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mercoledì 16 giugno 2021

Anello Monte Tribil (1747 m.) dagli Stavoli Aiers.

Anello Monte Tribil (1747 m.) dagli Stavoli Aiers.

Note tecniche.

 

Localizzazione: Alpi Carniche Centrali.

 

Avvicinamento: Tolmezzo-Villa Santina-indicazioni per la frazione Trava- seguire le indicazioni per la Malga Claupa- Lasciare l’automezzo alla fine della stradina asfaltata, presso gli stavoli Aiers.

 

Dislivello: 550 m.


Dislivello complessivo: 550 m. m.


Distanza percorsa in Km: 7 chilometri


Quota minima partenza: 1216 m.

 

Quota massima raggiunta: 1747 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 5 ore.

In: coppia

 

Tipologia escursione: Escursionistica l’ascesa, turistica la discesa

 

Difficoltà: escursionistiche

Segnavia: CAI 166

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: media

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: istallata

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: rimesso un altro barattolino di vetro tra i sassi dell’ometto.

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 013.
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato: primavera- autunno

3)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:

 

Fonti d’acqua: no

Consigliati:

Data: 12 giugno 2021

Il “Forestiero Nomade”
Malfa


Sbagliando si impara! Si, errando una strada se ne trova una nuova, che porta in un determinato luogo o una situazione che non si è prefissata ma che dà le stesse emozioni, e spesso anche maggiori.

Mi è bastato distrarmi un attimo alla guida dell’auto, per ignorare la strada che sale diretta da Villa Santina a Lauco, deviando per la successiva, che porta alla frazione di Trava e di seguito, per l’esile stradina forestale, sino agli Stavoli di Aiers.

La meta prevista dell’escursione era il monte Avernis, e la località prestabilita per la partenza quella di Val. Invece giungiamo alla fine del tratto asfaltato, davanti al caratteristico stavolo con il tetto spiovente, tipico della Carnia. Lasciamo l’auto presso l’edificio, e una volta pronti, scruto la mappa, alla ricerca di una verità topografica. La carta che ho al seguito, viste le modeste dimensioni, non mi aiuta molto. Intuisco che sono a Sud del Monte Tribil, in lontananza ho identificato il ripido pendio che scende sino a Val. L’ambiente che ci circonda è strepitoso, verdi e sterminate praterie punteggiate dagli stavoli donano un senso di felicità difficile da descrivere per quanto sia magnifico. Dal punto di partenza, a nord, diparte una carrareccia di guerra, abbastanza ampia da essere percorribile da automezzi. Essa, arditamente, si spinge molto in alto, fino a raggiungere sul versante occidentale la malga Avernis Alta.

Sarebbe facile percorrere questo comodo sentiero, ma vengo attratto da un solitario stavolo a occidente, e di seguito dall’ombroso e sovrastante pendio meridionale del monte Suelias. Tra le fronde scorgo una leggiadra figura, scalza e con una veste di cotone bianca, fugge via. Ella, si nasconde tra le ombre del bosco, e il suo  volto dispettoso, da dietro un affusto d’abete, ci fa un cenno per essere seguita. Rapiti da tal magia ci inoltriamo nel bosco ostruito da una moltitudine di schianti. Troviamo fra essi, squarci dove poter passare, guidati dalle orme degli animali selvatici, messi della Dea Artemide. Si, ho riconosciuto, nella fanciulla vestita di bianco, la divinità femminile protettrice della natura. Con lei ho un rapporto particolare, spesso mi coccola, elargendomi doni speciali. Il pendio che risaliamo è ripidissimo, non vi è nessuna traccia e segno, solo il quieto e monotono ascendere. Dall’ alto ci guidano, come se fossero segni indicatori, dei ciuffi d’erba illuminati dal sole. Quando la vegetazione si fa più rada, e si aprono gli scenari, possiamo finalmente ammirare il paesaggio che spazia all’infinito sotto un cielo che protegge la Carnia. Con lo sguardo accarezziamo delicatamente le catene montuose del Friuli e del Veneto.

