Croce Sola
Localizzazione:
Avvicinamento: Lestans-Pinzano-Cornino-Tolmezzo
- villa Santina – Ovaro- val Pesarina –Casera RAZZO- Rifugio Ten. Fabbro (ampio
spiazzo).
Regione:
Provincia di: Alpi Tolmezzine Occidentali- Giogaia del
Bivera
.
Dislivello: 750 m.
Dislivello complessivo: 750 m.
Distanza percorsa in Km: 8
Quota minima partenza: 1783 m.
Quota massima raggiunta: 2149 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 5 ore
In: coppia
Tipologia Escursione: Panoramica
Difficoltà: escursionistiche
Tipologia
sentiero o cammino: Tracce battute, alcune con segni CAI
Ferrata-
Segnavia: CAI
Fonti d’acqua: no
Impegno fisico: medio
Preparazione tecnica: bassa
Attrezzature: no
Croce di vetta: si
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: si
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 02
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: giugno-ottobre
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: 29 luglio 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
La vetta inaspettata.
Approfittando delle
rare giornate con il meteo favorevole, si parte per raggiungere uno dei più
accattivanti scenari montani del cadorino. Stavolta percorriamo in auto tutta
la Val Pesarina, ammirando dal basso le creste della meravigliosa catena
montuosa che dal monte Talm guida sino alla Terza Grande. Sento il richiamo
della bianca roccia, ma è più forte quello dei verdi pascoli. Più che di
scalare in questo periodo abbiamo voglia di camminare e ammirare. Viviamo un momento
riflessivo che porta a pellegrinare per sentieri, senza avere la necessità di avventurarci
in percorsi astrusi, e con una gran voglia di sognare e di leggere la poesia del
creato.
Di solito preferisco essere solo per questi
cammini meditativi, ma sono grato alla mia compagna di viaggio e di vita, di
aver contribuito negli ultimi anni a creare una particolare intesa che mi
permette di non rinunciare al mio ego (cosa rara per il sottoscritto). Un viandante è solitario, “solo” come scrive
qualcuno. La meditazione e la creatività sono operazioni che richiedono un’attività
introversa, come ad esempio, leggere un libro, dipingere, scrivere una poesia,
sognare… Non bisogna aver paura di essere solitari, né di giudicare folle chi professa
questo romitaggio, semmai bisognerebbe avere il coraggio di provarne l’esperienza
per poi vagliare…
Ecco perché mi sorprende
che il sottoscritto abbia con la propria compagna un’intesa anche in montagna,
ma ella dopo 40 anni di frequenza mi conosce, quindi, intuisce quando necessito
della fuga, anche durante un‘escursione, soprattutto quando inizio ad allungare
il passo per cercare una zolla d’erba dove meditare.
Il luogo scelto per
lasciare l’auto è il rifugio Ten. Fabbro, mentre la meta prevista è il monte
Piova. Arriviamo al rifugio ebri di bellezza, la visione della Terza Grande e
del Monte Brentoni valgono la fatica della levataccia mattutina. Il cielo è di
un blu cobalto brillante, e il verde dei prati contrasta meravigliosamente con
lo splendente chiarore delle dolomitiche guglie. Si inizia a salire dalla funivia,
per prati, passando dalla classica baita da favola (in legno e adornata da gerani)
e di seguito proseguendo sotto i cavi della via artificiale. È una beatitudine saggiare
i prati, una gioia infinita. Si mira in alto, calcando una traccia che procede
doppia sul prato e in breve si giunge alla casetta in legno di servizio alla
struttura. Dal prato scorgo un abete con due indicazioni: Croce Sola e Casera
Doana, sono indeciso su quale direzione seguire, l’istinto mi consiglia quella
a sinistra, la Croce Sola. Sarà per il
nome Sola, o perché spinge alle crete, ma mi lascio consigliare. Percorriamo un
sentiero che spesso si perde nel ripido pendio che risale il versante
occidentale del Monte Tudaio. In breve, siamo in cresta e tutto intorno è un paradiso.
Dal crinale avvistiamo una croce originale e pare che qualcosa stia congiunta all’asse.
