Anello di Forcella Val del Drap 2290 m. dalla Val Cimoliana
(Pian Fontana.).
Note tecniche.
Localizzazione: Dolomiti D’Oltre Piave-Gruppo Duranno-Cima
dei Preti.
Avvicinamento: Montereale Valcellina-Barcis.
Cellino-Cimolais-Ponte del Compol-Val Cimoliana- Pian della Fontana.
Dislivello: 1370 m.
Dislivello
complessivo: 1400 m.
Distanza percorsa in Km: 12 km.
Quota minima partenza: 920 m.
Quota massima raggiunta: 2290 m.
Tempi di percorrenza. 7 ore
In: Coppia.
Tipologia Escursione:
Selvaggia.
Difficoltà: E.E.
Segnavia: CAI 389-390
Attrezzature: Nessuna.
Croce di vetta: No.
Libro di vetta: No.
Timbro di vetta: No.
Cartografia consigliata: Tab 021
Periodo consigliato: giugno-ottobre.
Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.
Fonti d’acqua: Molteplici, a qualsiasi quota.
Data: 13 settembre 2017
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto.
Le giornate uggiose rendono tediosa l’esistenza, si aspetta
con apprensione il giorno in cui la pioggia si prende una pausa, concedendo ai noi
comuni mortali delle ore di avventura, più per bisogno che per diletto.
Grazie alla lettura del meteo sul web possiamo prestabilire
il giorno in cui abbandoniamo la quotidianità, per una fuga in puro stile
Alcatraz, e in questo caso è sempre meglio avere dei conniventi, pardon,
compagni di ventura. Roberto, è un eccellente complice, ci stiamo
specializzando in escursioni lunghe, originali e ad alto ravanamento! Insomma,
quel tipo di uscite che i piedi a metà percorso ti supplicano pietà. Ho spesso
scritto di Roberto, sottolineando le doti umani e tecniche, e non posso esimermi
di ripetermi, augurando ad altri escursionisti, di trovare compagnia per quanto
difficile, identica.
L’appuntamento anche questa volta è sotto casa mia, la
strada che attraversa la piccola frazione è obbligatoria per tutti coloro che
provengono dal Friuli orientale e vogliono andare per monti nel pordenonese e
viceversa, la strada ricalca un vecchio snodo del periodo Imperiale Romano.
Esco dal portone con zaino e annessi, e trovo l’amico, ci
abbracciamo e partiamo per la meta, che dovrebbe essere la cima Laste,
prosecuzione settentrionale della Cima dei Preti. Per strada conversiamo,
sperando che la neve non abbia eccessivamente imbiancato le cime. Giunti nella
valle che precede Cimolais, rimaniamo incantati nel vedere la prima neve sul
Duranno, proseguiamo per la Val Cimoliana, fino a trovare la prima sorpresa: la
strada forestale è bloccata, da un piccolo smottamento di ghiaie, dovuto alle intense
piogge dei giorni precedenti. Scendo dall’auto e guido il buon Roberto, nella
prima peripezia del giorno, superata questa, procediamo con cautela, sperando
di non avere brutte sorprese.
Arriviamo senza intoppi nel Pian di Fontana, lasciamo l’auto
e ci prepariamo. Il torrente che scorre nella Val Cimoliana è in piena, un
fragore, quasi assordante, accompagna i preliminari che precedono la partenza.
Nel frattempo sopraggiunge una jeep della forestale, ci salutiamo; ci
consigliano, dopo essersi informati sui nostri propositi di seguirli, se fosse
il caso ci traghettano loro con il loro mezzo sull’altra sponda. Ci avviciniamo
alla corrente, notando che i tre forestali sono sbalorditi dalla furia delle
acque, loro rimandano indietro il mezzo, e ci seguono, non ci rimane che guadare
il torrente in piena per ponticello sospeso su due massi. Il torrente fa impressione, lo oltrepasso per
primo, segue Roberto e dietro di noi i tre custodi della montagna. Passati
indenni il secondo ostacolo della giornata, si procede in direzione della Val
Cantoni, seguendo da prima la carrareccia e successivamente il sentiero CAI (numerato
390) che ci conduce dentro il magico bosco di faggi; avendolo entrambi, ultimamente
percorso per volte, tralasciamo di fare foto, dedicando il tempo alla
conversazione.
