Anello del Monte Pala da Clauzetto.
Localizzazione: Prealpi Carniche
Avvicinamento:
Lestans-Travesio-Paludea-Clauzetto- piccola sosta in periferia del borgo,
presso località Triviat (quota 500 m.)
Regione: Friuli-Venezia Giulia
Provincia di: Pordenone
.
Dislivello: 731 m.
Dislivello complessivo: 1000 m.
Distanza percorsa in Km: 26
Quota minima partenza: 500 m.
Quota massima raggiunta: 1231 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 5 ore
In: solitaria
Tipologia Escursione: storico-paesaggistica
Difficoltà: Escursionistica, in un breve tratto fuori sentiero
per esperti.
Tipologia e
condizioni sentiero o cammino: Sentieri ricalcanti i vecchi troi, alcuni in
ottimo stato.
Ferrata-
valutazione difficoltà:
Segnavia: Bolli rossi locali
Fonti d’acqua: no
Impegno fisico: medio
Preparazione tecnica: bassa
Attrezzature: no
Croce di vetta: si
Ometto di vetta: si
Libro di vetta: si
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Consigliati:
Data: mercoledì 28
aprile 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Finalmente sono
riuscito a portare a termine un progetto che avevo in mente da tempo, quello di
collegare con una serie di sentieri, il monte Pala con la frazione di Lestans.
Un‘idea studiata a tavolino sulla mappa, che nella realtà mi ha permesso di
conoscere, in molteplici escursioni, un’affascinante fetta di territorio della pedemontana
pordenonese. Per questa uscita ho deciso di partire dalla frazione di
Clauzetto, esattamente dal borgo di Triviat.
Sulla mappa ho creato
un percorso ideale, ovvero, quello di partire da Clauzetto, procedere fino alla
località Corona tramite un remoto sentiero edificato con muri a secco. Dalla
medesima località, continuare per lo stesso sentiero segnato sulla mappa (sperando
di trovarlo), fino a un rudere in località Planch del Lat, per poi continuare
per il ripido crinale (in libera), fin
su alla croce del Monte Pala, da quest’ultima raggiungere per cresta le due
cime del Pala, la sud e la nord, e successivamente e di seguito scendere in libera fino ai ruderi
della Malga Cecon, per poi proseguire lungo una carrareccia che conduce alla
forcella La Forchia che collega il monte Pala al colle di San Martino. Dalla Forchia,
tramite una stradina asfaltata, procedere per Chiampeis, l’altopiano che
sovrasta la frazione di Vito d’Asio, e procedere a occidente per raggiungere la
località Malga Prima, e di seguito per la Croce di Vit e la forcella Monte d’Asio.
Chiudere l’anello scendendo per un sentiero che porta a Vito d’Asio, e di
seguito, imboccando il sentiero medievale che dopo aver raggiunto la Pieve di
San Martino, prosegue sino a Clauzetto. Dall’escursione ideata su carta passo
ai fatti.
Decido di eseguire
l’escursione l’unico giorno della settimana all’insegna del bel tempo.
Raggiunta la località di Clauzetto, lascio l’auto nella frazione di Travit,
presso un comodo posteggio, e con lo zaino pieno di sogni mi avvio. Dopo aver
percorso la scalinata che conduce al duomo della frazione, proseguo in
direzione nord-ovest, seguendo le indicazioni per Pradis di Sopra, dopo pochi
metri imbocco il sentiero a destra (indicazioni per il monte Pala e la località
Corona). In pochi minuti raggiungo l’arteria superiore, una piccola stradina
che dalla località di Pradis di Sopra ascende all’altopiano. Cerco a monte la
continuazione del sentiero percorso in precedenza, ma non trovo nulla. La mappa
mi indica un tracciato, quindi scruto nella selvatica vegetazione e tra i rovi
scorgo alcuni sassi disposti ordinatamente. Trovato!
Raggiunta la
mulattiera appuro che è impraticabile per via della invadente vegetazione. Non
mi demoralizzo, decido di seguire il sentiero dall’esterno, destreggiandomi tra
le siepi selvatiche, l’audacia viene premiata. Dopo alcune centinaia di metri,
la mulattiera si apre su un piano inerbito e coltivato, dove spiccano i
basamenti in pietra di quella che un tempo fu una malga. Mi emoziona tale
visione, fantasticando di aver scoperto le mura di un antico sito, e le pietre
angolari che hanno resistito all’erosione del tempo rafforzano questa mia illusione.
