Monte Caal
1297 m. da Uccea.
Note
tecniche.
Localizzazione:
Prealpi Giiulie.
Avvicinamento:
Da Tarcento seguire la statale n.646 per la Val Torre fino al passo Tanamea,
continuare per Uccea. Seguire indicazioni per il cimitero, piccolo spiazzo.
Dislivello: 700
m.
Dislivello
complessivo: 800 m.
Distanza
percorsa in Km: 10 km.
Quota minima
partenza: Piccola piazzola sulla statale, quota 607 m.
Quota
massima raggiunta: 1350 m (1297 Monte Caal.)
In: Solitaria.
Tipologia Escursione: Escursionistica panoramica.
Difficoltà:
Escursionistica.
Segnavia: CAI
733
Tempo
percorrenza totale: Cinque ore escluse le soste.
Fonti
d’acqua: Nessuna.
Attrezzature:
Nessuna
Cartografia
consigliata. Tab 027.
Periodo
consigliato: Primavera -Autunno.
Condizioni
del sentiero: Ben segnato e marcato.
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa.
Monte Caal
da Uccea.
Ogni
mattina, prendendo il caffè volgo lo sguardo ad oriente, dalla finestra ammiro
la pianura friulana nella sua interezza, senza nessun ostacolo per la visuale,
cosi lo sguardo spazia sulle catene di monti che la circondano. Recentemente il
Canin e i monti circostanti sono ancora imbiancati, riconosco il Monte nero, la
catena dei musi, e un pensiero ammantato di desiderio vola ai monti che
circondano la Val Resia e la valle scavata dal torrente Uccea. Studio sulla
mappa un sentiero che dal piccolo borgo di Uccea mi porti sul monte Guarda, mi
appronto per l’escursione. Il sabato mattino, in compagnia del fedele compagno
a quattro zampe si parte per la nuova avventura. La temperatura è meno gelida
dei giorni precedenti, con l’auto attraverso i comuni di Majano, Buja e
Tarcento, giungendo all’ingresso della valle del Torre il paesaggio cambia
immediatamente. Un ambiente gelido mi accoglie, la neve copre tutto fino al
limite del manto stradale, guido con prudenza. Proseguo lentamente, uno
spicchio di luna illumina il paesaggio, mentre Re Sole pigramente si sveglia.
Mi dirigo verso il passo di Tamarea osservando entrambi i versanti dei monti
ricoperti di neve. Raggiunta, la località di Uccea, constato che salire al
borgo in auto è problematico, lascio l’auto, in moto, nei pressi della piazzola
di servizio. Ispeziono la stradina che sale al borgo per cercare un posteggio
più comodo. L’asfalto è misto a neve e ghiaccio, ridiscendo, e spengo l’auto,
premurandomi di togliere con la pala di emergenza il ghiaccio da sotto l’auto.
Mi predispongo per un’escursione all’insegna della neve, indosso da subito le
ghette, zaino in spalle e Magritte e sogni al seguito si parte. Imboccando la
stradina che porta a Sella Carnizza attraverso il piccolo borgo di Uccea,
presso un cartello che indica il cimitero, imbocco la piccola carreggiabile a
destra. Supero una chiesetta a sinistra e successivamente una piccola cappella
a destra fino a incontrare un cartello CAI (sentiero 733) con le indicazioni
per Casera Caal e Monte Guarda. Seguo il sentiero e tra la neve scorgo delle
impronte recenti, le ricalco. Il primo tratto del sentiero è molto ripido,
risale il costone totalmente ricoperto di neve, e zizzagando dentro la faggeta
raggiungo un primo nucleo di ruderi (Stavoli) siti a quota 757 m. I raggi del
sole fanno capolino, e la giornata si prospetta bellissima. Proseguendo dentro
la faggeta sempre per ripido sentiero raggiungo un secondo nucleo di ruderi
(quota 998 m.), i vecchi stavoli ricoperti di bianco donano al paesaggio un
aspetto pittorico, romantico. Seguo i radi segni CAI e le impronte, risalendo un tratto delineato da una fila di
faggi sfiorando un terzo stavolo (quota 1019 m). Osservo Magritte che si
diverte a giocare, rotolandosi nel bianco manto, felice di essere nel suo
habitat naturale. Dal basso giungono dei rumori, odo delle voci, una comitiva
di escursionisti percorre lo stesso sentiero. Mi fermo ad ascoltare, sento solo
una voce, femminile, proseguo il cammino dentro la faggeta. Disegno con i
bastoncini sulla neve, la comitiva dietro è sempre più vicina, Magritte
distratto, si ferma e mi consiglia di farli passare, dal suo ringhio intuisco
che ha voglia di mordere le caviglie della signora che imperitura parla a ruota
libera. Astutamente, come consigliato dal lupetto mi lascio raggiungere, saluto
il gruppo, composto da due uomini sui 35 anni e una signora di mezza età. Ci
salutiamo e confortato, confesso che dal vociare avevo paura di aver lasciato
l’autoradio accesa, ma il mio amico fido mi ha ben tranquillizzato che il suono
proveniva non dall’auto ma dalla comitiva. Magritte ascoltando quest’ultima mia
affermazione, sorride, mirando contemporaneamente la caviglia della signora.
