Monte Masereit e la cresta del Vualt.
Note tecniche.
Localizzazione: Alpi Carniche-Gruppo Zuc della Bor
Avvicinamento: San DANIELE-Gemona-Moggio Udinese- Rotabile
per Val APUA-Pradis-Borghi di Drentus-Virgulins-Imboccare forestale per Val
Alba- Parcheggio presso spiazzo con Indicazioni CAI, Quota 1016.
Dislivello: 1030 m.
Dislivello complessivo: 1030 m.
Distanza percorsa in Km:
Quota minima partenza: 1016 m.
Quota massima raggiunta: 1752 m.
In: Solitaria.
Tipologia Escursione.
Selvaggio
Difficoltà: Escursionisti Esperti.
Segnavia: Segni rossi e bianchi, bolli blu, sparuti ometti.
Cai 425.
Tempo percorrenza totale: Sei ore.
Fonti d’acqua: Presso Casera Vualt.
Attrezzature: Nessuna.
Cartografia consigliata.
Periodo consigliato: giugno-ottobre.
Condizioni del sentiero: Per il Masereit, solo segni e poco
battuto; la cresta del Vualt, ben segnata e battuta.
Data: 31 dicembre 2016.
Il “Forestiero Nomade”
Relazione.
Per l’ultimo giorno dell’anno desideravo una cima selvaggia
e silenziosa. La prima scelta è caduta
sul “Masereit”, cima con poco dislivello ma non da sottovalutare. Il sabato
mattino con il compare Magritte siamo pronti, lesti e con l’occorrente per
l’escursione. Carichi di entusiasmo ci avviamo per il magico luogo del Moggese.
Percorrendo la strada ho modo di ammirare gli addobbi natalizi nei paesi che
attraverso, la magia è nell’aria. Il riscaldamento dell’auto mitiga la fredda
temperatura esterna, un cielo stellato mi guida verso Gemona, Monte San Simeone
e Venzone, costeggiando il Fella fino al magico scrigno dove è custodita Moggio
Udinese. Superato il torrente, imbocco la strada, fermandomi presso il ponte. Scendo
dall’auto e ammiro l’aurora che dipinge con forti tinte lo skyline dei monti
della val Aupa. Il Pisimoni da perfetto padrone di casa mi presenta il Zuc della
Bor e il Chiavals; più piccole ma già sveglie mi salutano il Masereit e il
Vualt. Superata la cittadina di Moggio mi avvio per la strada che taglia in due
la Val Aupa, poco dopo il paese seguo le indicazioni per Pradis che raggiungo
con una serie di tornanti. Incrociata la forestale seguo le indicazioni per la
Val Alba, ammirando la Regina della valle “La Grauzaria”. La saluto, sorridendo,
pensando all’amico Prof, che già la sogna. La strada forestale aggirando le
pendici occidentali del Masereit si porta sul versante orientale, entrando
nella meravigliosa valle scavata dal torrente Alba. La stradina mi porta fino
ad un divieto di accesso (che diligentemente rispetto). Accanto, sulla destra,
piccolo parcheggio posto a quota 1016 metri. Zaino in spalle, e Magritte e sogni al seguito
si parte. La temperatura, stranamente è mite, come se la valle conservasse il
calore del giorno precedente. Seguo le indicazioni per il rifugio Vualt (tabella
con indicazioni) risalendo per la strada forestale, il mio pensiero vola agli
amici Michele Bassa e Rudy, che avendo effettuato da poco l’escursione sono
prodighi di consigli. Dopo una serie di tornanti scorgo alla mia destra inchiodata
ad un tronco di faggio una tabella con le indicazioni per il Masereit. Sul
ciglio opposto della strada, esattamente sul muretto, dei segni dipinti in rosso:
Un triangolo equilatero, una freccia e una M come Masereit. Impossibile
sbagliare l’inizio del sentiero, lo ha capito anche Magritte, che si invola più
veloce della luce.
La traccia, che sicuramente diventerà sentiero, man mano che gli escursionisti la
percorreranno, si chiama “La direttissima per il Masereit”, perché percorre 375
metri di dislivello in un batter d’occhio. Il percorso ben segnato dai bolli (triangolo
equilatero rosso che sormonta rettangolino bianco) cavalca la ripida dorsale
che risale il bosco di faggio fino alla cresta. Ho la fortuna di trovare il
terreno asciutto, seguo la debole traccia, costatando che l’ideatore del
percorso ha studiato bene la morfologia del versante. Tra i faggi spogli da
fogliame intravedo la meta, con passo cadenzato raggiungo la parte superiore,
nel medesimo istante il sole sbuca dal Zuc della Bor, tingendo d’oro il paesaggio.
