Pizzo
di Valle del Fico da Palermo
Localizzazione:
Monti di Palermo- Pizzo di Valle del Fico prende il nome dalla omonima valle
che delimita il suo versante sud-occidentale. La Valle del Fico fa parte della
rete idrografica del fiume Oreto e confluisce nel Fiumelato di Meccini
attraverso la valle Piano di Maglio. Il pizzo è un rilievo calcareo alto m 786
la cui sommità è una cresta arrotondata, scarsamente alberata e panoramica su
Palermo e la Conca d'Oro. Tra le piante rupestri che crescono soprattutto sui
versanti più ombrosi del rilievo spicca l'Iberis semperflorens, brassicacea
endemica delle rupi calcaree della Sicilia occidentale. Sempre sui versanti
settentrionali crescono alcuni lecci mantenuti allo stato arbustivo dalla
frequenza degli incendi. La Valle del Fico è la più profonda discontinuità
nella catena di rilievi che dalla Pizzuta (m 1333) a Monte Grifone (m 832)
chiude a sud la Valle de fiume Oreto. Sulla sommità si apre l'ingresso di un
pozzo carsico profondo circa m 50, il Pozzo di Pizzo Valle del Fico.
(Buttafuoco,
1956).
Avvicinamento:
Centro storico Palermo- Linea auto bus Amat numero 230- scendere all’ultima
fermata presso distributore benzina.
Regione:
Sicilia
Provincia
di: Palermo
.
Dislivello:
552 m.
Dislivello
complessivo: 552 m.
Distanza percorsa in Km: 10
Quota minima partenza: 250 m.
Quota
massima raggiunta: 786 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 5 ore
In:
coppia
Tipologia
Escursione: selvaggio-panoramica escursionistica.
Difficoltà:
Escursionisti Esperti atti ad operare in ambiente selvaggio privo di sentieri
tradizionali.
Tipologia sentiero o
cammino: Strada campestre- remoti sentieri misti a terrazzamenti- tracce di
cacciatori.
Ferrata-
Segnavia:
CAI
Fonti
d’acqua: no
Impegno
fisico: medio alto
Preparazione
tecnica:
Attrezzature:
Croce di vetta:
Ometto di vetta:
Libro di vetta:
Timbro di vetta:
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 0
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data:
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
L’ultima meravigliosa
escursione in terra di Sicilia è un‘esplorazione non preventivata, nata così
per caso, ispirata da una foto effettuata nell’escursione precedente. Dal
sentiero della Moarda notai un rilievo adiacente, rimasi attratto dai bastioni
rocciosi terminali, ma non pensavo che a breve sarebbe stato l’oggetto dei
desideri. Il nome del monte è Pizzo di Valle del Fico, non mi rimane che
studiare la mappa IGM. Dalla remota
carta topografica noto un sentiero che partendo dalle pendici orientali,
esattamente dalla località Villa Ciambra, con una serie di tornanti si può
accedere in cresta, ma tutto questo progetto vale sulla carta, l’indomani si
passerà ai fatti. Come automezzo di avvicinamento scegliamo il classico, l’autobus
della linea urbana che pochi giorni prima ci ha permesso di approdare nei
pressi di Altofonte. La partenza è prevista da piazza Giulio Cesare, presso la
stazione ferroviaria centrale. Stavolta ci tocca aspettare circa un’ora alla
fermata prima che arrivi il primo autobus. Preso l’automezzo dopo una
mezzoretta di percorrenza siamo alle pendici della nostra meta, ma all’ultimo decido
di declinare il piano d’azione preventivato, scegliendo un itinerario diverso
per via della minor pendenza. In sintesi, scendiamo al capolinea del mezzo di
linea, e percorriamo una stradella (Via del Fico) che porta all’imbocco della
Valle del Fico, dall’arteria viriamo a sinistra per una stradina di campagna.
Anche questa località in passato l’ho adocchiata dall’alto della strada che
conduce a Piana degli Albanesi, e sbadatamente non mi sono interessato, visto
che all’epoca ero poco attratto dai rilievi.
Percorriamo con gioia l’antica
strada di montagna, le vetuste abitazioni si susseguono alle recenti
costruzioni. Transitiamo sotto un antico ponte ornato da spontanee piante di
fico d’india, mentre sopra di noi si erge la mole del Pizzo di Valle del Fico, attraente
per il color rosso arancio della roccia.
