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domenica 5 maggio 2019

Monte Jama da Raccolana


Tipologia Escursione: Storico-Naturalistica.



Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionistiche

Segnavia: CAI 644 -620

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: Bassa.

Attrezzature: No.


Croce di vetta: Si.

Ometto di vetta: No.

Libro di vetta: Si.

Timbro di vetta: No.

Riferimenti:

Cartografici: IGM Friuli-Venezia Giulia – Tabacco 018.

Bibliografici:

Internet:

Periodo consigliato: Tutto l’anno.

Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.

Fonti d’acqua: Si, a iosa.

Consigliati:

Data: 02 maggio 2019.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa

Racconto:

Monte Jama, facile e divertente escursione che si sviluppa ad anello, circumnavigando i versanti del monte che domina il borgo di Raccolana, fino a raggiungere la non panoramica cima. Il nome del monte mi richiama alla mente il noto personaggio Tex, creato da Giovanni Luigi Bonelli, quindi non mi resta che fare l’escursione e scoprire che ci sia dell’altro. Yama nel fumetto è il figlio di Mefisto, quindi con le note credenziali di Malfattore mi avvio a scoprirne gli arcani. Con me al seguito sarà il buon Magritte, il fido è prossimo alle 200 prime cime (ci tiene a farlo sapere).

Ultima giornata solare prima che il fine settimana venga guastato dal mal tempo, di mattino presto percorro in auto la Pontebbana, giungendo prima delle otto a destinazione. Non lascio il mezzo sotto i piloni dell’autostrada come consigliato da alcune guide, pochi metri a destra dista un comodo e confortevole parcheggio. Indossati gli scarponi e preso lo zaino, si parte! Imbocco una rampa inerbita (quota 378 m. circa, segnalo cartello CAI distrutto). Il sentiero è lunghissimo, ripido e non tortuoso, la pendenza non molla mai. Per distrarmi dal tedioso incedere del passo mi consolo osservando il cielo, sperando che rimanga di color lapislazzuli.

Osservo il primo tratto di bosco, nocciolo misto a pino, spero di non prendere zecche, purtroppo la mia preghiera non sarà esaudita, al ritorno a casa scoprirò di avere portato al seguito un ospite non desiderato.

Continuando a salire per il ripido sentiero, mi distraggo fotografando fiori e scoprendo su un rametto di pino un simpatico intruso. Poco sotto la cresta il sentiero si inerpica guadagnando rapidamente quota per poi diventare dolce. Ho modo di scoprire e ammirare la buccia disseccata di una banana con l’annesso bollo che ne dichiara la provenienza, adoro questo tipo di arte spontanea. Arrivato in cresta, un cartello in legno con inciso il nome del monte mi invita a proseguire a sinistra. La scritta, anch’essa richiama il noto fumetto citato all’inizio del racconto, quindi non mi resta che seguire i bolli rossi. Per pochi tratti la visuale si apre al paesaggio, ma le incombenti nuvole occultano tanto alla vista.   Percorro la traccia finche all’interno del bosco misto (pini e faggi) mi ritrovo al cospetto di una struttura a dir poco di cattivo gusto, che per qualcuno vuol essere sacra (vetta del monte 1167 m.), ma che sinceramente toglie poesia al sito. In breve, trattasi di una croce in legno che sormonta un piedistallo in sassi e calcestruzzo, a cui sono murati una statuita di madonnina color azzurro e un tubo porta libro di vetta.

Sopra la croce penzola un rosario e alla base di essa è posto un lumino con l’effige di Padre Pio. Provo ad immaginare la reazione del Cristo (se resuscitasse per l’occasione) alla visione di tale obbrobrio, di sicuro ne farebbe scempio. Il pensiero non può che volare alla definizione di Karl Marx, che le religioni sono l’oppio dei popoli. Confesso che non ho resistito a un gesto di chiara provocazione, e quindi ho arricchito l’orrenda struttura di altri simboli, che io di solito porto al seguito, tra cui la sacra effige di San John Lennon, protettore degli spiriti liberi. Magritte assiste a tutto questo mio fare con esplicita confusione, e io ne leggo il pensiero: <<Il Malfa oggi si è fumato qualcosa!>>. Lasciato il luogo di culto, proseguo per la traccia, sbucando in un prato che si fa baciare dal sole. Proprio aderente al boschetto è stato ricavato un riparo, sicuramente utile a chi professa il parapendio. Non mi dilungo molto nel sito, e rientro fino alla forcella, e seguendo sempre il sentiero 644 percorro (stavolta in discesa) il sentiero che mi porta in breve al borgo di Patoc.

Il percorso non è impegnativo, non segnalo nessuna interruzione, così raggiunti campi inerbiti mi dirigo a occidente, presso le prime abitazioni dell’antico borgo. Un’iscrizione in italiano antico attira la mia attenzione” L’OMO MISURA EL TEMPO- EL TEMPO… L’OMO”, la frase stimola la mia riflessione, assai assai.

Con la massima che mi frulla nella mente, girovago per il villaggio, alla ricerca di immagini che mi rammentino il tempo perduto. Lasciato il piccolo e disabitato villaggio (oggi non ho percepito presenza umana) mi dirigo a occidente, nella valle scavata dal Rio Patoc, che divide le pendici settentrionali del monte Jama da quelle meridionali del monte Sflamburg.

La strada campestre sfiora il vecchio cimitero e poi si fa mulattiera per dirigersi a oriente, affiancando il torrente.

L’eterno scorrere delle acque del rio Patoc accompagna come una colonna sonora il mio ritorno, il vecchio tratto (troi) è affascinante, superati una vecchia fornace e un ponte in legno mi innalzo sulla forra, così riguadagno quota.

Mi ritrovo nel versante occidentale del monte che si aggetta sul Canal del Ferro. Presso una cappella votiva che precede di poco il borgo di Raccolana effettuo la sosta per recuperare le energie, con il buon Magritte provvediamo ad alleggerire lo zaino.

Ripreso il cammino percorro con placido passo i pochi metri che mi separano dal paese, ammirando dall’alto la frazione di Chiusavecchia. Oltre al campanile noto che il cimitero del paese è attiguo al parco gioco dei bimbi. Gioia di Vita e Morte vanno a braccio? