Alta Via CAI Gemona
Note tecniche.
Localizzazione: Prealpi Giulie- Prealpi Giulie Settentrionali- (dette
anche Catena Plauris-Musi-Chiampon) – Gruppo
Chiampon Stol
Regione: Friuli-Venezia Giulia
Avvicinamento:
Dislivello:
Dislivello complessivo: 1500 m.
Distanza percorsa in Km: 16
Quota minima partenza: 967 m.
Quota massima raggiunta: 1717 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 8 ore
In: coppia
Tipologia Escursione: selvatica-panoramica
Difficoltà: escursionisti esperti con passaggi alpinistici
Segnavia: CAI 713; Alta Via CAI Gemona- 729.
Impegno fisico: Alto
Preparazione tecnica: medio-alta
Attrezzature: si
Croce di vetta: si
Ometto di vetta: si
Libro di vetta: si (Monte Siroche Dolegne in cattive
condizioni)
Timbro di vetta: si Siroche Dolegne
Riferimenti:
1)
Cartografici: IGM Friuli –Tabacco 020
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo consigliato: maggio-ottobre
3)
4)
Da evitare da farsi in: Presenza di terreno umido o ghiacciato.
Condizioni del sentiero: Il sentiero che scende dalla
Forcella Dolina è in pessimo stato, segnato male nella parte alta, e in basso
abbisogna di manutenzione. L’Alta Via, malgrado sia intuitiva per via della cresta,
abbisogna di manutenzioni nei versanti inerbiti, dove è pericolosissimo il
passaggio di alcuni traversi (poco sotto Siroche Gjaline) - e il tratto che
precede l’ascesa al Cuel di Lanis.
Fonti d’acqua: no
Consigliati: Ramponcini da erba nei traversi inerbiti
meridionali
Data: 20 agosto 2020
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
L’alta Via di Gemona, la traversata montana per eccellenza
dei Gemonesi, era in programma da anni, ma per un motivo o l’altro, ho sempre
rinviato. La prima volta che ascesi il Chiampon, ne sentii parlare a un
escursionista che trovai in vetta. Ricordo ancora che portava i pantaloncini
corti, e le sue testuali parole: <<Nulla di che, solo un paio di passaggi
di secondo grado>>. All’epoca, circa 15 anni fa, ignoravo le difficoltà
alpinistiche. Passano i mesi e passano gli anni, e nel frattempo, ascendo quasi
tutto ciò che c’è intorno, dal monte Postoucicco e Cuel di Lanis dal Plan di
Tapou, alla cima del Deneal e i Musi, tranne l’Alta Via di Gemona. Qualcosa di fosco
mi ha sempre frenato, strane sensazioni, e ho preferito altre mete, anche
lontanissime, che mi davano una certa energia e solarità. Di recente, per caso,
leggendo un post nel gruppo” La montagna per spiriti liberi” riferito all’Alta Via,
ho drizzato le orecchie e commentato che mi mancava questa esperienza. A questa
mia esposizione, Silvano Bertolini, che conosco da tempo, mi ha espresso il desiderio
di poter procedere insieme all’ascesa, quindi, abbiamo deciso, che alla prima occasione
utile ci saremmo tolti la soddisfazione.
Si attende, senza ansia, il giorno propizio che giunge
giovedì 20 agosto. Per via dell’utilizzo di due automezzi e della lunga cresta
da percorrere, alle 04:45 siamo già nella piazza centrale di Tarcento, di seguito
si procede a lasciare un mezzo a Cesariis, scelta purtroppo che si rivelerà nefasta.
Alle 06:30 siamo al parcheggio, poco sotto la Malga Cuarnan, finalmente,
indossati gli scarponi, si parte.
La giornata promette bene, il cielo è terso, la
temperatura canicolare, procediamo subito in maglietta, percorrendo il noto
sentiero numerato 713, che da Sella Foredor sale ripidamente sino alla cima del
Chiampon. Con Silvano intuiamo sin da
subito che abbiamo due passi diversi, il suo è spedito, quindi procediamo, come
per tutta l’escursione, assieme ma distanziati di alcune centinaia di metri.
Ottimo, così avremo anche tempo di stare in compagnia di noi stessi. In due ore
siamo in vetta al Chiampon, fatte le dovute foto, iniziamo l’Alta Via CAI
Gemona. Penso che pochi ignorino, che la croce e la campana non sono situati
sulla quota più alta del Chiampon, che dista alcune centinaia di metri a oriente.
Dal pulpito più alto della via, sempre con direzione da occidente a oriente,
iniziamo a perdere quota, per poi risalire sul monte Corta (1679 m.). Oltre la
bellezza del primo tratto, la cresta è molto affilata e panoramica, riveliamo
la considerevole presenza, anzi, onnipresenza, di una vastissima fioritura di
stelle alpine, mai viste così tante. Stiamo bene attenti a incedere con il
passo, per non pestarne alcuna, impresa non facile. Con una lunga serie di su e
giù, si procede per cresta, con pochi passaggi di facile arrampicata su brevi
salti.
Incantati ed estasiati, percorriamo il primo tratto, sino
a superare il monte Faiet (1636 m). Nel frattempo, le nubi si abbassano
rapidamente, velando a tratti il percorso e il paesaggio. Raggiunta la cima
Ambruseit (1523 m.), accanto a un ometto di sassi scorgiamo una cassetta in
metallo porta libro di vetta, ma purtroppo il materiale contenuto all’interno è
in cattivo stato; accidentalmente è penetrata dell’acqua che ne ha danneggiato la
sostanza.