Lungo il cammino
incrociamo una carrareccia (bloccato l’ingresso agli automezzi tramite due prismi
in cemento), intuisco che è una via di accesso; infatti, iniziamo a risalire nel
bosco per antichi sentieri. Scoperta la pista il nostro cuore trabocca di
felicità. I vecchi sentieri si incrociano tra di loro, e noi seguiamo istintivamente
quelli che ascendono e si spostano a meridione, esattamente sul versante
occidentale del monte. Pini silvestri e vegetazione mediterranea indirizzano la
nostra direzione e la pesta ci entusiasma, coscienti che da secoli la stessa è
stata percorsa dal laborioso contado. La cresta del monte è sempre più vicina,
l’ammiriamo dal basso mentre la traccia ci guida verso una macchia selvaggia dal
color verde scuro, sicuramente il letto di un torrente in secca. Raggiunto quest’ultimo passiamo oltre
risalendo numerosi terrapieni, segno che una volta il versante era coltivato a
terrazzamenti. Stavolta la traccia svanisce, quindi l’istinto ci guida, mirando
alla sommità del pendio. Raggiunta una casetta (inaccessibile per i rovi) miriamo
a un uliveto posto poco più in alto, intuisco che finalmente ci libereremo dai rovi
seguendo una pista pulita. Infatti, una volta all’interno dell’uliveto, percorriamo
la pista carreggiabile, che ci porta in alto e fuori dalla coltivazione. Una
pianta di fico d’india feconda di frutti di un rosso acceso attira la mia
attenzione. Con delle foglie di fico accolgo un frutto nelle mani, e con il
coltello in dotazione lo taglio dalla pianta, mentre con altri tagli sapienti
nella buccia estraggo il succulento e dolce frutto, che assaporiamo con gusto.
Questo metodo di raccolta l’ho imparato decenni fa dai miei cugini di paese,
esattamente nelle campagne di Ravanusa (AG). Ben contenti della traccia la
seguiamo, essa diviene una carrozzabile che taglia il versante occidentale del
monte, da dove usciamo alla vista di una diramazione con cancello. La deviazione
ci conduce a pochi passi dalla cresta, esattamente all’interno di una bella
pineta. Varchiamo il cancello su un lato sprovvisto di recinzione, e risaliamo
il tratturo, sino a che non si riduce in una pesta che conduce alla cresta meridionale
del Pizzo. La nostra meta è a settentrione, e quindi, dobbiamo risalire la
ripida cresta con le poche tracce che scorgiamo e per nulla marcate. Il versante
è davvero selvaggio, tra massi, zolle e rovi, risaliamo la china, fino ad
approdare alla vasta vetta popolata da numerosi ed enormi sassi. Individuiamo
la quota più alta e ad essa ci dirigiamo. Rari bolli blu ci guidano, finché un
tubo in metallo color ruggine pone fine alle nostre fatiche, la vetta del Pizzo
di Valle del Fico è stata conquistata, e la gioia prende il posto della fatica.
Ci troviamo in equilibrio su alcuni massi, e tutto intorno è un ambiente
selvaggio, identico a come lo avvertirono i nostri antenati. Issiamo il
vessillo degli spiriti liberi sulla vetta e ci spostiamo su alcuni massi limitrofi,
dove sarà più comodo desinare. È grande la gioia e la soddisfazione che
proviamo. Raggiungere una meta in piena libertà e senza guida è il massimo. L’autostima
già altissima raggiunge vertici non immaginabili. Sono sempre più convinto che
in una vita precedente ero un lupo, lo percepisco da come intuisco i passaggi
più comodi e dallo smisurato senso di orientamento che possiedo. Finita la
pausa dovremmo rientrare, seguo i bolli blu, erroneamente penso che siano una
traccia per scendere sul versante orientale del monte, invece conduce all’ante-cima
che si aggetta sulla pianura solcata dal fiume Oreto. Conquistata anche questa elevazione,
ritorniamo indietro sui nostri passi, ripassiamo dall’uliveto e ripercorriamo
lo stesso sentiero dell’andata fino a raggiungere la strada di campagna
iniziale. Siamo felici e soddisfatti di aver compiuto la missione, codesta montagna
ci ha entusiasmato. Percorriamo la stradina fino al primo borgo abitato, quello
di Villa Ciambra, l’ultima frazione di Palermo che precede Altofonte. Nel
frattempo, e nell’attesa dell’autobus di linea, ci dissetiamo con bevande fresche
acquistate in un supermarket. Giunge il mezzo pubblico, lo prendiamo a volo.
Stavolta durante l’escursione ho distrutto i pantaloni da trekking, che presentano
molteplici squarci, tali da farmi sembrare un barbone. Laceri e affaticati
raggiungiamo l’abitazione, desiderosi di una doccia rigeneratrice. L’escursione
è finita in bellezza, e con essa terminano le nostre esplorazioni in terra di
Sicilia. Anche quest’anno abbiamo sognato e conosciuto angoli splendidi e nascosti
della nostra terra. Non abbiamo mai smesso di sognare, per noi sarebbe la fine…
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
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