La
Pizzuta da Portella delle Ginestre.
(Sentiero
delle Neviere o Sentiero Italia)
Piana
degli Albanesi
Note
tecniche.
Il Monte
Pizzuta (La Pizzuta nella cartografia IGM; Mali i
Picutës in arbëreshë) è il rilievo più alto
della catena dei monti di Piana degli Albanesi, a sud-est da Palermo. È
situato nella provincia di Palermo, nel territorio comunale
di Piana degli Albanesi.
Sorge
nella zona interna, a Sud-Est dal capoluogo, e la cima si erge a 1333 m s.l.m. È un'area protetta che fa parte della Riserva
naturale orientata Serre della Pizzuta, gestita dall'Azienda Foreste. Sul suo
versante orientale si aprono la Grotta del Garrone ad andamento orizzontale e
lo Zubbione della Pizzuta, ad andamento verticale e profondo circa 100 metri.
Costituito da boschi, nei pressi della cima
resiste un interessante popolamento di agrifoglio (Ilex aquifolium). È attraversato dal "Sentiero
Italia" (Portella del Garrone) e domina l'abitato di Piana degli Albanesi
ed il lago omonimo. Il monte è costituito principalmente da calcari pelagici
del mesozoico.
Clima:
Data la sua altezza e anche la maggiore distanza dal mare rispetto ad altri
rilievi dell'area sud-orientale di Palermo, il monte Pizzuta è tra le prime
cime ad essere imbiancate dalla neve e
dove questa rimane più a lungo. Nella stagione più fredda sono frequenti
le temperature sotto lo zero. Queste caratteristiche
geografiche determinano un microclima più fresco, con l'insieme delle
precipitazioni concentrate soprattutto nel semestre invernale, ma non sono rari gli episodi di termo-convezione di
inizio e fine estate, che portano alla formazione di temporali che in alcuni casi possono scivolare verso
Palermo o più frequentemente verso l'interno sino alla Ficuzza. In considerazione della sua altezza, il monte è
frequentemente coperto da nubi e battuto da forti venti provenienti da mutevoli
direzioni.
Flora e Fauna
Il bosco,
ricco e luminoso, ospita una fauna varia
e composita: la volpe, l'istrice, che recentemente è in regressione in tutto il
territorio siciliano mentre in quest'area è presente con un popolamento
significativo, ubiquitaria e adattabilissima, e l'elusivo gatto selvatico, e fra i più voraci predatori la Martora e la donnola. Tra gli uccelletti di selva ci sono: le attivissime cinciarelle e cinciallegre, i rampichini, i passeriformi insettivori che snidano le prede tra gli
anfratti delle cortecce degli alberi, le ghiandaie, corvidi dalla bellissima livrea, il melodioso usignolo e i piccoli roditori del bosco. La "Grotta del Garrone",
presenta concrezioni calcaree e due laghetti formatisi per lo stillicidio
dell'acqua dalle rocce, ospita una colonia di Chirotteri. Nelle zone rocciose adiacenti vengono accolte
interessanti popolazioni di coleottero fauna e di ornito-fauna. Sono le più
interessanti, dal punto di vista botanico, le creste e le pareti a picco dove
si rinvengono specie rare quali: Minnartia, grandiflora, Poa bivonae, Valantia
deltoidea, Viola calcarata, ecc. La vegetazione delle rupi è ascrivibile allo
Anthemido-Centauretum
busambrensis. Nella Grotta del Garrone si rinviene
una ricca compagine di muschi e due pteridofite rarissime in Sicilia: Phyllitis
scolopendium e Phyllitis sagittata.
Storia
e tradizioni:
Sul
Monte Pizzuta, fino agli inizi del '900, i contadini di Piana dei Greci (poi Piana
degli Albanesi), nei mesi invernali più rigidi,
lavoravano nelle neviere. La neve veniva
raccolta in buche coniche artificiali, scavati lungo il versante occidentale
della montagna, di circa 15 metri di diametro e profonde 3, pigiata e successivamente
coperta da uno strato di paglia su cui veniva compressa altra neve e così fino
all'orlo. Le balle di neve, avvolte nella paglia coibentante, venivano caricate
sui dorsi dei muli e, tramite percorsi contrassegnati da edicole votive
dedicate alla Madonna della Neve, trasportate di notte fino alla città di
Palermo. Una volta in città la neve, per placare l'arsura delle torride
giornate estive, veniva tagliata in blocchi di grandezza varia, tramite degli
appositi cucchiai scanalati, dai blocchi di ghiaccio veniva raschiata una
primordiale granita che mescolata al succo di limone era venduta con il nome di
"grattatella". Ancora oggi visitando la cima della montagna si notano
i grandi ruderi delle Neviere, in cui venivano conservati gli attrezzi per
la raccolta della neve. Quest'attività, estinta con l'avvento dell'elettricità,
del gas e dei frigoriferi, contribuiva ad integrare il reddito dei contadini
nei periodi più magri, e a lungo è stato un elemento fondamentale
dell'industria per la produzione e la commercializzazione del ghiaccio nel
capoluogo isolano.