È un sogno, canto “Here comes the sun “, (sta sorgendo il sole) dei Beatles, e contemporaneamente
quella felicità mista a commozione rapisce il mio stato d’animo. Avverto sempre
la sensazione che la montagna mi ami. Il sole si diletta a fare l’artista,
illuminando fili d’erba, giocando con il chiaro scuro. Estasiato dimentico la fatica.
Un vecchio fusto di faggio, lambito dal sentiero, ha tante storie da raccontare.
Mi fermo presso di esso e con riverenza lo saluto, gli chiedo come sta, notando
che ne manca la metà. <<Carissimo Malfa, sto bene! Che vuoi che sia,
qualche acciacco, ma come vedi sono un giovanotto nello spirito. Hai notato che
ho perso la testa e le braccia? Non vedo più con le fronde e sento di meno il
vento, ma osservo con il cuore e credimi vedo e odo ancora più lontano. Avrei
tanto da raccontarti, ma non ti fermo “Forestiero Nomade”, stai solo attento al
sentiero dopo l’intaglio sulla roccia. Li dovrai usare la testa e le braccia e
non il cuore.>> Così dicendo, il vecchio tronco di faggio fece cadere una
scaglia di corteggia per indicarmi la strada. Raggiunta la base della cresta, i
segni mi portano dentro un intaglio tra la roccia, mi ricordo dei consigli
appena ricevuti e varco l’ostacolo. Subito dopo mi attende tanta luce, ma anche
un traverso, lo supero con cautela tra i mughi. Mi trovo alla base di un ripido
canale, tra rocce e balze erbose lo risalgo, raggiungendo in breve la cresta del
Masereit, l’emozione è al massimo, mi fermo un attimo, mi aggiusto la bandana;
non è raffinato andare a visitare una bella signora in condizioni indecenti.
Raggiunta la cresta mi giro a sinistra. Eccola, la piccola e umile croce, che
domina una montagna di tanto rispetto, non sono un credente, ma ritengo che
Gesù essendo povero, bevesse nelle coppe di legno, e non dai calici di vetro,
questa cima anche per me rappresenta una fede e un cippo di legno la può ben
rappresentare. Tutto intorno osservo la natura, l’essenza del mondo. Mi sento
fortunato, si lo sono: ho due gambe, sono ancora in salute, ho il dono della
vista, cosa posso chiedere di più? Vengo quassù per dire grazie, grazie,
grazie! Con molto imbarazzo eseguo un autoscatto, so bene che sarebbe l’unica
foto da buttare, ma è la firma, l’unico cedimento alla vanità, il resto lo dono
a chi non può venire e a chi verrà quassù.
Osservo dall’alto la Regina, la Grauzaria, regale. Il Masereit
è un monte capriccioso, ma ha un paesaggio da mille e una notte. In meno di un’ora
ho raggiunto la cima. Ripreso lo Zaino, con il fedele amico ci apprestiamo al
ritorno, con molta cautela, superiamo il tratto delicato, cosi raggiungiamo il
sottostante bosco di faggio. Un pensiero mi balena in mente. << Beppe, è
presto, continua l’escursione e rendila più magica.>> La doppia personalità
va in conflitto: la saggia mi vuole che rientri a casa, il lupo mi spinge ad
esplorare, vince la seconda per Knock-out.
Appena sceso di un centinaio di metri di dislivello, viro
bruscamente a sinistra, tralasciando i segni, lasciandomi guidare dall’istinto.
