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giovedì 16 luglio 2020

Cima Pramper da Forno di Zoldo.

Pramper 2409 m. da Forno di Zoldo



Note tecniche.

Localizzazione: Dolomiti - Alpi Dolomitiche - Gruppo Dolomiti di Zoldo-

Regione: Belluno-Veneto

Avvicinamento: Barcis-Cimolais-Erto-Longarone-Provinciale per la valle di Zoldo- Forno di Zoldo -Seguire indicazioni per rotabile per Pralongo, e successivamente per la strada forestale per valle di Pramper (a tratti sterrata) sino all’ampio parcheggio presso la località. Pian della Fopa (quota 1210 m.)

Dislivello: 1200 m.

Dislivello complessivo: 1450 m.

Distanza percorsa in Km: 17, 5.

Quota minima partenza: 1209 m.

Quota massima raggiunta: 2409 m.

Tempi di percorrenza escluse le soste: 8 ore

In: Solitaria

Tipologia Escursione: Bucolica-Selvaggia

Difficoltà: Escursionisti Esperti dalla Forcella Piccola
Segnavia: CAI 523; 521.
Impegno fisico: Alto

Preparazione tecnica: media

Attrezzature: no

Croce di vetta: si

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: si

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

Cartografici: Carta Topografica Tabacco 025 – dolomiti di Zoldo, cadorine e agordine
2) Bibliografici:
3) Internet:

Periodo consigliato: luglio-ottobre

Da evitare da farsi in: Con condizioni di terreno umido, o in presenza di ghiaccio.
Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato, dalla Forcella Piccola, ometti a gogò e qualche rado bollo rosso.

Fonti d’acqua: si

Consigliati:

Data: 10 luglio 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa


 Finalmente, dopo tanto tempo, un’escursione solitaria, ne avevo bisogno. Sentivo la necessità di camminare per sentieri assolati, illuminati dal volto degli spiriti liberi, i viandanti, e quindi non mi rimane che vagare tra le maestà rocciose della Val di Zoldo, un autentico richiamo della foresta a cui non ho desistito. Desidero incontrare anime pure, rapite dalla bellezza della natura, e per questo ho girovagato con l’indice della mano destra sulla mappa delle dolomiti bellunesi. Queste montagne sono selvagge, sincere, leali. La scelta della meta cade sulla cima Pramper. Ho sentito parlare della valle da Dario e Francesco, ricordo che in passato sono stati in vetta, quindi, effettuo un rapido consulto per avere delle informazioni. Dario mi rende edotto che l’ascesa è più facile della Grauzaria, quindi non mi rimane che preparare lo zaino e puntare la sveglia.
 Il giorno dell’escursione sono tanto emozionato, parto per l’itinerario: Barcis, Cimolais, Erto e Longarone, strada che oramai percorro a occhi chiusi. Raggiunto il Veneto, mi inoltro nella laboriosa cittadina di Longarore, seguendo le indicazioni per la Val di Zoldo. La strada è scorrevole, giunto a Forno di Zoldo, seguo le indicazioni per la Val Pramper.
Dopo un primo tratto di strada forestale asfaltata, segue un lungo tratto sconnesso e sterrato, ma con attenzione si arriva e senza alcun patema sino a parcheggiare in un’ampia zona al termine del tratto carrabile, pochi metri prima della sbarra con divieto di accesso (Pian de la Fopa quota 1200 m. circa).
Indossato lo zaino, mi avvio. Percorro la strada forestale con divieto di transito, costeggiando il torrente Pramper, alla mia sinistra, ammiro gli imponenti bastioni degli Spiz, finché al primo tornante lascio la strada forestale per il sentiero 523 (cartello CAI), che riduce di un bel tratto il cammino, sbucando in una bucolica distesa prativa.
La magica visione che mi si svela è appassionante, sono incantato, la bellezza del luogo è davvero stupefacente. Mi giro al centro dell’anfiteatro di roccia, da destra a sinistra, ammirando le vette delle Forzelete, il Castello di Moschesin, le cime delle Balanzole, e la maestosità e l’incanto della cima Pramper.
Il sentiero accarezza il verde prato sino a incrociare di nuovo la strada forestale lasciata in precedenza, davanti a me, con il medesimo ritmo e passo, incede un viandante. Le nostre strade però si dividono subito dopo: io prendo la diramazione a sinistra che mi porta alla Malga Pramper (sentiero 523), egli continua per il 540 che sale sino alla forcella del Moschesin.
Dopo un centinaio di metri di percorso, la visuale si apre sui prati che ospitano la Malga Pramper (quota 1540 m), dietro di essa, spicca la bellissima mole già citata dell’omonima montagna, altra visione incantevole.
Superato un ponticello in legno, seguo la carrabile, sino alla palizzata della malga, presso una fontana abbeveratoio incrocio un altro viandante dall’aspetto simpaticissimo. Mi par di averlo visto, forse alla partenza, e dopo venti minuti me lo ritrovo a petto nudo, bermuda, scarpette da avvicinamento, bastoncini da trekking e guanti da rocciatore. Il volto solare mi ricorda quello del rimpianto leader dei Nomadi, Agusto Daolio. Egli ha il medesimo: taglio di capelli, barbetta, occhiali tondi, presumo la stessa età e forse anche la stessa voce, chissà! Ci salutiamo e presentiamo, è un viandante veneziano, e come me, ama andare in solitaria. Dopo una breve conversazione ci congediamo con il saluto degli spiriti liberi e un abbraccio fraterno anche se solamente spirituale. Le nostre strade si dividono, lui si avvia alla forcella del Moschesin, e io continuo per la mia meta.

