Monte Lavara (1909 m.) dalla Malga Confin
Note tecniche.
Localizzazione: Prealpi Giulie. Gruppo del Plauris.
Regione: Friuli-Venezia Giulia
Avvicinamento: Venzone-Borgo Sottomonte-Val Venzonassa-superare
la prima galleria con divieto di transito, iniziando a percorrere una strada
dissestata che termina il suo corso alla Malga Confin (1330 m.)
Dislivello: 600 m.
Dislivello complessivo: 600 m.
Distanza percorsa in Km: 6
Quota minima partenza: 1330 Malga Confin
Quota massima raggiunta: 1909 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 3, 5 ore
In: coppia
Tipologia Escursione: Selvaggio
Difficoltà: escursionisti esperti
Segnavia: CAI 726; ometti e bolli sbiaditi
Impegno fisico: medio
Preparazione tecnica: media
Attrezzature: si
Croce di vetta: si
Ometto di vetta: si
Libro di vetta: si, istallato barattolino
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 020
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo consigliato: maggio-novembre
3)
4)
Da evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero: Sentiero non ufficiale,
traccia visibile
Fonti d’acqua: no
Consigliati:
Data: sabato 15 agosto 2020
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Sono passati dodici anni dal mio ultimo passaggio
sulla bellissima cima che domina la valle a oriente della casera Confin, quindi,
è giunta l’ora di ritornare. Il monte Lavara, nei miei ricordi, appare tanto selvaggio
quanto solitario. Stavolta non partirò dalla pianura, ho letto da qualche parte
che quando la malga Confin è attiva si può procedere in auto sino alla tenuta. Il
giorno dell’escursione, al mattino, il cielo è terso, promette bene, quindi ci
sia avvia (Giovanna, io e Magritte) verso Venzone, con uno spirito speranzoso. Dalla
periferia della località friulana imbocchiamo la stradina che si addentra nella
Venzonassa dopo aver superato il borgo di Sottomonte. Dalla galleria con
divieto accesso (quota 477 m.) proseguiamo, me ne pento subito, per via della strada
dissestata. Confesso che quasi dopo tre lustri non me la ricordavo più la precarietà
della carreggiabile. L’auto, stoicamente, tra buche e ghiaie, procede sino alla
malga. All’arrivo, la visione delle
montagne che attorniano la fattoria ripaga dallo stress affrontato durante la
guida.
Davanti alla malga ci riceve il simpatico malgaro,
indicandoci dove parcheggiare, lo ringraziamo. Una volta pronti, zaini in
spalle e Magritte al seguito, si parte per l’avventura.
Il sentiero per il monte Lavara inizia a oriente della
malga, ma per via di un’ampia pozza mista a fango e stecco, non ne riscontriamo
la traccia. Il malgaro (che nel frattempo ci ha seguito con lo sguardo) intuisce
il nostro smarrimento, e con un dito ci indica la giusta direzione. La traccia
inizia proprio dopo la melma, ringraziamo ancora il malgaro e procediamo per il
cammino. Percorriamo pochi metri lungo il sentiero 726 adombrato dalla faggeta,
su un masso è tinto un bollo rosso che ci invita a cambiare direzione,
precisamente a sinistra e sempre all’interno della faggeta. Dopo un centinaio
di metri usciamo allo scoperto, transitando lungo il ghiaione presente nel
versante meridionale dello Jouf di Ungarina. Radi ometti ci pilotano dentro una
mugheta, qui il sentiero si inerpica, e zizzagando, ci porta alla base dal
canalone detritico che scende dalla confluenza del Monte Lavara con lo Jouf di
Ungarina.
