Anello
del Col Navicello da Paludea
Note
tecniche.
Localizzazione: Prealpi Carniche
Avvicinamento: Lestans-Travesio-Paludea- Sosta
presso uno spiazzo (nei presi di Martiners) lungo la strada che collega
Travesio a Clauzetto-
Regione:
Friuli-Venezia Giulia.
Provincia
di: Pordenone
.
Dislivello:
317 m.
Dislivello
complessivo: 350 m.
Distanza percorsa in Km: 9
Quota minima partenza: 220 m.
Quota
massima raggiunta: Col Navicello 431 m.; Quota massima raggiunta 440 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 3 ore
In:
coppia
Tipologia
Escursione: escursionistiche
Difficoltà:
escursionistica
Tipologia sentiero o
cammino: Sentiero remoto
Ferrata- valutazione
difficoltà:
Segnavia:
Locali, tabelle bianche con scritte, e bolli rossi.
Fonti
d’acqua: si
Impegno
fisico: basso
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: no
Libro di vetta:
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: domenica 16
maggio 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Il mattino dopo di una
giornata uggiosa vengo svegliato da un’intensa luce bianca che filtra dalle
fessure delle persiane, mi alzo dal giaciglio e scrutando fuori dalla stanza ammiro
uno stupefacente cielo azzurro che mi desta e scuote dal torpore. Eccitato ed
entusiasta sveglio Giovanna, la informo che è il caso di cambiare il programma
della domenica, quindi preparo la colazione a volo e si va in montagna. Ci approntiamo da escursionisti e in poco
tempo siamo lesti, zaino in spalle, via! Più veloci della luce! Durante queste
operazioni penso alla meta da farsi e mi viene in mente la figura di un colle
che spesso scruto incuriosito quando percorro in auto la valle del Cosa presso
Paludea. Da un veloce sguardo alla mappa Tabacco 028, deduco che l’elevazione in
questione è il Col del Navicello, stabilisco il punto di partenza e idealmente
creo un anello immaginario, il meteo dovrebbe essere favorevole e reggere sino
alle prime ore del pomeriggio. Dell’avventura, vista la brevità del percorso e
il poco dislivello, farà parte anche il fido Magritte, che già pronto, scodinzola
freneticamente. In pochi minuti, dalla frazione di Lestans, raggiungiamo in
auto la valle del Cosa, dove ci addentriamo sino alla periferia di Paludea. Lasciamo
l’auto presso un ampio spiazzo lungo la strada provinciale 22 che collega
Travesio a Clauzetto, proprio poco prima di un ponticello che permette, una
volta guadato il Cosa, di avere accesso alla località Martiners. Una volta fuori dall’abitacolo ci dirigiamo
per la nostra meta, e mappa alla mano, iniziamo con i primi passi l’anello in
senso antiorario, transitando sul ponticello che oltrepassa il torrente Cosa.
Sull’argine della destra orografica ci aspetta un edificio affrescato da un
murale che raffigura la bandiera statunitense; il nostro sentiero lambisce
l’argine del Cosa, seguendo un evidente traccia che aggira le pendici orientali
del Col Navicello. Dopo aver raggiunto un secondo ponticello, accompagnati
dalla dolce melodia dello scorrere delle acque, ci soffermiamo presso una graziosa
fontanella da dove sgorga la fresca linfa della sorgente del Toff. Le acque del
torrente Cosa in questo luogo assumono un brillante color smeraldo, e le tinte,
combinate a quelle della vegetazione creano scorci espressivamente romantici degni
di un pittore paesaggista. È solo l’inizio della nostra escursione e già siamo immersi
in una splendida visione irreale. Continuiamo per il sentiero che
progressivamente si distacca dall’argine del torrente, e una volta guazzato il magro
rigagnolo (affluente del Cosa) proseguiamo tramite una mulattiera resa madida dalle
recenti piogge. Lungo il tratto
ammiriamo un’attigua ancona che precede il bucolico borgo di Almadis. Improvvisamente il paesaggio si dischiude sull’
ampia distesa prativa che si insinua a occidente nella piccola conca. Visitiamo
le abitazioni del borgo, una in particolare attira la nostra attenzione, essa è
adornata da marmoree statue dalle forme variegate, e alcune con espliciti
richiami all’arte impressionista. Una volta visitato il piccolo e grazioso
borgo seguiamo le indicazioni per la sovrastante frazione di Praforte,
iniziando a percorrere una arcaica mulattiera. Conosco bene questo sentiero, percorso in calata
alcuni anni fa, la recente pioggia l’ha reso infido, quindi procediamo con
cautela. Durante l’ascesa abbiamo modo
di ispezionare alcune vestigie di stavoli, dove possiamo ammirare gli stallaggi.
