Anello dei monti Morgenlait-Festons-Orberkofel- Rioda da Sauris
di Sopra.
Localizzazione: Alpi Carniche- Monti di Sauris -Dorsale
Rioda-Novarza.
Avvicinamento: Lestans- Pinzano- Cornino. Villa Santina-Enemonzo-
Socchieve -Ampezzo -risalire la valle del Lumiei in direzione di Sauris. Dopo
le gallerie costeggiare seguire le indicazioni sino a Sauris di Sopra-
Raggiunto il borgo trovare parcheggio sulla sinistra della strada che continua
fino a Casera di Razzo. Dal Parcheggio mirare a nord, rendere una carrareccia
che sale in direzione di Casera Festons.
Regione: Friuli-Venezia Giulia.
Provincia di: UD
.
Dislivello: 624 m.
Dislivello complessivo: 850 m.
Distanza percorsa in Km: 11,5
Quota minima partenza: 1422 m.
Quota massima raggiunta: 2046 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 6 ore
In: coppia
Tipologia Escursione: panoramica naturalistica
Difficoltà: Escursionistiche
Tipologia sentiero
o cammino: Carrareccia- sentiero di cresta- sentiero CAI
Ferrata-
Segnavia: CAI 204-206
Fonti d’acqua: no
Impegno fisico: medio
Preparazione tecnica: bassa
Attrezzature: no
Croce di vetta: si, esclusivamente sul monte Morgenlait
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: si,
esclusivamente sul monte Morgenlait
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 01
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: domenica 24
ottobre 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Il sole e il cielo
azzurro sono due elementi naturali che da sempre mi donano felicità, sarà
perché sono nato in un’isola dove una volta questi due fattori erano le
caratteristiche principali. Ogni talvolta che i due elementi dopo si
prospettano assieme mi viene voglia di andare in montagna, ovunque io mi trovi
e in qualsiasi parte del pianeta. Cosa posso abbinare al sole e al cielo
azzurro, il terzo elemento. La terra! Precisamente le creste delle montagne che
da nord a sud o da est a ovest dividono il territorio, creando valli, comunità,
nazioni, e paradossalmente esse sono delle cerniere che se le vedi con lo
spirito giusto, uniscono i popoli e le nazioni. Ho sempre adorato cavalcare le
creste e l’ho sempre scritto. Il mio spirito da funambolo reclama questo filo
invisibile che unisce due opposti in una splendida dicotomia. Sono un uomo del
sud che ama il profondo nord, sono un discendente dei normanni che scoprirono
nel sud il paradiso in terra. Sono un uomo di mare a cui piace scoprire sé
stesso sul tetto del mondo. Vivo perennemente nella contradizione, sinonimo della
vita e della sua continua evoluzione. Per questa uscita ho scelto, anzi, abbiamo
scelto, Giovanna e io, un tratto della lunga dorsale che divide la valle di
Sauris dalla Val Pesarina. Questa dorsale la si può percorrere per intero in un
solo giorno, ma sarebbe come laurearsi in un solo anno accademico, o si è geni
o non si è capito nulla. A noi piace viverla, questa chilometrica cresta, metro
dopo metro, passo dopo passo, filo d’erba dopo filo d’erba, dedicando alle sue
elevazioni il dovuto lasso di tempo. Per questa uscita abbiamo scelto il
versante solare, quello che da Sauris di Sopra porta dopo poche centinaia di
metri di dislivello alla lunga linea da sogno. Partiamo da casa convinti che
sarà una bella avventura e durante l’avvicinamento ci godiamo le innumerevoli
signore di roccia di cui la Carnia è prospera. Giunti presso Ampezzo, risaliamo
la stradina ardita che conduce a Sauris, e dopo le lunghe gallerie nel cuore
della montagna arriviamo nella paradisiaca valle. Seguiamo le indicazioni sino
a Sauris di Sopra, lasciando l’automezzo presso uno spiazzo adiacente la
strada, posto nella periferia occidentale. La borgata brulica di escursionisti,
molti vagano per la strada, altri ne giungono mentre ci prepariamo. La bellezza
del luogo è un richiamo costante a cui non si può resistere. Una volta pronti,
tiro fuori dalla sacca la mappa, e ci avviamo per l’avventura. Dirimpetto al
parcheggio sale una strada accidentata, che dopo pochi metri porta a una
stradina asfaltata che cinge a nord il borgo. La percorriamo da ovest a est,
sino a raggiungere un divieto di transito che segna l’inizio del nostro sentiero.
