Sulle orme di Julius Kugy.
Ponza Grande m 2273
Note tecniche.
Avvicinamento: Tarvisio-Lago di Fusine
Punto di Partenza : Parcheggio subito dopo il lago superiore
delle Fusine
Tempi di marcia escludendo le soste: 5 ore (7 complessive)
Dislivello complessivo in salita : 1330
Distanza percorsa in Km: 19,2
Quota minima partenza:
944
Quota massima raggiunta: 2274
Tempo: Bellissima giornata solare
Segnavia : CAI sentieri 512, e bolli rossi.
Fonti d’acqua : Ultima fonte presso il rifugio Zacchi.
Periodo consigliato: luglio-settembre
Difficoltà: E.E.A.
Ferrata media difficoltà con passaggio di I o II GRADO, ma cavi laschi o
mancanti rendono rischiosa la
progressione, i tratti non attrezzati (e sono tanti) sono infidi , pericolosissimi
ed esposti
Cartografia consigliata. Tabacco 019
Data: 01 luglio 2015
Condizioni del sentiero: Infido le prime attrezzature.
Il vostro “ Forestiero Nomade”.
Malfa.
Finalmente il primo giorno di ferie, che è anche il
genetliaco, dove vado? OPS, guardo nelle cime che mi ero segnato di fare e
leggo le Ponze!Perché no? Voglio
qualcosa di tosto, si faccio la Ponza grande, quindi caschetto e imbrago nello
zaino, acqua e frutta secca, si parte! Giornata spettacolare, sulla strada per
Tarvisio, guardando dal finestrino sono rapito dalla mole del Fuart e del
Nabois Grande che dominano la Val Bruna, quello scorcio m’incanta sempre, poco
dopo arrivo al “Parco Naturale di Fusine”.
Zaino in spalla si parte. Non fa freddo, pochi minuti sono
in maglietta, seguo le indicazioni per il Rif. Zacchi, e noto subito che il
sentiero è ben curato e segnato, complimenti a chi si occupa della manutenzione
del sentiero. La vecchia mulattiera è in ottime condizioni, il tratto iniziale
è a gradoni, bello e sicuro, ti porta a risalire i 440 metri di dislivello
senza farti sentire la fatica. Dopo un’oretta raggiungo il rifugio Zacchi (quota
1380), Incastonato in una bellissima posizione, tutto intorno si ammira uno dei
più begli anfiteatri delle Giulie. Il Mangart è sveglio, ti sorride con le sue
bianchissime rocce. Fuori dal rifugio un paio di auto in sosta, ma è chiuso,
dormono? Volevo chiedere informazioni sullo stato d’uso delle attrezzature e della
ferrata. Proseguo seguendo le indicazioni per le Ponze poste su una tabella,
seguo il sentiero subito dopo l’impluvio e in seguito attraverso il greto
asciutto di un torrente. Mi addentro nell’afoso e sterminato mugheto, nel
frattempo osservo le sovrastanti pareti rocciose delle Ponze, cercando di
intuire il successivo sviluppo del sentiero. Guadagnando quota arrivo alla base
della prima parete attrezzata, un cavo robusto color ruggine, indosso l’imbrago
e comincio la salita. Facili passaggi di primo grado, in seguito tra i mughi
intervallato da cavi, risalgo fino a uno sperone roccioso, qui la progressione
è più impegnativa, con l’aiuto delle attrezzature risalgo un canalino e poi una
parete esposta, finite le attrezzature sempre tra mughi seguo il sentiero
segnato da bolli, aggirando il costone alla base delle Ponze, superando i punti
più esposti grazie ad alcuni cavi, le attrezzature finiscono all’imbocco di un
gran canalone. Seguendo i bolli rossi, supero un’inclinata e compatta placca, risalgo
il seguente costone, tra balze erbose, aiutato da cavi fino a raggiungere la base
della parete occidentale della Ponza di mezzo. Indicazioni su un masso m’indicano
a sinistra per la ferrata della Ponza Grande, a destra per la Ponza di mezzo.
