Cima
Pala e Monte Pedroc da Peonis
Note
tecniche.
Localizzazione:
Prealpi Carniche
Avvicinamento:
Lestans- Pinzano-Somp Cornino- Peonis.
Dislivello:
730 metri.
Dislivello complessivo: 1000 metri.
Distanza percorsa in Km: 13 chilometri.
Quota minima partenza: 180 m.
Quota
massima raggiunta: 909 metri.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 4 ore
In:
coppia.
Tipologia
Escursione: Naturalistica
Difficoltà:
Escursionistica.
Segnavia:
CAI 818
Impegno
fisico: medio basso.
Preparazione
tecnica: bassa.
Attrezzature:
nessuna.
Croce di vetta: si.
Ometto di vetta: si.
Libro di vetta: si,
messo un contenitore anche sul Monte Pedroc.
Timbro di vetta: no.
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 020.
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno.
3)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero: ben segnato e marcato.
Fonti d’acqua: fontanelle
Consigliati:
Data: giovedì 13 febbraio
2021.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Una gelida giornata
invernale con uno splendido cielo terso sono l’ideale per fare una gita fuori paese,
cosciente che la temperatura polare e le raffiche di vento renderanno
indimenticabile quella che doveva essere una semplice passeggiata. In compagnia
della mia signora, si parte alla volta della frazione di Peonis. La località è
stata vittima di un olocausto perpetrato il 2 maggio 1945 dalle truppe naziste
in ritirata. Più di cinquanta civili furono i martiri, e in seguito, per questo
mesto episodio, la piccola comunità è stata insignita della medaglia d’argento
al valore civile. Questo coraggio e spirito di sacrificio della popolazione
locale, lo leggeremo anche attraverso quello che rimane delle molteplici
edificazioni che visiteremo (stavoli e sentieri) durante l’escursione. Raggiunto
Peonis lasciamo l’auto in uno spiazzo della periferia. Una volta pronti (ci proteggiamo
dal gelo sino alla punta del naso) si parte, fa tanto freddo e le raffiche di
vento sono assai pungenti. Iniziamo il cammino da una mulattiera posta a sud
del borgo, un cartello con informazioni ci dà una chiara idea di quello che ci
aspetta. Ho dimenticato a casa la mappa, fotografo con il cellulare quella illustrata
sul pannello, mi guiderà lungo il cammino. I primi metri della mulattiera sono
davvero emozionanti, muri a secco ci conducono, e dopo alcuni metri scorgiamo una
cappella votiva costruita a ridosso della roccia, essa ci invita a una prima
sosta meditativa. All’interno della costruzione religiosa è tinto un affresco
di pregevole fattura che raffigura una madonna con bambino.
Impossibile scindere
l’uomo dalla religione, fede e lavoro sono un forte connubio sin dalla notte
dei tempi. Continuiamo per la bella mulattiera, roverelle e carpini neri sono i
nostri compagni di viaggio, le diverse tipologie di edera dipingono di smeraldo
i muri a secco e le cortecce degli alberi. Un piccolo belvedere con tavolo e
panche è disposto su sito panoramico per far lodare l’eterno scorrere del
divino Tagliamento. Dopo una breve sosta continuiamo per il dolce sentiero. Attraversando
un boschetto di castagni raggiungiamo gli Stavoli di Pecol dai Zochs,
effettuiamo un’esplorazione tra i ruderi. Vi sembrerò matto, ma queste visioni
di architettura remota mi fanno letteralmente impazzire di gioia, ed emozionare
sino all’inverosimile. Qualcuno potrebbe chiedersi come mai un palermitano si commuove
per qualcosa che non appartiene alle sue radici e alla sua cultura. La risposta
è più semplice di quello che può sembrare. Chi di noi rimarrebbe impassibile
alla visione: del Partenone, delle Piramidi Egizie, del Colosseo, dell’Etna,
della piramide di Hur, ecc. ecc. La bellezza della natura e delle opere create dall’uomo
non hanno patrie e confini in questo pianeta, chi li crea è semplicemente sciocco
e povero di spirito. Amo tutto ciò che è bello e che mi desta meraviglia, dalla
foglia rossa rinsecchita agli stavoli sepolti dalla vegetazione selvatica; per
il sottoscritto tutto emana: vita, amore, voglia di vivere. Tutto ciò che il
nostro sguardo può ammirare è nutrimento per la nostra anima. Tornando agli
stavoli di Pecol dai Zochs, la mia attenzione viene attratta dalla laboriosa
attività di un nativo. L’omino sta pulendo il sentiero che conduce agli stavoli
di Val di Sopra. Un’attività volontaria e ammirevole, un suo compare, poco
sopra, è intento a liberare tramite una motosega, il vecchio troi (sentiero) da
uno schianto. Dopo una breve e istruttiva conversazione, ci congediamo dal gentiluomo
e proseguiamo per gli Stavoli di Val di Sopra.
Il vecchio camminamento
è spesso interrotto dalla vegetazione selvatica in più punti, lo costeggiamo, finché,
lo stesso, ci conduce agli Stavoli di Val di Sopra.