La stradina forestale con una lunga serie di ripidi tornanti risale il pendio
boschivo a nord di Sauris di sopra, le conifere sono rivestite dai brillanti
colori autunnali, di cui io prediligo il dorato dei larici. Non siamo soli
nell’ascesa, è un continuo saliscendi di escursionisti, e altri ancora
utilizzano le automobili, ognuno a modo suo ascende. Dopo circa 400 metri di dislivello
e un paio di chilometri, la strada non più asfaltata si muta in ampia
mulattiera carrozzabile che conduce ai dorati crinali della cresta. Il percorso
diminuisce di pendenza, avvistiamo la prima nostra meta, ossia
monte Morgenlait sovrastato da una manifesta croce. Dal monte notiamo il
continuo saliscendi di escursionisti, noi ci avviamo alla forcella che divide
questa elevazione da quella a occidente chiamata monte Festons. In forcella
mentre iniziamo il cammino, passiamo accanto a un gruppetto, tre giovani
friulani comunicano con un tizio, quest’ultimo è il proprietario di un camper
posto a pochi metri di distanza, lo stesso commenta, riesco a catturare una sua
frase: <<La vita è breve, e per quanto sia possibile me la godo fino
all’ultimo!>> Come dargli torto, in una semplice frase l’omino, come se
fosse un guru, ha reso edotti i giovanotti su cosa conti veramente in questa
esistenza. Noi, Giovanna e io, continuiamo l’ascesa, che malgrado sia ripida è
resa meno faticosa da una sapiente traccia, che con una serie di tornanti
conduce al vertice del monte Morgenlait. Dopo pochi minuti, siamo in vetta, ci
accoglie una croce in legno con porta libro di vetta in metallo con annessa campanella
(q. 1975 m.). Naturalmente non siamo soli, ma la panoramica è strabiliante. Da
codesto pulpito panoramico possiamo spaziare a 360 gradi su tutte le catene montuose
del Friuli e del Veneto. Spettacolo allo stato puro: ammiriamo dalle vicine
Alpi carniche della Val Pesarina, alle dolomiti venete e friulane, tra cui
spiccano in un angolo le tre cime di Lavaredo. Spettacolo bello e commovente
per la rarità scenica. Per la gioia provata potremmo anche chiudere con questa cima
l’escursione, ma abbiamo energia e siamo elettrizzati, quindi, fatte le dovute
foto e congedatoci dai presenti, continuiamo l’escursione con lo scendere dal
monte e guadagnare la forcella precedente. Dalla forcella volgiamo lo sguardo alla
bella malga Casera Festons e quello che rimane dei quasi disseccati laghetti.
Una mucca riflessa in uno laghetto attrae le nostre macchine fotografiche, e
tutto si sublima come un sogno. Iniziamo l’ascesa del monte adiacente, cercando
sulla dorsale erbosa tracce di passaggio, dopo pochi metri transitiamo su un’altura
dorata, e in essa ci perdiamo, come se nuotassimo in un mare di giallo che
ricorda la pittura di Van Gogh. Non ci sono tracce, a occhio raggiungiamo il
punto più alto del monte Festons, un montarozzo quotato 1934 m. Dalla vetta
scendiamo rapidamente di quota, e spesso nel camminare ci perdiamo nelle
visioni panoramiche, dai precedenti citati monti alle moli del Bivera, Tiarfin,
Terza Grande, Brentoni e altre mitiche montagne. Scaliamo il monte Oberkofel per il ripidissimo
e faticoso pendio, rilievo dopo rilievo, sino alla quota più alta che segna 2234
m. Anche su quest’ultima cima la vetta non è identificata. Poco più avanti scorgiamo un rilievo più alto,
lo raggiungeremo in seguito. Decidiamo di effettuare la pausa pranzo, quindi,
ci adagiamo sul soffice tappeto della cresta e una volta comodi desiniamo. Il
meteo è splendido, da tempo bramavamo una giornata così speciale. Dopo la pausa
pranzo ci piacerebbe concederci un bel riposino e goderci questo sol leone, ma
dobbiamo continuare l’escursione. Sfortunatamente non siamo più in estate e
quindi farà buio presto. Presso la sella che divide il monte Oberkofel dal monte
Rioda stazionano delle mucche, placide e sornione ruminano, lasciandosi anche
loro catturare da questo autunno dal sapore estivo. Transito placidamente in
mezzo alle cornute e inizio l’ultima ascesa odierna. La mia compagna mi segue a
distanza, e il distacco tra noi evidenzia la maestosità e la profondità del
paesaggio. Nel pulpito più alto scorgo un paletto in metallo che si regge su un
mucchio di sassi, è la vetta del monte non segnato sulla mappa chiamato monte
Rioda (quota 2046 m). Isso il vessillo degli spiriti liberi sull’improvvisato
pennone, mentre Giovanna compila i fogli che racchiudiamo dentro un vasetto di
vetro messo a disposizione dei viandanti. Ora non ci resta che scendere dalla
quota più alta odierna e raggiungere la forcella posta a metà tra noi e il
monte Palone, quest’ultimo lo visiteremo in una futura escursione. Dalla selletta
seguiamo a ritroso rispetto alla direzione precedente il sentiero CAI numerato
206, che tagliando i versanti dei monti fin qui conquistati, ci riporta sulla
carrareccia ascesa in mattinata. Il traverso è lungo ma scorrevole, e in poco
tempo raggiungiamo la strada forestale. È triste lasciare questa meravigliosa
dorsale, avremmo voluto proseguirla senza mai fermarci, ma il tempo è avaro, e
gli altri propositi esplorativi li realizzeremo in futuro. Ci sistemiamo gli
zaini, ultima breve pausa e riprendiamo a ritroso il cammino verso l’auto che
ci aspetta a Sauris di Sopra. È stata una meravigliosa gita in una delle
dorsali più belle del Friuli. Abbiamo sognato a occhi aperti e di ciò siamo
grati al meraviglioso cielo azzurro e al re sole. Il Forestiero Nomade.
Malfa