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mercoledì 3 febbraio 2021

Monte Pala da Anduins

Monte Pala da Anduins

 

Note tecniche. 

 

Localizzazione: Prealpi Carniche

 

Avvicinamento: Lestans- Valeriano-Pinzano- Casiacco- Anduins- Dal centro del paesello seguire le indicazioni per la chiesa di Santa Margherita (m 381, comodo parcheggio).

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

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Dislivello: 850 m.


Dislivello complessivo: 850 m.


Distanza percorsa in Km:


Quota minima partenza: 381m.

 

Quota massima raggiunta: 1231 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste:

In: solitaria

 

Tipologia Escursione: Storico- Paesaggistica

 

Difficoltà: escursionistiche (per turisti prima parte) discesa dal monte Pala per esperti folli.

 

Ferrata- valutazione difficoltà:

 

Segnavia: CAI

 

Fonti d’acqua: no

 

Impegno fisico: alto

Preparazione tecnica: media

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: no

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato: tutto l’anno

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:

 

Fonti d’acqua: si

Consigliati:

Data: giovedì 17 dicembre 2020

Il “Forestiero Nomade”

Malfa

Il Monte Pala, rilievo ben visibile dalla pianura friulana, è stata una delle prime montagne che ho scalato, esattamente più di tre lustri fa, con partenza dall’alto piano di Pradis di Sopra.   Ricordo che allora fu una semplice gita, Magritte era un cucciolo di pochi mesi, sicuramente la sua prima uscita ufficiale. Dopo tanto tempo, ho deciso di ritornare, sempre con il fido, ma cambiando località di partenza. Magritte è un autentico veterano della montagna. Non fa più le uscite impegnative di una volta, per ogni escursione impiega più di una settimana a riprendersi, e claudica anche vistosamente. Malgrado tutto, il suo spirito è indomito, non molla mai. Confesso, che andare senza di lui in montagna, per il sottoscritto è dura. Siamo un connubio vincente, insieme abbiamo conquistato più di 250 montagne. Tante volte ci siamo sollazzati presso una croce di vetta o un ometto, io con le mie riflessioni, e lui con le sue.

Chissà cosa pensa un cane quando dalla vetta di una montagna scorge l’infinito, a questa domanda non avrò mai risposta. Per questa escursione sul monte Pala, giungiamo ad Anduins alle prime ore del mattino, seguendo la segnaletica, raggiungo il piazzale della chiesa del paese sito alla sommità del Borgo di Sopra.  Lascio l’auto nell’apposito spiazzo e una volta pronto, con zaino e Magritte al seguito, parto.  Una gradinata in cemento porta all’inizio della mulattiera acciottolata (cartello “Strada di Mont”) che sale alla chiesetta della Madonna della Neve sulla Mont di Anduins. Pochi metri dopo, visito l’esterno di uno stavolo, presso un terrazzamento scorgo un modesto presepe ma spiritualmente profondo. Sotto una palma nana, è adagiata una bambolina e due animali di peluche, davvero commovente il messaggio.

Proseguo per l’escursione, seguendo la bella mulattiera, molto ampia, che pare scavata nella roccia, con dolcezza risale il versante sud-occidentale. Il passo iniziale è lieve, ad ogni tornante lo sguardo vola oltre e nell’azzurro, come se volessi librarmi in volo. Con l’aumentare della quota in proporzione crescono anche le emozioni. La mulattiera è ben costruita, lastricata con perizia da mani sapienti da chi un tempo operava in questo territorio.  Il muschio smeraldino ben disposto sulla roccia e le brune foglie secche aggiungono tono a questo dolce vagare. Vorrei liberare un grido di esultanza, sono assai gioioso, camminare liberamente mi fa stare bene e ora sono l’uomo più felice dell’universo.

La visuale si apre sulla meta, il monte Pala, ricoperto da neve solo in cima, ma sicuramente la vegetazione ne nasconde altra. Raggiunto un bivio, scelgo di continuare a destra, (indicazioni)per la chiesetta della Madonna della Neve.

