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lunedì 11 aprile 2022

Monte Zopiet o Cupiat da Pert (Vito d’Asio).

Monte Zopiet o Cupiat da Pert (Vito d’Asio).

 

Note tecniche. 

 

Localizzazione: Prealpi Carniche: Catena Valcalda-Verzegnis- Gruppo del Verzegnis - Dorsale del Cuar.

 

Avvicinamento: Lestans- Pinzano- Anduins- strada provinciale per San Francesco- prendere l’imbocco a destra per Pert- Presso la frazione esigui spazi per la sosta del mezzo.

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

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Dislivello: 430 m.


Dislivello complessivo: 430 m.


Distanza percorsa in Km: 8


Quota minima partenza: 320 m.

 

Quota massima raggiunta: 730 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore

In: solitaria

 

Tipologia Escursione: Storico- naturalistica

 

Difficoltà: E.

 

Ferrata- valutazione difficoltà:

 

Segnavia: CAI 814

 

Fonti d’acqua: si

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: no

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli –Tabacco 020
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato: tutto l’anno

3)               Da evitare da farsi in:

4)               Condizioni del sentiero: Ben battuto e segnato

5)               Consigliati:

Data: venerdì 18 marzo 2022

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

Mamma,

il 04 luglio del 1931 hai dato alla luce un bimbo, oggi quel bambino ha novant’anni ed è qui.

Nessuno muore finché vivrà nei ricordi  di chi rimane. Grazie Mamma.

Mandi

Inizio il racconto dalla fine, da una commovente testimonianza letta su una tanichetta di plastica adoperata per innaffiare i fiori di una lapide. Un dolce e delicato pensiero dedicato da un fanciullo, che oggi, mentre scrivo, ha ben novantuno anni, ed è rimasto legato per l’eternità al grembo della sua mamma.  Così io descrivo un’escursione che mi ha portato a vagare nel cuore della madre terra, che malgrado il progresso dei tempi, mantiene intatto nel cuore dei suoi fanciulli ottuagenari un universo ancora integro e colmo di genuini valori, tra cui il più grande è l’amore. La ricerca del tempo perduto mi ha indicato un territorio posto alle falde del ripido versante del Monte Prat nord -occidentale, esattamente intorno al monte  Zopiet, che grazie al suo bel  profilo domina la piccola frazione di Pert.

L’ escursione nasce dal curioso e vibrante indagare, il consueto indice della mano destra che rotea su una mappa antica, tanto da poter ancora intuire  e svelare ciò che il tempo ha mutato per sempre. Mi aspetta una grande emozione, quella di scoprire e guadare il torrente Arzino. Santa e benedetta sia l’ignoranza! Quante gioie che dona al nomade il non essere edotto su cosa celi il cammino. Il non sapere è la più grande fonte della felicità, non a caso ci rende saggi. Mi fermo con l’auto sul ponticello che dalla statale che collega Anduins a San Francesco conduce alla frazione di Pert. Esco fuori dall’abitacolo dell’auto, pochi passi per effettuare una respirazione profonda e inebriarmi della fresca atmosfera emanata dal continuo fluire delle acque del torrente. Mi carico ancora di più di propositi positivi e riprendo il cammino, scalando, sempre con l’automezzo, una serie di esposti tornanti, sino a raggiungere la periferia meridionale della frazione di Pert.

 Lasciata l’auto in uno spiazzo prospicente un‘abitazione, proprio dove finisce la stradina asfaltata; mi assicuro di aver preso tutto il materiale di cui abbisogno. Zaino in spalle, uno sguardo al cielo turchese e via, inizio una nuova avventura. Non essendo lungo il giro che ho in mente, e sicuro del meteo favorevole, mi dedico a una e più approfondita esplorazione del territorio. Tralascio i segni CAI iniziali, per perlustrare una meravigliosa mulattiera tinta dei teneri colori della primavera. Cammino con gaiezza, i primi passi sono carichi di emozioni ; intuisco che l’arteria è ampia per via dell’uso e dell’usura effettuato nei secoli scorsi ad opera dei montanari muniti di ruotati, immagino carri e carrozze. La mulattiera sicuramente ascendeva al monte Prat, e gli ampi tornanti sono testimoni del duro lavoro dell’uomo per rendere meno malagevole il laborioso  via vai dei montanari. La mia meta è già in vista, il monte Zopiet, con un profilo ben delineato, mentre il versante sudorientale si svela ripido e dirupato; ecco perché, il rilievo malgrado la modesta quota (730 m.) assume la peculiarità di chiamarsi monte. Continuo a percorrere l’ampio sentiero, noto una deviazione che percorrerò al rientro;  cammino serenamente, gratificato dalla modesta pendenza che risale il pendio  posto alle pendici del Monte Flagjel. Mi aspetto una sorpresa, per via dell’andamento sinuoso del tratto, tale da superare più di una volta degli impluvi carichi d’acque fluenti. In uno dei torrentelli effettuo una sosta, riscoprendo il fascino dell’eterno scorrere della nostra materia vitale; un autentico spettacolo e miracolo della vita, capace con la semplice osservazione di  sedurre lo spirito. La traccia, sempre con il medesimo scoscendimento si avvicina agli stavoli Zopiet, dove si interseca con la strada asfaltata, che dalla Val D’Arzino ascende sino all’altopiano del monte Prat.

