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domenica 1 gennaio 2017

Monte Sernio.

 
                              Monte Sernio dalla Val Aupa.

Note tecniche.

Localizzazione: Alpi Orientali - Alpi Carniche - Gruppo Sernio Grauzaria

Avvicinamento: Gemona- Moggio Udinese- Val Aupa.

Dislivello: 1500 m.

Dislivello complessivo: 1677 m.

Distanza percorsa in Km: 18 km.

Quota minima partenza: 707 m.

Quota massima raggiunta: 2187 m.

In: Gruppo

 Tipologia Escursione. Selvaggia.

Difficoltà: Escursionisti Esperti.

Segnavia: Cai n° 437

Tempo percorrenza totale: 7 ore.

Fonti d’acqua: Poco sotto il Rifugio Grauzaria e presso lo stesso.

Attrezzature:

Cartografia consigliata. Tab 018

Periodo consigliato: luglio-settembre.

Condizioni del sentiero: Bene segnato, marcato.

Data: 28 dicembre 2016.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa.

 
I “Fantastici Quattro virgola cinque” e il Sernio. 

Rinunciare al proprio ego per condividere un obbiettivo in comune a volte può essere salutare. In questo caso il Sernio non è l’obbiettivo ma la motivazione per potersi incontrare, e così è stato. Dal nulla è nata una splendida giornata con delle persone meravigliose, una bellissima avventura dal sapore antico, all’insegna dell’amicizia. Da tempo Gino desiderava salire sul Sernio e di andare in escursione con me, lo stesso con Stefano e con Rudy. Nessuno di noi aveva mai incontrato gli altri, tranne io e Gino per pochi istanti presso il monte Lastroni. Tra noi c’è sempre stata una forte stima reciproca, ma i contatti consistevano solo nello scambio di sms e post sul web. Potrà sembra azzardato uscire insieme tra sconosciuti, ma siamo convinti della bontà dell’azione e i fatti ci daranno ragione. L’appuntamento è nello spiazzo sotto il rifugio della Grauzaria, ultimo posto utile per lasciare l’auto. Con Gino ci incontriamo prima nella val Aupa. Stefano sopraggiunge subito dopo, Rudy è in leggero ritardo, lo aspettiamo per partire insieme. Stefano, per via del suo aspetto (capelli lunghi) e le sue solitarie, mi ricorda un apache, infatti è che inizia le danze, partendo primo per il sentiero subito dopo il parcheggio. Gino (che sopranomino il Prof. per l’aspetto che mi ricorda i miei insegnati di liceo “intellettuale, libero e allo stesso tempo bonario”) è l’unico che non è ancora salito sul Sernio. Nel gruppo lo abbiamo fatto in precedenza tutti: io con Magritte otto anni fa, Rudy sei e dallo spigolo nord, e Stefano venti anni fa. Insomma, si accompagna un amico e allo stesso tempo si rinfresca la memoria. Raggiunti i ruderi della casera Flop, ammiriamo la sfinge: noi con il naso all’insù e lei con l’occhio all’ingiù. Tra le crepe della roccia noto un sorriso, la sfinge ci scorge, osserva e commenta. <<Accipicchia! Uno, due, tre, addirittura quattro spiriti liberi e un peloso, e che sarà mai? Non è mica scoppiata la guerra?>> A sentirsi aggettivare solamente peloso, Magritte ringhia. La sfinge continuando il monologo con un tono cupo, ci rivolge delle domande. <<Dove andate di bello, spiritelli? Per caso volete scoprire qualcosa di nuovo tra queste valli? Tutto è stato fatto, nulla è da scoprire.>> Ascoltate codeste parole, si rimane un attimo in una impasse, che Magritte rompe rotolandosi sull’erba per il troppo ridere. Ripresosi dallo sghignazzare, definisce il colosso di pietra “Una Testa Dura con neuroni congelati”. Le sfingi di una volta avrebbero indovinato anche il futuro, mi sa che sulla sua cresta ultimamente cresce “erba” poco ortodossa! Proseguiamo per il sentiero che supera una serie di impluvi, e così raggiungiamo il rifugio della Grauzaria, naturalmente chiuso. Prima foto di gruppo, ci auto-battezziamo i fantastici 4, 5. Dopo la breve sosta nel rifugio, riprendiamo a camminare inoltrandoci nel bosco per piccoli tornanti, così raggiungiamo la sella prativa del “Foran da la Gjaline”. Il Prof.(Gino) rimane estasiato davanti alla mole del Sernio, è pieno di domande per Stefano (noto conoscitore di tutti i pertugi delle rocce friulane e non). Rudy aggiunge altre informazioni sul Sernio e lo spigolo, osservo divertito la scena, sono in compagnia di tre enciclopedie della montagna che tra di loro si scambiano i dati. Altra foto di gruppo con il Sernio alle spalle. Rimessi gli zaini in spalle si prosegue per la meta, seguendo il sentiero che dalla forcella si cala a sinistra tra larici e pino mugo, la temperatura si è abbassata notevolmente, siamo esposti a gelide raffiche di vento, eroicamente risaliamo fino alla rocciosa forcella di Nuviernulis. Cambiando l’esposizione (sud) la temperatura sale notevolmente , le rocce ci riparano dal vento. Il paesaggio cambia radicalmente, il sole illumina il versante meridionale della Cima da Gjai. Proseguiamo a destra passando sotto le pareti verticali del Nuviernulis, mi attardo un poco con Magritte tra i primi passaggi nelle rocce. Da lontano osservo Stefano che spiega al gruppo le vie alpinistiche di ascesa al monte precedentemente citato. Avverto una strana e sensazione, come di serenità, non ero mai stato in montagna con maestri di un certo spessore, ma averne tre e insieme è come andare in gita sul Cuarnan con il soccorso alpino. Magritte sciorina le sue tecniche alpinistiche a quattro zampe, sicuramente ha in mente di