Monte
Pala da Anduins
Note
tecniche.
Localizzazione: Prealpi Carniche
Avvicinamento: Lestans- Valeriano-Pinzano-
Casiacco- Anduins- Dal centro del paesello seguire le indicazioni per la chiesa
di Santa Margherita (m 381, comodo parcheggio).
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
.
Dislivello:
850 m.
Dislivello complessivo: 850 m.
Distanza percorsa in Km:
Quota minima partenza: 381m.
Quota
massima raggiunta: 1231 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste:
In:
solitaria
Tipologia
Escursione: Storico- Paesaggistica
Difficoltà:
escursionistiche (per turisti prima parte) discesa dal monte Pala per esperti
folli.
Ferrata- valutazione
difficoltà:
Segnavia:
CAI
Fonti
d’acqua: no
Impegno
fisico: alto
Preparazione
tecnica: media
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: no
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Fonti d’acqua: si
Consigliati:
Data: giovedì 17
dicembre 2020
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Il Monte Pala, rilievo
ben visibile dalla pianura friulana, è stata una delle prime montagne che ho scalato,
esattamente più di tre lustri fa, con partenza dall’alto piano di Pradis di
Sopra. Ricordo che allora fu una
semplice gita, Magritte era un cucciolo di pochi mesi, sicuramente la sua prima
uscita ufficiale. Dopo tanto tempo, ho deciso di ritornare, sempre con il fido,
ma cambiando località di partenza. Magritte è un autentico veterano della
montagna. Non fa più le uscite impegnative di una volta, per ogni escursione
impiega più di una settimana a riprendersi, e claudica anche vistosamente.
Malgrado tutto, il suo spirito è indomito, non molla mai. Confesso, che andare
senza di lui in montagna, per il sottoscritto è dura. Siamo un connubio
vincente, insieme abbiamo conquistato più di 250 montagne. Tante volte ci siamo
sollazzati presso una croce di vetta o un ometto, io con le mie riflessioni, e
lui con le sue.
Chissà cosa pensa un
cane quando dalla vetta di una montagna scorge l’infinito, a questa domanda non
avrò mai risposta. Per questa escursione sul monte Pala, giungiamo ad Anduins
alle prime ore del mattino, seguendo la segnaletica, raggiungo il piazzale della chiesa del paese sito alla sommità
del Borgo di Sopra. Lascio l’auto
nell’apposito spiazzo e una volta pronto, con zaino e Magritte al seguito, parto.
Una gradinata in cemento porta
all’inizio della mulattiera acciottolata (cartello “Strada di Mont”) che sale
alla chiesetta della Madonna della Neve sulla Mont di Anduins. Pochi metri
dopo, visito l’esterno di uno stavolo, presso un terrazzamento scorgo un modesto
presepe ma spiritualmente profondo. Sotto una palma nana, è adagiata una
bambolina e due animali di peluche, davvero commovente il messaggio.
Proseguo per l’escursione, seguendo la bella mulattiera,
molto ampia, che pare scavata nella roccia, con dolcezza risale il versante
sud-occidentale. Il passo iniziale è lieve, ad ogni tornante lo sguardo vola
oltre e nell’azzurro, come se volessi librarmi in volo. Con l’aumentare della quota
in proporzione crescono anche le emozioni. La mulattiera è ben costruita,
lastricata con perizia da mani sapienti da chi un tempo operava in questo territorio. Il muschio smeraldino ben disposto sulla
roccia e le brune foglie secche aggiungono tono a questo dolce vagare. Vorrei
liberare un grido di esultanza, sono assai gioioso, camminare liberamente mi fa
stare bene e ora sono l’uomo più felice dell’universo.
La visuale si apre sulla meta, il monte Pala, ricoperto
da neve solo in cima, ma sicuramente la vegetazione ne nasconde altra. Raggiunto
un bivio, scelgo di continuare a destra, (indicazioni)per la chiesetta della
Madonna della Neve.
La mulattiera si fa più ripida, dopo una serie
di tornanti il sentiero viene protetto da due file di sassi. Raggiunta una
tabella con indicazioni proseguo a destra per la chiesetta, e dopo pochi metri
mi ritrovo nel piccolo colle che ospita l’edificio sacro della Madonna delle Nevi.