Fa caldo, mi spoglio della giacca tecnica rimanendo in canotta prima di
proseguire. Scorgo il continuo del sentiero che ascende al crinale, lo
raggiungo, e dopo alcuni metri attira la mia attenzione un bollo rosso su un
masso, intuisco che trattasi di una traccia recente. Un sentiero marcato segue
parallelamente quello vetusto e in pietra, numerosi bolli rossi e ometti mi
guidano. Ora avanzo con gioia e sono felice della buona intuizione e questo mi entusiasma.
Dopo aver raggiunto il costone, mi abbasso di alcuni metri per marcare una
fetta di territorio chiamato monte Torchia, materializzato solo dalla fitta
vegetazione. Ritorno sul sentiero battuto e segnato e proseguo il cammino. Dopo
aver percorso un centinaio di metri odo un chiaro suono, quello proveniente da
una motosega, e di seguito scorgo un omino intento a ripulire il sentiero dall’invadente
vegetazione. Cerco di farmi sentire o scorgere, ma avverte la mia presenza solo
quando mi vede, effettuando un gran balzo a causa dello spavento per
l’imprevista visita.
Ci presentiamo, mi conosce per via delle mie
pubblicazioni sul web. Chiedo informazioni sul proseguo, e gli spiego della mia
idea di raggiungere la croce del monte Pala in libera per il crinale. Mi
risponde di risparmiarmi la fatica, ci ha pensato lui in precedenza a creare una
mirabile traccia, e mi informa che trattasi di uno straordinario sentiero.
Rincuorato dal nuovo amico, mi congedo, ringraziandolo vivamente per la
benefica attività a favore dei viandanti. Continuo l’escursione per il bel
sentiero, sino a raggiungere i ruderi della malga posta in località Planch del
Lat, una meraviglia. Questa vista, da sola, merita la fatica dell’escursione.
Davanti mi si dischiude la magica visione di una struttura circolare e dietro
di essa i muri perimetrali della malga. L’amico incontrato in precedenza è l’autore di
questa bonifica ambientale, e io fruisco della bellezza. Avverto una forte
sensazione di beatitudine, mi sento libero, anzi sono libero, e in questi
frangenti non invidio nessuno al mondo. Euforicamente, giro in lungo e in largo
intorno alle vestigie, ne ispeziono gli interni, ed è difficile proseguire per
il cammino visto che sono letteralmente incantato, ma devo svegliarmi dal
sortilegio e continuare il cammino. Il sentiero prosegue a occidente dei
ruderi, con facilità anche se con sostenuta pendenza ascende il crinale del
monte proprio come avevo immaginato. Tra gli arbusti ammiro gli enormi e
verticali abeti bianchi che con le raggiere disegnate dai rami ascendono verticalmente
al cielo, come sacerdoti nel professare un cerimoniale. Guadagnando quota vengo
rapito dalla selvaggia presenza dei faggi, che diffondono le fronde all’azzurro
cielo, creando una scenografia e coreografia da sogno. Mi fermo spesso a
fotografare i bei disegni delle nervose e tormentate piante, e la bellezza del
suolo carsico amplifica questi sentimenti, un seducente connubio di colori da
fare invidia al più talentuoso dei pittori. Il bianco della roccia tinto dallo
smeraldo dei rampicanti fa da naturale comprimario al bruno della pesta, e in
questo fondale danzano i grigi arbusti, svettando nel cielo color lapislazzuli.
Mi rattrista lasciare questo luogo, sto
vivendo dentro a un sogno. Il sentiero arriva ad un bivio, seguo le indicazioni
per la Croce, e dopo una gradinata in pietra, raggiungo questo meraviglioso
pulpito panoramico, un autentico inno alla gioia, come dire, adesso dopo aver
visto tutto questo, posso anche morire. Per natura non sono un tipo teatrale,
ma ho sempre pensato che la bellezza dovrebbe governare il mondo, e la natura è
la massima ispiratrice di questa idea, la mia Signora, e in questo regno le
sono umile servitore. Presso la croce, è stata edificata una piccola protezione
con tettoia, dove è posta una cassetta porta libro di vetta. Mi sposto presso
il balcone che si aggetta sui colli a meridione, per compilare il segno del mio
passaggio, ed ecco che avverto un brusio, voci umane sempre più vicine, più di
una, sono sicuramente in tanti, e dopo pochi secondi si materializza una
dozzina di agguerriti escursionisti, i noti scoiattoli grigi di Pordenone.
