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domenica 1 agosto 2021

Croce Sola


Croce Sola

 

Localizzazione:

 

Avvicinamento:     Lestans-Pinzano-Cornino-Tolmezzo - villa Santina – Ovaro- val Pesarina –Casera RAZZO- Rifugio Ten. Fabbro (ampio spiazzo).

 

Regione:

 

Provincia di: Alpi Tolmezzine Occidentali- Giogaia del Bivera 

.

Dislivello: 750 m.

 

Dislivello complessivo: 750 m.


Distanza percorsa in Km: 8


Quota minima partenza: 1783 m.

 

Quota massima raggiunta: 2149 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 5 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: Panoramica

 

Difficoltà: escursionistiche

 

Tipologia sentiero o cammino: Tracce battute, alcune con segni CAI

 

 

Ferrata-

 

Segnavia: CAI

 

Fonti d’acqua: no

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: si

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: si

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)          Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 02
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)          Periodo consigliato: giugno-ottobre

3)           

4)          Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:


Consigliati:

Data: 29 luglio 2021

Il “Forestiero Nomade”
Malfa



La vetta inaspettata.

Approfittando delle rare giornate con il meteo favorevole, si parte per raggiungere uno dei più accattivanti scenari montani del cadorino. Stavolta percorriamo in auto tutta la Val Pesarina, ammirando dal basso le creste della meravigliosa catena montuosa che dal monte Talm guida sino alla Terza Grande. Sento il richiamo della bianca roccia, ma è più forte quello dei verdi pascoli. Più che di scalare in questo periodo abbiamo voglia di camminare e ammirare. Viviamo un momento riflessivo che porta a pellegrinare per sentieri, senza avere la necessità di avventurarci in percorsi astrusi, e con una gran voglia di sognare e di leggere la poesia del creato.

 Di solito preferisco essere solo per questi cammini meditativi, ma sono grato alla mia compagna di viaggio e di vita, di aver contribuito negli ultimi anni a creare una particolare intesa che mi permette di non rinunciare al mio ego (cosa rara per il sottoscritto).  Un viandante è solitario, “solo” come scrive qualcuno. La meditazione e la creatività sono operazioni che richiedono un’attività introversa, come ad esempio, leggere un libro, dipingere, scrivere una poesia, sognare… Non bisogna aver paura di essere solitari, né di giudicare folle chi professa questo romitaggio, semmai bisognerebbe avere il coraggio di provarne l’esperienza per poi vagliare…

Ecco perché mi sorprende che il sottoscritto abbia con la propria compagna un’intesa anche in montagna, ma ella dopo 40 anni di frequenza mi conosce, quindi, intuisce quando necessito della fuga, anche durante un‘escursione, soprattutto quando inizio ad allungare il passo per cercare una zolla d’erba dove meditare.