È chiaro che i rustici
sono in via di restauro, ma conservano un fascino particolare. Una solitaria
rosa dai colori vermigli mi aspetta fuori dall’uscio di un’abitazione, la
fotografo, carezzandone con le dita i petali, intuisco anche da questo presente
l’amore della montagna. Proseguiamo per una breve carrareccia, percepisco a
distanza la vetta della Cima Pala. Scorgo al termine dello sterrato i segni introduttivi
al bosco, camminiamo su un prato di foglie secche, l’acume mi aiuta a trovare
la pista. Come sempre è il mio istinto di lupo che mi guida, e raramente si
sbaglia.
Presso un avvallamento
l’esile traccia si biforca, siamo a ridosso di un rudere invaso da vegetazione,
seguo la traccia che sale il pendio erboso, tralasciando quella che conduce
agli Stavoli di Cima Pala. Tra la selvatica vegetazione ci facciamo largo,
raggiungendo in breve la cresta, e dopo pochi metri la quota più alta della
stessa, ovverosia, la vetta della Cima Pala, materializzata da un piccolo
ometto di sassi e una croce costruita spartanamente con due rametti. Fatta! Non
ero mai asceso da questo versante, l’ho trovato molto bello e selvaggio.
A causa del freddo
polare e delle ripetute raffiche di vento, permaniamo poco tempo in cima, proseguendo
per la discesa. Dalla massima elevazione incediamo senza esitazioni. Dalla vetta agli Stavoli di Cima Pala
non ci sono sentieri. Scendo per il versante settentrionale mirando a
occidente, finché, spintomi oltre, mi ritrovo sotto i ruderi degli Stavoli di
Cima Pala. Non faccio in tempo ad accorgermi dell’errore di valutazione topografica
che scorgo una coppia di escursionisti con un cagnetto. Mi chiedono da lontano
informazioni sulla Cima Pala, li invito a seguirmi e li conduco poco dopo gli
stavoli, presso il grande faggio, di cui ho scritto nella precedente escursione
sul monte.
Dispenso le giuste
dritte agli amici, e dopo esserci congedati, proseguiamo per la prossima meta,
il monte Pedroc.
Dagli stavoli una labile
traccia nel bosco conduce alla sottostante carrareccia, la percorriamo per
alcune centinaia di metri, sino a imboccare la diramazione a sinistra. Dopo aver
superato un tornante c’è un divieto di transito, noi miriamo ai prati dorati, fino
al loro vertice e da questo alla quota più alta, cioè le rocce sommitali del
monte Pedroc.
Un reticolato ci
sbarra il passo, ma è transitabile, basta aprire un cancelletto in metallo. Superato
l’ostacolo, seguiamo la traccia sino alla terrazza panoramica che si sporge sulla
valle friulana. Un ometto di sassi originale, sormontato da un picco a forma
ogivale, è la massima elevazione, anche questa vetta è conquistata, ne
approfitto per situare un cofanetto in plastica con libro di vetta e il simbolo
del gruppo.
Il gelido vento continua
a spirare, affrettiamo il rientro, una volta raggiunta la carrareccia la
seguiamo a occidente, essa aggira le pendici del monte Pedroc, sino a immettersi
su una stradina di servizio asfaltata.
La rotabile,
proveniente dall’altopiano del Monte Prat, conduce agli Stavoli di Ledrania,
che noi raggiungiamo (dopo aver superato dei graziosi rustici), per una breve
mulattiera. Presso gli Stavoli di Ledrania veniamo accolti con simpatia da un
locatore degli edifici, breve scambio di battute, si continua per la periferia
dello stesso borgo. Presso un casolare, con panchina esterna in muratura, ci
fermiamo per l’agognato pranzo. Siamo esposti al sole, e riparati dal vento,
quindi è il luogo ideale per riacquistare un po’ di energie. La bella giornata solare
fa dimenticare il freddo e galvanizza lo spirito. Una volta finita la pausa
pranzo, riprendiamo il cammino, risaliamo per pochi metri per la strada
asfaltata, sino a imboccare un bivio a destra e proseguire per una carrareccia.
Dopo alcune centinaia di metri si biforca di nuovo, e noi seguitiamo per la
diramazione a destra, che perde vistosamente quota sino agli Stavoli di Pecol
dai Zochs, dove in mattinata avevamo voltato. L’anello escursionistico è stato
chiuso, non ci resta, con tutta tranquillità, di rientrare per la mulattiera
che ci riconduce a Peonis. L’andamento lento del passo, la pacatezza degli
animi colmi di tutta la bellezza assimilata e la gelida temperatura, ci fanno
sembrare meno pesanti la decina di chilometri di percorso effettuato e i quasi
mille metri di dislivello ascesi. Siamo carichi, soddisfatti, felici,
arricchiti e tanto altro ancora. In fondo cosa è la montagna, se non un luogo
dove vivere la più elevata dimensione che amiamo, ossia, quella del vagare,
felici e in piena libertà.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
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