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domenica 8 gennaio 2017

Monte Masereit e la cresta del Vualt.

 
Monte Masereit e la cresta del Vualt.

Note tecniche.

Localizzazione: Alpi Carniche-Gruppo Zuc della Bor

Avvicinamento: San DANIELE-Gemona-Moggio Udinese- Rotabile per Val APUA-Pradis-Borghi di Drentus-Virgulins-Imboccare forestale per Val Alba- Parcheggio presso spiazzo con Indicazioni CAI, Quota 1016.

Dislivello: 1030 m.

Dislivello complessivo: 1030 m.

Distanza percorsa in Km:

Quota minima partenza: 1016 m.

Quota massima raggiunta: 1752 m.

In: Solitaria.

 Tipologia Escursione. Selvaggio

Difficoltà: Escursionisti Esperti.

Segnavia: Segni rossi e bianchi, bolli blu, sparuti ometti. Cai 425.

Tempo percorrenza totale: Sei ore.

Fonti d’acqua: Presso Casera Vualt.

Attrezzature: Nessuna.

Cartografia consigliata.

Periodo consigliato: giugno-ottobre.

Condizioni del sentiero: Per il Masereit, solo segni e poco battuto; la cresta del Vualt, ben segnata e battuta.

Data: 31 dicembre 2016.

Il “Forestiero Nomade”


 
Relazione.

Per l’ultimo giorno dell’anno desideravo una cima selvaggia e silenziosa.  La prima scelta è caduta sul “Masereit”, cima con poco dislivello ma non da sottovalutare. Il sabato mattino con il compare Magritte siamo pronti, lesti e con l’occorrente per l’escursione. Carichi di entusiasmo ci avviamo per il magico luogo del Moggese. Percorrendo la strada ho modo di ammirare gli addobbi natalizi nei paesi che attraverso, la magia è nell’aria. Il riscaldamento dell’auto mitiga la fredda temperatura esterna, un cielo stellato mi guida verso Gemona, Monte San Simeone e Venzone, costeggiando il Fella fino al magico scrigno dove è custodita Moggio Udinese. Superato il torrente, imbocco la strada, fermandomi presso il ponte. Scendo dall’auto e ammiro l’aurora che dipinge con forti tinte lo skyline dei monti della val Aupa. Il Pisimoni da perfetto padrone di casa mi presenta il Zuc della Bor e il Chiavals; più piccole ma già sveglie mi salutano il Masereit e il Vualt. Superata la cittadina di Moggio mi avvio per la strada che taglia in due la Val Aupa, poco dopo il paese seguo le indicazioni per Pradis che raggiungo con una serie di tornanti. Incrociata la forestale seguo le indicazioni per la Val Alba, ammirando la Regina della valle “La Grauzaria”. La saluto, sorridendo, pensando all’amico Prof, che già la sogna. La strada forestale aggirando le pendici occidentali del Masereit si porta sul versante orientale, entrando nella meravigliosa valle scavata dal torrente Alba. La stradina mi porta fino ad un divieto di accesso (che diligentemente rispetto). Accanto, sulla destra, piccolo parcheggio posto a quota 1016 metri.  Zaino in spalle, e Magritte e sogni al seguito si parte. La temperatura, stranamente è mite, come se la valle conservasse il calore del giorno precedente. Seguo le indicazioni per il rifugio Vualt (tabella con indicazioni) risalendo per la strada forestale, il mio pensiero vola agli amici Michele Bassa e Rudy, che avendo effettuato da poco l’escursione sono prodighi di consigli. Dopo una serie di tornanti scorgo alla mia destra inchiodata ad un tronco di faggio una tabella con le indicazioni per il Masereit. Sul ciglio opposto della strada, esattamente sul muretto, dei segni dipinti in rosso: Un triangolo equilatero, una freccia e una M come Masereit. Impossibile sbagliare l’inizio del sentiero, lo ha capito anche Magritte, che si invola più veloce della luce.