Non dobbiamo fare nulla di trascendentale, solo
faticare per risalire sino alle pareti meridionali del monte Lavara. Gli ometti
sono numerosi, conviene mantenersi a destra della lingua di ghiaia, alcuni radi
bollo ci tranquillizzano, è più facile salire per zolle. Raggiunto il vertice
del canalone, un segno sbiadito ci indica la via da salire. Un cavo in metallo
(di cui un lembo è divelto) è predisposto tra le rocce, inizia il tratto più divertente
dell’escursione. I passaggi di arrampicata non superano il primo grado, il cavo
metallo aiuta relativamente, è saggio e maturo fidarsi più degli appigli e
degli appoggi che dell’aiuto artificiale. Superato l’ostacolo, per zolle,
raggiungiamo la crestina, la visione si apre sul dirupato versante
settentrionale dello Jouf di Ungarina e del Monte Plauris. Ancora ricordo bene la prima volta che vidi le
impressionanti e verticali pareti, oggi tale visione mi affascina e incanta.
Dal bel pulpito panoramico si sale per pochi metri, seguendo
gli evidenti ometti, che ci invitano ad aggirare un masso ed entrare in una
breve ma fitta mugheta, anche questa la ricordavo, ma più complessa. In pochi
minuti si è fuori dai mughi, percorrendo una breve ed esposta placca inclinata,
per poi risalire tra facili roccette sino alle articolate rocce superiori. Ci
districhiamo tra le frantumate e frastagliate pietre, che lambiscono il
dirupato versante settentrionale. Sempre per facili passaggi tra le rocce,
raggiungiamo l’erbosa cresta sommitale che precede la dentellata sommità.
Ultimi metri da percorrere con moderata attenzione, ed eccoci in vetta, dove troviamo
un simpatico e meditativo escursionista che ci ha superato in precedenza. La piacevole
sorpresa sta nelle nubi che gravitano lontano, e non hanno intenzione di
rovinarci l’escursione. Dopo anni rieccomi su questa amata montagna, che
preferisco a quelle confinanti, forse per il suo tocco silvestre, infatti anche
per questa motivazione la cima è meno ambita e frequentata; in questo caso vale
il detto popolare “che il vino buono si conserva bene nelle botti piccole”.
In vetta è collocata una bella croce in metallo, ben fissata
nella roccia, accanto si notano i resti di un’altra croce, ma in legno. Non
trovo nessun libro di vetta, erigo con dei sassi una piccola nicchia, dove serbare
il barattolino con il simbolo del gruppo. Il paesaggio ammirato dalla cima è
smisurato, ammaliante, con un po’ di attenzione si scorge in lontananza anche l’Adriatico.
Nel frattempo, in cima sopraggiunge una stoica coppia, proveniente a piedi da
Venzone; sono indigeni, quindi conoscono bene la località. La stessa coppia proverà a compiere l’anello
per il sentiero in discesa dalla cresta, quello a oriente, poi abbandoneranno
l’impresa per via della traccia poco battuta. Giovanna, io e Magritte, rientriamo
per lo stesso itinerario dell’andata. Poco prima della malga, consumiamo
all’interno della fresca faggeta il companatico, e ripreso il cammino, con
calma, ci avviamo verso la malga. Scopriamo la fattoria pullulante di
visitatori, una vera festa, che con la sola visione allieta lo spirito. L’atmosfera
che pervade nella località è idilliaca, carica di energia positiva. Sia i
gestori che gli escursionisti sfoggiano sorrisi pari alla luminosità
dell’ambiente circostante. Raggiunta
l’auto e tolti gli abiti sudici di fatica, ci prepariamo per il rientro. Prima di lasciare la località provvediamo a rifornirci
del buon formaggio presso la malga. La giornata di Ferragosto votata alla
montagna volge al termine, la rotabile dissestata ci accompagna alla galleria,
procedendo sino alla periferia di Venzone e da quest’ultima alla pianura
Friulana. La giornata odierna di Ferragosto appare come la ricorrenza festiva
che sembra esorcizzare lo spauracchio del Covid 19, illudendoci che tutto sia
finito, e che il domani sarà migliore.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
Ho intenzione di salire domani 30 maggio 2022.Vorrei arrivare alla malga a piedi poiché leggo delle pessime condizioni della stradina, forse attua!mente è stata un po' sistemata.Desidero fare i complimenti al " forestiero nomade e alla collega escursionista sia per l ottimo racconto e spiegazioni della salita, sia per le davvero belle fotografie allegate.Grazie.Buone prossime salite.
RispondiEliminaEzio, antico escursionista e salitore di montagne da....60 anni circa.