Monte Cuar e Duron da Curiedi (Tolmezzo UD).
Localizzazione: Alpi Carniche- Alpi di Tolmezzo orientali-
Gruppo dell'Arvenis
-Dorsale del Dauda
Avvicinamento: Lestans- Pinzano-Cornino-Interneppo-Cavazzo
Carnico-Tolmezzo-Valle del But- Caneva-Fusea-Località Curiedi (sosta dell’auto
lungo la strada forestale con indicazioni per Fornas- lasciare l’auto presso un
prato con piccolo stavolo- 1000 m. di quota)
Regione: Friuli-Venezia Giulia
Provincia di: UD
.
Dislivello: 400 m.
Dislivello complessivo: 470 m.
Distanza percorsa in Km: 10
Quota minima partenza: 1000 m.
Quota massima raggiunta: 1350 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore
In: coppia
Tipologia Escursione: Panoramica
Difficoltà: Turistico-Escursionistiche
Tipologia
sentiero o cammino: Carrareccia, sentiero non segnato- prati.
Ferrata-
Segnavia: CAI
Fonti d’acqua: no
Impegno fisico: basso
Preparazione tecnica: bassa
Attrezzature: no
Croce di vetta: Si sul
monte Cuar-
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: si
Cuar
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 013
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero:
Consigliati:
Data: 19 ottobre 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
L’esplorazione delle
cime minori è una delle attività escursionistiche che preferisco. Spesso le
minor elevazioni riservano tante sorprese, e a volte alcune di esse sono anche
più ostiche delle sorelle maggiori. In questo caso, la cima del Cuar, è
semplicemente l’esplorazione di un territorio che per più volte ho sfiorato e
snobbato, prediligendo quello più noto grazie alle maggiori elevazioni. Al
rientro dalla Sicilia, dopo aver effettuato una sortita sul monte Zuaf Est,
avevo voglia di morbidi crinali, quelli che ritengo più prossimi allo spirito
libero del viandante, che immagino munito di bastone e sacco. Il crinale che
conduce al monte Cuar è l’ideale, sin dalla pianura tolmezzina se ne intuisce
la sua morbida figura. Quindi armati di tanta volontà e con la voglia di
bellezza, Giovanna e io, ci inoltriamo nella catena montuosa limitrofa a Tolmezzo,
esattamente nella località di Curiedi, che in passato abbiamo più di una volta
esplorato. Le luci del mattino accompagnano la nostra gita, dopo avere onorato
la mole dell’Amariana, transitiamo per la bucolica località di Fusea, tra i
prati periferici avvistiamo un branco di caprioli intenti a gironzolare. La
montagna ci ha dato il suo delicato benvenuto, sicuramente oggi sarà una
splendida escursione. Raggiunta la località di Curiedi seguiamo la stradina di
campagna sino a un bivio con le indicazioni per casera Fornas. Proseguiamo per
la strada forestale fermandoci prima di un bivio (lavori in corso) dove
lasciamo l’auto (precisamente poco dopo il tornante di casera Ribules). Ci approntiamo
velocemente, la temperatura è frizzantina, e iniziamo il cammino con il primo
passo. Poco dopo scorgiamo i boscaioli con i loro mastodontici automezzi
intenti a liberare il bosco dagli schianti, superati quest’ultimi iniziamo la
vera nostra avventura in un mondo fantastico. Dalla strada forestale adornata
di conifere possiamo librare lo sguardo all’orizzonte dove notiamo l’elevazione
del monte Vas che sovrasta la località di Pesmulet, esso rimembra il ricordo di
un lontano pomeriggio autunnale di alcuni anni fa. I colori autunnali si fanno rilevare
per la loro saturazione, i pendii inerbiti color oro ottengono la nostra
attenzione. Seguiamo la via sino a un bivio, una bici di altri tempi è posta
come indicazione, siamo a pochi metri dai prati di Sella Duron. La stradina di