Il luogo scelto per lasciare l’auto è il rifugio Ten. Fabbro, mentre la meta prevista è il monte Piova. Arriviamo al rifugio ebri di bellezza, la visione della Terza Grande e del Monte Brentoni valgono la fatica della levataccia mattutina. Il cielo è di un blu cobalto brillante, e il verde dei prati contrasta meravigliosamente con lo splendente chiarore delle dolomitiche guglie. Si inizia a salire dalla funivia, per prati, passando dalla classica baita da favola (in legno e adornata da gerani) e di seguito proseguendo sotto i cavi della via artificiale. È una beatitudine saggiare i prati, una gioia infinita. Si mira in alto, calcando una traccia che procede doppia sul prato e in breve si giunge alla casetta in legno di servizio alla struttura. Dal prato scorgo un abete con due indicazioni: Croce Sola e Casera Doana, sono indeciso su quale direzione seguire, l’istinto mi consiglia quella a sinistra, la Croce Sola.  Sarà per il nome Sola, o perché spinge alle crete, ma mi lascio consigliare. Percorriamo un sentiero che spesso si perde nel ripido pendio che risale il versante occidentale del Monte Tudaio. In breve, siamo in cresta e tutto intorno è un paradiso. Dal crinale avvistiamo una croce originale e pare che qualcosa stia congiunta all’asse. Appena guadagnata la cimetta (quota 2149 m.), costatiamo che l’oggetto legato è l’originale porta libro di vetta in metallo. L’escursione potrebbe dirsi terminata, siamo soddisfatti di aver scoperto questa cimetta a noi sconosciuta. La cresta del Monte Tudaio di Razzo, sarà cosa futura, e ci godiamo l’attimo. La nostra meta iniziale, il monte Piova, è sublime ma lontana. Nel frattempo, studio se posso fare un sentiero in cresta, ci sono tracce, ma evito di passare ad un’escursione avventurosa, i passaggi sono labili, e oggi non abbiamo voglia di andare oltre il semplice escursionismo. Decidiamo di scendere in libera per il crinale, a occidente, raggiungendo in breve il sentiero posto poco dopo il bivio iniziale, e stavolta siamo sulla traccia segnata CAI che porta alla malga di Casera Doana. Non è un bel sentiero, tanto inerbito, e in alcuni punti anche scivoloso, e la pioggia del giorno precedente rende tedioso il superamento. In alcuni tratti ci bagniamo sino alla cintola. Transitiamo sul versante occidentale del Monte Tudaio e del Monte Piova. L‘ambiente è selvaggio, e la dea Artemide si fa notare assumendo le forme di un bellissimo e solitario camoscio. Sembra comunicarci qualcosa, che udiremo e comprenderemo meglio poco dopo. Raggiunto un insellamento, su una pietra sono segnati con vernice rossa le direttrici: una è per il monte Piova, ci avviamo per questa traccia, dopo pochi metri scendiamo in un avvallamento, e le tracce si perdono. Valuto il da farsi, intuisco la via di salita alla cresta del monte, do un ‘occhiata all’ora e di seguito alle nubi. Salvo imprevisti non giungeremmo al punto di partenza prima delle 19:30, quindi, decidiamo di rinviare l’ascesa al monte per una prossima uscita, e viriamo per la Sella, il punto più basso del crinale, che precede l’ascesa al Col Rosolo. Raggiunta la Sella, effettuiamo una breve pausa, montiamo i ramponcini da erba e scendiamo nel vallone appena trascorso tramite una traccia selvaggia. Più spinto dall’intuito che dalla visione, guido la pattuglia sino a ritrovare il sentiero segnato bianco-rosso, proprio dove abbiamo avvistato in precedenza il camoscio. Giovanna mi aveva confessato di udire per la prima volta la montagna, e che le consigliava di rimandare l’ascesa al monte Piova. Le credo! Sono felice che anche lei percepisce questa voce, e rispetto le sue sensazioni, quindi si rientra alla base senza rimpianti. È importante avere queste percezioni, una passeggiata tranquilla può trasformarsi in disgrazia, basta poco, e quello che per noi era uno svago può divenire un’inquietudine o un enorme disturbo per altri. In questi pochi anni di frequenza montana ho imparato che osare è bello, ma senza mai staccare la mente dal corpo. Di montagne ce ne sono tante su questo pianeta, di vita ne abbiamo una sola. Effettuiamo la pausa per recuperare energie, e ci avviamo al rientro. Vaghiamo per i pendii erbosi, dove spesso veniamo inghiottiti, ma la fioritura selvaggia è stupenda, e i piccoli coleotteri che in essa riposano riportano ad antiche reminiscenze, portandoci per magia nell’antico Egitto. Raggiunta la casetta in legno all’apice della pista di sci, iniziamo l’ultima discesa per i prati, stavolta in libera, sino al rifugio Ten. Fabbro.  Le nubi fanno da cappello alle regine dell’altopiano, tra esse riconosco il Monte Brentoni e la piramide aguzza della Terza Grande. La strada del rientro in pianura è lunga, quasi due ore in auto. Ripercorriamo a ritroso la Val Pesarina, e gran parte della Carnia, felici anche oggi di aver trascorso un altro giorno della nostra esistenza con la dea, la Montagna.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.





































































 

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