Dalla malga seguo il sentiero 523, nei primi passi penso ancora al viandante appena lasciato. Spesso in montagna incontro gente di mare, e costoro hanno la medesima predisposizione per l’avventura, un’infinita ricerca di libertà e solitudine. Gente socievole, positiva, con il sole dentro, questa mia sensazione sta diventando una costante, quasi una regola.
Continuo l’escursione, avendo come prossima meta il rifugio Sommariva al Pramperet, in un ora dovrei raggiungerlo. Percorro il bel sentiero tra le ombre degli aghiformi, il cammino è dolce e comodo, e rispettando la tempistica mi ritrovo in un’ampia vastità prativa che precede il rifugio (q.1850 m). Nel vagare per i prati sono rapito dal bianco della dolomia del Pramper, e alle mie spalle domina la cresta del Castello di Moschesin. Godimento a mille, basterebbe solo questa visione per ritenermi appagato, ma il bello deve ancore venire. Continuo il cammino, passando velocemente come un treno dal rifugio, mi fermerò al rientro.
Inizio la seconda parte dell’escursione, ovvero l’arrembaggio e la conquista del Pramper, quindi: isso sull’albero più alto del mio immaginario galeone la bandiera con il teschio, simbolo degli spiriti liberi, e con la bandana al vento e le ali ai piedi, parto. Gloria o morte!
Il sentiero, sempre ben marcato, si inoltra dentro una mugheta, perdendo rapidamente quota (più di cento metri di dislivello); e aggirando le pendici meridionali dello Spiz di Tita e dopo aver superato un impluvio, risale, per più di duecento metri di dislivello, sino alla Forcella Piccola.
Presso l’impluvio noto un rigagnolo d’acqua che scorre ininterrottamente, mi fermo per rinfrescarmi e per consumare una barretta energetica. Durante il breve lasso di tempo sono attratto dal continuo movimento delle formiche, dono a esse una briciola di quello che sto consumando, che rispetto alle loro dimensioni deve apparire come un ciclopico masso. Le formichine si allarmano, passato il pericolo, ne giungono altre, analizzano la mollichina con le loro curiose mandibole; sicuramente, una di esse, ha fatto il prelievo e lo ha portato in laboratorio analisi. Dopo pochi minuti, la stessa formica, avendo avuto il responso positivo sulla commestibilità, arriva assieme a un cospicuo plotone di formiche operaie, e un pezzettino a testa, portano via nei magazzini del formicaio la vettovaglia.
In una frazione di tempo e in pochi centimetri di terriccio ho ammirato l’infinito universo del microcosmo. La montagna è anche questo, non solo grandi cime da decantare, ma anche piccoli mondi da raccontare.
Proseguo il cammino, e per luminosi passaggi panoramici di sentiero arrivo alla Piccola Forcella (1943 m. – 30 minuti dal rifugio). Sono ancora emozionato, non so cosa mi aspetta oltre, una volta raggiunto il piccolo intaglio, pochi metri dopo scorgo, una recinzione fatta apposta per non far valicare gli armenti oltre la valle. Dall’alto della forcella ammiro la selvaggia valle di Cornia, e sono sedotto dalle verticali pareti del versante orientale della Cima Pramper. Senza sostare continuo il cammino, puntando subito l’occhio e la direzione del passo al lontano canale del Palon.
