Creta
Forata anno 2021
Localizzazione:
Alpi Carniche- Gruppo Terze-Clap
Avvicinamento:
Lestans-Pinzano-Cornino-Tolmezzo- Villa Santina- Ovaro-Rigolato-Cima Sappada
presso parcheggio funivia.
Località di
partenza: parcheggio funivia presso Cima Sappada.
Dislivello:
1300 m.
Dislivello complessivo: 1300 m.
Distanza
percorsa in Km: 12 chilometri.
Quota minima
partenza: 1276 m.
Quota
massima raggiunta: 2462 m.
Tempi di
percorrenza escluse le soste: 6 ore.
In: coppia.
Tipologia Escursione: escursionistica
Difficoltà: Escursionisti
Segnavia:
CAI 321 –
Impegno
fisico: Medio.
Preparazione
tecnica: Media.
Attrezzature:
si.
Croce di
vetta: si.
Ometto di
vetta: Si.
Libro di
vetta: Sì.
Timbro di
vetta: si
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli-Venezia Giulia – Tabacco 01.
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo
consigliato: luglio-ottobre.
Fonti d’acqua: Nessuna.
Consigliati:
Data: 19 agosto
2021.
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa
La Creta
Forata, la regina bianca della Val Pesarina era da tempo in lista per una
riedizione delle vecchie escursioni. È una classica ascesa, per nulla impegnativa,
e se il meteo è buono e le cenge sono prive di residui nevosi si rivela
divertente. La prima ascesa l’ho fatta nel 2013, allora incontrai un viandante
lungo il sentiero, e insieme raggiungemmo la cima. Dopo tanti anni, mi è venuta
in mente e ne ho parlato con Giovanna. Nelle ultime escursioni ci siamo
dedicati ai sentieri selvaggi, e anche stufati di calpestare erba, quindi, sentivamo
il bisogno di roccia, nuda e cruda.
La Creta
Forata cade a fagiolo, fa al caso nostro. Il punto di partenza è il classico, inizieremo
l’escursione dalla località Cima Sappada che raggiungiamo nella prima
mattinata. Al Parcheggio davanti le strutture sciistiche troviamo numerose automobili,
altre ne arrivano nel frattempo, l’effetto postumo della pandemia dovuta al
covid19 ha incrementato notevolmente la presenza umana nelle località montane. Una
volta allestiti, zaino in spalle, partiamo per questa nuova avventura. Dal
parcheggio risaliamo la pista di scii, che troviamo ripida e inerbita. Dopo un
curvone, decidiamo di seguire una carrareccia alla ricerca del sentiero CAI 321
che proviene dal basso. L’idea non è propizia e ne scopriamo il motivo. Il
sentiero partente dal parcheggio è stato interdetto al transito, infatti,
troviamo numerosi schianti e lavori in corso, ma superati gli ostacoli
procediamo nella fitta boscaglia di aghiformi, fino a uscire allo scoperto
sulla carrareccia che dopo un tornante conduce al rifugio Siera.
La struttura
sciistica è chiusa alle attività, essa appare come una cattedrale nel deserto,
saltiamo le visite al ricovero, mirando alle pareti settentrionali della Cima
Dieci.
Conosco bene
questo tratto di percorso, con la data odierna son ben quattro volte, Infatti pare
che sia cambiato poco. Dopo il rifugio una labile traccia conduce al piano
detritico che scende dal monte Siera, siamo affascinati dalle guglie
dolomitiche dello stesso monte, una delle più belle figure di rilievo della
nostra regione. Il sentiero detritico taglia un canalone, dove la stessa
traccia è interrotta per via del terreno cedevole. Ripreso il cammino, continuiamo
lungo le pendici della cima Dieci, e superato un altarino con madonnina, transitiamo
alla base del ripido imbuto detritico che si incunea tra il monte stesso e la frastagliata
Cresta del Pettine.
Alla base
del versante nord-orientale della stessa cresta troviamo l’unico tratto attrezzato,
ovvero una esposta cengia che si supera grazie all’ausilio di alcuni cavi. L’attrezzatura
non è più idonea a causa un cavo tranciato. Urge manutenzione! Superato il tratto
attrezzato, entriamo in un rado boschetto di aghiformi, dove il larice la fa da
padrone. Dalla pesta possiamo ammirare l’affasciante figura gotica del monte
Geu, che con le sue due cimette aguzze attrae e stimola la fantasia pittorica. Girato
l’angolo iniziamo a risaline un pendio boschivo e finalmente appare la regina
bianca. La mole della Creta Forata è smisurata. Come tutti i colossi di pietra
visti dal versante settentrionale, impressiona. Le pareti verticali e
alpinistiche, e i colori del chiaroscuro adombrato aggiungono ulteriore rispetto.
