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giovedì 25 giugno 2020

Monte Rest dal passo del monte Rest.

  
Monte Rest (1780 m) dal passo del Monte Rest-

Localizzazione: Prealpi Carniche – Catena Valcalda Verzegnis-Gruppo Valcalda Taiet- Sottogruppo Valcalda.

Avvicinamento: Lestans-Meduno- Tramonti di Sopra- Seguire indicazioni per il passo Rest (1044 m.) - Raggiunto il passo troviamo un ampio parcheggio di fronte l’inizio del segnavia CAI n.826-

Dislivello: 740 m.

Dislivello complessivo: 750 m.

Distanza percorsa in Km: 8 chilometri.

Quota minima partenza: 1044 m.

Quota massima raggiunta: 1780 m.

Tempi di percorrenza escluse le soste: 3,5 ore (il tempo impiegato è soggettivo)

In: Solitaria

Tipologia Escursione: panoramica

Difficoltà: Escursionistica
Segnavia: Cai 826-
Impegno fisico: basso

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

Croce di vetta: si

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: si (custodia in plastica con annessa penna e fogli per iscrivere il passaggio)
Timbro di vetta: no

Riferimenti:

Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028.
2) Bibliografici:
3) Internet:

Periodo consigliato: tutto l’anno

Da evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero: Ben marcato

Fonti d’acqua: nessuna

Consigliati:
Data: martedì 23 giugno 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

 Il monte Rest è l’inconfondibile mole dalla cupola inerbita che attrae l’attenzione dei viandanti quando pervengono nell’affascinante paese di Tramonti di Sopra. La parte terminale è morbida e appare come un enorme panettone, ma le pareti che la sollevano sono verticali e ardite. L’ultima volta che ho raggiunto la vetta è stato sedici anni fa, ero in compagnia della mia signora e di un Magritte cucciolo, da allora sembra passato un secolo. Di recente ho percorso ben due volte la strada forestale che risale per il versante occidentale, ripromettendomi, dopo le escursioni eseguite nelle cime limitrofe, di fare un salto su in vetta, ma per un motivo o un altro non sono riuscito nei propositi. Quindi, approfittando di una bellissima giornata, che si prospetta all’insegna del sole, ho deciso di mantenere la promessa.
Sin dalle prime ore dell’alba avverto che la temperatura è al di sopra della media stagionale. Raggiungo il passo di monte Rest, trovando un’auto in sosta nel parcheggio, qualcuno mi ha preceduto. Mi appronto velocemente, e inizio il cammino lungo la carrareccia. Effettivamente una giornata così splendida la sognavo da tempo, e man mano che salgo scorgo in lontananza delle cime che ignoro, e forse in cuor mio avrei preferito compiere un'altra meta. Ma le promesse vanno mantenute, e oggi ho preso un impegno con la vetta del Rest.
Durante la salita della strada forestale un automezzo mi supera, in casera Rest scoprirò chi sono gli occupanti: dei tecnici che si occupano dei ripetitori telefonici posti in vetta.
Dopo aver raggiunto la casera effettuo una breve sosta, per poi ripartire, seguendo la traccia (sull’inerbito pendio sommitale) segnata CAI 826.
Poco sotto la croce che precede il bivio: tra il proseguo del sentiero e la pesta per la vetta, mi appare una figura (una giovane) quasi onirica e in forte controluce, e dietro di essa, nell’azzurro cielo, come dipinta, scorgo una piccola nube a forma di cuore. Chiedo gentilmente alla ragazza di fermarsi, ed effettuo una foto. Ci presentiamo, è la proprietaria dell’automezzo che ho trovato in basso. Una teutonica fanciulla dagli occhi color smeraldo, le faccio i complimenti perché va in solitaria. È una veneziana dalle origini sicule, sorrido, le rivelo che anch’io sono siciliano, e che queste magnifiche vette sono più che mai la prova tangibile che le montagne uniscono e non dividono. Due cittadini, di mare, che arrivano da lontano, si incontrano sui monti, non c’è bisogno di commentare altro. Ci salutiamo cordialmente dopo averla edotta sull’esistenza del gruppo “La montagna per Spiriti Liberi”, mettendole a disposizione le nostre relazioni sulle escursioni in zona. Proseguo il cammino, stavolta come in precedenza nel territorio, non continuo per l’826, ma viro a sinistra iniziando l’ascesa alla vetta. Il verde del prato è davvero splendente, fertilizzato e raso continuamente dal permanente gregge di ovini. Per quanto appaia vicina la vetta sembra non arrivare mai, finché superato un solco posto alcuni metri sotto le cabine elettriche dei ripetitori, giungo alla massima elevazione, materializzata da una scultura fatta con tondini di ferro; a essi stanno sospese per asciugare le magliette dei due operai incontrati in precedenza.
Tra i tondini in ferro è adagiata una rudimentale croce in legno. Mi diletto, con il materiale che porto al seguito (cordini, nastri adesivi e fil di ferro), a fissare la piccola croce a uno dei tondini, e alla base di essa lascio una custodia con il simbolo degli spiriti liberi, un blocco appunti e una penna, con cui i viandanti possono lasciare il segno del loro passaggio. Effettuo un video e delle foto. Espletate le comuni operazioni post-arrivo in vetta, mi dedico alle altre attività, quelle ludiche.
Mi sposto pochi metri sotto la vetta, sul versante orientale, estraggo dallo zaino la borsa viveri, e pongo lo zaino stesso dietro la schiena, adoperandolo come un comodo schienale. Disteso e a gambe larghe mi godo la veduta sul versante orientale, ovvero: la cima Auda, il massiccio del Valcalda, e dietro di esse la cima del Verzegnis, e tutto l’arco alpino, dalle Alpi Carniche alle Giulie.
Da molto non trascorrevo tanto tempo in vetta, mi sono fermato almeno un paio di ore. Mentre il periodo scorre, fisso lo sguardo sulle lontane catene montuose, e ognuna di esse riecheggia remoti ricordi. Non sento più il vocio degli operai, si sono spostati sul versante occidentale della vetta per consumare il loro pasto. Stupenda la loro attività, vagano per la regione e per le vette. Le ore volano in compagnia dei pensieri, fa tanto caldo, decido di rientrare, ma a rilento. Lasciata la cima incontro in basso il gregge, i veri padroni indiscussi del Rest, e dopo aver attraversato in discesa il ripido prato, raggiungo la strada forestale. Perseverando con un passo leggero e da bradipo, continuo a dar sfogo ai pensieri per rielaborare gli ultimi mesi del mio vissuto, è una catarsi che adoro e che mi fa stare bene. Raggiunta l’auto mi libero dei pesanti scarponi e degli abiti umidi di fatica, pulendo le estremità e calzando dei comodi sandali. Una volta in auto mi avvio piano piano, non è da me, visto che di solito ho una guida nervosa. Presso il lago di Redona sosto l’automezzo, per scendere a piedi sul bagnasciuga dello stesso, una visione romantica per chiudere in bellezza la giornata. La sosta è breve, ma riflessiva, ripreso il cammino, rientro nella pianura, felice e serafico di aver trascorso sui monti un giorno della mia vita, in compagnia della grande signora.
Il Forestiero Nomade-
Malfa.


































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