Simpaticissima la combriccola, intuisco che sono pensionati, confermano, li
informo che tra alcuni mesi anch’io ne sarò un adepto. Dopo un simpatico
scambio di battute, lascio agli amici la postazione, per proseguire nei miei
propositi. Seguendo il sentiero a monte, dopo avere raggiunto la Malga Polpazza
(chiusa), proseguo per la cresta, andando fuori sentiero. Passando sotto i
tralicci dell’alta tensione mi avventuro in una terra di nessuno, sciorinando
tra le frasche e gli arbusti. Superata la cima Sud, quella reale, mi dirigo
alla cima nord, sempre per terreno impervio, sino ad entrare per pochi metri in
una carrareccia, e raggiunta la vetta (materializzata da un masso) trovo due
degli amici incontrati in precedenza. Supero un reticolato che divide la
cresta, in un punto dove la rete è divelta, e passo dall’altra parte. Nel frattempo,
sopraggiungono gli altri scoiattoli grigi, uno di loro erige un ometto, e io gli
porgo un barattolino in vetro con dei fogli di carta, dove apporre le firme del
passaggio. Mi congedo in modo definitivo dagli amici, io tenterò di portare a termine
quello che mi sono prefissato. Dalla cima nord del monte Pala, spingendomi a
sud scendo per il ripido pendio, che non appare insidioso, destreggiandomi tra
la vegetazione raggiungo un prato, e spingendomi oltre, sempre a sud, dopo
essermi addentrato in un fitto boschetto di noccioli, approdo ai resti di un
manufatto. Mi ha entusiasmato aver raggiunto i ruderi della malga Cecon,
direttamente dalla vetta, con un percorso in libera. Napoleone Bonaparte sosteneva
che nella vita non bisogna essere solo abili ma anche fortunati, e in questo
frangente lo sono stato. Ho raggiunto il limite nord di una recinzione, lo
aggiro, superando delle frasche, sono tanto emozionato. Mi illudo di varcare le
mura di una delle mitiche città micenee. Tra la selvatica e invasiva vegetazione
scorgo le rovine di edifici, come se fossero le torri e le mura di un palazzo
reale, aggiro gli ostacoli, varco un terrapieno e sono a ridosso di una entrata
che mi pare regale, la varco. Meraviglia! All’interno di un enorme salone
(stalla) le luci foche danno un tocco magico, mentre dal centro di esso, alcuni
arbusti attraverso uno squarcio nella copertura si aprono una via al cielo. Una
lunga serie di anelli è allineata alle due pareti più lunghe, ora sono ossidati,
ma un tempo ad essi venivano legate le giovenche. La magica luce rigeneratrice
filtra dalle numerose aperture, e mi guida all’uscita posta a oriente. Tra i
rovi individuo un passaggio che mi conduce al terrazzo superiore dove svetta il
corpo principale della malga, quello abitativo. Di esso rimangono solo le mura
perimetrali, spoglie di tutto, e un'altra pianta mistica cresce e si avviluppa
al suo interno, come se la natura nel tempo volesse rappropriarsi dello spazio.
La malga è polifunzionale, visito un altro locale adibito a stallaggio, è in
ottime condizioni con la tettoia integra.
Tra i ruderi passo davanti a quello che rimane di un pozzo, e
soprattutto ispeziono le mura perimetrali della struttura, possenti e con un
ampio terrazzo panoramico. A proposito
della malga Cecon, appena rientrato a casa e indagando sul web, ho appreso che durante
l’ultimo conflitto mondiale è stata bombardata dai tedeschi tramite un pezzo di
artiglieria pesante montato su un treno blindato di stazza presso la stazione
ferroviaria di Pinzano. Evidentemente, i nazifascisti, temevano che la struttura
fosse un rifugio dei partigiani, che storicamente in quel tempo brulicavano nel
territorio che sto esplorando.