Miro a Nord- Ovest, scruto sopra le fronde degli alberi seguendo una linea
immaginaria, traccio una diagonale, che mi porta nella lontana forcella Vualt
posta tra le cime del Masereit e il Vualt. Nulla di pericoloso, guadagnando
quota e seguendo i passaggi più comodi nel bosco mi avvicino sempre di più alla
meta. Scorgo dei segni rosso-giallo dipinti sulle cortecce dei faggi, li ignoro,
continuando nella direzione immaginaria. Li scorgo di nuovo nelle vicinanze della
forcella, stavolta alternati a segni blu, provenienti anch’essi dalla parte
bassa del bosco. Presso la forcella Vualt incrocio il sentiero CAI proveniente
dalla casera Vualt e numerato 425. La mia idea iniziale è di percorrere il
sentiero vicino la cresta, nella precedente escursione sul Crostis lo notai dall’alto,
e mi affascinò. Ignoro totalmente la sua praticabilità, e che difficoltà
presenti, sono ispirato e proseguo. La bella traccia parte dalla forcella, segnata
con bolli blu e indicata su una tabella inchiodata “Sentiero Palis d’Arint” che
porta al bivacco Cjasut dal Scior”. Il primo tratto del sentiero è ripido, ben
battuto e segnato e si inoltra in un bosco, non è faticoso. Il costone è battuto
dal sole, popolato da faggi che per l’esposizione alle intemperie hanno assunto
forme antropomorfe. Il bel percorso, che io rinomino “Sentiero del Sole” sbuca
in cresta lambendo le formazioni rocciose. Sovente si sposta da un versante
all’altro, rimango incantato, con brio mi fa salire di quota, ai faggi si sono
sostituiti il pino mugo e il pino silvestre. Le rocce assumono forme degne di
un libro di fantasia, alcune sembrano guglie gotiche, altre hanno forme buffe. Fantastico!
Sogno e mi perdo in esso. Solco il pendio inerbito color oro circondato dal
verde smeraldo dei mughi. Le bianche pareti della roccia ti invitano ad
arrampicarmi, a saggiare la sua consistenza, resisto al richiamo e vado avanti.
Magritte è felice di zampettare nel suo habitat, la natura incontaminata. Percorrendo
l’ultimo tratto raggiungo la cima meridionale del Vualt posta a quota 1725
metri, quella sormontata da una piccola croce in legno, sosto un attimo, ammirando
lo spettacolare paesaggio. Scendo dal piccolo sperone roccioso e proseguendo
lungo la direttiva della cresta, raggiungo la vicina forcella nei pressi del
bivacco “Cjasut dal Scior”. Fuori della piccola struttura noto delle presenze
umane, saluto e continuo diritto per la cima della vetta del Vualt, più alta di
appena 27 metri dalla precedente. Seguo una traccia ben battuta dentro la
mugheta, così raggiungo la massima elevazione in pochi minuti. Magnifica la
cima, nemmeno un sasso a identificarla. Pianto i bastoncini tra i mughi, come Cristoforo
Colombo piantò la bandiera quando scoprì il “Nuovo Mondo”, l’emozione è intensa.
Sopraggiungono gli escursionisti che erano in basso con al seguito una cagnona.
Magritte è felicissimo, un giorno memorabile per la sua esperienza alpinistica:
tre cime e una cagnona affettuosa che lo sommerge di coccole. Dieci minuti di
coccole dopo la gloria conquistata sul Sernio ci stanno. Gli escursionisti
abbandonano la cima, e finalmente con Magritte ci godiamo un meritato riposino,
accompagnandolo con il pranzo. Dalla vetta il paesaggio spazia all’infinito, mentre
morsico il panino osservo le cime, riflettendo sull’eccezionalità di questo
meraviglioso inverno. Dopo la breve sosta, riprendo il cammino del ritorno,
fermandomi pochi istanti a visitare il bivacco in basso. È bello e accogliente,
munito dei confort e ben curato. Firmo il libro dei visitatori, fsostando un
attimo, seduto sulla panca posta all’esterno. Il sublime paesaggio e il sole mi
invitano a lasciarmi andare, a rimanere lì, ma devo rientrare. Per la discesa
scendo dalla normale, il sentiero CAI 422, che ripercorre una vecchia e
panoramica mulattiera che porta giù fino ai resti del ricovero militare.
Superato l’edificio bellico evito di percorrere il selciato della forestale, scendendo
per sentiero, seguo le indicazioni per il rifugio Vualt. Perdo rapidamente
quota fino a guadare il torrente nei pressi delle sorgenti dell’Alba, ripresa
la strada Forestale, passo sotto il rifugio Vualt, e raggiungo in breve l’auto. Raggiunto il centro di moggio, mi fermo, volto
indietro lo sguardo, chiedendo alla magnifica valle un altro appuntamento per
un altro sogno.
Il vostro “Forestiero Nomade”
Malfa.
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