Monte
Castellaccio: la vetta più alta dei Monti di Billiemi
Localizzazione:
I monti di Billiemi sono un gruppo di cime che insieme costituiscono
la porzione settentrionale dei monti di Palermo. Sono montagne, di
origine calcarea, nella parte sommitale vi crescono pinete mediterranee,
risultato di rimboschimento, e relitti di vegetazione mediterranea, macchia e
gariga, localmente di un certo pregio.
Il
particolare marmo estratto da essa, denominato "pietra di
Billiemi", è molto duro, ha colorazione prevalentemente grigiastra ed è
oggetto di intensa attività estrattiva e tale grossa attività mineraria è evidente per la presenza di ben tre cave: cava
Buscemi, Bordonaro e Oliveri.
La
sua cima più alta è il Monte Castellaccio che raggiunge 890 m. sul
livello del mare.
Il
gruppo si trova a separare i territori comunali di Palermo e Torretta, zona nord/ovest della
città di Palermo, esattamente sopra i quartieri Borgonuovo, C.E.P.
e Cruillas e insieme al monte Gallo e monte Pellegrino delimita il settore Nord-Ovest della città.
Avvicinamento:
Dal centro storico in autobus sino al quartiere San Lorenzo. Traverse,
sottopassaggi sino a una strada che porta ai residence posti alle pendici del
monte stesso.
Regione:
Sicilia
Provincia
di: Palermo
.
Dislivello:
885 m.
Dislivello
complessivo: 885 m.
Distanza percorsa in Km: 28
Quota minima partenza: m. 50
Quota
massima raggiunta: 890 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 7
In:
coppia
Tipologia
Escursione: escursionisti naturalistica
Difficoltà:
Escursionisti esperti per via adi alcuni passaggi arditi, la strada di discesa
turistica
Tipologia sentiero o
cammino:
Ferrata-
Segnavia:
Fonti
d’acqua: no
Impegno
fisico: alto
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: no
Timbro di vetta:
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Sicilia – Tabacco
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: 08 settembre
2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
La prima escursione in
terra di Sicilia di queste vacanze è il monte di Billiemi, un agglomerato
roccioso che fa parte dell’immensa catena montuosa dei Monti di Palermo. Come
rilievo non è tra le vette più alte che circondano la città, ma è interessante
la sua vastità.
Siamo giunti da pochi
giorni nel capoluogo dell’isola, e quindi, recuperati gli zaini e le
attrezzature da trekking, andiamo all’attacco della meta. Con me ho solo una
mappa fotografata con il cellulare dal pc , per il resto solo incognite.
All’alba nella città
del sogno ci svegliano i caldi raggi solari, colazione veloce, e via per le
strade urbane, già affollate di turisti provenienti da ogni dove. Ci muniamo di
biglietti per usufruire dei mezzi pubblici e ci imbarchiamo su uno di questi,
cambiando di seguito nei pressi dello stadio con un altro mezzo della stessa
azienda. Viaggiare a bordo dei mezzi pubblici a Palermo è meraviglioso, sembra
di presiedere i corridoi dell’O.N. U; nei volti e nei costumi dei passeggerei vi
trovo la meravigliosa varietà della razza umana. Se al centro storico trovo
turisti che spendono godendo delle bellezze della città, sugli autobus trovo
chi è venuto in Sicilia per lavoro e una speranza, con tanta dignità e altissimo
sacrifico. Ho tanto rispetto per costoro, ha una storia da raccontare, e i loro
silenzi spesso sono assordanti. L’unica cosa che ci unisce durante il viaggio sono
gli smartphone, ognuno con il suo occupa il tempo, fino a quando non chiama la
fermata per la raggiunta destinazione. Anche noi, Giovanna e io, con i nostri
costumi da escursionisti siamo estranei al contesto, in fondo tutto il mondo è
una magnifica apparenza. Scendiamo nella parte occidentale della città, quella
dei palazzoni e dei quartieri dormitori. Ci dirigiamo verso il monte, tagliando
strade, vicoli e sottopassaggi. Chiedo informazione a un autoctono, mi risponde
in dialetto, e di seguito continuo io in dialetto, sorprendendo l’omino e la
gente che gli sta intorno. Rimangono meravigliati che siamo palermitani, già, i
palermitani non vanno in giro per la città con bandana, zaino, scarponi e
bastoncini da trekking. Alcune stradine ascendono al monte, ne risaliamo una,
sperando di avere la fortuna di aver imboccato quella giusta. Dopo aver
guadagnato quota, e aver percosso una strada di servizio alle lussuose ville,
scopriamo che la stradina si interrompe presso la cancellata di un residence.
Non ci rimane che tornare indietro, ma per fortuna sopraggiunge un’automobile. Chiedo
all’autista se c’è una via di accesso al monte, mi rende edotto che ho
sbagliato via di accesso, ma che mi può essere utile. Apre il cancello
elettrico del residence, e ci indirizza a un cancello sulla parte alta dello
stesso comprensorio, e una volta trovato quest’ultimo dobbiamo solo scavalcarlo
e proseguire per una altra strada di ascesa. Semplicemente avventuroso! Accetto
il consiglio, e una volta trovato il cancello lo oltrepassiamo come due
malfattori. Se ci ripenso mi viene da ridere, due quasi sessantenni che si
comportano come dei birbantelli, ma la libertà è anche questo, non avere limiti
e pregiudizi, e soprattutto, osare!