Senza indugio mi abbasso di alcuni metri, seguendo una piccola traccia nei mughi, i tagli recenti sono un conforto. La traccia si abbassa di quota, raggiungendo in breve il pietrisco del catino. Una serie infinita di ometti mi guidano nei pressi di alcuni grossi massi erratici e un larice solitario. Stavolta effettuo la sosta. Decido di liberarmi del peso dello zaino, effettuando la classica operazione “Malfa”, cioè, l’attivazione del modulo LEM (piccola sacca a seguito). Porto con me lo stretto necessario, tra cui l’acqua e una giacca tecnica. Così leggero fatico di meno e procedo velocemente. Sempre seguendo i diligenti e silenziosi ometti, raggiungo il canalone Palon, visto dalla base non appare faticoso, infatti in pochi minuti mi ritrovo in forcella (2150 m; 1.15 ore dal rifugio). Dall’insellatura posso ammirare le valli Pramper e Balanzola, e naturalmente le creste delle cime più vicine. A sinistra della forcella, segnalata da una miriade di ometti, inizia la cresta che porta in cima al monte Pramper, avvio con il primo passo l’ora più emozionante dell’intera escursione.
Nel primo tratto mi destreggio tra i piccoli blocchi di dolomia, una traccia con ghiaino è a destra della cresta, essa mi conduce alla base della bastionata, e tramite alcuni passaggi di primo grado sono sopra di essa, e sempre guidato dai provvidenziali ometti procedo tra macigni e sfasciumi, spostandomi ora sul versante destro della cresta. Dopo aver attraversato un intaglio nella roccia, percorro l’ultimo tratto, poco sotto la vetta. Sempre per roccette e zolle pervengo alla base di una placca, impossibile aggirarla (ci ho provato), se non con passaggi di terzo grado e più, quindi seguendo le indicazioni di due sbiaditi bolli rossi, salto sopra l’inclinata placca con un passaggio di primo più, e con cautela mi sposto allo spigolo destro della stessa, dove mi calo con un passaggio di primo grado più su un masso esposto su entrambi i lati. Superato questo ostacolo, una traccia mi porta all’ultima paretina sotto la cima, che si supera facilmente con un passaggio di primo grado. Che emozione! Eccomi sull’esile vetta (2409 m.  e 40 minuti dalla forcella Palone), una croce rudimentale sormonta un ometto, fatta! Wow! Anzi triplo Wow! Enorme soddisfazione, altissima, che meraviglia! In montagna come nella vita si può andare in svariati modi. Di solito, dico ai miei ragazzi(soldati), riferendomi all’esistenza, che molte esperienze fatte in gruppo sono divertenti, in due splendide, ma da soli sublimi; lo stesso lo penso dell’andare in montagna.
Quando si va da soli tutto si amplifica, la gioia e il pericolo, e se commettessi un errore la colpa sarebbe mia, e se vincessi la corona di alloro sarebbe esclusivamente e solo mia. Questa mia affermazione non teme le confutazioni dei falsi conquistatori, di coloro che da soli non sanno nemmeno orientarsi nello stesso appartamento dove alloggiano, e che bramano immeritatamente solo ipocrite lodi. Quando sei da solo, non c’è nessuno che ti porge la corda, che ti tiene per un braccio, o ti issa per i glutei per farti superare un ostacolo, sei solo tu, con il tuo coraggio, la tua onestà e la montagna. Qualcuno mi replicherà che non è vero, e io a costui rispondo, che anche nel fare sesso siamo soli, e che quella che comunemente è chiamata l’anima gemella, non è altro che un’illusoria ricerca di qualcuno che sia simile a noi per darci quel tale e sublime piacere. Per questo, per quanto possa volere bene ai miei pochi amici, in montagna, le più grandi emozioni, le provo esclusivamente da solo. Certe impressioni per essere descritte abbisognano di una mano talentuosa, di una mente fertile, come quella del sublime vate Gabriele D’Annunzio. 