La mulattiera si fa più ripida, dopo una serie di tornanti il sentiero viene protetto da due file di sassi. Raggiunta una tabella con indicazioni proseguo a destra per la chiesetta, e dopo pochi metri mi ritrovo nel piccolo colle che ospita l’edificio sacro della Madonna delle Nevi. L’interno della pieve è visitabile, provvisto anche di un libro dove apportare le firme. Il panorama è superbo, luminoso e dona un’intensa carica spirituale. Proseguo per la cresta seguendo i radi segni e le indicazioni di un cartello (Troi dai Asins - La mari dal Friul). È un sentiero di recente realizzazione, dedicato agli emigranti friulani, e segnato con i colori giallo-blu, esso mi invita a proseguire per il crinale. Il percorso è sempre delimitato da sassi, ma meno spazioso di quello precedente. Con una serie di su e giù, cavalco la selvaggia cresta, prima passando accanto a una straordinaria e caratteristica fornace (utilizzata per la preparazione della calce e servita sicuramente alla costruzione della chiesetta). Sempre dalla medesima cresta, raggiungo lo spettacolare pulpito panoramico di “Somp Čuc da dove è possibile godere di un’eccezionale vista sull’abitato di Anduins e la bassa valle dell’Arzino. Con un’ottima visibilità riesco a vedere anche l’intera pianura friulana e il mare.  Un mosaico “La Mari dal Friul” (dedicato alla donna friulana: pregevole opera musiva della Scuola Mosaicisti del Friuli di Spilimbergo), fa bella mostra di sé, mentre pochi metri più in basso, da un pennone, sventola una radiosa bandiera rossa con l’aquila simbolo del Friuli; insomma “tanta roba”, come cita spesso l’amico Gino.  Dal pulpito panoramico “Somp Čuc, lascio la cresta, mi calo a nord, per il ripido versante, seguendo le rare tracce, così raggiungo un prato imbiancato di neve, e da quest’ultimo, taglio nella boscaglia, sino a una carrareccia parzialmente inerbita che conduce alle case di “Fagel”. Bella la visione bucolica del borgo: antichi stavoli, abitati, che velano la magia, gatti intenti a cercare cibo negli avanzi della pattumiera, oggetti d’uso comune e no, messi in mostra come in un museo all’aperto. Mi perdo a fare foto ai mille particolari, da quelli architettonici a quelli Kitsch. Creatività improvvisata da chi vive in questo avvallamento fuori dal mondo. Proseguo per la carrareccia, congiungendomi a una stradina asfaltata, che passa tra una fila di case (Stavoli Zualt) e giunge a un bivio. Proseguo a sinistra, inforcando la successiva diramazione a destra, che conduce alla Forca, passando poco sotto il colle di San Martino. La neve si fa consistente, e poco prima del passo copre tutto. Dalla forcella abbandono la carrareccia e inizio a cavalcare la cresta orientale del Monte Pala. La neve è consistente e nessuno è passato di recente. Cammino a fil di cresta, assieme al mio eroico amico, che silente e stoicamente mi segue senza batter ciglio. Una recinzione con rete metallica delimita il confine tra i due versanti, a volte passo da uno all’altro, senza una regola precisa, solo per comodità del momento, e tutto questo sfruttando le falle nella rete.