Il crinale mantiene la sua ripidezza, molto esposto, spesso tagliamo in diagonale il versante per faticare di meno. Certe esposizioni sono adrenaliniche, mi chiedo se siamo bravi o matti. Procediamo lesti, par che voliamo sul manto inerbito, come le nubi che carezzano la terra prima di dissolversi. Raggiunta l’elevazione (monte Suelias 1510 m.) ne guadagniamo la cresta a nord, che vista la vista minor ripidezza, la percorriamo con un sorprendente brio. Da essa, a occidente, volgiamo lo sguardo sul massiccio del Col Gentile e monte Veltri, che dominano dall’alto il cuore della Carnia, ossia Ovaro. Gli eroici faggi come i poderosi guerrieri spartani presidiano il sentiero, avvertiamo il loro tormento impresso nel nervoso distendere in cielo dei rami. La cresta si affila per alcune decine di metri, consigliandoci di percorrere a oriente la carreggiabile, per poi riprende il filo del crinale in prossimità di un tornante.

Ripresa la dorsale continuiamo fino alla verticale parete del monte Cucasit, che aggiriamo a oriente per i ripidi ed esposti prati. Il nostro incedere sul ripido crinale pare un’ascensione mistica, e il nostro passo è cadenzato dalle leggere carezze della corrente. Raggiunta la vetta del Cucasit (1731 m.) constatiamo che manca ancora un centinaio di metri per raggiungere la vetta del Tribil. La pendenza stavolta è moderata, ci abbassiamo solo di alcuni metri, per poi riprendere la dolce ascesa sino alla cima del Monte Tribil (1747 m.). La vetta è materializzata da un rametto d’abete piantato verticalmente tra i sassi di un ometto. Provvedo subito a rinforzare con altri sassi l’ometto e installare un barattolino con un piccolo blocco note per il passaggio dei viandanti.

Nello zaino serbo tra gli oggetti più cari una bandiera con su disegnata la figura mitologica della Triscele allego alla fine della relazione un piccolo studio fatto sul web sul significato del simbolo *.

 

 

Questa comunanza tra le antiche civiltà della Sicilia e della Carnia da un senso e delle risposte al mio vagare per i monti che mi circondano e che sento miei. Li amo, venero, come divinità, e da essi ricevo energia positiva. Lego con gioia la bandiera con il Triscele a uno dei bastoncini da trekking conficcati sul terreno, mentre un soffio di vento si alza e diffonde il volto della Triscele nell’azzurro cielo carnico. L’ambiente che circonda la cima è fantastico, silenzioso e con un vastissimo e incantevole panorama. Decidiamo che è giunta l’ora di pranzare, rinviando la visita di cortesia al monte Avernis, per poterci godere con calma e tanto Karma il Tribil.

Attimi di magia che arrestano il tempo catturando gli amabili pensieri…

E tutto attorno la natura si offre nei suoi compositi aspetti, tra cui ammiriamo la danza delle nubi, ma loro, burlandosi di noi si dissolvono come neve al sole…

Finita la sosta riprendiamo il cammino, stavolta si rientra per la comodissima carrareccia, che scorre a oriente, alcune decine di metri sotto la cresta. La raggiungiamo per il ripido versante orientale e una volta sull’acciottolato, iniziamo il nostro passo lento e a ritroso verso la località dove abbiamo lasciato l’auto.  La rotabile in alcuni frangenti assume la denominazione di sentiero CAI numerato 166, assai monotona per la lunga percorrenza ma che elargisce ampi squarci visivi sull’altopiano di Lauco, inebriando lo spirito di visioni immaginifiche, che fanno esclamare al miracolo. La vita è meravigliosa e va vissuta per intera, attimo per attimo, ciuffo d’erba per ciuffo d’erba, foglia per foglia, respiro per respiro, senza mai smettere di sognare.

Raggiunta l’auto, costatiamo che è troppo presto per rientrare a casa e tanto tardi per rimanere in montagna, quindi, con placidità, procediamo ad assumere un assetto da escursionisti pronti al rientro. Effettuiamo il classico rito della purificazione delle membra e degli abiti, seduti su una panca posta all’ombra di un faggio e propensa verso la bellezza del paesaggio. Il rientro per la carrozzabile accade dolcemente, ci godiamo il paesaggio, notando su un prato, e in lontananza, due auto di colore rosso e azzurro, che sembrano amoreggiare. La bellezza del luogo ha contagiato anche i mezzi meccanici, questa è magia allo stato puro. Stavolta cambio direzione e procedo per Lauco, attraversando il bel borgo carnico, dove volgo un pensiero all’amico Luca. Raggiunta Villa santina, si rientra nella pianura in uno stato idilliaco, il medesimo che proviamo quando rientriamo dal paradiso, ossia la meravigliosa Carnia.