Superato il cancello
siamo su una antica via di accesso, dall’aspetto deturpato, che dopo alcune
centinaia di metri si immette su una strada asfaltata che porta in alto,
esattamente alla località Cozzo Santa Croce, dove troviamo l’omonima chiesetta
e dei prati curati da un fattore improvvisato.
Siamo in periferia alla città, ai margini del cemento armato, dove la
natura pare che abbia perso la guerra con il genere umano. Brutte costruzioni e
relitti di auto rubate sfigurano il paesaggio. Non amo questo genere umano, che
mi sa di vinto e di orribile, simile alle anguste caricature di Bosch. Figure
losche escono da ville abusive e mai finite, finché, la natura, quella vera,
appare dietro un reticolato, e noi ci dirigiamo verso essa. Una parete rocciosa
colorata di ossido ferroso e con una spelonca, attira la nostra attenzione; miriamo
a essa, ma dobbiamo superare una serie di recinzioni. Seguiamo le tracce di
animali e cacciatori, e siamo in cresta, nel meraviglioso parco adombrato da
una stupenda pineta. Il nostro lato
avventuroso è stato acquetato, scorgo una pista nel bosco e la seguiamo a
oriente, lasciandoci sedurre. Passeggiamo tra i pini e le rocce, intuisco la
sinuosità del monte e scorgo alcuni pizzi. L’inciviltà ora è lontana, per
fortuna, e godiamo di un paesaggio che per millenni affascinò i navigatori
venuti da lontano. Quelli giunti da Tiro, quando videro per la prima volta la
Conca d’Oro, furono colpiti al cuore e fondarono la mia splendida città.
Vaghiamo per la nostra pesta, ora attraversiamo una fattoria, un cane poco
convinto ci abbaia, deve fare il suo lavoro, mentre corsieri e vacche oziano
nell’ora il cui il meriggio regna sovrano. Incontriamo un guarda caccia, ci dà
le giuste informazioni, e dopo avvistiamo un branco di cinghiali maialati,
davvero stupefacente l’incontro; il capo branco con un paio di grugniti da
ordini perentori, e il branco ubbidisce senza lamentarsi.
La pista ora giunge
tra due colli, Pizzo di Mezzo (852 m.) e Monte Castellaccio (890m.). Sono
attratto più dal Pizzo di Mezzo, perché completamente genuino, come la natura
l’ha modellato, ma la vetta è l’altro colle; quindi, viriamo a sinistra e
continuiamo l’ascesa.
Una lunga serie di
tornanti ci porta in cima al monte, materializzato da una cabina in cemento e
una serie di antenne e ripetitori. Alla finestrella dell’abitacolo sta di
vedetta un omino, ci scruta con il binocolo, trattasi di una guardia forestale,
abbiamo notato in precedenza il suo automezzo. Giunti a pochi metri lo stesso
omino ci accoglie con un sorriso, ricambiamo il saluto e ci spostiamo sul
margine del pizzo, dove la veduta si apre sul golfo di Palermo e quello di
Isola delle Femmine. Meraviglioso l’ambiente che sovrastiamo, peccato che
l’uomo ci abbia messo le mani. Ci concediamo una pausa per desinare, godendo di
questo meraviglioso paesaggio. La Sicilia è davvero fantastica, peccato che sia
popolata dagli umani delle ultime generazioni. Finita la pausa ci avviamo al rientro,
stavolta in discesa (grazie ai consigli della guardia forestale) seguiamo la
via naturale di accesso al parco chiamato “Demanio Billiemi-
Crocetta-Trippatore- Raffo Rosso- Zarcati.
Percorriamo una lunghissima pista, che abbiamo imboccato poco dopo il bivio
tra i due colli citati in precedenza. La via di discesa è lunghissima, per via
dei lunghi tornanti che un tempo permettevano l’ascesa al monte. Incrociamo
delle pacifiche mucche, e un solitario ciclista in mountain bike, per il resto
solo pini silvestri e un paesaggio stupendo. Dopo il lunghissimo chilometraggio
siamo di nuovo sull’asfalto percorso dai cittadini, poco più a oriente da dove
siamo saliti. Abbiamo percorso una trentina di chilometri e forse 900 di metri
in ascesa, siamo stanchi, ma dobbiamo proseguire lungo l’arteria urbana a
occidente. Durante il cammino incrociamo dei rom
intenti a rovistare nei cassonetti dell’immondizia, in cerca di materiale da
recuperare. Palermo è anche questo, una città multietnica e cosmopolita, che
concede anche a chi non la ama di operare. Con l’amaro in bocca dovuta alla
scena precedente raggiungiamo una fermata dei mezzi pubblici. Prendiamo il
primo autobus che passa e scendiamo al centro della città, e prima di
percorrere le ultime centinaia di metri che ci separano dall’abitazione ci
concediamo un gustoso e rigenerante gelato. Palermo è anche questo, gioia e
dolore, odori e sapori, vita e morte, una magica ed eterna dicotomia
millenaria.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
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