campagna ci conduce a un tabernacolo, e da esso scorgiamo il fantastico
paesaggio che domina tutta la magnifica conca tolmezzina. Il latrare nevrotico dei
cani attira la nostra attenzione, a poche decine di metri è sita una
caratteristica fattoria, capre e pecore sono in attesa che gli venga aperto l’ovile
per andare sui pendii a brucare erba. Esploriamo la località, sino a quasi la cresta
de monte Diverdalce, anch’esso ho conosciuto ed esplorato dal versante
meridionale. Ritornati sui nostri passi, iniziamo l’ascesa del monte Duron, le
tracce sono labili, molto intuitive, zizzaghiamo per il ripido pendio per
diminuire la pendenza del tratto e sorretti dalla felicità che ti dona la bellezza
del luogo. Raggiunta la cresta siamo in vetta (q.1236 m.), dove non troviamo nessun
segno, e mentre con dei sassi sto improvvisando un ometto, Giovanna nota un
segno di passaggio. A un minuscolo arbusto è legato uno oggetto, una catenella
con un ciuccio. Voglio pensare positivo e sperare che la mamma e il bimbo sono
in ottima salute, sperando che questa cima sia stata un luogo d’amore, dove gli
amanti (i genitori del bimbo) abbiano vissuto una splendida storia d’amore e da
essa sia nata una meravigliosa creatura. Allo stesso ramoscello alleghiamo il
nostro barattolino di plastica con il segno del nostro passaggio. Dalla cima
del Duron il paesaggio circostante è meraviglioso, questo grazie alla quasi
totale assenza di alberi che ne ostacolerebbero la visione. Il cielo è velato,
e questo attenua i colori, ovattando di poesia le lontane catene montuose. Proseguiamo
la nostra avventura, stavolta perdiamo quota sino a raggiungere la sella che
collega il monte Duron al Cuar. Lo scenario che ammiriamo è fantastico, da
cinema, e in esso ci perdiamo, camminando con un passo lento, quasi ovattato,
lungo la prateria che richiama ricordi fantastici. I prati hanno la morbidezza dei tappeti di moquette,
e per quanto sono irreali paiono finti. Le immagini che sogno io sono simili a
quelli che immagina la mia compagna. Immagino un viandante che esplora la vita
portando con sé l’autentico vessillo della libertà. Scaliamo la china finché
tra i bassi arbusti scorgiamo una traccia, poco marcata ma presente, la seguiamo,
essa ci conduce alla vetta del Cuar.
Il pendio è
ripidissimo, e gli ultimi metri sono all’interno di un boschetto di faggi che
per via della stagione si tingono di rosso. Percorriamo l’adombrata cresta, finché sbuca
dalle ombre un ometto sormontato da una croce in metallo con annesso contenitore
porta libro di vetta (q. 1350 m.). Stavolta facciamo la dovuta pausa, ci
liberiamo degli zaini e ci adagiamo sui massi che reggono la croce adoperandoli
come sedili. Si pranza! Recuperiamo le energie, purtroppo la visione panoramica
è quasi del tutto occultata dalle fronde della vegetazione, solo a nord est si
apre verso il canale di San Pietro scavato dal torrente But. Tra le elevazioni
scorgo il Tersadia e in lontananza la dorsale del Monte Paularo, ma niente di
più. Inizia a fare freddino, ci copriamo e iniziamo la via del ritorno, ma con
un fuori sentiero. Scendiamo con passaggi arditi dai ripidissimi pendii della
località Grignep, esattamente sul versante sud-est. In questo modo raggiungiamo
in breve tempo la strada forestale, che a ritroso ci porta al punto di
partenza. L’indomani ci aspetta un viaggio in Emilia-Romagna, conserveremo gelosamente
nei nostri cuori le immagini di questa prima uscita autunnale. Un viaggio
onirico nella fantastica località montana della Carnia.
Il forestiero Nomade.
Malfa.
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