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lunedì 12 luglio 2021

Monte Dolada dal Rifugio Dolomieu Dolada

Monte Dolada dal Rifugio Dolomieu Dolada

(Spirito libero ascolta la montagna, essa ti conduce...)

 

Localizzazione: Prealpi Venete - Gruppo Col Nudo Cavallo

 

Avvicinamento: Avvicinamento: Lestans- Barcis. Cimolais- Erto- Longarone-Autostrada per Belluno- Uscita Pieve d’Alpago-Plois-Rifugio Carota-Strada forestale sino al rifugio Dolomieu al Dolada- Ampio spiazzo per parcheggiare l’auto.

 

Regione: Veneto

 

Provincia di: Belluno

.

Dislivello: 521 m.

 

Dislivello complessivo: 521 m.


Distanza percorsa in Km: 4


Quota minima partenza: m. 1494 m.

 

Quota massima raggiunta: 1938 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: Escursione panoramica naturalistica

 

Difficoltà: E.E.

 

Tipologia sentiero o cammino: Sentiero

 

 

Ferrata-

 

Segnavia: CAI 961

 

Fonti d’acqua: nessuna

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: media

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: si

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 012
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato: giugno-ottobre

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:


Consigliati:

Data: 10 giugno 2021

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

 Mi chiedo spesso se è più eccitante sedurre o essere sedotti. Sono sentimenti complementari.         Attribuendo queste emozioni alla montagna, mi domando: siamo noi che conquistiamo la montagna o essa ci reclama illudendoci di essere cacciatori piuttosto che prede? Con questo preambolo, inizio a descrivere la bella escursione sul monte Dolada, la cima che grazie al precedente intervento divino ho mancato (rimando all’escursione sul Col Mat).

La meta in programma prevista è il Crep Nudo, che già scalai anni fa, e di seguito proseguire per la cresta sino alla forca del Venal. Nulla di trascendentale, solo un po’ lunghetta e molto panoramica. Arriviamo (Giovanna e io) nella valle dell’Alpago alle prime ore del mattino, e chissà perché, vengo distratto alla guida e non bado allo svincolo di entrata nella località montana, proseguendo dritto sino all’uscita autostradale di Vittorio Veneto Nord. Accortomi dell’errore mi sono domandato: << Per quale motivo mi sono distratto?>>La risposta non si fa attendere. Rientrando per la statale, proprio in prossimità del lago di Santa Croce, ho modo di ammirare i monti che circondano Alpago. La catena orientale è quasi del tutto rivestita da nubi, mentre il monte Dolada ne è sgombro, intuisco la risposta che cercavo. Fermo l’auto presso uno spiazzo, ammiro il monte da lontano, e chiedo a Giovanna se le va di cambiare meta, illustrandole le difficoltà tecniche. Acconsente, quindi, si tenta il Monte Dolada.

Il percorso di avvicinamento è identico a quello effettuato per il Col Mat. Dopo anni di frequenza dell’Alpago, mi districo bene all’interno del labirinto stradale. Miro a settentrione, risalgo i colli seguendo le indicazioni per Pieve di Alpago, e dal piccolo borgo mi guidano i cartelli per i rifugi. Una lunga serie di tornanti mi scorta sino al parcheggio che precede di pochi metri il rifugio Dolomieu Dolada. Nello spiazzo adibito per la sosta automezzi troviamo solo un furgone, vi posteggiamo accanto e ci prepariamo. Prima di lasciare lo spiazzo noto a terra, sul retro del furgone, una chiave d’auto, deve essere caduta al guidatore dello stesso automezzo. Lascio un biglietto sul parabrezza del furgone, e consegno le chiavi al gestore del rifugio Dolomieu Dolada. Dopo aver lasciato l’oggetto smarrito, iniziamo la nostra escursione, proprio da dove errai pochi giorni prima. Dal ritrovo puntiamo a occidente, un cartello CAI indica la via per il Dolada. La pesta lambisce le verticali pareti meridionali del Col Dolomieu. Il sentiero con un lungo traverso penetra in un boschetto, e pochi metri dopo, vira bruscamente a nord, iniziando la lunga ascesa sul ripido pendio erboso che porta alla piccola forcelletta posta tra il Col Brustola e il versante orientale del monte Dolada.

Il ripido tratto è percorribile senza alcun patema, dalla forcelletta inizia il tratto più impegnativo. Si procede a occidente scendendo di alcuni metri all’imbocco sommitale di un esposto e ripido canalone, lo si aggira per esile cengia fino a una esposta paretina rocciosa, di pochi metri, che con tre passaggi con le mani la si supera. Raggiunta l’esposta cengetta (solo pochi metri) la si risale a monte per un tratto delicato, dove bisogna solo fare attenzione (roccette e zolle erbose), e che in breve ci guida in cresta. La traccia è ben battuta e percorribile, ma si cammina a fil di cresta. Molto emozionante, di sicuro non adatta a chi soffre di vertigini, ma poco impegnativa tecnicamente. Camminiamo come funamboli su questo immaginario cavo. A meridione, alla nostra sinistra, vi sono i ripidissimi prati verdi, mentre a settentrione, alla nostra destra, vige il vertiginoso e dirupato versate roccioso, che mette riverenza solo a guardarlo. Noi procediamo tranquilli, sereni, con la politica dei piccoli passi e della serenità, compagni insostituibili in montagna.