Ai
piedi del monte Pizzuta, poco distante dal centro abitato, sorge la Chiesa
rurale della SS. Madonna dell'Odigitria ("Klisha fhatare e Shën
Mërisë së Dhitrjes"), del 1488,
anno in cui furono stipulati "I Capitoli di fondazione". Per
antichissima tradizione moltissimi arbëreshë di Piana
degli Albanesi ancora oggi vi si recano prima
dell'alba in due periodi dell'anno, il mese di maggio e la prima quindicina di
agosto, per partecipare alla santa liturgia di rito greco-bizantino, ed intonare il canto dei loro avi "O' e bukurà
Morè" (O bella Morea), rivolti verso l'Albania, loro terra natia. In prossimità, poco più in basso
in via Odigitria, è posta La Pietra dell'Odigitria ("Guri i Shën
Mërisë e Dhitrjes"), un importante pietra-testimonianza con una croce
incastonata, che riporta una storica scritta in albanese. Si narra che gli
antichi albanesi cercassero un sito conveniente dove erigere le loro abitazioni.
I loro sacerdoti portarono dall'Albania, come l'arca santa, il quadro bizantino
della SS. Maria Odigitria. Stanchi del cammino, posarono quella sacra immagine
su una pietra per riposarsi; e così prendere un po' di respiro. Quando si
accinsero a rimuovere la sacra immagine, per rimettersi in cammino, si
accorsero con loro meraviglia che essa aveva lasciato sul masso la sua
impronta. Da ciò desunsero d'essere nel luogo destinato dal cielo, dove
dovevano fondare la loro colonia. Il quadro della Madonna Odigitria, rimosso
dal santuario alle falde del Monte Pizzuta e trasportato in paese, è stimato
come una delle più celebri immagini venerate in Sicilia.
Localizzazione:
Monti di Palermo
Regione:
Sicilia
Avvicinamento:
Dislivello:
Dislivello complessivo: 853 m.
Distanza percorsa in Km: 10
Quota minima partenza: Portella della Ginestra 853 m.
Quota
massima raggiunta: 1333 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 4 ore
In:
Coppia
Tipologia
escursione: panoramica-escursionistica
Difficoltà:
Escursionistica
Ferrata- valutazione
difficoltà:
Segnavia:
Sentieri remoti di montagna
Impegno
fisico: basso
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: si
Libro di vetta: no
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Sicilia –
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Fonti d’acqua: no
Consigliati:
Data: 20 settembre
2020
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Sentiero della Pizzuta: Sentiero
delle Neviere (Sentiero Italia)
Per
l’ultima escursione del 2020 in terra di Sicilia, Giovanna e io, abbiamo prediletto
la Pizzuta. Quattro anni fa conquistai la vetta percorrendo la cresta dal
versante orientale, fu davvero un’impresa, ero in compagnia di mio cognato,
un’escursione stupenda, all’insegna del selvaggio.
Stavolta si decide di percorrere un sentiero
remoto, partendo da Portella della Ginestra, nota località dove fu
commesso un eccidio il 1º maggio 1947 da parte della banda criminale di Salvatore Giuliano, che vigliaccamente sparò
contro la folla di contadini riuniti per celebrare la festa del lavoro, provocando undici morti e numerosi feriti.
I
motivi per cui venne compiuto fu per l’avversione
del bandito nei confronti dei comunisti. Il bandito, sorretto dai poteri mafiosi, appoggiava l'indipendentismo
siciliano e le forze reazionarie, che volevano mantenere i vecchi equilibri nel
nuovo quadro politico e istituzionale nato dopo la seconda guerra mondiale. Nonostante non siano mai
stati individuati i mandanti, sono certe le responsabilità degli ambienti
politici siciliani e americani, interessati a intimidire la popolazione
contadina che reclamava la terra.
Lasciata
l’auto nell’ampio parcheggio, iniziamo l’escursione da una carrareccia
adiacente al monumento posto in memoria dell’eccidio. Superato il cancello in
legno della prima recinzione, percorriamo il primo ampio tratto, ammirando dal
basso le ripidissime pareti occidentali del Monte Maja e Pelavet, conosciuti in
zona come 'La montagna dei cavalli'.
Superata
una seconda recinzione (altro cancello), entriamo nella riserva vera e propria
sita a settentrione della Pizzuta. La strada forestale si addentra nel bosco composto
da aghiformi, tra gli arbusti riconosco il cipresso e il pino. Poco dopo aver
superato un abbeveratoio incrociamo una mandria di vitelli, davvero possente
l’impatto dei bovi, anche se appaiono sorpresi e intimoriti dalla nostra presenza.
Il loro manto è di un nero fulgido e
antico, e dalla muscolatura sono possenti. Essi richiamano a noi la mitologia
greca. Il toro è l'animale in cui Zeus si trasformò per rapire Europa, la
figlia del re fenicio Agenore. La folle corsa terminò a Creta dove Zeus si
congiunse con Europa; da questa unione nacque Minosse, il famoso re cretese che
fece costruire il palazzo di Cnosso.