Dopo un’acuta e meditata riflessione e sfogliando una margherita (Ponza Grande o
Ponza di mezzo?) decido di regalarmi una ferrata. Canticchio ispirandomi a un
vecchio successo di A. Venditti:- Ma Ponza o Ponza noi arriveremo a Roma … malgrado
voi! Quindi ferrata sia! Proseguo sul sentiero incassato sotto le pareti, le
attrezzature mi portano a scendere lo sperone per risalirne un altro, sempre mano
sui cavi e un occhio alle pareti strapiombanti della Ponza Maggiore. Finite le attrezzature,
l’occhio è attratto da un bollo rosso alla base della parete rocciosa, dove il
canalone si restringe, intuisco che materializza l’attacco della ferrata. Impressionate
lo sguardo va alle verticali pareti, arrivo all’attacco, e si comincia. Ben attrezzata,
con l’aiuto delle braccia risalgo L’ appigliata via, non è difficile, è quasi
un sentiero attrezzato molto esposto. Dopo un dislivello di un centinaio di
metri, finiscono le prime attrezzature, la linea della ferrata si sposta a
oriente risalendo un breve tratto non protetto tra roccette, poi riprendono i
cavi, aggirando le esposte pareti settentrionali. Un cavo divelto è la macabra
sorpresa, breve tratto di 10 metri esposto a meridione, che supero con cautela,
sudando freddo! Riprese le attrezzature, salgo una scaletta in metallo,
aggirando il costone fino a risalire un canalino, qui la progressione è più facile,
sempre con l’aiuto dei cavi, ma con meno esposizione risalgo le ultime rocce
fino a sbucare in cresta. Bellissimo panorama, i bolli rossi m’indicano che la
vetta è a destra. Ultimi metri e un masso con iscrizioni in sloveno materializzano
la massima altezza. Breve pausa a gustarmi il paesaggio, e penso alla discesa,
che da subito si rivela ripida e scoscesa, segnata da indicazioni slovene. Ops,
alla fatica ne aggiunge altra:- Ma mica te l’ha prescritto il medico l?
Insomma, scendo pian pianino, passo dopo passo, raggiungendo le prime
attrezzature, che con sempre minor esposizione mi portano al clou
dell’escursione. Il luogo magico e mitico descritto da Julius Kugy, lui si che passeggiava
senza aiutarsi con le attrezzature, dritto come un funambolo. Un’affilata lama
di roccia, con esposizioni da brivido su entrambi i fronti. Il primo tratto è
senza cavo, superato il primo tratto, mi assicuro ai cavi, rido, gli ancoraggi
che tengono i cavi, sono piegati, quindi alla fine devo superarlo piegandomi
come un nano da circo! Con adrenalina mista a calma zen supero l’ostacolo. Un
successivo cavo mi porta alla base (Forca Planiza) piccolo intaglio. Meritata
sosta, rifocillo il corpo e diminuisco l’adrenalina. Guardo in basso sui due
versanti, quello sloveno è inerbito, quello italiano è meno esposto, un
canalone misto tra ghiaie e placche. I bolli rossi m’invitano a risalire la
parete occidentale della Ponza di Mezzo, ma sono attratto dal fondo del
canalone. Una parete color ferro, penso che sia l’attacco della ferrata, scendo
per intuitive tracce fino a percorrere un esile traccia che mi porta in
prossimità dell’attacco della ferrata percorsa in precedenza.Raggiunto il
sentiero segnato da bolli rossi, lo percorro a ritroso raggiungendo il bivio per
le due Ponze. Un ultimo sguardo alla Ponza Grande, e con calma il lungo ritorno
fino al rifugio Zacchi. Raggiunto lo Zacchi, ho offerto da bere agli escursionisti
di passaggio, e ho avuto l’onore di conoscere la simpaticissima Rosa. Dopo
essermi dissetato e salutato i presenti ho ripreso il cammino verso i laghi di
Fusine, mentre il Mangart si nascondeva dietro un foulard grigio.
Il vostro “Forestiero Nomade”
Malfa.
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