Spesso ci fermiamo ad ammirare il percorso fatto e quello ancora da farsi. La meravigliosa cresta, tipica dell’Alpago, ci fa sognare, e ci rende dimentichi di tutto il tran-tran del quotidiano vivere. Do la prelazione a Giovanna, sia per darle sicurezza che per fare delle foto interessanti con un soggetto in movimento. Raggiunto lo scheletro di un ripetitore proseguiamo per la cresta, fino a raggiungere l’ultimo tratto tecnico, ossia, pochi metri di paretina rocciosa che non abbisognano dell’impiego delle mani, ma sono fortemente esposti sul baratro settentrionale. Raggiunta la cresta superiore, proseguiamo, sempre placidamente, verso la vetta, che ora è in bella vista. Nel frattempo, due escursionisti, ci hanno preceduto in cima. Gli ultimi metri verso la meta sono emozionanti, e ogni volta provo lo stesso sentimento con le stesse intensità per qualsiasi vetta, fosse anche un colle di poche centinaia di metri di quota o una regina rocciosa delle dolomiti. Niente croci in vetta, solo la struttura di qualcosa che ospitava chissà cosa. Uno sportellino apribile dal lato meridionale serba uno scrigno con il libro dei visitatori, il resto è puro e meraviglioso panorama. A oriente, delle nubi grigiastre, coprono le sommità delle catene montuose, paiono minacciose. Codesta visione conferma la buona maniera di dare sempre ascolto alla voce interiore, che io chiamo “Montagna”, ma che l’individuo raziocinante battezza “esperienza più intuito”.  Abbiamo molto tempo per fare le nostre abituali operazioni di vetta, nel frattempo gli ospiti che ci hanno preceduto abbandonano la cima. Dal vertice del Dolada ammiro le dolomiti di Zoldo e quelle friulane. È un versante aspro, e molte elevazioni sono le preferite per chi ama l’ambiente selvaggio. Sto bene, stiamo bene, questa tipologia di montagna ci galvanizza. Attimo per attimo siamo in contatto con il cielo, e semplificando Immanuel Kant, scrivo:<< La ragione dentro di noi, un cielo azzurro sopra di noi!>>.

Dopo aver issato il vessillo dello spirito libero e aver consumato un po’ di cibo energetico, arriva il tempo del rientro; quindi, ammaina bandiera, e pronti per la discesa.

Con maggior attenzione rispetto all’ascesa iniziamo la calata, e visto il breve chilometraggio che ci separa dal rifugio, ne approfittiamo per ammirare la mirabile fioritura del versante esposto al sole. Spesso mi adagio sul manto erboso per immortale i fiori, ognuno di essi è un autentico prodigio, a testimonianza che Artemide tra gli artisti è la suprema.

Superati i tratti insidiosi, ci liberiamo anche della tensione, scendendo rapidamente il pendio erboso e avviandoci verso il rifugio. Nel frattempo, una numerosa comitiva di amanti del parapendio ha colonizzato la struttura del rifugio. Dal sentiero ne osserviamo i volteggi nel cielo azzurro, e la base da dove si librano in volo. Raggiunto il gruppo degli eredi di Icaro, mi fermo presso di loro. Li osservo incuriosito, scruto, cerco di comprenderne lo spirito. Sembrano tutti personaggi di fumetti, camuffati da insetti, direi da libellule. Sono pronti a spiccare il volo come pulcini dal nido. Caschetti aerodinamici, occhiali avveniristici, tute speciali e scafandri particolari, e sopra di loro le giganti ali artificiali, che rimandano la memoria agli studi scientifici di Leonardo da Vinci. Il vociare è chiaro, come il loro dialetto, sono tutti veneti tranne qualche rara eccezione teutonica. Uno, due, tre, via!!! A un determinato segnale spiccano il volo, e paiono rapaci in cerca di prede nel frenetico volteggiare, ma l’unico bottino ambito che io ravviso è la libertà, l’unico a cui tutti aspirano e pochi riescono ad avvicinare. Ripreso il cammino, ci rimangono pochi metri da percorrere sino all’auto. Fatta anche questa! Ci predisponiamo al rientro, e decidiamo di consumare il pasto in basso, dall’alto ho visto qualcosa di interessante. Infatti, dopo pochi tornanti percorsi in auto, troviamo un’area adibita a picnic, con tavoli e panche in legno e una graziosa fontanella dalle copiose e fresche acque. Ci accomodiamo e pranziamo, spaziando con lo sguardo sulla catena montuosa che dal gruppo del Cavallo conduce sino al Col Nudo. Le nubi sovrastano le cime, e la vocina interiore mi bisbiglia qualcosa, l’ascolto: <<Caro Malfa, sei stato saggio ad ascoltarmi. Oggi ti ho donato un altro mio gioiello, in cambio del tuo smisurato amore, e ti ho mostrato il perché ti ho consigliato di cambiare meta. Lasciati sempre condurre e senza esitazioni dal cuore, l’intelletto saprà farsene una ragione, privilegiando la saggezza e la riflessione. Con amore, tua Artemide >>. La vocina svanisce. Sorrido. finiamo di consumare il pasto, e riprendiamo il cammino, verso la quotidianità. Con un ultimo sguardo alla bella montagna del Dolada, lasciamo la località dell’Alpago, che da oggi ha meno segreti per noi.

Il forestiero Nomade.

Malfa.

 

























































































 

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