I
giovenchi ci cedono il passo, scendendo giù per il pendio erboso. Dopo aver
percorso all’incirca un chilometro di carrareccia, su un lato di essa,
scorgiamo un sentiero con relativo cartello, lasciamo la comoda strada e iniziamo
l’ascesa.
Ora
percorriamo il nostro terreno ideale, risaliamo le ampie svolte, e intuiamo dalle
pietre scolpite dall’incedere umano che il tracciato è arcaico. Man mano che scaliamo,
adocchiamo il paesaggio circostante, è infinitamente strabiliante, magico. La
traccia che percorriamo è sempre ben marcata, risale il campo aureo sino in
prossimità delle prime rocce che cingono a occidente la Cima della Neviera. Una
lunga diagonale, quasi in piano, ci conduce in cresta alla Pizzuta,
raggiungendo Portella delle Neviere. Valichiamo una recinzione nel punto più
debole, dove la recinzione tenuta dal bacchio è oltrepassabile. Superato
l’ostacolo seguiamo lo stesso sentiero, che ora si confonde al rinsecchito
prato sommitale. La nostra meta è poco avanti, puntiamo alla quota più alta, la
Pizzuta, passando sotto le pendici settentrionali della Cima della Neviera. La
traccia sfiora delle costruzioni rupestri, le arcaiche neviere. Sagome cornute
si muovono presso un insellamento, sono dei pacifici bovi intenti a pascolare, il
gioco di controluce rende la rappresentazione onirica. Con la fantasia volo
all’eroe omerico quando approdò con l’ultima nave e l’equipaggio nell’isola del
sole. La Sicilia è quell’isola narrata dal sommo poeta ellenico, e noi, oggi, non
faremo del male alle vacche sacre tanto care al Dio Sole, anzi, passeremo in
mezzo a loro, in segno di omaggio.
Davvero
intense l’emozioni che viviamo, dal presente siamo proiettati nel passato, camminiamo
tra storia e mitologia. La Sicilia è davvero un’isola straordinaria, ed essere
un suo figlio mi onora.
Una
volta superata la mandria miriamo al vertice, risalendo la cresta tra zolle e
roccette. Percorriamo un ripido altopiano, frastagliato da una miriade di sassi
acuminati misti ad agrifogli. Pochi monoliti si ergono simili a menhir,
dando al piano l’aspetto di un luogo di culto arcaico. Le poche tracce si
perdono, si cammina a vista, mirando ai mastodontici macigni posti a meridione.
Infatti, con alcuni passaggi di facile arrampicata, giungiamo alle rupi sommitali,
altri brevi e divertenti movimenti sulla roccia e siamo in vetta,
materializzata da un paio di sassi e due legni secchi. La cima è davvero
splendida e il paesaggio circostante ha pochi uguali in Sicilia. La Pizzuta, grazie
ai suoi 1333 m. di quota, svelta sui rilievi circostanti, spaziando con la
visuale all’infinito. Posso scorgere a occhio nudo: il capoluogo a nord, e la
catena montuosa delle Madonie. Il gigantesco massiccio montuoso che protegge
Palermo e che prende il nome di “Monti di Palermo” ci circonda con un forte
abbraccio. In lontananza riconosciamo Rocca Busambra, appena due giorni prima
ne cavalcavamo la cresta. La roccia della Pizzuta è meravigliosa, antica e carica
di storia, e per noi è un onore gravitare sopra di essa. La sensazione di onnipotenza
che trasmette è la medesima di quella che si prova quando si seducono le grandi
cime. All’ombra di questa montagna è nata ed è stata protetta una collettività che
è sfuggita alla persecuzione. Essa non è solo “a muntagna”, ma è un dio, madre,
sorella, padre, è tutto ciò che un popolo può pretendere da un nume di pietra.
Ecco perché, nel percorrere i remoti sentieri, abbiamo avvertito nel passo
tutta la sacralità, l’eterno sogno dell’uomo, quello di pervenire a un Dio. E
noi, anche questa volta l’abbiamo raggiunto. La montagna, come scriveva il più
grande degli alpinisti, non è solo un cumulo di sassi, ma è molto di più, è
tutto, e noi, oggi più che mai, ne siamo consapevoli.
Con
un passo lento e cadenzato, siamo rientrati sino al parcheggio. Ne frattempo
abbiamo incontrato alcuni mandriani intenti nel richiamare le bestie con urla e
fischi, un antico rituale che si ripete. Con una gioia assopita si passa dal
paese di Piana prima di rientrare a casa, per acquistare i meravigliosi
“Cannoli”, vera delizia dolciaria locale. La sera stessa, al tramonto, il mio
sguardo sfiora la sagoma della Pizzuta, proprio quando il dio rosso ne tinge il
profilo. Così, malinconicamente, terminano le nostre escursioni in terra di
Sicilia, con il cuore colmo d’amore per una terra più unica che rara.
Il
forestiero Nomade.
Malfa.