In uno stavolo, all’interno di uno dei locali, osservo il volo agitato della
numerosa comunità di pipistrelli. La flora in questo periodo è prospera, alcuni
faggi hanno dimensioni gigantesche ed emanano un fascino particolare. Raggiunta
la cresta la pesta assume le connotazioni di una comoda stradina di montagna,
che percorriamo sino all’ ingresso dell’antico sepolcreto di Praforte. Una
breve visita alle anime trapassate è doverosa, malgrado l’abbandono forzato del
borgo i sepolcri sono molto curati; da questa visione denoto un chiaro e forte
legame della gente nativa al trascorso. Proseguiamo il cammino verso Praforte,
protetti dalla fitta ombra creata dalle chiome del bosco di castagno, e ci
fermiamo ad ammirare la chiesetta votiva di San Vincenzo, edificata nel XVIII
secolo, momentaneamente chiusa al culto sebbene la costruzione appaia in
eccellente stato. Dall’edificio sacro svoltiamo a sinistra, decrescendo per un
troi delimitato con muri a secco. L’antico cammino ci conduce, lambendo i ruderi
di alcuni edifici, alla periferia meridionale del bellissimo borgo di Praforte,
che malgrado sia quasi del tutto disabitato, conserva intatta il fascino del
passato. Transitiamo tra i ruderi, mentre il suono della laboriosità umana ci
distrae, qualcuno, in basso, è all’opera, saranno i discendenti di coloro che un
tempo popolavano il borgo, e adesso rispondono al richiamo del passato. Da un edificio scorgiamo una gentile presenza
umana, ci salutiamo reciprocamente con una ossequiosa e sentita discrezione. Un
edificio in particolare mi colpisce, appare come il rudere di un maniero, una profonda
ferita tra le mura lo rende drammatico, come se fosse stato colpito da una
palla di cannone, e il medesimo proietto avesse portato il trapasso agli
occupanti. Ritorniamo indietro sui nostri passi e ci dedichiamo alla
continuazione dell’anello escursionistico. Dalla periferia orientale di
Praforte, transitiamo su una mulattiera, che abbassandosi di quota, percorre la
selvosa cresta della forchia che collega il colle di Praforte con il Col
Navicello. È sublime l’incedere, reso infido solo dalla pioggia della giornata
precedente. Il sentiero è spesso lambito da uno steccato eretto con tralci d’albero,
e da essa lo sguardo vola dai limitrofi rilievi di Col Monaco e Celante, fino
al lontano monte Pala. Una variegata e infinita gamma di sfumature verdi ci
avvolge, a volte armonizzata dai brevi sprazzi di lapislazzuli e latteo del
cielo adornato dalle nubi. Ci abbassiamo di quota per poi risalire, transitando
ai margini dell’ampio sentiero che è divenuto un pantano. Raggiunto un bivio (cartelli
esplicativi) seguiamo le indicazioni a manca per la frazione di Vidunza,
tralasciando quelle a destra per quella di Ghet. Il sentiero riguadagna quota,
all’incirca una quarantina di metri di dislivello, fino a raggiungere la cresta
del Col Navicello, dove un evidente e improvvisata segnalazione (tavola in
legno con scritta incisa e tinta in nero, con freccia indicatrice in rosso), ci
invita a visitare il punto panoramico presso la frana. Ho letto su una pagina
web che nel dicembre del 2020 un franamento ha colpito la frazione di Martiners,
causando qualche lieve danno materiale ma tanto spavento tra la popolazione locale.