L’interno della pieve è visitabile, provvisto anche di un libro dove apportare
le firme. Il panorama è superbo, luminoso e dona un’intensa carica spirituale.
Proseguo per la cresta seguendo i radi segni e le indicazioni di un cartello (Troi
dai Asins - La mari dal Friul). È un sentiero di recente realizzazione,
dedicato agli emigranti friulani, e segnato con i colori giallo-blu, esso mi invita
a proseguire per il crinale. Il percorso è sempre delimitato da sassi, ma meno spazioso
di quello precedente. Con una serie di su e giù, cavalco la selvaggia cresta,
prima passando accanto a una straordinaria e caratteristica fornace (utilizzata per la preparazione della
calce e servita sicuramente alla costruzione della chiesetta). Sempre dalla medesima cresta, raggiungo lo spettacolare pulpito panoramico di
“Somp Čuc”
da dove è
possibile godere di un’eccezionale vista sull’abitato di Anduins e la bassa valle
dell’Arzino. Con un’ottima visibilità riesco a vedere anche l’intera pianura friulana e il
mare. Un mosaico “La Mari dal Friul” (dedicato alla donna
friulana: pregevole opera musiva della Scuola Mosaicisti del Friuli di
Spilimbergo), fa bella mostra di sé, mentre pochi metri
più in basso, da un pennone, sventola una radiosa bandiera rossa con l’aquila
simbolo del Friuli; insomma “tanta roba”, come cita spesso l’amico Gino. Dal pulpito panoramico “Somp Čuc”, lascio la cresta, mi calo a nord, per il ripido versante,
seguendo le rare tracce, così raggiungo un prato imbiancato di neve, e da
quest’ultimo, taglio nella boscaglia, sino a una carrareccia parzialmente inerbita che conduce
alle case di “Fagel”. Bella la visione bucolica del
borgo: antichi stavoli, abitati, che velano la magia, gatti intenti a cercare
cibo negli avanzi della pattumiera, oggetti d’uso comune e no, messi in mostra
come in un museo all’aperto. Mi perdo a fare foto ai mille particolari, da
quelli architettonici a quelli Kitsch. Creatività improvvisata da chi vive in questo avvallamento
fuori dal mondo. Proseguo per la carrareccia, congiungendomi a una stradina
asfaltata, che passa tra una fila di case (Stavoli Zualt) e giunge a un bivio.
Proseguo a sinistra, inforcando la successiva diramazione a destra, che conduce
alla Forca, passando poco sotto il colle di San Martino. La neve si fa
consistente, e poco prima del passo copre tutto. Dalla forcella abbandono la
carrareccia e inizio a cavalcare la cresta orientale del Monte Pala. La neve è consistente
e nessuno è passato di recente. Cammino a fil di cresta, assieme al mio eroico
amico, che silente e stoicamente mi segue senza batter ciglio. Una recinzione con
rete metallica delimita il confine tra i due versanti, a volte passo da uno all’altro,
senza una regola precisa, solo per comodità del momento, e tutto questo
sfruttando le falle nella rete.
L’ascesa è davvero faticosissima, in alcuni
tratti affondo anche di mezzo metro, e la cresta sommitale sembra irrangiungibile.
È tanta la fatica a cui siamo sottoposti, il mio compagno saltella tra una buca
e l’altra lasciata dall’impronta dei miei scarponi, l’impresa si rivela più
impegnativa di quanto avevo previsto, ma noi non molliamo. A volte pare che le fatiche volgano al
termine, ma poi mi ritrovo a ridosso di un impervio baratro, ripassando spesso
da un versante all’altro. Finalmente sul lato nord ho trovato qualcosa che
somiglia a una carrareccia, infatti mi trovo a pochi metri dalla prima cima - la
vetta nord, ovvero un cumulo di neve e basta. Continuiamo (impavidi) per la
carrareccia alla ricerca della cima Sud. Purtroppo, la profondità del manto
nevoso rende problematica la progressione, ma ormai il più è fatto. Infatti, la
carrareccia esce allo scoperto su una strada di servizio, e cosa trovo? Abeti,
antenne e cabine elettriche. Ecco cosa scopre il viandante alla cima sud. Elevazione
poco affascinante, e noi, io e il fido, siamo pure stanchi. Do un’occhiata
all’ora, si è fatto tardi, abbiamo solo altre due ore di luce, e ritornare
indietro per lo stesso sentiero dell’andata è una folle idea. Che faccio?