Il forestiero Nomade.

Malfa

 

 

* “… è un’antica figura mitologia formata da tre gambe unite (simbolo del sole) in un punto da un volto femminile, quella di gorgone, e dalla testa si diramano tre spighe di grano. La testa della Gorgona è contornata da serpenti per indicare la saggezza, le ali sono il simbolo del trascorrere del tempo, mentre le spighe di grano simboleggiano la fertilità.

Essa è anche il simbolo della Sicilia dal VII sec a.C.

Un simbolo simile con le stesse origini remote è il Triskele dei celti, quindi dei Carni. i Tre Cerchi dell'essere o della manifestazione: Ceugant, il Mondo dell'Assoluto; Gwynwydd, il Mondo Spirituale dell'Aldilà e Abred, il Mondo Umano o della Prova;

internamente ad Abred è il simbolo dei tre aspetti del mondo materiale: la Terra (cinghiale), l'Acqua (Salmone) e il Cielo (Drago) che con il loro movimento si riuniscono tutti nel quarto elemento, il Fuoco, simboleggiato dal cerchio che racchiude il triskell.

la Triplice Manifestazione del Dio Unico: la Forza, la Saggezza e l'Amore e, quindi, le tre classi della società celtica che incarnavano tali energie, Guerrieri, Druidi e Produttori (i lavoratori);

il Passato, il Presente e il Futuro riuniti al centro in un unico Grande ed Eterno Ciclo chiamato Continuo Infinito Presente, in cui tutto esiste allo stesso momento. Ecco perché, nella festa celtica di Samhain del 1º novembre gli uomini potevano incontrare non solo i loro antenati defunti, ma anche i loro discendenti ancora a venire;

le tre fasi solari nella giornata: alba, mezzogiorno, tramonto;

la Dea nei suoi tre aspetti di Vergine-Madre-Vecchia/Figlia-Madre-Sorella;

la triplice manifestazione dell'uomo: corpo, emozioni/sentimenti/pensieri e spirito, ma anche Azione, Sentimento, Pensiero e le tre età dell'esistenza infanzia, maturità, vecchiaia;

la triplice specializzazione della dea Brigit come custode e dispensatrice del Fuoco Sacro e protettrice degli artisti, dei fabbri e dei guaritori;

il segno sul quale il santo cristiano Patrizio spiegherà il concetto della Trinità ai celti irlandesi, dopo avere trasformato però il triskele in un trifoglio.

il simbolo della trinità femminile della battaglia Morrigan-Macha-Boadb e di quella maschile Ogma-Lugh-Dagda

Anche il senso di rotazione apparente del simbolo, come anche nella svastica, assume un diverso significato: se, a partire dal centro del simbolo, le tre spirali si avvolgono su sé stesse da destra verso sinistra viene rappresentato il turbinare delle energie dall'interno verso l'esterno, ovvero la "manifestazione"; se invece si sviluppano da sinistra verso destra si simboleggia la discesa negli inferi. Nei popoli celtici e in termini di simbolismo assoluto il Triskell rappresenta nella sua versione destrorsa, ovvero con le spirali che si avvolgono verso sinistra, stilizzato, il movimento del sole, e diventa quindi una specie di "ruota del Sole", con riferimento al dio irlandese Dagda, e si connota così come simbolo positivo accanto alla svastica indoeuropea. Nella sua variante sinistrorsa, ovvero con le spirali che si avvolgono, o "finiscono", verso destra, questo simbolo sarebbe un potente talismano contro il malocchio e la stregoneria in generale, probabilmente in riferimento al suo carattere di "chiusura" opposto a quello di "apertura" che distinguerebbe la versione destrorsa, ma c'è da dire che questa versione è maggiormente caratterizzata come "sinistra" e speculare alla sua opposta figurata come solare, luminosa e vitale…”

 

 

 





























































 

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