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lunedì 2 maggio 2016

Anello del Mopnte Dauda


 

 
 
Anello Monte DAUDA 1765 M.

Note tecniche.

Localizzazione: Alpi carniche- Gruppo Arvenis.

Avvicinamento: Tolmezzo- Arta Terme- Zuglio- Seguire indicazioni per Fielis (quattro km), sostare nella piazza del borgo.

Punto di Partenza: Piazza di Fielis quota 820 m

Dislivello complessivo: 1000 m.

Distanza percorsa in Km: 9 Km.

Quota minima partenza: 820 m.

Quota massima raggiunta: 1765 m.

Difficoltà: Escursionisti

Segnavia: CAI 157 e segni gialli.

Tempo percorrenza totale: 5,30 ore.

Fonti d’acqua: Fontane nel borgo di Fielis.

Attrezzature: Nessuna.

Cartografia consigliata. Tabacco 013.

Periodo consigliato: Tutto l’anno.

Condizioni del sentiero: Ben segnato e ben marcato

Condizioni Meteo: Ottime.

Data: 30 aprile 2016

Il vostro “Forestiero Nomade”.

Malfa.
 

Le note di “Hotel California” degli Eagles, dolcemente escono dalle casse audio dell’auto, percorro le prime curve tra i colli di Pinzano. Il sole nascente mi illumina il volto, abbasso il paraluce sognando questa nuova meta. I verdi prati di Flagogna, il borgo di Cornino, che meravigliosa visione! I bei monti della pianura friulana, le mie adorate avventure! Guido vegliato da mille ricordi, Magritte dorme, manca ancora mezz’ora di strada, non ho fretta, mi godo questo bellissimo film, cercando di intuire dalla quota della neve cosa troverò. Oggi ho scelto monte Dauda, non è un monte difficile, ma la neve quest’anno lo ha reso inespugnabile. Nella valle di Tolmezzo mi aspetta la grande signora” L’amariana”, sempre più bella, la cima è imbiancata. In lontananza scorgo il Tersadia che erroneamente lo scambio per il Dauda, le linee bianche delle mulattiere apparivano diverse da quelle del Dauda, dopo attenta e acuta riflessione ho esclamato:<< . Zio è il Tersadia.>>

 Giungo nei pressi di Zuglio, ora si che scorgo la meta, mi dà il benvenuto, porgendomi l’invito per una visita di cortesia, che educatamente non rifiuto. Dopo una serie di tornanti, giungo al centro del piccolo paese di Fielis, come si fa a resistere a una così bella visione. Gli alberi in fiore, il campanile, la primavera che canta, e io li al centro, imbambolato. Dover indossare gli scarponi diventa quasi un sacrilegio, interrompere la grazia del momento, ma devo.  Indossata l’armatura, si parte, Magritte è già avanti, conosce bene la direzione, come se avesse letto i miei desideri. I suoi silenzi sono sempre più misteriosi, un giorno forse mi parlerà! Ne sono certo, svelandomi che conosce la fisica meglio di Albert Einstein e che per rispetto della mia presunzione lo ha sempre taciuto. I primi tratti dell’escursioni sono accompagnati da un “Mandi” scambiato con una simpatica signora, un sorriso e via verso la selva. La strada è sempre la stessa, una lunga carrareccia che risale il pendio boschivo(faggi) con una serie di tornanti, portandomi dolcemente nella valletta dominata dalla malga di Dauda. Stavolta la neve è assente, il laghetto riflette il monte alle mie spalle, gioco con la macchina fotografica, la primavera è stata sempre musa ispiratrice.