Appena guadagnata la cimetta (quota 2149 m.), costatiamo che l’oggetto legato è
l’originale porta libro di vetta in metallo. L’escursione potrebbe dirsi
terminata, siamo soddisfatti di aver scoperto questa cimetta a noi sconosciuta.
La cresta del Monte Tudaio di Razzo, sarà cosa futura, e ci godiamo l’attimo.
La nostra meta iniziale, il monte Piova, è sublime ma lontana. Nel frattempo, studio
se posso fare un sentiero in cresta, ci sono tracce, ma evito di passare ad un’escursione
avventurosa, i passaggi sono labili, e oggi non abbiamo voglia di andare oltre il
semplice escursionismo. Decidiamo di scendere in libera per il crinale, a
occidente, raggiungendo in breve il sentiero posto poco dopo il bivio iniziale,
e stavolta siamo sulla traccia segnata CAI che porta alla malga di Casera Doana.
Non è un bel sentiero, tanto inerbito, e in alcuni punti anche scivoloso, e la
pioggia del giorno precedente rende tedioso il superamento. In alcuni tratti ci
bagniamo sino alla cintola. Transitiamo sul versante occidentale del Monte Tudaio
e del Monte Piova. L‘ambiente è selvaggio, e la dea Artemide si fa notare
assumendo le forme di un bellissimo e solitario camoscio. Sembra comunicarci
qualcosa, che udiremo e comprenderemo meglio poco dopo. Raggiunto un
insellamento, su una pietra sono segnati con vernice rossa le direttrici: una è
per il monte Piova, ci avviamo per questa traccia, dopo pochi metri scendiamo
in un avvallamento, e le tracce si perdono. Valuto il da farsi, intuisco la via
di salita alla cresta del monte, do un ‘occhiata all’ora e di seguito alle nubi.
Salvo imprevisti non giungeremmo al punto di partenza prima delle 19:30,
quindi, decidiamo di rinviare l’ascesa al monte per una prossima uscita, e
viriamo per la Sella, il punto più basso del crinale, che precede l’ascesa al Col
Rosolo. Raggiunta la Sella, effettuiamo una breve pausa, montiamo i ramponcini
da erba e scendiamo nel vallone appena trascorso tramite una traccia selvaggia.
Più spinto dall’intuito che dalla visione, guido la pattuglia sino a ritrovare
il sentiero segnato bianco-rosso, proprio dove abbiamo avvistato in precedenza
il camoscio. Giovanna mi aveva confessato di udire per la prima volta la
montagna, e che le consigliava di rimandare l’ascesa al monte Piova. Le credo!
Sono felice che anche lei percepisce questa voce, e rispetto le sue sensazioni,
quindi si rientra alla base senza rimpianti. È importante avere queste percezioni,
una passeggiata tranquilla può trasformarsi in disgrazia, basta poco, e quello
che per noi era uno svago può divenire un’inquietudine o un enorme disturbo per
altri. In questi pochi anni di frequenza montana ho imparato che osare è bello,
ma senza mai staccare la mente dal corpo. Di montagne ce ne sono tante su
questo pianeta, di vita ne abbiamo una sola. Effettuiamo la pausa per recuperare
energie, e ci avviamo al rientro. Vaghiamo per i pendii erbosi, dove spesso veniamo
inghiottiti, ma la fioritura selvaggia è stupenda, e i piccoli coleotteri che
in essa riposano riportano ad antiche reminiscenze, portandoci per magia nell’antico
Egitto. Raggiunta la casetta in legno all’apice della pista di sci, iniziamo l’ultima
discesa per i prati, stavolta in libera, sino al rifugio Ten. Fabbro. Le nubi fanno da cappello alle regine dell’altopiano,
tra esse riconosco il Monte Brentoni e la piramide aguzza della Terza Grande.
La strada del rientro in pianura è lunga, quasi due ore in auto. Ripercorriamo
a ritroso la Val Pesarina, e gran parte della Carnia, felici anche oggi di aver
trascorso un altro giorno della nostra esistenza con la dea, la Montagna.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
Nessun commento:
Posta un commento