Il rumore delle acque che scorrono per i canali è
incessante, si esce sul greto del torrente che stranamente troviamo asciutto,
percorriamo stavolta la destra orografica, seguendo gli ometti che ci portano
alla Val dei Cantoni. Più avanti attraversiamo il greto, fino a raggiungere la
sponda opposta, dove troviamo segni e iscrizioni a caratteri cubitali che in
modo chiaro indicano le direzioni da
seguire. Lasciando a sinistra la traccia per la Cima dei Preti e a destra il sentiero
CAI (390) che risale la Val dei Frassin, proseguiamo per la Val del Drap, imboccando
il sentiero dismesso numerato 389. Osserviamo le pareti rocciose che circondano
il ghiaione da risalire, non riusciamo a comprendere da dove passeremo, ma il
sentiero è ben tracciato e anche segnato, quindi non disperiamo. Con una serie
di brevi tornanti e zizzagando, risaliamo il ghiaione, spostandoci a sinistra,
dentro un mugheto, e dopo pochi metri ci troviamo alla base di un bel canalino.
Roberto ride, ed esclama: <<Malfa, sarai ben contento, c’è pane per i
tuoi denti, un bel canalino tutto per te.>>Si è sparsa in giro questa voce,
che il sottoscritto adora i canalini o canaloni, ebbene, lo confesso, li preferisco,
essi mi danno sicurezza, li paragono a una scala mobile, e spesso, essi portano
in paradiso. Il canalino, con piccoli passaggi di arrampicata elementare ci
porta sulla sommità, tra mughi e rocce, che con attenzione percorriamo fino a
lambire un intaglio di roccia bianca e compatta, che risaliamo alla sua destra.
Una miriade di marmitte, colme d’acqua, sono incastonate come pietre preziose. È
meravigliosamente bello, magnifico, Roberto è galvanizzato. Stiamo risalendo un
pendio che metro dopo metro ci regala emozioni stupende, le parole, le più
altosonanti in possesso del nostro linguaggio ne sminuirebbero la magnificenza.
Dal basso intravediamo la forcella del Drap, dominata dalle belle placche
incrinate della Cima dei Preti. Superiamo un salto di grado primo più, reso
infido dalla roccia umida, e con l’aiuto dei mughi siamo sopra, fino a
raggiungere l’inizio della Val del Drap.
Avverto Roberto, che fisicamente mi sento stanco, quindi
procedo, ma più lento del solito. L’amico ha messo le ali, con lui divido un
Mars, e questo non fa che aumentare le sue energie, lo vedo schizzare di qua e
di là, le distanze tra noi si allungano, le belle placche di roccia mi distraggono
dalla fatica. Un residuo ed enorme nevaio crea una grotta, Roberto si perde in
essa, per poi uscirne fuori come rinato. Dietro delle rocce avvistiamo una
famigliola di Stambecchi, ci avviciniamo fino a pochi metri dal loro cospetto.
Essi, si assicurano che li osserviamo, mostrandoci uno spettacolo degno di una
compagnia circense. Inciso su una roccia leggo un’iscrizione: <<Riferite
a Federica e Loris, che siamo pronti a gareggiare con loro. Firmato: Gli
stambecchi della Forcella Val Drap.>>Sorrido, riferirò, e proseguo. La
forcella è sempre più vicina, a sinistra di essa, le impressionanti placche,
sbalorditive, a destra il versante meridionale della Cima del Drap. Per distrarmi
dalla fatica, ne osservo i punti deboli della cima appena citata, fantasticando
di andare in vetta.
Finalmente siamo a pochi metri dalla forcella, stavolta
Roberto mi lascia l’onore di raggiungere per primo la meta, essa è fantastica,
emozionante, commentiamo che è bella come una cima, non mi aspettavo cotanto
splendore. A nord-ovest di essa il monte Laste, la nostra meta iniziale, che da
subito decliniamo, soprattutto per la fatica della salita e il sopraggiungere
della nebbia.
