Monte
Falchia e Monte Ronchais da Allegnidis
Localizzazione: Alpi
carniche Centrali- Alpi orientali Tolmezzine-Gruppo dell’Arvenis-Dorsale
Tamai-Zoncolan.
Avvicinamento:
Tolmezzo-Villa Santina-indicazioni per la frazione Lauco-proseguire per la
frazione di Vinaio, lasciando l’auto presso il cimitero di Allegnidis ( piccolo
spiazzo)
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
Provincia
di: UD
.
Dislivello:
700 m.
Dislivello
complessivo: 700 m.
Distanza percorsa in Km: 17 Km.
Quota minima partenza: 846 m.
Quota
massima raggiunta: 1254 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 5 ore
In:
solitaria
Tipologia
Escursione: Escursionistica - naturalistica
Difficoltà:
escursionistiche
Tipologia sentiero o
cammino: Sentiero- sprazzi di
carrareccia- tratti in libera lungo il crinale-
Ferrata-
Segnavia:
CAI
Fonti
d’acqua: no
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: si,
sul monte Falchia.
Ometto di vetta: si
Libro di vetta: Installato
barattolo spiriti liberi.
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 013
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: mercoledì 27
aprile 2022
Continua la
ricerca dei sentieri remoti, di quei
percorsi, che sin dalla notte dei tempi, hanno permesso all’umanità di vagare
tra le montagne. L’avventura che vado a descrivere in questo breve racconto mi
porta in un luogo magico per il suo magnifico aspetto bucolico, e precisamente
in una delle mie terre preferite, la Carnia.
Ritorno nel territorio
di Lauco, precisamente a nord dell’altopiano che precede di pochi chilometri il
borgo di Vinaio. Le mie mete saranno il monte Falchia e il monte Ronchais. Alle
prime ore del mattino sono già in zona, al cospetto del monte che ho deciso
come meta, decidendo di iniziare il cammino dalla piccola frazione di
Allegnidis. Purtroppo, impiego un po’ di tempo a causa della ricerca di un
punto sosta per l’auto, che trovo presso lo spiazzo adiacente al cimitero del
borgo.
Una volta approntato
lo zaino, lo metto in spalla e parto, alla volta dell’adiacente frazione che
dista alcune centinaia di metri più a sud. Allegnidis, così si chiama il borgo,
visto da vicino è un delizioso insieme di abitazioni. Le case spiccano grazie
al meraviglioso contorno delle montagne che lo proteggono, e il prato che porta
ad esso è pari a un’incantevole ouverture che introduce la
magica sinfonia. Un magnifico quadro d’insieme,
che da solo merita la fatica della levataccia affrontata finora. Mi incammino per i vicoli del borgo,
mentre i nativi, specie quelli di una certa età, sono già intenti alle laboriose
operazioni quotidiane. Ci si incontra e saluta cordialmente, con un semplice
sorriso e un mandi. Sapeste quanto mi manca questo dolce atto civile laggiù nella
pianura. La buona educazione, secondo il mio modesto parere, deve essere di
serie e non una mera opzione opportunistica; per giudicare la riuscita di un
frutto bisogna anche sapere da quale albero ha origine. Qui in Carnia, tra i
monti, ho sempre trovato sorrisi giovali e gente ospitale. È risaputo che la
gente di montagna è chiusa, ma questo non è mai stato un sinonimo di ineducato,
anzi. Il mio non vuol essere uno sfogo da un moralista, ma l’onesto desiderio
di un sognatore.
Dalla frazione diparte
una carrareccia inerbita, che in poco tempo conduce agli stavoli Plauchianis ,
dove la stradina che sto percorrendo diviene un morbido tappeto. Pochi metri
ancora e inizio a seguire un comodo sentiero, che inaspettatamente è segnato. Rapidamente
mi ritrovo poco sotto la cresta orientale del monte Falchia. Vista la vicinanza
dell’azzurro del cielo al profilo, lascio la pesta mirando al crinale.
Raggiunta la cresta inizio quel mio agire con lo zaino in spalle che adoro.
Cammino sulla schiena del monte tra i due versanti, sbirciando un po’ di qua e
un po’ di là. Il percorso è reso facile da una traccia di cacciatore e dalla
non eccessiva ripidezza della dorsale. Raggiungo un’ante-cima, e di seguito il
ripido tratto finale. Mi fanno compagnia lungo il cammino gli ometti
antropomorfi. Qualche ometto lo costruisco anch’io, non hanno una vera utilità
in questo contesto, ma creano compagnia al solitario viandante. La vetta (quota 1254 m.) nascosta tra i faggi
mi appare, è una croce di fattura antica, mi piace immaginare che sia stata
recuperata da qualche luogo sacro dismesso, la sua presenza è un reale punto d’arrivo.
Provvedo ad alimentare
con altri sassi l’ometto di vetta,
lasciando l’utile contenitore per passaggio del vagabondo. Effettuo una breve
pausa, non avendo paesaggio da ammirare a causa della fitta boscaglia, continuo
l’escursione, mirando al versante Nord-Occidentale.
Stavolta procedo in
libera, finché tra gli intermezzi dei fusti della faggeta scorgo qualcosa di verde
chiaro che luccica dal basso, è la sella
di Travanies, attraversata dalla carrareccia proveniente dal versante meridionale.
Per raggiungere la vetta del monte Ronchais (quota 1232 m.), devo solo seguire
l’istinto e mirare alla quota più alta dello stesso rilievo. Infatti, dopo
pochi minuti, e senza eccessive pene, sono sulla seconda cima, materializzata
da un sasso e dei segni rossi. Provvedo anche su questa cima a nutrire l’ometto
di sassi. Il sentiero continua verso monte Cerantonis, mentre io mi dirigo ai
prati di Stavoli di Tarlessa, e senza seguire nessuna traccia, grazie anche alla
lieve pendenza. Raggiunti gli stavoli, ritrovo la remota carrareccia, essa mi
conduce dolcemente agli stavoli di Aiers ( quota 1248 m.), ossia il capolinea
di questa breve avventura. Il luogo è adatto per effettuare una pausa. Ho fame,
desino. Mi siedo su una panca adiacente allo stavolo, da dove provvedo a
rifocillarmi , e in contemporanea, ammiro il magnifico paesaggio dominato dalla
cima dell’Arvenis.
Dallo stesso sito scruto
anche il monte Marsins, che sarà dopo pochi oggetto di una mia visita di
cortesia. Soddisfatto della gita, decido di rientrare, per la carrareccia dell’andata,
evitando naturalmente le cime. Raggiunta la frazione di partenza, in periferia,
mi fermo a conversare con un simpatico
locale, confermando quello che scritto nell’introduzione della relazione. Il
passo è lento ma non stanco, esso mi conduce sino all’auto. Prima di
raggiungere il camposanto volgo un ultimo
sguardo all’indietro, per un arrivederci, a una delle località più affascinanti
della Carnia.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
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