Continuiamo la nostra escursione, trovando il primo
tratto impegnativo, una parete attrezzata con staffe, che superiamo con
facilità. Di seguito, raggiungiamo la cima Siroche Dolegne (1640 m.), nota
perché appare da lontano come una lama affilata, ma è solo impressione, una
volta sopra vi si transita con facilità. Dalla cima ci caliamo per un breve
salto attrezzato con un cavo nuovo, per poi procedere per sottostanti ripidi
prati erbosi a sud della cresta della cima Siroche Gjaline.
Tratto tanto pericoloso, da non sottovalutare. Qualcuno,
“molto esperto” ha sconsigliato di percorrere l’Alta Via con erba alta o fuori
stagione. Mi chiedo perché non scrivono questi edotti consigli sul cartello
esplicativo. Se dovessi ripercorrere l’Alta Via, mi farei precedere da un
gregge di pecore, così otterrei un sentiero raso. Questo tratto inerbito, in
caso di terreno umido, è davvero insidioso; lo superiamo con cautela sino a
rientrare in cresta tramite un canalino. Percorriamo ancora il crinale con altri su e
giù, che ci portano in prossimità del Cuel di Lanis. Un breve tratto esposto e di
facile arrampicata ci accompagna agli insidiosi ripidi erbosi a sud della
vetta, altro punto dove prestare molta attenzione. Dei paletti indicativi ci
guidano verso la sommità, che raggiungiamo per il ripidissimo pendio tra le
zolle, ed eccoci finalmente in vetta e alla fine dell’Alta Via.
In cima oltre a una stella alpina stilizzata in
metallo, è presente anche un contenitore con il libro di vetta. Avendo concluso
con soddisfazione la missione, effettuiamo la meritata sosta; benché abbiamo
portato al seguito una buona scorta d’acqua inizia a scarseggiare.
Siamo un po’
stanchi, e manca ancora da percorrere tutto il lungo tratto del rientro. La
visione del panorama è sempre occultata dalle nubi, mi oriento di più con i
ricordi che ho del passato.
Dopo la breve pausa scendiamo dalla cima per il
sentiero dell’Alta Via (erba altissima), sino a incrociare il sentiero 729 che
sale da Plan di Tapou. Come ho scritto all’inizio della relazione, ci siamo
pentiti amaramente di aver lasciato la prima auto a Cesariis, ora ci tocca
affrontare l’espiazione della lunga discesa, un’autentica Via Crucis.
Il sentiero che percorriamo è il 729, esso ci guida tramite
una lunga diagonale, dalla valle Tasaoro sino alla forcella Dolina, attraversando
il bosco di faggio e di seguito una mugheta. In passato, assieme al prode e
fido Magritte ho già percorso la cresta, che dal Monte Postoucicco giunge sino al
Cuel di Lanis, passando per il monte Laschiplas. Silvano, visto che è più veloce
di me, allunga il passo per far visita al Postoucicco; io procedo con calma, ci
ricongiungeremo alla forcella Dolina. Durante il cammino ho modo di riflettere,
la montagna stimola la meditazione. L’Alta Via CAI di Gemona non l’ho percepita
difficile, anzi il contrario, direi molto divertente, ma il peggio deve ancora
avvenire. Raggiunta la forcella, la valico di un paio di metri, bevo un po’
d’acqua, metto qualcosa nello stomaco, e mi riparo, rannicchiandomi sotto un
incavo nella roccia che include una statua di madonnina. Chissà perché in
questo periodo della mia esistenza, associo le madonne alle puttane, saranno
reminiscenze degli studi dei grandi pittori e delle meretrici che li hanno
ispirati? Scaccio i pensieri profani e mi riposo, effettuando la prima vera
sosta dell’escursione. Chiudo gli occhi, lasciandomi toccare da un leggero venticello.
Avrei voglia davvero di assopirmi, ma non posso. Dopo un quarto d’ora
sopraggiunge Silvano, neo-conquistatore del Postoucicco, pronto a chiudere
l’avventura. Purtroppo, il sentiero dalla forcella si rivela assai rognoso,
parte del tracciato è sparito, e dopo un ripido erboso niente male,
raggiungiamo la parte bassa che è invasa da erbacce a cui segue una lunghissima
serie di tornanti, dall’andamento tedioso e ripetitivo. Ci pare d’essere dei criceti,
e a colmare il tutto troviamo degli schianti che completano il supplizio. Il sentiero
non è impossibile, ma essendo numerato CAI e segnato a tratteggio, meriterebbe
una seria manutenzione. Purtroppo, i volontari sono pochi. In passato anch’io
ho svolto questa attività, all’incirca per un decennio, ma eravamo i soliti che
si potevano contare sulle dita di una mano. Consiglio vivamente, a chi volesse
fare l’Alta Via di Gemona, di non transitare dalla forcella Dolina, ma, tramite
il sentiero 729 continuare sino al Plan di Tapou. L’arrivo al borgo di Cesariis
è una vera liberazione, una fontanella efficiente ci conforta, e in essa
troviamo di che dissetarci e il dovuto refrigerio. Siamo soddisfatti dell’escursione,
e come prima regola, non ci siamo fatti male, ed è l’unico concetto che
veramente conta. Peccato per il finale,
che ci ha tolto la piena soddisfazione, chissà se un giorno rifaremo l’Alta
Via, chi lo sa, ad oggi non ci penso. Personalmente, tra le recenti escursioni,
questa è stata la meno entusiasmante. Raggiunta la prima auto si va a recuperare
la seconda, per rientrare nelle rispettive abitazioni. Nella mia “maison” mi
aspetta una famiglia in stile Mulino Bianco, completa di cane, di gatti, di doccia
rigenerante e un comodo giaciglio dove riposare le membra.
Il
forestiero Nomade.
Malfa.
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