Ora il camminare è uno scoprire “Cosa si celava sotto la neve”, il sentierino porta alla malga, che ha perso il fascino invernale. Mi guardo intorno, il Sernio ancora dorme, mi avvio per il versante settentrionale. La neve appare all’improvviso come se fossi tornato indietro nel tempo, è compatta e poco profonda. Seguo la lunga carrareccia mantenendomi al suo bordo destro, dove il passo è più sicuro. Dopo pochi minuti dimentico il bianco che mi avvolge. Il cielo azzurro rende tutto più dolce, alla mia destra in lontananza scorgo le cime più alte della Carnia, dalle forme gioco a indovinarne i nomi. La carrareccia aggira il lato settentrionale del monte, in lontananza dominano la scena le cime del monte Arvenis e del Tamai. Il lato occidentale del sentiero è sempre coperto da neve più compatta, cammino sul bordo di esso, con attenzione, non lasciandomi distrarre dalla bellezza del paesaggio. La carrareccia con andamento circolare si collega con la forcella di Meleit, non ho fretta a raggiungerla, dal basso riesco a scorgere la croce della cima del Dauda, sembra tutto così vicino, ma è solo un’illusione. Raggiunta la forcella, un'altra ventata di emozioni cattura il mio spirito. E’ tutto molto bello, la neve chiaramente non è profonda, tinge di bianco un paesaggio incantevole, la voglia è di esplorare tutte le direzioni. Noto un albero con un segno giallo, questa deve essere la traccia da seguire, intuisco che la carreggiata prosegue ora in direzione sud-est, guadagnando quota con dolcezza. Passo vicino i ruderi di “Malga Chiass Alta”, sul vecchio abbeveratoio una freccia gialla mi invita a proseguire in quella direzione. Supero un mini laghetto ghiacciato, seguendo il bianco sentiero, in breve tra i mughi raggiungo la mulattiera che sale da sud. Nella neve trovo delle impronte di scarponi, per la cima la direzione è a destra risalendo la dolce cresta tra rocce e balze erbose. Il paradiso è vicino, sento l’emozione degli ultimi passi, è sempre la stessa, con la stessa intensità, metro dopo metro, filo d’erba dopo filo d’erba. Ecco la cima, è il punto più alto, un cumulo di sassi ne sono testimoni. Ma la croce? Vado più avanti, si è lei, più in basso, un dolce nevaio la separa dalla cima più alta. Lascio nel punto più alto lo zaino, oggi si banchetta in vetta, mi avvio verso la croce. Con essa trovo una cassettina metallica con libretto di vetta strapieno di firme, apporto la mia su un fogliettino, ripongo e mi dedico al paesaggio. Sicuramente la croce è messa più in basso per avere più visibilità. Dopo aver effettuato alcune foto, ritorno sui miei passi, riguadagnando la cima principale. Da tempo sognavo di banchettare in cima e potermi poi sollazzare, lasciandomi baciare dal sole. Oggi tutto questo sarà possibile, mi inebrio, lasciandomi cullare dalle emozioni. Magritte dopo aver pranzato dorme, lui sì che ha compreso la montagna. Come scriveva il grande “Kugy” per conoscere la montagna bisogna dormirci sopra”. Effettuo altre foto, e dopo aver consumato il mio spuntino raggiungo il mio compagno da Morfeo. Sono attimi che vorresti che durassero un eternità, poggiando la testa sullo zaino osservo le creste in lontananza, il silenzio è la mia musica, il mio volto si scalda toccato dal sole. La mia giacca, umida di sudore si asciuga stesa sui bastoncini telescopici. Dopo un po’ e non ho quantificato il” po’”, mi sono desto, preparando tutto per il rientro. Scorgo tra i sassi Un sacchetto con immondizie, l’ho raccolgo, penso: <<Quanto distratti devono essere questi escursionisti! Lo porterò a valle e lo conserverò in un contenitore di rifiuti”.  Nel caso tornassero indietro a cercarlo. Il ritorno è dolce, scendendo dalla cresta proseguo in direzione sud, la mulattiera sfiora i surreali cocuzzoli, viene voglia di salirci sopra. Le prime margheritine bucano la neve, è una lotta tra il vecchio che non vuol morire e il nuovo che nasce, in fondo è “il senso della vita”.

 Una vecchia mulattiera, sicuramente di guerra, mi accompagna nel versante meridionale color ocra, alcuni sparuti alberi fanno da sentinelle, indicando ai viandanti qual è la giusta via. Un palo con segno giallo mi invita ad abbandonare la mulattiera e intraprendere la scoscesa traccia lungo una cresta ripida e inerbita, la prudenza non è mai troppa.

La dolcezza e i colori primaverili rendono il tutto dolce, serafico. Poco prima di un cocuzzolo il sentiero vira bruscamente a oriente risalendo a settentrione. La traccia e ben battuta e segnata. Rientro nel bosco di faggi, superando sparuti nevai, fino raggiungere la malga Dauda, così chiudendo l’anello. Un attimo di riflessione, uno sguardo lassù alla cima, alla croce, e via per il sentiero d’andata. Poco sopra la frazione di Fielis incontro un’escursionista con un suo amico, iscritta al gruppo di “Spiriti Liberi”. Uno scambio di pensieri e di informazioni. Raggiunta l’auto, mi preparo per il mondo “civile”, mi avvio lungo la strada, accendo l’autoradio e gli Eagles riprendeno a cantare” Hotel California. Domani sarà un altro sogno, un’altra cima.

Ciao Glenn Frey, grazie di avermi fatto sognare.

Il vostro “Forestiero Nomade”.

Malfa.




































































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