L’ascesa è davvero faticosissima, in alcuni tratti affondo anche di mezzo metro, e la cresta sommitale sembra irrangiungibile. È tanta la fatica a cui siamo sottoposti, il mio compagno saltella tra una buca e l’altra lasciata dall’impronta dei miei scarponi, l’impresa si rivela più impegnativa di quanto avevo previsto, ma noi non molliamo.  A volte pare che le fatiche volgano al termine, ma poi mi ritrovo a ridosso di un impervio baratro, ripassando spesso da un versante all’altro. Finalmente sul lato nord ho trovato qualcosa che somiglia a una carrareccia, infatti mi trovo a pochi metri dalla prima cima - la vetta nord, ovvero un cumulo di neve e basta. Continuiamo (impavidi) per la carrareccia alla ricerca della cima Sud. Purtroppo, la profondità del manto nevoso rende problematica la progressione, ma ormai il più è fatto. Infatti, la carrareccia esce allo scoperto su una strada di servizio, e cosa trovo? Abeti, antenne e cabine elettriche. Ecco cosa scopre il viandante alla cima sud. Elevazione poco affascinante, e noi, io e il fido, siamo pure stanchi. Do un’occhiata all’ora, si è fatto tardi, abbiamo solo altre due ore di luce, e ritornare indietro per lo stesso sentiero dell’andata è una folle idea. Che faccio? Andare per la strada di servizio significa passare sopra la frazione di Clauzetto, mirare al piano sopra Anduins, e tramite una serie di stradine e sentieri raggiungere il punto di partenza. Tanto chilometrico l’itinerario e arriveremmo con un buio pesto. Penso e ripenso, e opto per una terza ipotesi, ardua e avventurosa. Presso un tornante, poco dopo la casera Polpazza, decido, mirando a sud -est. di scendere all’interno del bosco, sperando di trovare un minimo di traccia, e successivamente di raggiungere il piano in basso; in sintesi, 600 metri di dislivello e di imprevisti. Il dado è tratto, e una volta passato il Rubicone, e dopo aver citato per ben due volte Giulio Cesare, parto. I primi metri nella macchia sono facili, la neve sul versante sud latita. Mi muovo agevolmente nella fitta boscaglia di aghiformi, a parte le ramaglie non incontro salti. Ma dopo una certa quota (in linea d’aria scoprirò poi a casa di aver seguito, e a mia insaputa, la Costa de la Calzine) mi ritrovo a ridosso di enormi e profonde doline, molto difficili da superare, e con un alto rischio di cadere dentro qualche male auspicato inghiottitoio. Continuo imperterrito, ma di sentieri nessuna traccia, nemmeno quelli battuti dai camosci. Sono molteplici le doline da superare, con coraggio e trepidazione vinco le difficoltà. Dopo essermi abbassato di 400 metri di quota, i pericoli sembrano meno insidiosi, ma non vedo ancora la via d’uscita, mantengo una direzione e senza ricorrere ad artifizi, solo affidandomi al mio senso di orientamento. Adesso sono tanti i salti da superare, in equilibrio costante e cercando i varchi meno esposti. Passaggi anche di primo e secondo grado, con le mani continuamente protese sui rami più comodi da adoperate come corde, finché tra le fronde scorgo qualcosa che sa di miracoloso, un prato. Dall’alto avverto rumori familiari, come il suono di motoseghe. Continuo a scendere nella boscaglia, stavolta la vegetazione si dirama, mi trovo dentro un canalone, ampio e comodo, e successivamente a ridosso dei prati, e…

Finalmente sono fuori, su un terreno pianeggiante, e poco davanti a noi scorgo una stradina di campagna. Fatta!! Wow! Che felicità, autostima a gogò, incontenibile gioia, mi abbraccio e bacio Magritte; già, il mio compagno di viaggio. Magritte, silente e coraggioso, mi ha seguito intrepidamente. Ora siamo fuori dai pericoli, camminiamo su una strada pianeggiante e rettilinea, mentre alle nostre spalle il sole ha voglia di lasciare questo cielo. Cammino, ma la felicità non scema, la gioia è doppia, sia per la meta raggiunta che per l’impresa, io e Magritte siamo davvero una coppia che ha pochi pari. Seguendo la rotabile raggiungiamo la stradina asfaltata che a nord ci conduce a quella percorsa in precedenza verso Colle San Martino, ma dando uno sguardo alla mappa, noto un sentiero che taglia il versante, portando in breve alla mulattiera “Strada di Mont”, infatti poco dopo a destra, avvisto i cartelli e il bivio. Fatta anche questa! Finalmente, possiamo concederci la pausa pranzo che si è protratta sino all’ora della merenda. Dopo la brevissima pausa, riprendiamo subito il cammino, il sentiero che percorriamo, è un remoto troi che si abbassa di alcuni metri sino al greto di un torrente, per poi risalire e passare accanto a una serie di stavoli, e successivamente sbucare sul sentiero percorso in mattinata. Raggiunta la bella mulattiera, non ci rimane che scendere sino alla periferia nord di Anduins. Una volta raggiunta l’auto, il sole tinge di rosso la notte, creando uno stupendo controluce con la sagoma del campanile. Missione compiuta, è stata davvero una bella avventura, sicuramente e almeno per una settimana, basta con le escursioni ardite. Io e Magritte ci godremo le comodità ludiche della vita, una cuccia, i cuscini, e la tv gustata dai comodi divani di casa.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.

 






































































 

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