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venerdì 3 luglio 2015

                                       Sulle orme di Julius Kugy.
                                                                       
                                               Ponza Grande m 2273
Note tecniche.
Avvicinamento: Tarvisio-Lago di Fusine
Punto di Partenza : Parcheggio subito dopo il lago superiore delle Fusine
Tempi di marcia escludendo le soste: 5 ore (7 complessive)
Dislivello complessivo in salita : 1330
Distanza percorsa in Km: 19,2
Quota minima partenza:  944
Quota massima raggiunta: 2274
Tempo: Bellissima giornata solare
Segnavia : CAI sentieri 512, e bolli rossi.
Fonti d’acqua : Ultima fonte presso il rifugio  Zacchi.
Periodo consigliato: luglio-settembre
Difficoltà: E.E.A.  Ferrata media difficoltà con passaggio di I o II GRADO, ma cavi laschi o mancanti  rendono rischiosa la progressione, i tratti non attrezzati (e sono tanti) sono infidi , pericolosissimi ed esposti
Cartografia consigliata. Tabacco 019
Data:  01 luglio 2015
Condizioni del sentiero: Infido le prime attrezzature.

Il vostro “ Forestiero Nomade”.
Malfa.
Finalmente il primo giorno di ferie, che è anche il genetliaco, dove vado? OPS, guardo nelle cime che mi ero segnato di fare e leggo le Ponze!Perché no?  Voglio qualcosa di tosto, si faccio la Ponza grande, quindi caschetto e imbrago nello zaino, acqua e frutta secca, si parte! Giornata spettacolare, sulla strada per Tarvisio, guardando dal finestrino sono rapito dalla mole del Fuart e del Nabois Grande che dominano la Val Bruna, quello scorcio m’incanta sempre, poco dopo arrivo al “Parco Naturale di Fusine”.
Zaino in spalla si parte. Non fa freddo, pochi minuti sono in maglietta, seguo le indicazioni per il Rif. Zacchi, e noto subito che il sentiero è ben curato e segnato, complimenti a chi si occupa della manutenzione del sentiero. La vecchia mulattiera è in ottime condizioni, il tratto iniziale è a gradoni, bello e sicuro, ti porta a risalire i 440 metri di dislivello senza farti sentire la fatica. Dopo un’oretta raggiungo il rifugio Zacchi (quota 1380), Incastonato in una bellissima posizione, tutto intorno si ammira uno dei più begli anfiteatri delle Giulie. Il Mangart è sveglio, ti sorride con le sue bianchissime rocce. Fuori dal rifugio un paio di auto in sosta, ma è chiuso, dormono? Volevo chiedere informazioni sullo stato d’uso delle attrezzature e della ferrata. Proseguo seguendo le indicazioni per le Ponze poste su una tabella, seguo il sentiero subito dopo l’impluvio e in seguito attraverso il greto asciutto di un torrente. Mi addentro nell’afoso e sterminato mugheto, nel frattempo osservo le sovrastanti pareti rocciose delle Ponze, cercando di intuire il successivo sviluppo del sentiero. Guadagnando quota arrivo alla base della prima parete attrezzata, un cavo robusto color ruggine, indosso l’imbrago e comincio la salita. Facili passaggi di primo grado, in seguito tra i mughi intervallato da cavi, risalgo fino a uno sperone roccioso, qui la progressione è più impegnativa, con l’aiuto delle attrezzature risalgo un canalino e poi una parete esposta, finite le attrezzature sempre tra mughi seguo il sentiero segnato da bolli, aggirando il costone alla base delle Ponze, superando i punti più esposti grazie ad alcuni cavi, le attrezzature finiscono all’imbocco di un gran canalone. Seguendo i bolli rossi, supero un’inclinata e compatta placca, risalgo il seguente costone, tra balze erbose, aiutato da cavi fino a raggiungere la base della parete occidentale della Ponza di mezzo. Indicazioni su un masso m’indicano a sinistra per la ferrata della Ponza Grande, a destra per la Ponza di