La forcella è una
meraviglia, raramente mi sono emozionato tanto per una forcella, essa è un
paradiso. Spaziamo con lo sguardo, girando su noi stessi, e in qualsiasi punto osserviamo,
rimaniamo esterrefatti. I mille e
quattrocento metri di dislivello fin qui affrontati sono ripagati, ora provvediamo
alla delizia dello stomaco, consumando qualcosa. Roberto, sorprendente, tira
fuori dallo zaino un buon vino rosso, purtroppo declino l’invito, essendo un
poco astemio, rischio di vedere in discesa il doppio dei sentieri. La sosta è
lunga, per il motivo ampiamente scritto. Tale meraviglia (la forcella del Drap)
meriterebbe un bivacco, la posizione non sarebbe male. Iniziamo la discesa,
prima prudenti per via di una lingua di neve, che si rivela essere inoffensiva,
e poi per un passaggio delicato, che Roberto supera di slancio e il
sottoscritto di lato, calandomi in un canalino, che dopo si rivela più ardito
del passaggio che ho evitato. Ci abbassiamo di una cinquantina di metri di
quota, affrontando un tratto malagevole, tra detriti e roccette, per poi
risalire per zolle, prossimi a un canalone.
Ci ritroviamo all’interno
di un paesaggio da sogno, le nuvole basse velano le pareti del Tricorno, dove
solo l’occhio (un foro) degno di Polifemo ci scruta. Attraversiamo l’ampia
conca prativa della Pala Anziana, prima disseminata di sassi di enormi
dimensioni, e poi di ghiaia, fino a solcare i verdi pascoli. Siamo alla
continua ricerca di quella via che ci porterà in futuro in cima al monte Laste,
ma non scorgiamo ne segni e ne ometti, immagino che la ricerca sarà ardua, ma
ce la faremo, non dubito. Il verde alpeggio a meridione è ricoperto di neve, ci
avviciniamo a una selletta, decidiamo di salire su una cimetta posta su un
colle, che battezziamo “Col degli Spiriti Liberi; su di essa pianto un‘originale
croce di vetta con i bastoncini da trekking, legati tra loro con nastro adesivo,
color nero. La visuale non è male, riusciamo a scorgere il Pian di Fontana, e
le “Tre Grazie” (Cima Sella, cima delle Monache e cima dei Frassin) con alle
spalle di esse, le superbe elevazioni dei Monfalconi.
Stavolta si scende, ma le sorprese non sono ancora finite,
dietro l’angolo, aggirando il colle alto 2249 metri, scorgiamo un camoscio di
vedetta, esso fugge, e nel immenso catino alla nostra sinistra individuiamo un
branco di camosci. Ci fermiamo in religioso silenzio, dedicando tempo alla
contemplazione. Raramente se ne vedono così numerosi, ripreso il sentiero
chiamato anche Alta Via (6) dei Silenzi, lo percorriamo in discesa, esso è un vero
eden!
La labile traccia, tra ometti e brevi tratti marcati,
comincia a perdere quota rapidamente, passando tra dorsi erbosi, fino a
raggiungere il pendio che dall’alto domina la valle dei Frassin. Con una serie
piccoli tornanti ci caliamo, quasi a ridosso della Casera Laghét di Sopra, una
serie di cartelli, con indicazioni CAI, precedono il nostro arrivo all’edificio
precedentemente citato. Raggiunto la casera, effettuiamo una breve sosta, per
poi dedicarci al rientro. Ripreso il cammino, dopo aver superato Casera Laghèt
di sotto, iniziamo la discesa nel bosco, accompagnati dal fragore costante del
torrente che costeggiamo alla nostra destra, lo guadiamo con peripezie, ognuno
cercando un punto diverso per non imbarcare acqua negli scarponi. Superato il
penultimo ostacolo, percorriamo il bosco, fino alla passerella sul torrente che
precede il parcheggio, dove abbiamo lasciato l’auto. Fatta! Ci ritroviamo
sull’altra sponda asciutti e incolumi.
È stata una bella escursione, avventurosa, all’insegna del
meteo variabile e dell’acqua. Un bellissimo viaggio all’interno del sogno
chiamato “Dolomiti d’Oltrepiave.
Il “Forestiero Nomade”.
Malfa.