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giovedì 6 agosto 2020

Spiz de San Piero dal passo di Cibiana


Spiz de San Piero (2084 m.) e croce degli Sfornoi (2300 m.) dalla forcella di Cibiana.

 

Localizzazione: Dolomiti di Zoldo- Gruppo del bosco nero-

Regione: Veneto (BL)

 

Avvicinamento: Barcis-Cimolais-Erto-Longarone-Provinciale per la valle di Zoldo-Diramazione per Formesighe- Forcella Cibiana- Presso la forcella Cibiana trovare parcheggio, quasi tutti con il disco orario.

 

Dislivello: 900 m.

 

Dislivello complessivo: 1100 m.

 

Distanza percorsa in Km: 24

 

Quota minima partenza: 1530 m.

 

Quota massima raggiunta: 2300 m.

:

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 6 ore

 

In: coppia

 

Tipologia Escursione: paesaggistica

 

Difficoltà: Escursionisti Esperti allenati in ambienti selvaggi

Segnavia: CAI  483- 482-485-

 

Impegno fisico: Alto (per via delle temperature)

 

Preparazione tecnica: Medio-alta

 

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: si

 

Ometto di vetta: si

 

Libro di vetta: si

 

Timbro di vetta: no

 

Riferimenti:

 

1)           Cartografici: – Tabacco 025 Dolomiti di Zoldo, cadorine e agordine

2) Bibliografici:

3) Internet:

 

Periodo consigliato: luglio- ottobre

Da evitare da farsi in: presenza vetrato, terreno umido

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato

 

Fonti d’acqua: si

 

Consigliati:

 

Data: sabato 01 agosto 2020

 

Il “Forestiero Nomade”

Malfa

Anni fa durante l’ascesa del Sasso del Bosconero notai gli Spiz de San Piero, ma non per la loro maestosità o per la forma, al contrario, per la semplicità, una montagna secondaria rispetto ai giganti di dolomia che la circondano. Mi ero ripromesso di farla a primavera inoltrata o in tardo autunno, ma poi i propositi sono scemati nell’oblio. Recentemente, durante lo studio dei sentieri che percorrono le dolomiti di Zoldo, ho riletto il nome degli Spiz de San Piero con il conseguente risveglio dei remoti propositi escursionistici.

Non è sicuramente una montagna da fare in piena estate con le alte temperature, quindi ho deciso di porla come piano B, nel caso non fossimo ascesi sugli Sfornoi Nord. Alla vigilia dell’escursione mi studio entrambe le montagne, come luogo di partenza scelgo la forcella Cibiana, per via del minore dislivello che offre rispetto agli altri punti di partenza. Ho ancora nelle gambe, e soprattutto in testa, la fatica dell’escursione del giorno precedente sul Tamer Grande. Una volta giunti in destinazione (parcheggio presso il rifugio) iniziamo l’escursione a rilento. La temperatura è più alta del solito, partiamo subito in maglietta, e dopo alcune centinaia di metri rallentiamo il passo per non sudare. Ripercorriamo lo stesso sentiero (483) che abbiamo fatto di recente per raggiungere il Sassolungo.

Al bivio (quota 1873 m.) continuiamo seguendo le indicazioni per la forcella delle Ciavazole (sentieri 482- 485). Dal bosco di conifere continuiamo ad alzarci di quota, transitando dentro un vallone dominato a destra dalle ripide pareti della cima della Pala Anziana.

 La vegetazione si fa più rada. Dall’alto dominiamo il bosco di conifere da dove spunta in tutta la sua maestosità lo Spiz de Copada dall’artistica roccia rosata, e in lontananza ammiriamo il regale trono del Pelmo. Siamo davvero estasiati dalla magica visione, ad ogni passo svela meraviglie, come se aprissimo i mille cassetti di questa incantevole signora chiamata Montagna.

Percorriamo un catino tra zolle e tracce detritiche, finché giungiamo alla forcella di Ciavazole (quota 1994 m.). l’intaglio attrae il nostro sguardo sul Bosconero e le sue perle: La Rocchetta Alta, il Sasso di Toanella e il Sasso di Bosconero. Un’autentica apoteosi del bello, rimaniamo estasiati e calamitati dalle moli dolomitiche, come se le stesse fossero le sirene di Ulisse.

Dalla forcella si può proseguire sino al rifugio del Bosconero tramite i sentieri 482- 485, calandosi nel ripido ghiaione sottostante, noi continuiamo tramite una traccia indicata da vari ometti per i mughi a sud-est.

Un intaglio tra i mughi ci guida, risalendo il pendio detritico, e per tracce zizzaganti raggiungiamo una croce panoramica, che precede la prima torre degli Sfornoi (libro di vetta, quota 2300 m. circa).  

La vista da questo pulpito panoramico è grandiosa.  Il cielo terso, di un intenso azzurro lapislazzuli, contribuisce alla rappresentazione mistica che ci rapisce. Lo sguardo spazia e cattura l’intero arco dolomitico. Decidiamo di occultare gli zaini a ridosso di alcuni massi, portando al seguito lo stretto necessario dentro delle sacche, e naturalmente anche i caschetti per la sicurezza.