Accomiatatomi dal gruppo, do la precedenza, confessando che approfitterò del
loro passaggio per camminare con meno fatica sulle impronte. Do un vantaggio
consistente al gruppo, distanziando il più possibile “l’apparato Radio” che
continua a trasmettere senza sosta. Intercetto alcune frasi, :<<Il k2 non
è così difficile, il Kilimangiaro ha solo un passaggio delicato, l’Everest non
vedo l’ora di farlo>>. <<Cavolo !!>> Esclama Magritte, è la
cugina di Bonatti, a saperlo le avrei chiesto l’autografo. Lo rimprovero, a
volte è insolente, poi dall’alto delle sue 160 cime si dà anche delle arie.
Sempre all’interno della pineta attraverso una lunga diagonale, aggiro la parte
terminale del monte Caal portandomi sul versante occidentale e sempre per
sentiero comodo raggiungo la sella (quota 1238 m.). La comitiva è ferma poco
avanti, le tracce che seguivo in precedenza si dirigono verso la casera Caal.
Ho le idee chiare, proverò a salire sul monte Guarda, quindi mi spingo avanti,
supero il gruppo e mi porto sotto un faggio. Estraggo le ciaspole dallo zaino,
il gruppo dietro fa lo stesso, sono più lesti e si avviano verso la cresta. Io
li seguo a debita distanza, percorrendo il bellissimo versante tra la cima di
Banora e Monte Plagne. Sento le loro voci alla mia sinistra, in alto, hanno preso
una direzione che sulla mappa è tratteggiata in nero, è una scorciatoia per la
cresta. Tornano indietro, e superandomi si avviano verso la diagonale che porta
al monte Plagne. Pochi metri dopo si arrestano di nuovo, la signora che chiude
il gruppo, ha grosse difficoltà sulla neve. Non si sente sicura, io sto fermo
indietro ad osservare l’evoluzione dei fatti, il gruppo torna indietro. Ci
confrontiamo, scambiandoci opinioni. Visto l’ora, il mio parere è quello di
tornare indietro, secondo i loro calcoli senza imprevisti avrebbero raggiunto
l’auto verso le ore 17:00. Appunto! Senza imprevisti, quindi fanno dietrofront
e abbandonano l’impresa. Mi fermo un attimo a pensare sul da farsi, tolgo le
ciaspole, sul piano inclinato creano solo problemi e ritorno indietro,
affondando gli scarponi nella neve. Poco prima della selletta, il gruppo taglia
in direzione della casera di Caal, “dall’autoradio” giungevano dei nomi, tipo:
Col Manzon, Col Gentile, Colle dei Larici, Colli Uganei. Dalla quota più alta
raggiunta in precedenza avevo notato un colle, il sentiero ci passa sotto, do
un’occhiata alla mappa, ecco si chiama Monte Caal. Sulla sua cresta non vedo
croci e ne ometti, semplice, con Magritte si decide di raggiungerne la cima. La
via più breve è anche la più faticosa, con una serie di zig zag risalgo il
ripido pendio, la neve è così soffice e fine che sembra zucchero. Attimi
meravigliosi, sembra di nuotare nella neve. Raggiunta la cresta, mi volto
indietro e mi accorgo di aver smarrito Magritte. Lascio lo zaino a terra e
gridando (disperato) il suo nome ai quattro venti ripercorro a ritroso il
sentiero. Pochi metri sotto la cima lo ritrovo, si era accucciato presso una
frasca. Lo chiamo, lo incito, nulla, non mi ascolta, non si muove. Insisto
nella supplica, lentamente si muove, poco convinto, ha difficoltà a superare la
neve, molto alta per lui. Mi si avvicina borbottando, minacciandomi di
denunciarmi al W.W.F. per sfruttamento di animali. Sorrido e poi rido, gli
chiedo cosa vuole in cambio della sua rinuncia alla denuncia e alla vertenza
sindacale, mi risponde: <<Allora! Caro Forestiero Nomade, per cominciare,
doppia dose di cibo (Wurstel)e la metà dei tuoi panini, più un morbido cuscino,
nuovo di zecca, dove poter sognare, dislocato presso il caminetto di casa >>
<< Ok! Magritte, qua la zampa e andiamo a conquistare la cima.>>
Dall’espressione del fido, intuisco che la cima è l’ultimo dei suoi pensieri,
mi segue poco convinto e molto rassegnato. Raggiunta l’ipotetica cima (un
arbusto), effettuo delle riprese. Il paesaggio è bellissimo, anche se coperto a
occidente dalla cresta del Guarda, ma merita. Breve sosta, e si riprende il
cammino, stavolta verso l’auto. Con intuito da vecchio lupo, seguo la cresta
che si abbassa di quota, sperando di incontrare il sentiero dell’andata. La
fortuna mi assiste, su alcuni faggi noto dei segni color rosso-giallo. È chiaro
che si tratta di un sentiero che attraversa la cresta, lo percorro in discesa,
i segni mi portano sul versante meridionale e con cautela per passaggi delicati
raggiungo il sentiero dell’andata. Wow!! Ora sono tranquillo, ho ancora ore di
luce per affrontare il percorso in discesa con calma. Godendomi il meraviglioso
paesaggio, passando tra gli stavoli, scrutando all’orizzonte le cime, ammirando
il Monte Nero e le cime circostanti.
Raggiunta l’auto sento freddo, la temperatura malgrado sia il primo
pomeriggio è scesa notevolmente, mi affretto al rientro. Per strada ripenso
all’escursione, alla magia della neve e al piacere che provo nel camminarci
sopra, senza seguire tracce, ma andando a casaccio. L’istinto del lupo che
giorno dopo giorno colma i miei desideri.
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa.
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