Gli stavoli Zopiet, dai suoni campestri che mi giungono, risultano abitati, tutto intorno all’edificio si sviluppa una fattoria; durante l’avvicinamento ho già fatto conoscenza con i pacifici bovini, mentre i cani da guardia, allertati dal mio movimento, annunciano con il chiassoso e incessante latrare il mio avvento. Decido di circumnavigare la fattoria (per non turbare la quiete del fattore e degli animali), tramite una traccia di mucche;  e dopo aver oltrepassato un cancelletto, eccomi al cospetto di un ampio prato che precede il dolce pendio che conduce alla vetta del monte Zopiet. La distesa prativa è rasa, sicuramente dovuta alla frequenza delle greggi. Cerco e trovo una traccia nell’erba, pare di tratturo, evidentemente la cresta è adoperata per produrre il  foraggio e tagliare la legna. Pian piano mi avvicino alla cresta sommitale, che solo nell’ultimo tratto si svela selvatica e primitiva. Un masso ricoperto di muschio è la massima quota che accarezzo, esso, celato tra le frasche, maschera l’eccellente posizionamento della vetta. Il monte Zopiet è un’altra cima poco panoramica, anche se tanto selvatica, confesso che da sempre sono la mia prerogativa. Installo il segno del passaggio del viandante,  e non avendo nulla da ammirare come panorama, fantastico. Immagino  presenze primordiali di vedetta, e i loro sogni proiettati a un futuro lontano che è il medesimo che sto vivendo. Riprendo il cammino a ritroso, portandomi sulle orme lasciate sui prati percorsi in precedenza. Dagli stavoli  Zopiet, per un breve tratto, riprendo il cammino passato, e per la stessa mulattiera, presso un recinto, devio a occidente, inoltrandomi nella selvatica selva, alla ricerca di un remoto sentiero segnato sulla mappa che trovo subito dopo.

È il classico sentiero di montagna, che nel Friuli viene nominato “troi”, esso, delineato ai margini da muri a secco, segna il versante poco sotto la mulattiera percorsa all’andata. Il sentiero collega con la sua sinuosa direttrice i numerosi stavoli della frazione. Sempre sulla mappa leggo Stavoli di Saetola, un agglomerato composto da stavoli abitabili misti a ruderi. Il cammino per raggiungerli è stato faticoso, spesso ho trovato il sentiero sbarrato da numerosi schianti, o eroso dal passare del tempo. Per fortuna, la traccia, dagli stavoli in poi è ben marcata e frequentata; essa in poco tempo mi conduce al bivio incrociato nella prima mattinata.  L’anello escursionistico che avevo ideato è compiuto; non sono pago e mi concedo un  ulteriore tempo per esplorare il sentiero tralasciato in mattinata e segnato CAI 814.

Il tratto è meno comodo del precedente, sicuramente intransitabile dai carri. Giungo alla periferia di Pert, poco distante dall’auto e mi dedico a ispezionare gli ultimi stavoli, tra cui la struttura di un’abitazione dove leggo, da un’architettura remota, una funzione utilitaristica. Presso un cantuccio scorgo l’iscrizione citata nel prologo della relazione, scritta a pennarello su una tanichetta di plastica. Mentre  leggo la dedica, immagino il fanciullo con i calzoni corti, rientrare dalla scuola e correre ad aiutare il babbo, lo immagino anche stringersi alla gonna della sua mamma, mentre dal focolare  dove è appeso un pentolone con la zuppa, odo ardere la legna.  Il bello del fantasticare e che riesco a immedesimarmi in situazioni irreali, che mi lasciano dei solchi profondi nell’animo. Ripreso il cammino, raggiungo l’auto, deposito lo zaino,  portando al seguito solo il fagotto con i viveri. Mi accomodo su un muretto in pietra, da dove posso ammirare dall’alto la Val D’Arzino. Percepisco un’ombra alle mie spalle, mi giro, scoprendo un uccellino intento a svolazzare e cinguettare, felice di essere desto e di vivere la nuova primavera. La montagna è uno smisurato scrigno ingente di gioielli, a cui noi umani assegniamo molteplici nomi. Il viandante, sensibile e mite per natura, ha il privilegio di riconoscere tale ricchezza a cui dona il suo bene più prezioso, il tempo.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.




































































 

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