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giovedì 28 ottobre 2021

Monte Cuar e Duron da Curiedi (Tolmezzo UD).

Monte Cuar e Duron da Curiedi (Tolmezzo UD).

 

 

Localizzazione: Alpi Carniche- Alpi di Tolmezzo orientali- Gruppo dell'Arvenis

-Dorsale del Dauda

 

 

Avvicinamento: Lestans- Pinzano-Cornino-Interneppo-Cavazzo Carnico-Tolmezzo-Valle del But- Caneva-Fusea-Località Curiedi (sosta dell’auto lungo la strada forestale con indicazioni per Fornas- lasciare l’auto presso un prato con piccolo stavolo- 1000 m. di quota)

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

 

Provincia di: UD

.

Dislivello: 400 m.

 

Dislivello complessivo: 470 m.


Distanza percorsa in Km: 10


Quota minima partenza: 1000 m.

 

Quota massima raggiunta: 1350 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: Panoramica

 

Difficoltà: Turistico-Escursionistiche

 

Tipologia sentiero o cammino: Carrareccia, sentiero non segnato- prati.

 

 

Ferrata-

 

Segnavia: CAI

 

Fonti d’acqua: no

 

Impegno fisico: basso

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: Si sul monte Cuar-

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: si Cuar

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)          Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 013
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)          Periodo consigliato:  

3)           

4)          Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:


Consigliati:

 

Data: 19 ottobre 2021

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

L’esplorazione delle cime minori è una delle attività escursionistiche che preferisco. Spesso le minor elevazioni riservano tante sorprese, e a volte alcune di esse sono anche più ostiche delle sorelle maggiori. In questo caso, la cima del Cuar, è semplicemente l’esplorazione di un territorio che per più volte ho sfiorato e snobbato, prediligendo quello più noto grazie alle maggiori elevazioni. Al rientro dalla Sicilia, dopo aver effettuato una sortita sul monte Zuaf Est, avevo voglia di morbidi crinali, quelli che ritengo più prossimi allo spirito libero del viandante, che immagino munito di bastone e sacco. Il crinale che conduce al monte Cuar è l’ideale, sin dalla pianura tolmezzina se ne intuisce la sua morbida figura. Quindi armati di tanta volontà e con la voglia di bellezza, Giovanna e io, ci inoltriamo nella catena montuosa limitrofa a Tolmezzo, esattamente nella località di Curiedi, che in passato abbiamo più di una volta esplorato. Le luci del mattino accompagnano la nostra gita, dopo avere onorato la mole dell’Amariana, transitiamo per la bucolica località di Fusea, tra i prati periferici avvistiamo un branco di caprioli intenti a gironzolare. La montagna ci ha dato il suo delicato benvenuto, sicuramente oggi sarà una splendida escursione. Raggiunta la località di Curiedi seguiamo la stradina di campagna sino a un bivio con le indicazioni per casera Fornas. Proseguiamo per la strada forestale fermandoci prima di un bivio (lavori in corso) dove lasciamo l’auto (precisamente poco dopo il tornante di casera Ribules). Ci approntiamo velocemente, la temperatura è frizzantina, e iniziamo il cammino con il primo passo. Poco dopo scorgiamo i boscaioli con i loro mastodontici automezzi intenti a liberare il bosco dagli schianti, superati quest’ultimi iniziamo la vera nostra avventura in un mondo fantastico. Dalla strada forestale adornata di conifere possiamo librare lo sguardo all’orizzonte dove notiamo l’elevazione del monte Vas che sovrasta la località di Pesmulet, esso rimembra il ricordo di un lontano pomeriggio autunnale di alcuni anni fa. I colori autunnali si fanno rilevare per la loro saturazione, i pendii inerbiti color oro ottengono la nostra attenzione. Seguiamo la via sino a un bivio, una bici di altri tempi è posta come indicazione, siamo a pochi metri dai prati di Sella Duron. La stradina di campagna ci conduce a un tabernacolo, e da esso scorgiamo il fantastico paesaggio che domina tutta la magnifica conca tolmezzina. Il latrare nevrotico dei cani attira la nostra attenzione, a poche decine di metri è sita una caratteristica fattoria, capre e pecore sono in attesa che gli venga aperto l’ovile per andare sui pendii a brucare erba. Esploriamo la località, sino a quasi la cresta de monte Diverdalce, anch’esso ho conosciuto ed esplorato dal versante meridionale. Ritornati sui nostri passi, iniziamo l’ascesa del monte Duron, le tracce sono labili, molto intuitive, zizzaghiamo per il ripido pendio per diminuire la pendenza del tratto e sorretti dalla felicità che ti dona la bellezza del luogo. Raggiunta la cresta siamo in vetta (q.1236 m.), dove non troviamo nessun segno, e mentre con dei sassi sto improvvisando un ometto, Giovanna nota un segno di passaggio. A un minuscolo arbusto è legato uno oggetto, una catenella con un ciuccio. Voglio pensare positivo e sperare che la mamma e il bimbo sono in ottima salute, sperando che questa cima sia stata un luogo d’amore, dove gli amanti (i genitori del bimbo) abbiano vissuto una splendida storia d’amore e da essa sia nata una meravigliosa creatura. Allo stesso ramoscello alleghiamo il nostro barattolino di plastica con il segno del nostro passaggio. Dalla cima del Duron il paesaggio circostante è meraviglioso, questo grazie alla quasi totale assenza di alberi che ne ostacolerebbero la visione. Il cielo è velato, e questo attenua i colori, ovattando di poesia le lontane catene montuose. Proseguiamo la nostra avventura, stavolta perdiamo quota sino a raggiungere la sella che collega il monte Duron al Cuar. Lo scenario che ammiriamo è fantastico, da cinema, e in esso ci perdiamo, camminando con un passo lento, quasi ovattato, lungo la prateria che richiama ricordi fantastici.  I prati hanno la morbidezza dei tappeti di moquette, e per quanto sono irreali paiono finti. Le immagini che sogno io sono simili a quelli che immagina la mia compagna. Immagino un viandante che esplora la vita portando con sé l’autentico vessillo della libertà. Scaliamo la china finché tra i bassi arbusti scorgiamo una traccia, poco marcata ma presente, la seguiamo, essa ci conduce alla vetta del Cuar.

Il pendio è ripidissimo, e gli ultimi metri sono all’interno di un boschetto di faggi che per via della stagione si tingono di rosso.  Percorriamo l’adombrata cresta, finché sbuca dalle ombre un ometto sormontato da una croce in metallo con annesso contenitore porta libro di vetta (q. 1350 m.). Stavolta facciamo la dovuta pausa, ci liberiamo degli zaini e ci adagiamo sui massi che reggono la croce adoperandoli come sedili. Si pranza! Recuperiamo le energie, purtroppo la visione panoramica è quasi del tutto occultata dalle fronde della vegetazione, solo a nord est si apre verso il canale di San Pietro scavato dal torrente But. Tra le elevazioni scorgo il Tersadia e in lontananza la dorsale del Monte Paularo, ma niente di più. Inizia a fare freddino, ci copriamo e iniziamo la via del ritorno, ma con un fuori sentiero. Scendiamo con passaggi arditi dai ripidissimi pendii della località Grignep, esattamente sul versante sud-est. In questo modo raggiungiamo in breve tempo la strada forestale, che a ritroso ci porta al punto di partenza. L’indomani ci aspetta un viaggio in Emilia-Romagna, conserveremo gelosamente nei nostri cuori le immagini di questa prima uscita autunnale. Un viaggio onirico nella fantastica località montana della Carnia.

Il forestiero Nomade.

Malfa.











































































 

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