Andare per la strada di servizio significa passare sopra la frazione di Clauzetto,
mirare al piano sopra Anduins, e tramite una serie di stradine e sentieri
raggiungere il punto di partenza. Tanto chilometrico l’itinerario e arriveremmo
con un buio pesto. Penso e ripenso, e opto per una terza ipotesi, ardua e
avventurosa. Presso un tornante, poco dopo la casera Polpazza, decido, mirando
a sud -est. di scendere all’interno del bosco, sperando di trovare un minimo di
traccia, e successivamente di raggiungere il piano in basso; in sintesi, 600
metri di dislivello e di imprevisti. Il dado è tratto, e una volta passato il
Rubicone, e dopo aver citato per ben due volte Giulio Cesare, parto. I primi
metri nella macchia sono facili, la neve sul versante sud latita. Mi muovo agevolmente
nella fitta boscaglia di aghiformi, a parte le ramaglie non incontro salti. Ma
dopo una certa quota (in linea d’aria scoprirò poi a casa di aver seguito, e a
mia insaputa, la Costa de la Calzine) mi ritrovo a ridosso di enormi e profonde
doline, molto difficili da superare, e con un alto rischio di cadere dentro
qualche male auspicato inghiottitoio. Continuo imperterrito, ma di sentieri
nessuna traccia, nemmeno quelli battuti dai camosci. Sono molteplici le doline
da superare, con coraggio e trepidazione vinco le difficoltà. Dopo essermi
abbassato di 400 metri di quota, i pericoli sembrano meno insidiosi, ma non
vedo ancora la via d’uscita, mantengo una direzione e senza ricorrere ad
artifizi, solo affidandomi al mio senso di orientamento. Adesso sono tanti i
salti da superare, in equilibrio costante e cercando i varchi meno esposti.
Passaggi anche di primo e secondo grado, con le mani continuamente protese sui
rami più comodi da adoperate come corde, finché tra le fronde scorgo qualcosa
che sa di miracoloso, un prato. Dall’alto avverto rumori familiari, come il
suono di motoseghe. Continuo a scendere nella boscaglia, stavolta la
vegetazione si dirama, mi trovo dentro un canalone, ampio e comodo, e successivamente
a ridosso dei prati, e…
Finalmente sono fuori, su un terreno pianeggiante,
e poco davanti a noi scorgo una stradina di campagna. Fatta!! Wow! Che
felicità, autostima a gogò, incontenibile gioia, mi abbraccio e bacio Magritte;
già, il mio compagno di viaggio. Magritte, silente e coraggioso, mi ha seguito
intrepidamente. Ora siamo fuori dai pericoli, camminiamo su una strada pianeggiante
e rettilinea, mentre alle nostre spalle il sole ha voglia di lasciare questo
cielo. Cammino, ma la felicità non scema, la gioia è doppia, sia per la meta
raggiunta che per l’impresa, io e Magritte siamo davvero una coppia che ha
pochi pari. Seguendo la rotabile raggiungiamo la stradina asfaltata che a nord
ci conduce a quella percorsa in precedenza verso Colle San Martino, ma dando
uno sguardo alla mappa, noto un sentiero che taglia il versante, portando in
breve alla mulattiera “Strada di Mont”, infatti poco dopo a destra, avvisto i cartelli
e il bivio. Fatta anche questa! Finalmente, possiamo concederci la pausa pranzo
che si è protratta sino all’ora della merenda. Dopo la brevissima pausa, riprendiamo
subito il cammino, il sentiero che percorriamo, è un remoto troi che si abbassa
di alcuni metri sino al greto di un torrente, per poi risalire e passare
accanto a una serie di stavoli, e successivamente sbucare sul sentiero percorso
in mattinata. Raggiunta la bella mulattiera, non ci rimane che scendere sino alla
periferia nord di Anduins. Una volta raggiunta l’auto, il sole tinge di rosso
la notte, creando uno stupendo controluce con la sagoma del campanile. Missione
compiuta, è stata davvero una bella avventura, sicuramente e almeno per una
settimana, basta con le escursioni ardite. Io e Magritte ci godremo le comodità
ludiche della vita, una cuccia, i cuscini, e la tv gustata dai comodi divani di
casa.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
Nessun commento:
Posta un commento