La traccia, che sicuramente diventerà  sentiero, man mano che gli escursionisti la percorreranno, si chiama “La direttissima per il Masereit”, perché percorre 375 metri di dislivello in un batter d’occhio. Il percorso ben segnato dai bolli (triangolo equilatero rosso che sormonta rettangolino bianco) cavalca la ripida dorsale che risale il bosco di faggio fino alla cresta. Ho la fortuna di trovare il terreno asciutto, seguo la debole traccia, costatando che l’ideatore del percorso ha studiato bene la morfologia del versante. Tra i faggi spogli da fogliame intravedo la meta, con passo cadenzato raggiungo la parte superiore, nel medesimo istante il sole sbuca dal Zuc della Bor, tingendo d’oro il paesaggio. È un sogno, canto “Here comes the sun “, (sta sorgendo il sole) dei Beatles, e contemporaneamente quella felicità mista a commozione rapisce il mio stato d’animo. Avverto sempre la sensazione che la montagna mi ami. Il sole si diletta a fare l’artista, illuminando fili d’erba, giocando con il chiaro scuro. Estasiato dimentico la fatica. Un vecchio fusto di faggio, lambito dal sentiero, ha tante storie da raccontare. Mi fermo presso di esso e con riverenza lo saluto, gli chiedo come sta, notando che ne manca la metà. <<Carissimo Malfa, sto bene! Che vuoi che sia, qualche acciacco, ma come vedi sono un giovanotto nello spirito. Hai notato che ho perso la testa e le braccia? Non vedo più con le fronde e sento di meno il vento, ma osservo con il cuore e credimi vedo e odo ancora più lontano. Avrei tanto da raccontarti, ma non ti fermo “Forestiero Nomade”, stai solo attento al sentiero dopo l’intaglio sulla roccia. Li dovrai usare la testa e le braccia e non il cuore.>> Così dicendo, il vecchio tronco di faggio fece cadere una scaglia di corteggia per indicarmi la strada. Raggiunta la base della cresta, i segni mi portano dentro un intaglio tra la roccia, mi ricordo dei consigli appena ricevuti e varco l’ostacolo. Subito dopo mi attende tanta luce, ma anche un traverso, lo supero con cautela tra i mughi. Mi trovo alla base di un ripido canale, tra rocce e balze erbose lo risalgo, raggiungendo in breve la cresta del Masereit, l’emozione è al massimo, mi fermo un attimo, mi aggiusto la bandana; non è raffinato andare a visitare una bella signora in condizioni indecenti. Raggiunta la cresta mi giro a sinistra. Eccola, la piccola e umile croce, che domina una montagna di tanto rispetto, non sono un credente, ma ritengo che Gesù essendo povero, bevesse nelle coppe di legno, e non dai calici di vetro, questa cima anche per me rappresenta una fede e un cippo di legno la può ben rappresentare. Tutto intorno osservo la natura, l’essenza del mondo. Mi sento fortunato, si lo sono: ho due gambe, sono ancora in salute, ho il dono della vista, cosa posso chiedere di più? Vengo quassù per dire grazie, grazie, grazie! Con molto imbarazzo eseguo un autoscatto, so bene che sarebbe l’unica foto da buttare, ma è la firma, l’unico cedimento alla vanità, il resto lo dono a chi non può venire e a chi verrà quassù.

Osservo dall’alto la Regina, la Grauzaria, regale. Il Masereit è un monte capriccioso, ma ha un paesaggio da mille e una notte. In meno di un’ora ho raggiunto la cima. Ripreso lo Zaino, con il fedele amico ci apprestiamo al ritorno, con molta cautela, superiamo il tratto delicato, cosi raggiungiamo il sottostante bosco di faggio. Un pensiero mi balena in mente. << Beppe, è presto, continua l’escursione e rendila più magica.>> La doppia personalità va in conflitto: la saggia mi vuole che rientri a casa, il lupo mi spinge ad esplorare, vince la seconda per Knock-out.