Si prosegue sino a raggiungere il vertice del piano inclinato, e subito dopo ci
immettiamo nel vallone della Creta Forata. Spettacolo! Siamo circondati dalla
roccia, da oriente a occidente, e in senso orario ammiriamo: la Creta Forata,
il Creton di Tull, il versante orientale del Piccolo Siera e la dentellata Cresta
del Pettine. Davvero un mirabile proscenio per lo spirito libero, e per
Giovanna, che lo vede per la prima volta, è magia pura. Percorriamo un sentierino,
sempre numerato 321, fino in fondo, dove si perde nel teatro detritico. Una
volta raggiunta una diramazione (cartelli esplicativi per terra) iniziamo a
salire il versante nord-occidentale della creta (sentiero 323). I primi metri
sono facili, come anche il susseguo, varia solo lo scenario. La traccia si districa
nel massiccio roccioso tra i torrioni di pietra a nord e le vallate a sud.
Spesso la visione è velata dallo scorrere delle nubi, e i tratti che ci
precedono ci intimoriscono, ma una volta sopra si rivelano abbordabili. L’impressione
spesso inganna la realtà, sicuramente sto maturando, una volta alla vista di un
baratro e di una nuvola avvolgente avrei fatto dietrofront e sarei tornato di
corsa a casa, per poi pentirmi della mia decisione. Oggi tasto il terreno,
mantengo normale la frequenza cardiaca, e scherzo pure con la mia compagna,
cercando di impressionarla. Sono davvero incorreggibile. Comunque, tutti i
tratti delicati una volta sopra si rivelano meno audaci perché la nostra memoria
li confronta con quelli affrontati in passato. Troviamo lungo il cengione solo
un tratto dove adoperiamo le mani, si tratta solo di due metri di parete con
difficoltà al di sotto del primo grado; una mia foto per documentare il
passaggio lo fa sembrare più temerario. Nell’ultimo tratto che precede il
versante che si affaccia sulla Val Pesarina c’è da stare solo un po’attenti, ma
la roccia è buona e anche le suole dei nostri scarponi, quindi, procediamo tranquilli.
Raggiunto il versante meridionale, continuiamo ad avere la presenza costante
della classica nube della Creta Forata che ci nega il piacere di ammirare il
tratto di roccia misto a erba. Con pochi passaggi raggiungiamo la cresta e
successivamente, dopo pochi metri, la vetta del Monte, quota 2462 metri,
materializzato dalla caratteristica: croce in metallo, leggio porta libro di
vetta, e un corposo ometto. C’è tutto quello che si desidera trovare in vetta,
tranne il panorama, velato fin troppo!
Procedo alle
varie operazioni, forse anche con la memoria, effettivamente la cresta è molto
esposta, ma io me la ricordavo larga, mah! Nel frattempo, arrivano e vanno via
una serie di escursionisti mordi e fuggi, toccata la croce, ciao ciao, e giù
più veloci della luce. Ammetto che noi siamo la versione lenta del bradipo di
montagna, ma non farei mai 1300 metri di dislivello e 12 chilometri di
tracciato per toccare un pezzo di ferro, e poi scendere di corsa. Devo avere
una visione errata della montagna, comunque, è bello tutto ciò che è vario.
Dopo la nostra bella sosta sulla montagna, e grazie ai radi squarci nella nebbia
abbiamo visto qualcosa. Decidiamo di rientrare con calma, spesso fermandoci a
commentare. Chissà perché, ma la nebbia ha qualcosa di introspettivo e stimola
la conversazione. Mi par di essere Dante assieme a Virgilio, che nelle nebbie
commentavano le vicissitudini passate, presenti e future del genere umano.
Raggiunta la base del monte, sempre con calma, ripercorriamo a ritroso il sentiero
dell’andata, sino al rifugio Siera, dove ci aspetta un tavolo con panca disposto
a meridione della struttura.
Decidiamo di
desinare, e nel frattempo, le nuvole si dissolvono svelandoci il magico mondo fiabesco
delle montagne che circondano Sappada. Dalle creste Righele sopra i laghi d’Olbe,
il Lastroni, il Peralba, il Chiadenis, le cime del Chiadin sino al monte
Volaia, e altro ancora. Una muraglia di meraviglia, ed è bello nel frattempo commentare,
e ricordare alla mia compagna, i vari nomi dei rilievi e alcune delle nostre ascese
fatte assieme. Con una punta di orgoglio mi piace osservare questo universo
chiamato montagna, ricordando da dove vengo, ovvero una città portuale di un’isola
al centro del Mediterraneo, e che mai e poi mai, avrei pensato di scalare un
monte. Invece eccomi qui, al cospetto delle Alpi, e adesso la montagna è una parte
di me, facendomi spesso dimenticare le vicissitudini del quotidiano vivere. Vivo
un sogno e senza mai smettere di sognare, perché sarebbe la fine…
Terminata la
pausa pranzo, riprendiamo il cammino, stavolta per l’inerbita pista di sci, che
in un breve lasso di tempo conduce al parcheggio. Dolci visioni le ultime, un
prato verde, la mia compagna che sorride, il cielo azzurro, le guglie
fantastiche del monte Siera, e la felicità che oggi ha un nome, Creta Forata,
la divina regina bianca carnica che mi ha sempre accolto a braccia aperte,
donandomi il suo cuore.
Il Forestiero
Nomade.
Malfa
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