Proviamo ad ascendere sullo Sfornoi Nord. Confesso, che alla partenza, osservando la mole degli Sfornoi, ho avuto un attimo di esitazione, quasi un ripensamento; sicuramente l’escursione del giorno precedente sta influendo più a livello psicologico che fisico.  Dalla croce ci spingiamo a oriente, cavalcando un esile crestina, procedendo sul versante settentrionale (a sinistra del Torrione Nord) tramite un esile cengia insidiosa per le ghiaie, finché, raggiunta una piccola tacca, i bolli consigliano di risalire una parete abbastanza appigliata e di primo grado.

In questo frangente sono venute fuori tutte le mie insicurezze, evidentemente dovute alla spossatezza; fatto sta, che dopo essermi arrampicato per alcuni metri, ho declinato, malgrado Giovanna se la sentisse di proseguire. Mentre ero con le mani sugli appigli ho avvertito delle strane sensazioni, funeste, e quindi, senza remore, ho ascoltato la voce interiore. Ritornati indietro, abbiamo recuperato gli zaini, decidendo di passare al piano B, ovvero gli Spiz de San Piero.

Scendiamo velocemente sino al bivio dei sentieri (quota 1873 m.) e proseguiamo per i Pian di Angias tramite il sentiero 485. Passiamo presso un rudere, subito dopo il sentiero perde rapidamente quota, tagliando i prati del Pian di Angias, e raggiungendo la panoramica forcella delle Calades, protesa verso il Bosconero (1858 m.).

Il sentiero si biforca, quello a sinistra scende al rifugio del Bosconero; noi proseguiamo a destra (sentiero 825). Un bellissimo sentiero pianeggiante e intagliato tra i mughi raggiunge il caratteristico bivacco in legno della baita Darè Copàda. All’esterno della struttura troviamo una numerosa famigliola, un adulto è intento a prodigare i primi apprendimenti alpinistici a dei bimbi, come palestra di roccia adoperano un grande masso articolato. Visitiamo l’interno del riparo, davvero bello, ospitale, chissà, magari un giorno ci pernotteremo. Dopo aver apposto la firma sul libro dei visitatori, proseguiamo per la nostra meta.

La temperatura all’esterno è alta, siamo nelle ore di picco, camminiamo piano ma procediamo per lo stesso sentiero. Dopo una quindicina di minuti di cammino, scorgo sulla destra del sentiero un segno rosso su un masso e un ometto.  Una evidente traccia tra i mughi indica che trattasi dell’attacco all’ascesa agli Spiz de San Piero. La fatica si fa sentire, e i mughi, che io ho ribattezzato microonde, non aiutano di certo; da sommare a queste difficoltà anche la traccia, che oltre a salire ripida è segnata solo da provvidenziali ometti e radi bolli rossi.

Insomma, siamo cotti, quasi al limite dello sfinimento. Poco sotto dei torrioni, effettuiamo una breve pausa, proprio dove sembra spirare un filo d’aria, rilassati all’ombra dell’unico mugo di una certa dimensione. La sosta è breve, ma ci voleva, rischiavamo di svenire. Ora tra i mughi cerchiamo qualcosa dove lasciare gli zaini, ma si risale di un bel po’, finché all’ombra di un antro lasciamo il fardello. Proseguiamo, sempre all’interno di una mugheta più fitta, un provvidenziale corridoio all’interno della stessa ci permette di portarci a ridosso della creta sommitale.

Una rampa di ghiaie alla base della vetta ci conduce a un canalino che superiamo con facilita sino al vertice dello stesso. Aggiriamo un salto molto precario, e aiutati dai mughi giungiamo alla piccola e sospirata cima.

Il paesaggio che dalla vetta si ammira non ha nulla da invidiare alle ben più note sorelle dirimpettaie. Davvero fantastico, peccato per l’eccessiva temperatura che ci ha cotti sufficientemente. Comunque siamo soddisfatti, una vetta che meritava di essere visitata e aggiunta al nostro libretto verde. Siamo tanto provati, effettuiamo le operazioni di rito in cima, prima di procedere al rientro. Non nascondo che i miei piedi sono in stato di agitazione, dopo due giorni di continuo camminare non ne possono più, ma lo spirito è indomito e ha voglia di volare per i monti.

Il rientro è davvero arduo, non per le difficoltà del sentiero (escursionistico dal sentiero CAI sino alla partenza), ma per la temperatura che non dà tregua. Mentre camminiamo, a ritroso, passo dopo passo, sogniamo il momento in cui toglieremo gli scarponi, indossando i comodi sandali, per poi dissetarci con una fresca bibita, una visione simile agli assetati nel deserto che vedono il miraggio di un’oasi.  Raggiunto il parcheggio, e posati gli zaini in auto ci rechiamo nel vicino rifugio, rilassandoci in attesa del divino nettare. Tra i bicchieri colmi e patatine fritte, fluiscono gli ultimi commenti all’avventura odierna. Il rientro alla pianura friulana è per il medesimo itinerario dell’andata, e come al mattino è accompagnato dai nostri dialoghi sui monti e sull’esistenzialismo; naturalmente soddisfattissimi di aver conquistato una Signora Montagna.

Il Forestiero Nomade

Malfa.

 






























































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