Appena sceso di un centinaio di metri di dislivello, viro bruscamente a sinistra, tralasciando i segni, lasciandomi guidare dall’istinto. Miro a Nord- Ovest, scruto sopra le fronde degli alberi seguendo una linea immaginaria, traccio una diagonale, che mi porta nella lontana forcella Vualt posta tra le cime del Masereit e il Vualt. Nulla di pericoloso, guadagnando quota e seguendo i passaggi più comodi nel bosco mi avvicino sempre di più alla meta. Scorgo dei segni rosso-giallo dipinti sulle cortecce dei faggi, li ignoro, continuando nella direzione immaginaria.  Li scorgo di nuovo nelle vicinanze della forcella, stavolta alternati a segni blu, provenienti anch’essi dalla parte bassa del bosco. Presso la forcella Vualt incrocio il sentiero CAI proveniente dalla casera Vualt e numerato 425. La mia idea iniziale è di percorrere il sentiero vicino la cresta, nella precedente escursione sul Crostis lo notai dall’alto, e mi affascinò. Ignoro totalmente la sua praticabilità, e che difficoltà presenti, sono ispirato e proseguo. La bella traccia parte dalla forcella, segnata con bolli blu e indicata su una tabella inchiodata “Sentiero Palis d’Arint” che porta al bivacco Cjasut dal Scior”. Il primo tratto del sentiero è ripido, ben battuto e segnato e si inoltra in un bosco, non è faticoso. Il costone è battuto dal sole, popolato da faggi che per l’esposizione alle intemperie hanno assunto forme antropomorfe. Il bel percorso, che io rinomino “Sentiero del Sole” sbuca in cresta lambendo le formazioni rocciose. Sovente si sposta da un versante all’altro, rimango incantato, con brio mi fa salire di quota, ai faggi si sono sostituiti il pino mugo e il pino silvestre. Le rocce assumono forme degne di un libro di fantasia, alcune sembrano guglie gotiche, altre hanno forme buffe. Fantastico! Sogno e mi perdo in esso. Solco il pendio inerbito color oro circondato dal verde smeraldo dei mughi. Le bianche pareti della roccia ti invitano ad arrampicarmi, a saggiare la sua consistenza, resisto al richiamo e vado avanti. Magritte è felice di zampettare nel suo habitat, la natura incontaminata. Percorrendo l’ultimo tratto raggiungo la cima meridionale del Vualt posta a quota 1725 metri, quella sormontata da una piccola croce in legno, sosto un attimo, ammirando lo spettacolare paesaggio. Scendo dal piccolo sperone roccioso e proseguendo lungo la direttiva della cresta, raggiungo la vicina forcella nei pressi del bivacco “Cjasut dal Scior”. Fuori della piccola struttura noto delle presenze umane, saluto e continuo diritto per la cima della vetta del Vualt, più alta di appena 27 metri dalla precedente. Seguo una traccia ben battuta dentro la mugheta, così raggiungo la massima elevazione in pochi minuti. Magnifica la cima, nemmeno un sasso a identificarla. Pianto i bastoncini tra i mughi, come Cristoforo Colombo piantò la bandiera quando scoprì il “Nuovo Mondo”, l’emozione è intensa. Sopraggiungono gli escursionisti che erano in basso con al seguito una cagnona. Magritte è felicissimo, un giorno memorabile per la sua esperienza alpinistica: tre cime e una cagnona affettuosa che lo sommerge di coccole. Dieci minuti di coccole dopo la gloria conquistata sul Sernio ci stanno. Gli escursionisti abbandonano la cima, e finalmente con Magritte ci godiamo un meritato riposino, accompagnandolo con il pranzo. Dalla vetta il paesaggio spazia all’infinito, mentre morsico il panino osservo le cime, riflettendo sull’eccezionalità di questo meraviglioso inverno. Dopo la breve sosta, riprendo il cammino del ritorno, fermandomi pochi istanti a visitare il bivacco in basso. È bello e accogliente, munito dei confort e ben curato. Firmo il libro dei visitatori, fsostando un attimo, seduto sulla panca posta all’esterno. Il sublime paesaggio e il sole mi invitano a lasciarmi andare, a rimanere lì, ma devo rientrare. Per la discesa scendo dalla normale, il sentiero CAI 422, che ripercorre una vecchia e panoramica mulattiera che porta giù fino ai resti del ricovero militare. Superato l’edificio bellico evito di percorrere il selciato della forestale, scendendo per sentiero, seguo le indicazioni per il rifugio Vualt. Perdo rapidamente quota fino a guadare il torrente nei pressi delle sorgenti dell’Alba, ripresa la strada Forestale, passo sotto il rifugio Vualt, e raggiungo in breve l’auto.  Raggiunto il centro di moggio, mi fermo, volto indietro lo sguardo, chiedendo alla magnifica valle un altro appuntamento per un altro sogno.

Il vostro “Forestiero Nomade”

Malfa.

 

 





























































































































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