Spiz de San
Piero (2084 m.) e croce degli Sfornoi (2300 m.) dalla forcella di Cibiana.
Localizzazione:
Dolomiti di Zoldo- Gruppo del bosco nero-
Regione: Veneto
(BL)
Avvicinamento: Barcis-Cimolais-Erto-Longarone-Provinciale
per la valle di Zoldo-Diramazione per Formesighe- Forcella Cibiana- Presso la
forcella Cibiana trovare parcheggio, quasi tutti con il disco orario.
Dislivello: 900
m.
Dislivello
complessivo: 1100 m.
Distanza percorsa
in Km: 24
Quota minima
partenza: 1530 m.
Quota massima
raggiunta: 2300 m.
:
Tempi di
percorrenza escluse le soste: 6 ore
In: coppia
Tipologia Escursione:
paesaggistica
Difficoltà:
Escursionisti Esperti allenati in ambienti selvaggi
Segnavia: CAI 483- 482-485-
Impegno fisico:
Alto (per via delle temperature)
Preparazione
tecnica: Medio-alta
Attrezzature: no
Croce di vetta:
si
Ometto di vetta:
si
Libro di vetta:
si
Timbro di vetta:
no
Riferimenti:
1) Cartografici: – Tabacco 025 Dolomiti
di Zoldo, cadorine e agordine
2)
Bibliografici:
3) Internet:
Periodo consigliato:
luglio- ottobre
Da evitare da
farsi in: presenza vetrato, terreno umido
Condizioni del
sentiero: Ben segnato e marcato
Fonti d’acqua:
si
Consigliati:
Data: sabato 01
agosto 2020
Il “Forestiero
Nomade”
Malfa
Anni fa durante
l’ascesa del Sasso del Bosconero notai gli Spiz de San Piero, ma non per la
loro maestosità o per la forma, al contrario, per la semplicità, una montagna
secondaria rispetto ai giganti di dolomia che la circondano. Mi ero ripromesso
di farla a primavera inoltrata o in tardo autunno, ma poi i propositi sono
scemati nell’oblio. Recentemente, durante lo studio dei sentieri che percorrono
le dolomiti di Zoldo, ho riletto il nome degli Spiz de San Piero con il
conseguente risveglio dei remoti propositi escursionistici.
Non è sicuramente
una montagna da fare in piena estate con le alte temperature, quindi ho deciso
di porla come piano B, nel caso non fossimo ascesi sugli Sfornoi Nord. Alla
vigilia dell’escursione mi studio entrambe le montagne, come luogo di partenza
scelgo la forcella Cibiana, per via del minore dislivello che offre rispetto
agli altri punti di partenza. Ho ancora nelle gambe, e soprattutto in testa, la
fatica dell’escursione del giorno precedente sul Tamer Grande. Una volta giunti
in destinazione (parcheggio presso il rifugio) iniziamo l’escursione a rilento.
La temperatura è più alta del solito, partiamo subito in maglietta, e dopo
alcune centinaia di metri rallentiamo il passo per non sudare. Ripercorriamo lo
stesso sentiero (483) che abbiamo fatto di recente per raggiungere il
Sassolungo.
Al bivio (quota
1873 m.) continuiamo seguendo le indicazioni per la forcella delle Ciavazole
(sentieri 482- 485). Dal bosco di conifere continuiamo ad alzarci di quota, transitando
dentro un vallone dominato a destra dalle ripide pareti della cima della Pala
Anziana.
La vegetazione si fa più rada. Dall’alto
dominiamo il bosco di conifere da dove spunta in tutta la sua maestosità lo
Spiz de Copada dall’artistica roccia rosata, e in lontananza ammiriamo il
regale trono del Pelmo. Siamo davvero estasiati dalla magica visione, ad ogni
passo svela meraviglie, come se aprissimo i mille cassetti di questa incantevole
signora chiamata Montagna.
Percorriamo un
catino tra zolle e tracce detritiche, finché giungiamo alla forcella di Ciavazole
(quota 1994 m.). l’intaglio attrae il nostro sguardo sul Bosconero e le sue
perle: La Rocchetta Alta, il Sasso di Toanella e il Sasso di Bosconero. Un’autentica
apoteosi del bello, rimaniamo estasiati e calamitati dalle moli dolomitiche,
come se le stesse fossero le sirene di Ulisse.
Dalla forcella
si può proseguire sino al rifugio del Bosconero tramite i sentieri 482- 485,
calandosi nel ripido ghiaione sottostante, noi continuiamo tramite una traccia
indicata da vari ometti per i mughi a sud-est.
Un intaglio tra
i mughi ci guida, risalendo il pendio detritico, e per tracce zizzaganti raggiungiamo
una croce panoramica, che precede la prima torre degli Sfornoi (libro di vetta,
quota 2300 m. circa).
La vista da
questo pulpito panoramico è grandiosa. Il
cielo terso, di un intenso azzurro lapislazzuli, contribuisce alla rappresentazione
mistica che ci rapisce. Lo sguardo spazia e cattura l’intero arco dolomitico.
Decidiamo di occultare gli zaini a ridosso di alcuni massi, portando al seguito
lo stretto necessario dentro delle sacche, e naturalmente anche i caschetti per
la sicurezza.
