con contenitore per libro di vetta.

Nella breve sosta (nel frattempo le nuvole ci hanno avvolti) togliamo per un attimo il casco, e rifiatiamo. Nel frattempo, veniamo raggiunti da un simpatico giovanotto, altri escursionisti abbiamo incontrato lungo la salita, questa via ferrata è molto trafficata. Ripreso il cammino, transitiamo sull’affilata cresta, per poi iniziare la discesa, stavolta molto meno ardua dell’ascesa. Facili passaggi di arrampicata si succedono, sempre accompagnati da un’attrezzatura efficiente. L’ultimo passaggio, la liscia placca finale, va affrontata con cautela, specie se umida. Superato quest’ultimo ostacolo, siamo sul prato inerbito che precede il rifugio Calvi.

L’ascesa della via ferrata è stata molto intensa, una vera palestra per il fisico, ma nulla di trascendentale, solo che la continua tensione ci ha spossato. Fa riflettere sapere il dove alloggiassero i combattenti durante la Grande Guerra, ma non farò retorica, molti di noi, sicuramente oggi, non ne sarebbero capaci.  Adesso, viviamo in una società dove conta sempre di più l’apparire che l’essere. Sono felice che la mia compagna abbia superato questa prova. Ella, in questo tipo di esercizio, come nelle recenti esperienze, ha mostrato di avere il giusto talento e coraggio per affrontare in montagna qualsiasi tipo di terreno e contesto.  Raggiunto il rifugio Calvi, abbiamo effettuato una fermata per brindare al successo dell’evento. Al rientro, durante gli ultimi metri del sentiero, le prime gocce d’acqua e dei fragorosi tuoni ci avvisano dell’imminente nubifragio. In codesto frangente mi ha catturato la furia inquietante delle nubi che si addensavano. La montagna, simile a noi esseri umani, ha più di mille sfaccettature, tutte autentiche e alcune temibili. Sotto la scrosciante pioggia, si rientra a casa, felici dell’esperienza, e con una nuova storia da raccontare.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.

 

 

 

 

 



























































 

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