mezzo. Dopo un’acuta e meditata riflessione e sfogliando una margherita (Ponza Grande o Ponza di mezzo?) decido di regalarmi una ferrata. Canticchio ispirandomi a un vecchio successo di A. Venditti:- Ma Ponza o Ponza noi arriveremo a Roma … malgrado voi! Quindi ferrata sia! Proseguo sul sentiero incassato sotto le pareti, le attrezzature mi portano a scendere lo sperone per risalirne un altro, sempre mano sui cavi e un occhio alle pareti strapiombanti della Ponza Maggiore. Finite le attrezzature, l’occhio è attratto da un bollo rosso alla base della parete rocciosa, dove il canalone si restringe, intuisco che materializza l’attacco della ferrata. Impressionate lo sguardo va alle verticali pareti, arrivo all’attacco, e si comincia. Ben attrezzata, con l’aiuto delle braccia risalgo L’ appigliata via, non è difficile, è quasi un sentiero attrezzato molto esposto. Dopo un dislivello di un centinaio di metri, finiscono le prime attrezzature, la linea della ferrata si sposta a oriente risalendo un breve tratto non protetto tra roccette, poi riprendono i cavi, aggirando le esposte pareti settentrionali. Un cavo divelto è la macabra sorpresa, breve tratto di 10 metri esposto a meridione, che supero con cautela, sudando freddo! Riprese le attrezzature, salgo una scaletta in metallo, aggirando il costone fino a risalire un canalino, qui la progressione è più facile, sempre con l’aiuto dei cavi, ma con meno esposizione risalgo le ultime rocce fino a sbucare in cresta. Bellissimo panorama, i bolli rossi m’indicano che la vetta è a destra. Ultimi metri e un masso con iscrizioni in sloveno materializzano la massima altezza. Breve pausa a gustarmi il paesaggio, e penso alla discesa, che da subito si rivela ripida e scoscesa, segnata da indicazioni slovene. Ops, alla fatica ne aggiunge altra:- Ma mica te l’ha prescritto il medico l? Insomma, scendo pian pianino, passo dopo passo, raggiungendo le prime attrezzature, che con sempre minor esposizione mi portano al clou dell’escursione. Il luogo magico e mitico descritto da Julius Kugy, lui si che passeggiava senza aiutarsi con le attrezzature, dritto come un funambolo. Un’affilata lama di roccia, con esposizioni da brivido su entrambi i fronti. Il primo tratto è senza cavo, superato il primo tratto, mi assicuro ai cavi, rido, gli ancoraggi che tengono i cavi, sono piegati, quindi alla fine devo superarlo piegandomi come un nano da circo! Con adrenalina mista a calma zen supero l’ostacolo. Un successivo cavo mi porta alla base (Forca Planiza) piccolo intaglio. Meritata sosta, rifocillo il corpo e diminuisco l’adrenalina. Guardo in basso sui due versanti, quello sloveno è inerbito, quello italiano è meno esposto, un canalone misto tra ghiaie e placche. I bolli rossi m’invitano a risalire la parete occidentale della Ponza di Mezzo, ma sono attratto dal fondo del canalone. Una parete color ferro, penso che sia l’attacco della ferrata, scendo per intuitive tracce fino a percorrere un esile traccia che mi porta in prossimità dell’attacco della ferrata percorsa in precedenza.Raggiunto il sentiero segnato da bolli rossi, lo percorro a ritroso raggiungendo il bivio per le due Ponze. Un ultimo sguardo alla Ponza Grande, e con calma il lungo ritorno fino al rifugio Zacchi. Raggiunto lo Zacchi, ho offerto da bere agli escursionisti di passaggio, e ho avuto l’onore di conoscere la simpaticissima Rosa. Dopo essermi dissetato e salutato i presenti ho ripreso il cammino verso i laghi di Fusine, mentre il Mangart si nascondeva dietro un foulard grigio.
Il vostro “Forestiero Nomade”
Malfa.
























































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