Proviamo ad ascendere
sullo Sfornoi Nord. Confesso, che alla partenza, osservando la mole degli Sfornoi,
ho avuto un attimo di esitazione, quasi un ripensamento; sicuramente
l’escursione del giorno precedente sta influendo più a livello psicologico che
fisico. Dalla croce ci spingiamo a
oriente, cavalcando un esile crestina, procedendo sul versante settentrionale (a
sinistra del Torrione Nord) tramite un esile cengia insidiosa per le ghiaie,
finché, raggiunta una piccola tacca, i bolli consigliano di risalire una parete
abbastanza appigliata e di primo grado.
In questo frangente
sono venute fuori tutte le mie insicurezze, evidentemente dovute alla spossatezza;
fatto sta, che dopo essermi arrampicato per alcuni metri, ho declinato,
malgrado Giovanna se la sentisse di proseguire. Mentre ero con le mani sugli
appigli ho avvertito delle strane sensazioni, funeste, e quindi, senza remore,
ho ascoltato la voce interiore. Ritornati indietro, abbiamo recuperato gli
zaini, decidendo di passare al piano B, ovvero gli Spiz de San Piero.
Scendiamo
velocemente sino al bivio dei sentieri (quota 1873 m.) e proseguiamo per i Pian
di Angias tramite il sentiero 485. Passiamo presso un rudere, subito dopo il
sentiero perde rapidamente quota, tagliando i prati del Pian di Angias, e
raggiungendo la panoramica forcella delle Calades, protesa verso il Bosconero (1858
m.).
Il sentiero si biforca,
quello a sinistra scende al rifugio del Bosconero; noi proseguiamo a destra (sentiero
825). Un bellissimo sentiero pianeggiante e intagliato tra i mughi raggiunge il
caratteristico bivacco in legno della baita Darè Copàda. All’esterno della
struttura troviamo una numerosa famigliola, un adulto è intento a prodigare i
primi apprendimenti alpinistici a dei bimbi, come palestra di roccia adoperano
un grande masso articolato. Visitiamo l’interno del riparo, davvero bello,
ospitale, chissà, magari un giorno ci pernotteremo. Dopo aver apposto la firma
sul libro dei visitatori, proseguiamo per la nostra meta.
La temperatura all’esterno
è alta, siamo nelle ore di picco, camminiamo piano ma procediamo per lo stesso
sentiero. Dopo una quindicina di minuti di cammino, scorgo sulla destra del
sentiero un segno rosso su un masso e un ometto. Una evidente traccia tra i mughi indica che
trattasi dell’attacco all’ascesa agli Spiz de San Piero. La fatica si fa
sentire, e i mughi, che io ho ribattezzato microonde, non aiutano di certo; da
sommare a queste difficoltà anche la traccia, che oltre a salire ripida è segnata
solo da provvidenziali ometti e radi bolli rossi.
Insomma, siamo
cotti, quasi al limite dello sfinimento. Poco sotto dei torrioni, effettuiamo
una breve pausa, proprio dove sembra spirare un filo d’aria, rilassati all’ombra
dell’unico mugo di una certa dimensione. La sosta è breve, ma ci voleva,
rischiavamo di svenire. Ora tra i mughi cerchiamo qualcosa dove lasciare gli
zaini, ma si risale di un bel po’, finché all’ombra di un antro lasciamo il fardello.
Proseguiamo, sempre all’interno di una mugheta più fitta, un provvidenziale
corridoio all’interno della stessa ci permette di portarci a ridosso della
creta sommitale.
Una rampa di
ghiaie alla base della vetta ci conduce a un canalino che superiamo con
facilita sino al vertice dello stesso. Aggiriamo un salto molto precario, e
aiutati dai mughi giungiamo alla piccola e sospirata cima.
Il paesaggio che
dalla vetta si ammira non ha nulla da invidiare alle ben più note sorelle
dirimpettaie. Davvero fantastico, peccato per l’eccessiva temperatura che ci ha
cotti sufficientemente. Comunque siamo soddisfatti, una vetta che meritava di
essere visitata e aggiunta al nostro libretto verde. Siamo tanto provati, effettuiamo
le operazioni di rito in cima, prima di procedere al rientro. Non nascondo che
i miei piedi sono in stato di agitazione, dopo due giorni di continuo camminare
non ne possono più, ma lo spirito è indomito e ha voglia di volare per i monti.
Il rientro è
davvero arduo, non per le difficoltà del sentiero (escursionistico dal sentiero
CAI sino alla partenza), ma per la temperatura che non dà tregua. Mentre
camminiamo, a ritroso, passo dopo passo, sogniamo il momento in cui toglieremo
gli scarponi, indossando i comodi sandali, per poi dissetarci con una fresca
bibita, una visione simile agli assetati nel deserto che vedono il miraggio di
un’oasi. Raggiunto il parcheggio, e
posati gli zaini in auto ci rechiamo nel vicino rifugio, rilassandoci in attesa
del divino nettare. Tra i bicchieri colmi e patatine fritte,
fluiscono gli ultimi commenti all’avventura odierna. Il rientro alla pianura
friulana è per il medesimo itinerario dell’andata, e come al mattino è
accompagnato dai nostri dialoghi sui monti e sull’esistenzialismo; naturalmente
soddisfattissimi di aver conquistato una Signora Montagna.
Il Forestiero Nomade
Malfa.
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