scrivere una guida escursionistica per cani e gatti. La cengia tra mughi e sfasciumi si porta sotto il tratto più delicato dell’intera escursione. Una paretina di I+, leggermente esposta a meridione, superato l’ostacolo, confesso che il proseguo mi appare nuovo. Tra labili tracce bollate con segni gialli, superiamo un altro passaggio di primo grado, non esposto e poi per cenge leggermente esposte raggiungiamo il versante occidentale del monte, ancora riparato dal sole. Numerosi tratti del percorso li avevo rimossi dalla mente, anche Rudy ha le stesse sensazioni. Le cenge portano al tratto finale che si biforca in due tracce. Rudy con molta energia risale tra i mughi sul versante esposto (ha dinamite in corpo). Io mi porto a settentrione, seguendo la via più comoda e più facile, cosi ci rincontriamo sopra, salendo l’ultimo tratto (la placca inclinata) tra ghiaie e rocce. Stefano e Gino sono già in cima, segue Rudy, io rallento un poco, aggiusto i bastoncini, non ho fretta, ho quella strana sensazione di pace e di benessere e me la voglio godere tutta. Avvistata la croce (la prima) con calma percorro gli ultimi tratti di sentiero e raggiungo la cresta e la prima croce posta pochi metri più bassa della cima. Tra un gruppo di sassi lascio Magritte al sicuro, insieme allo zaino, e raggiungo la massima elevazione, materializzata da una struttura triangolare costruita in tubi e sormontata da una piccola croce a cui è appesa una campana e adornata dalle bandierine di preghiera tibetane. Un monte così bello prestigioso con due croci e un’imitazione di usanze tibetane? Rimango perplesso, ho sempre pensato che su una cima un paio di sassi per indicare la quota più alta di sassi sono più che sufficienti. Il vero alpinista non dovrebbe lasciare segni del suo passaggio, ma “libertà” è anche questo: rispettare l’altrui pensiero, anche se non condiviso. Nella cima più alta, trovo due ragazzi, sopraggiunti dallo spigolo nord, si ride e si scherza, dandoci una mano reciprocamente con macchine fotografiche e cellulari per immortalare il momento con foto a gogò. Vado a recuperare Magritte per la foto di gruppo. Cosi Gino ha esaudito il suo sogno e noi il nostro. Spesso mi rendo conto di essere un lupo solitario, giro intorno a loro, godendo della loro felicità, e mi piace osservarli, ma forse anche loro fanno lo stesso. I ragazzi sopraggiunti dallo spigolo nord, si rendono conto di avere intorno dei mostri del sapere sulla montagna, anche se loro non scherzano, visto che hanno scelto la via più impegnativa per raggiungere la cima. Il paesaggio è unico, grazie al vento il cielo è terso.  I miei cari amici conversano e sembra che si conoscano da una vita. La montagna elimina le stupide perdite di tempo, sostituendole con la magia. Quattro, pardon quattro virgola cinque “spiriti liberi” cosa fanno insieme? Vanno sul Sernio! Il monte è posto al centro di tutto, e magnifico da qualsiasi versante lo si guardi, è il vero Re delle montagne Friulane. Recuperiamo le energie mettendo qualcosa nello stomaco, si scherza, siamo quattro sognatori. I pensieri non li puoi nascondere o velare, siamo nel nostro habitat naturale, è stupendo! Il freddo comincia a farsi sentire, il vento non molla, la temperatura è quasi siberiana. Ci approntiamo per il ritorno, ognuno con il suo passo. Tra i quattro io sono il più lento, non ho il loro passo, li osservo da lontano e ne sono beatificato, ho la sensazione che parlino di monti, e si raccontino le loro esperienze. Io e Magritte, essendo i più veci, li seguiamo, conoscendo ben la strada del ritorno. Di tanto in tanto, uno di loro si stacca dal gruppo per aspettarmi, lo noto e mi fa piacere. Si conversa, sono di natura molto loquace. Tutti mi dicono a loro insaputa la stessa cosa, che sono felici della compagnia, non se lo aspettavano; io non avevo dubbi. Li conoscevo solo via mail e virtualmente, le sensazioni li percepisci anche a distanza. Siamo amanti dello stesso Dio che adoriamo” la Montagna”. Superando gli ultimi ostacoli dove Magritte confermava le sue abilità alpinistiche, raggiungiamo con calma il posto auto. Tolti gli scarponi e riposti gli zaini si decide di andare a bere qualcosa nel piccolo centro di Moggio Udinese. Raggiunto un locale, dentro, la mia attenzione è attratta da un gruppo di escursionisti, intenti a consumare bevande. Riconosco, anzi ci riconosciamo con Elisa. Salutata, lei mi indica nel suo gruppo un simpatico omino, sorridente e dal volto sereno come un Buddha, sussurrandomi il suo nome da combattimento” Il Ravanatore”. Wow!! Doppio Wow! Il mito in persona, colui che ha fatto centinaia di escursioni nei luoghi più selvaggi e impensabili del Friuli e non. Anche Gino e Rudy e Stefano lo conoscono per fama, ci presentiamo e facciamo una foto di gruppo con il “sommo maestro”. Così volge al termine dietro le birre e la mia Coca-Cola (equivale ad una bestemmia per Gino), una giornata all’insegna dello “Spirito Libero”. È stato sublime scoprire che gli spiriti liberi anche se in gruppo rimangono sempre liberi. La libertà e la montagna un’unica entità, e in essa noi viviamo. “       

Il vostro “forestiero Nomade”

Malfa.

 

 

 

 







































































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