Ritornando
all’escursione, scendo degli scalini che mi portano fuori dalle poetiche vestigie,
e mi ritrovo a percorrere una carrareccia inerbita. Mi volto indietro e magicamente
i ruderi della malga Cecon svaniscono avvolti dalla fitta vegetazione. Mi
chiedo se l’esperienza che ho appena vissuto sia stata un sogno. Davanti a me si
apre un’infinita visione che accarezza tutta la pianura friulana, proseguo per
la carrareccia a oriente, scendendo di quota sino a raggiungere La Forchia, e
da quest’ultima sempre per la stessa carrareccia un bivio, posto alle pendici
occidentali del Colle di San Martino. Dall’alto scorgo i prati dell’altopiano
dove mi sto dirigendo, quelli della località Chiampeis, e che dopo una serie di
tornanti e rettilinei raggiungo. Dall’altopiano, che ben conosco, mi dirigo a
occidente, ammirando lungo il cammino, a destra e a manca, la bella serie di stavoli,
quasi tutti ricostruiti. La valle ultimante ha ripreso a vivere, tante attività
e cantieri ne testimoniano la rinascita.
L’uomo rifugge gli agglomerati per trovare asilo in un ambiente più
congeniale. Percorro una stradina sterrata, un gregge di pecore incuriosite osserva
i miei passi, finché raggiunta la località Malga Prima ne seguo le indicazioni
per la Croce di Vit. Percorro un breve tratto tra la rada boscaglia e sono a
ridosso della forcella di Vito d’Asio, dove effettuo una corta deviazione a
sinistra, pochi metri di sentiero, per raggiungere la Croce di Vit, esposta straordinariamente
sull’abitato di Vito D’asio. Presso un masso, posto a pochi centimetri dalla
croce, decido di trovare riposo e dedicare il tempo dovuto al saporito pasto.
Ho fame, ma sono anche rapito per quello che ho fatto e visto. Mi gusto il
boccone, lentamente e godendomi il meraviglioso paesaggio, da dove posso
ammirare e rivivere le recenti escursioni. Dalla posizione si domina la pedemontana,
soprattutto il fiabesco territorio di Castelnovo, con i suoi innumerevoli
colli, sino alla pianura, dove scorrono le trasparenti acque del Tagliamento.
Riprese le energie, riprendo il cammino, presso la forcella incontro una
giovane coppia di escursionisti veneziani, con cui intraprendo una gradevole
conversazione. Congedatomi dai viandanti, finalmente posso affrontare il
sentiero che dalla forcella mi conduce alla frazione sottostante. Ero curioso
da tempo di comprendere che tipologia avesse questo breve tratto che mi rimane
da fare, e ne rimango estasiato. Trattasi di una lunga scalinata in pietra
intervallata con brevi tratti di sentiero, che in soli in centocinquanta metri
di dislivello collega la frazione di Vito d’Asio all’altura soprastante. È un sentiero molto bello e remoto, mi
emoziona nel percorrerlo, e alcune timide farfalle e una splendida fioritura aggiungono
poesia all’incedere. Raggiunto il sentiero medievale, effettuo un breve sopralluogo
al borgo di Vito d’Asio, visitando brevemente gli edifici storici e di seguito
ritornando sul sentiero per chiudere l’anello. Dal sentiero medievale procedo a
occidente, e dopo avere raggiunto la Pieve di San Martino proseguo per la
periferia di Clauzetto per una comoda stradina che lambisce un‘enorme pietraia;
immagino che nei secoli scorsi sia stata adoperata per rifornire le comunità
vicine nell’erigere edifici e sentieri. Raggiunta la periferia di Clauzetto,
per morbidi prati, scendo sino alla chiesa e di seguito nella località Triviat dove
ho lasciato l’auto.
È stata una
meravigliosa escursione, più entusiasmante di quanto l’avessi immaginata, e ne sono
davvero felice. Amo questo territorio, e avverto che è un sentimento
corrisposto, sia dalla natura che dalla comunità locale, un popolo che non ha
smesso di sognare in questo momento storico, dove i rapporti umani sembrano
soffrire a causa del forzato distanziamento.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
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