Monte Nebria da Val Bruna
Note tecniche.
Localizzazione: Alpi Giulie
Avvicinamento: Lestans- San Daniele-Gemona-Moggio
Udinese-Chiusaforte- Pontebba-Ugovizza-Val Bruna.
Località di Partenza: Val Bruna.
Dislivello: 400 m.
Dislivello
complessivo: 500 m.
Distanza percorsa in Km: 7 chilometri.
Quota minima partenza: 780 m.
Quota massima raggiunta: 1207 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 2, 5 ore.
In: Coppia.
Tipologia Escursione:
Storino naturalistica.
Difficoltà:
Turistico-escursionistiche
Segnavia: CAI 608
Impegno fisico: basso.
Preparazione tecnica: bassa.
Attrezzature: No,
Croce di vetta: Si (ben tre)
Ometto di vetta: Si.
Libro di vetta: Si
Timbro di vetta: No.
Riferimenti:
Cartografici: IGM Friuli-Venezia Giulia – Tabacco 019.
Bibliografici:
Internet:
Periodo consigliato: Tutto l’anno.
Da evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero: Segnalatissimo, marcatissimo e
affollatissimo.
Fonti d’acqua: Si.
Consigliati:
Data: 22 aprile 2019
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto:
Monte Nebria dalla Val Bruna, è una piccola vetta che svetta
a settentrione delle più note sorellone, le Giulie. La prima volta me ne parlò il
buon Roberto, e quindi la riservai per un periodo di magra, ed ecco per la
Pasquetta, venire fuori il nome dal cilindro. Non è una montagna impegnativa,
ha un tragitto breve, con partenza dalla bella località di Val Bruna. Così, incuriosito
e adottando il metodo Malfa, che consiste nel memorizzare dalle relazioni solo
la quota di partenza e di arrivo, mi avvio all’avventura, appena due giorni
dopo il Cuel de la Bareta.
Il mattino dell’escursione, una volta pronti, dallo
spilimberghese ci catapultiamo nelle lontane langhe del tarvisiano, un viaggio
dentro l’avventura. Durante il tragitto in auto ripasso i nomi dei monti che
intravedo dal parabrezza, un album di figurine ideale, dove segnare le immagini
mancanti. Il quesito che mi frulla in mente è: <<Si è veri amanti della
montagna in base al numero di cime conquistate? >>È come dire che si è
veri uomini se si conquistano più donne piuttosto che amarne solo una, profondamente.
Ignoro la risposta, anche perché le due correnti di pensiero a modo loro hanno ragione,
di certo entrambe portano a una sorta di felice malinconia o di infelice gioia,
strano no?
Una bizzarra dicotomia da cui non si sfugge. Qualcuno potrebbe
commentare, ma perché il Malfa nelle sue relazioni carica di valori simbolici
la montagna, spesso usandola come metafora, come se fosse una donna reale?
Rispondo! Perché in fondo noi tutti esponiamo con simboli e anima quello che
per gli scienziati e i prosaici è solo un mucchio di pietre! Sono un animista, se avessi potuto scegliere
il periodo storico in cui vivere, avrei sicuramente scelto quello antecedente
alla conquista del west, nel nord America, avrei voluto essere un sioux, e si!
Perdente ma libero, con i capelli lunghi e a vento, correre per le praterie a
cavallo dei neri fulmini senza sella e morire combattendo, o sbranato da un
fratello maggiore, il lupo.
Ritorno al racconto, arriviamo nei verdi prati che adornano
Val Bruna, stavolta non ho dimenticato i viveri come la volta precedente, ma
qualcosa in fondo si dimentica sempre per strada. Lascio l’auto in periferia al
borgo carico di storia alpinistica, e ci avviamo per una carrareccia, a occidente,
e in pochi minuti percorriamo la vecchia strada militare. Solo una breve
indecisione durante il tragitto, poi seguiamo la strada bellica con una serie
di tornanti. Passando attraverso una galleria, sbuchiamo in un paesaggio che
tanto mi ricorda quelli della mia terra natia.
Incontro tanti escursionisti, la vicinanza al confine e la
facilità del percorso non fanno che stimolare la frequenza di chi ama deambulare
dentro gli scarponi. In breve, raggiungiamo la forcella che divide le due cime,
ci spostiamo con una leggera calata su quella più ardita, risalendo un costone
dove gli eroici pini fanno da gendarmi. Conquistata la prima cima (croce e
bidoncino in metallo con annesso libro di vetta), procediamo per la propaggine
estrema del monte (di pochi metri più bassa). Nell’estremo del rilievo troviamo
una croce in legno, posta sui resti di un nido d’aquila di chiara edificazione bellica,
e ai margini di esso, un anziano escursionista intento a sbucciare una mela.
Nel frattempo, dalla valle un’orda di austriaci si appresta
a conquistare la cima superata in precedenza, che dire? È proprio un luogo per
spiriti solitari. Ritorniamo sui nostri passi e immortaliamo il momento nei
pressi della croce con annesso libro dei visitatori. Magritte abbaia a più non
posso, farebbe una strage di caviglie se potesse, rivelando uno sciovinismo
misto a intolleranza per lo straniero. Quindi dopo aver ripercorso a ritroso il
tratto di sella, riprendiamo a camminare sulla strada militare, fino a che essa
non si doma sulla cresta. Dal crinale un cartello ci invita alla sommità, poco
prima superiamo una coppia di escursionisti, e presso la croce un'altra coppia ancora,
stavolta con cane al seguito. Magritte conferma di avere un brutto carattere e
di essere asociale, abbaia e ringhia a destra e a manca. Dopo un una piacevole
conversazione con una delle coppie di visitatori, ci concediamo la lauta pausa
e recuperiamo le forze. Per la dormitina ci spostiamo sul versante meridionale,
sdraiandoci sul ripido e dolce pendio erboso. Confesso e non me ne vergogno che
ho dormito profondamente, ed è stato stupendo aprire gli occhi e vedere le
creste bianche delle Giulie: la Cima del Cacciatore, il Fuart, il Grande
Nabois, lo Jouf di Miezegnot, il Piper, i due pizzi, ecc. ecc. Visione magica, il
sole picchia e conviene rientrare. Per la calata seguiamo un sentiero che dalla
cresta discende a oriente all’interno di una fitta faggeta. Raggiunti i verdi campi
tagliamo attraverso essi fino alla periferia del paese, dove liberateci dagli scarponi
ci concediamo una passeggiata da turisti. In tanti anni che sono andato in Val Bruna
non mi sono mai fermato nel borgo, stavolta faccio eccezione. Esploro le case, finestra per finestra,
facciata per facciata, mi godo il villaggio carico di storia alpinistica, dove
ancora avverto la presenza dei leggendari arrampicatori, i semidei che hanno
dato lustro all’alpinismo regionale. Dopo la breve escursione dentro la favola
ritorniamo in auto, sereni e soddisfatti, avendo trascorso la Pasquetta tra i
monti. Rientriamo a valle, con una cima conquistata e una nuova storia da ricordare.
Il forestiero Nomade.
Malfa.
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