Magritte sul
Monte Pedroc da Somp di Cornino.
L’Araba Fenice
risorge dalle sue ceneri e ritorna a volare sui monti che tanto ha prediletto e
l’hanno amata, e le giornate invernali dalla temperatura primaverile stimolano
le ali a battere di nuovo, scrollando dalle piume il tempo trascorso
nell’oblio. Una croce si sporge sul paesaggio, quasi occultata dalla
vegetazione, ma la mia attenzione è sedotta dall’elegante volo spiccato dai
molteplici grifoni che escono in perlustrazione dalla riserva. Una casera
ricostruita è in bella mostra e due alberi solitari le fanno la guardia; i
cuori disegnati sul copritavolo posto all’esterno della casera mi riferiscono
che oggi nell’atmosfera regna l’Amore, ed esso, il sublime e nobile sentimento,
mi guida con l’ausilio del sole e della volta celeste. La traccia porta a un
terrazzo panoramico dove un piccolo ometto è posto per indicare al viandante
che la meta è stata raggiunta. Osservo l’ometto eretto con i sassi, uno di essi
dalla forma di una cuspide si erge verticalmente come simbolo e da lontano
appariva come una bianca statuetta. Mi accosto al mucchietto di sassi e sgancio
lo zaino, mentre Magritte, il mio fedele
compagno di viaggio si lascia andare, sollazzandosi prima e chiudendo gli occhi
dopo per la fatica. Lungo il cammino ho modo di conoscere presso uno stavolo
due simpatiche signore (madre e figlia), di cui la più anziana è arzilla e
sfoggia un fazzoletto come copricapo che rimanda a una civiltà scomparsa. Mi
fermo istaurando una simpatica conversazione per poi congedarmi con un sorriso.
Il rientro non mi riserva alcuna novità di rilievo, il sole mi accompagna fino
al punto di partenza, e io sono ebbro di beatitudine che serberò nei giorni a
seguire.
Malfa.
Tratto da:
Monte Pedroc da Somp Cornino
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