E da solo, in questa cima avvolta dalle nebbie, mi godo l’attimo, l’infinito. Non ha importanza che tutto sia coperto dal mantello velato, durante l’ascesa ho colmato di belle immagini gli occhi e lo spirito, ora so che non temo nulla, e vedo il magnifico in tutto. E la nebbiosità? È una fresca coperta che mi ha fatto faticare di meno, svelandomi il lato poetico della montagna. Tra gli ometti c’è un tubo in metallo, lascio il logo del gruppo all’interno, e mi preparo al rientro.  Scendo con calma, sono davvero concentrato ed euforico, come lo sono i vincitori alla fine della battaglia. Affronto con calma la discesa, e in breve sono alla forcella Palon. Il cielo si apre all’azzurro, svelandomi la bellezza dell’amore che ho appena sedotto e perso. Presso i massi erratici riprendo lo zaino, avevo legato una fettuccia a un ramo del larice come segno di riconoscimento. Sorseggio un goccio d’acqua e scarico la tensione, procedo con calma, ed eccomi in un esiguo tempo alla forcella Piccola, questa volta mi soffermo, concedendomi alla contemplazione prima di procedere nella valle adiacente.
Noto su un masso due piccole lapidi con foto, contorniate da numerose stelle alpine, forse messe in onore di due spiriti liberi, uno dei due, nella foto, è ritratto con un cane, il mio pensiero vola a Magritte.
Mi commuovo a una tale visione, l’espressione del volto dello spirito libero ritratto mi ha avvinto. Ha un’espressione dolce e sorridente, viva e buona, tipica di chi ama anche se non amato, di chi dona senza avere un interesse, è l’identica espressione dell’eccelso viandante solitario. Saluto questi mie fratelli, che simbolicamente in eterno vivranno nella valle, e riprendo il cammino del ritorno.
Presso l’impluvio riempio le due borracce d’acqua, e cosi con i vari saliscendi arrivo al rifugio. Entro all’interno della struttura e ordino una Radler, provo a gustarla presso i tavoli posti all’esterno. Una tizia riposa in posizione distesa e beatamente su una panca, adopera la mascherina anti-Covid come copri occhi. Pochi metri in basso scorgo dei tavoli, in un cartello è scritto picnic, mi sposto verso quest’ultimi, e mi accomodo sulla panca. Estraggo dallo zaino la borsa con le provviste: panino, banana e la birra. Il momento ricreativo è un altro tipo di godimento che adoro e a cui non rinuncio. Mentre ammiro il paesaggio, mordicchio il panino, sorseggio la bevanda, ci vorrebbe anche una bella dormita, ma sarà per un'altra volta. Una volta finito il momento ludico, mi preparo per la partenza allacciando bene le stringhe degli scarponi. Il sentiero del rientro è assai lungo, durante il tragitto canticchio.
Una volta raggiunta la malga Pramper, decido di prendere del formaggio fresco e lo serbo nella borsa frigo. Una dolce e bella fanciulla mi fornisce il tutto, è avvenente quanto la montagna, forse è una dea? Non importa! Oggi tutto è magico e meraviglioso. Con calma riprendo il cammino, scoprendo e visitando una piccola capanna che somiglia a un nido d’amore, donato dagli dei agli amanti che decidono di sognare sotto le stelle di questa splendida valle. Raggiunta l’auto, riprendo il cammino per il Friuli, guido piano, sono tanto stanco ma soddisfatto. Durante il tragitto del ritorno ho modo di ammirare le numerosissime cime, molte conosciute, altre no, ma tutte signore montagne, che amo.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.



































































































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