Il sentiero che seguiamo è ben marcato, e segnato con vistosi bolli rossi sulle
cortecce della vegetazione, esso fluisce con un andamento dolce, guidandoci fino
al punto panoramico del colle (quota 431 m.). Sulla massima elevazione ci attende
una comoda e rustica panchina anch’essa eretta con rami. Davvero incantevole il
luogo, la panchetta invita a sedersi per ammirare lo scenario, una rappresentazione
teatrale che ha come attore dominante il versante nord-orientale del monte
Ciaurlec. Invito la mia compagna e Magritte a fare la dovuta pausa e a delibare
il paesaggio, mentre io continuo a percorrere per un breve tratto la cresta a
oriente (procedo sul tratto franato), accettandomi di aver raggiunto la massima
elevazione, ed è quello che costato. Ritornato alla panchina panoramica, su uno
dei braccioli fisso con dei nastri adesivi dei medesimi colori del CAI, un
barattolino per il beneficio del passaggio dei viandanti. Effettuiamo una pausa per goderci la
raggiunta cimetta, prima di ripartire e rientrare. Durante l’ascesa Magritte
claudica vistosamente, quindi, come abbiamo sperimentato in precedenza (vedi l’escursione
sul monte Celante), decidiamo di dargli un passaggio con il mio zaino. Dopo aver trasbordato del materiale (per fare
spazio) dalla mia sacca a quella di Giovanna, ospito il fido all’interno dello
stesso, prima di iniziare il ritorno. Magritte gradisce molto l’invito, e da
come lo descrive Giovanna, durante il trasporto si gode con diletto il
paesaggio. Dal vertice del Col Navicello, ritorniamo indietro sino al bivio sulla
cresta, e dopo proseguiamo a meridione, tramite il sentiero che conduce alla
frazione di Vidunza. La mulattiera che percorriamo è comodissima, e intuisco dallo
stato che è remota e assiduamente transitata nei secoli dagli alpigiani. Con
pochi tornanti essa ci accompagna alla periferia del borgo, dove imbocchiamo la
stradina asfaltata che si congiunge alla strada provinciale dove in mattinata abbiamo
lasciato l’auto. Gli ultimi metri di
sentiero sono deliziosi, all’insegna della serenità, inebriati dalla grazia appena
vissuta. Mentre ci avviciniamo alla strada principale udiamo delle voci, e
successivamente un intenso boato di euforia, simile a quello prorotto da un
numeroso pubblico che assiste a una partita di calcio, precisamente nell’attimo
che la squadra amica ha messo a segno una rete. Infatti, subito dopo, conseguo
che ho indovinato: in basso, presso un campo di calcio scorgiamo numerosi
automezzi e tanti giovani, tutti calciatori, sicuramente è in atto un torneo.
La maggior parte degli atleti sono neri, e questo mi fa piacere, la società
odierna è multietnica e i giovani tra loro non provano sentimenti razzisti. Una
volta raggiunta l’auto, vediamo transitare numerosi automezzi dei carabinieri, uno
di essi si ferma e una voce conosciuta e amica attira la mia attenzione.
Riconosco il carissimo Giorgio, ufficiale dei Carabinieri, persona squisita e di
classe, che ha appena presenziato a un rituale religioso officiato dal
cardinale Bagnasco al “Perdon Grant”, la festa del Preziosissimo Sangue
conservato in San Giacomo di Clauzetto. Dalle poche parole scambiate con
Giorgio, ho scorso dal suo volto l’ammirazione per l’ex presidente della Cei.
Opinione da me confermata, ho conosciuto di persona il Cardinale Bagnasco nel
2006. Una volta congedatomi dall’amico con un fraterno saluto, terminiamo l’escursione
approntandoci per il rientro. Durante il viaggio in auto commentiamo
l’escursione, definendola particolare, all’insegna della magica natura, e la onorata
ciliegina sulla torta è stato l’incontro a sorpresa con Giorgio, un essere
speciale.
Il
forestiero Nomade.
Malfa
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