Ferrata del monte Chaidenis dalle sorgenti del Piave
(Impegnativa via ferrata con un sentiero di avvicinamento
breve.)
Note tecniche.
Localizzazione: Alpi Carniche- Catena carnica occidentale-Costiera
Peralba-Rinaldo -Massiccio Peralba-Avanza
Regione: Friuli-Venezia Giulia
Avvicinamento: Tolmezzo-
Val Degano -Giunti a Forni Avoltri -- Cima Sappada- - indicazioni per le
sorgenti del Piave- parcheggio alle Sorgenti, (m 1815).
Dislivello: 700 m.
Dislivello complessivo: 700 m.
Distanza percorsa in Km: 5, 7
Quota minima partenza: 1760 m.
Quota massima raggiunta: 2459m
Tempi di percorrenza escluse le soste: 6 ore
In: coppia
Tipologia Escursione: Storico-paesaggistica
Difficoltà: Escursionisti-Esperti con percorso
Ferrata- valutazione difficoltà: difficile
Impegno fisico: alto
Preparazione tecnica: alta
Attrezzature: si
Croce di vetta: si
Ometto di vetta: si
Libro di vetta: no
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 01
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo consigliato:
3)
4)
Da evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero:
Fonti d’acqua: no
Consigliati: Set completo per ferrata.
Data: sabato 22 agosto 2020
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
L’attrezzata “ferrata CAI Portogruaro”, l’ho percorsa
sette anni fa, e ancora ne conservo un vivo ricordo, malgrado con il tempo
molti particolari sono scemati nell’oblio. Per la seconda esperienza di ferrate
per Giovanna, ho pensato che fosse quella più idonea, avendo scordato le concrete
difficoltà tecniche. Sicuramente, sette anni fa, ero più giovane e anche più
spericolato. L’avvicinamento alle sorgenti del Piave è grandioso, la zona di
Sappada è attorniata dalle più affascinanti elevazioni del Friuli. Al
parcheggio, dove lasciamo l’auto, è un continuo brulicare di escursionisti,
molti sicuramente diretti nel contiguo monte Peralba, cima regale, imperiosa ma
non difficile.
Una volta pronti, zaino in spalle, si parte, iniziando
il percorso dalla lunga carrareccia che porta sino al rifugio Calvi. La strada
di transito è comoda ma molto ripida (CAI 132). Lungo il tragitto abbiamo modo
di incontrare molteplici escursionisti, tra cui uno in particolare mi ha
colpito, dal volto e dalle espressioni è la copia di John Lennon,
impressionante la somiglianza. Dopo il rifugio Calvi, iniziamo a seguire lo
sterrato sentiero sempre numerato 132, che in breve ci accompagna sino al passo
di Sesis. Effettuiamo una breve sosta per ammirare le limitrofe montagne, tra
cui il Fleons, l’Avanza, e le Crete del Cacciatore. Per comodo sentiero (CAI
173) svoltiamo a destra, percorrendo una traccia ben battuta con un breve
passaggio attrezzato, essa lambisce il versante sudorientale della valle del
Chiadenis.
Presso un ripido costone, poco prima del Passo del Cacciatore,
la traccia si biforca, a destra devia per un ripido tratto sino alla base di
uno sperone roccioso da dove hanno inizio le attrezzature.
Ci rifocilliamo, indossiamo l’armatura (set di
sicurezza) e iniziamo la via ferrata. Il primo tratto è un ripido e verticale spigolo
(molto appigliato), che conduce al foro materializzato da un masso incastrato
sopra una fenditura. Lo si supera da sopra, e seguendo i cavi si procede lungo
un traverso assai esposto. Raggiunta la base di un lunghissimo colatoio, lo si
risale con divertenti passaggi di arrampicata, tranne in un paio di salti molto
spigolosi che vanno superati con maestria ed elasticità. In un camino stretto e
angusto, a causa dello zaino, si rischia di rimanere incastrati. L’ultimo
tratto del Colatoio è uno spigolo, articolato, che lo si risale grazie anche
all’aiuto di alcune staffe. Alla fine del tratto ripido troviamo una comoda
cengia, la stessa lambisce una cavità artificiale. Tiriamo un sospiro di sollievo,
e proseguiamo, percorrendo i resti di un camminamento trincerato, sino a
raggiungere una caverna (riparo). Il sentiero si biforca, procediamo a destra (sempre
con l’ausilio dei cavi e di alcune staffe), e raggiungiamo un camminamento molto
suggestivo, che porta alla base di un ripido camino, staffe e cavi aiutano a
risalirlo. Raggiunto un terrazzamento, si ascende una paretina, e da un
successivo terrazzino proseguiamo per l’ultimo salto che porta alla vertiginosa
vetta est (2459 m.), croce in metallo.
La cima è davvero striminzita quanto un
fazzoletto, dopo una brevissima pausa, con prudenza, si ritorna indietro e si
riprende il cammino verso la seconda cima, quella Ovest.
Dal bivio stavolta viriamo a sinistra (tavoletta in
legno affissa sulla roccia indicante il rifugio Calvi), percorriamo un
camminamento molto esposto ma suggestivo (resti di un transennamento), dopo di
che ci abbassiamo di quota, sino a transitare dentro uno stretto intaglio.
Successivamente ci aspetta l’ultimo tratto impegnativo
dell’intera escursione, ovvero, un camino da risalire grazie all’ausilio di
alcune staffe. Raggiunto il vertice, pochi metri ci separano dalla seconda
vetta, quella ovest (2459 m), materializzata da un leggio con contenitore per
libro di vetta.
Nella breve sosta (nel frattempo le nuvole ci hanno
avvolti) togliamo per un attimo il casco, e rifiatiamo. Nel frattempo, veniamo
raggiunti da un simpatico giovanotto, altri escursionisti abbiamo incontrato
lungo la salita, questa via ferrata è molto trafficata. Ripreso il cammino,
transitiamo sull’affilata cresta, per poi iniziare la discesa, stavolta molto
meno ardua dell’ascesa. Facili passaggi di arrampicata si succedono, sempre
accompagnati da un’attrezzatura efficiente. L’ultimo passaggio, la liscia placca
finale, va affrontata con cautela, specie se umida. Superato quest’ultimo ostacolo,
siamo sul prato inerbito che precede il rifugio Calvi.
L’ascesa della via ferrata è stata molto intensa, una
vera palestra per il fisico, ma nulla di trascendentale, solo che la continua
tensione ci ha spossato. Fa riflettere sapere il dove alloggiassero i combattenti
durante la Grande Guerra, ma non farò retorica, molti di noi, sicuramente oggi,
non ne sarebbero capaci. Adesso, viviamo
in una società dove conta sempre di più l’apparire che l’essere. Sono felice che
la mia compagna abbia superato questa prova. Ella, in questo tipo di esercizio,
come nelle recenti esperienze, ha mostrato di avere il giusto talento e
coraggio per affrontare in montagna qualsiasi tipo di terreno e contesto. Raggiunto il rifugio Calvi, abbiamo effettuato
una fermata per brindare al successo dell’evento. Al rientro, durante gli
ultimi metri del sentiero, le prime gocce d’acqua e dei fragorosi tuoni ci
avvisano dell’imminente nubifragio. In codesto frangente mi ha catturato la furia
inquietante delle nubi che si addensavano. La montagna, simile a noi esseri
umani, ha più di mille sfaccettature, tutte autentiche e alcune temibili. Sotto
la scrosciante pioggia, si rientra a casa, felici dell’esperienza, e con una
nuova storia da raccontare.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.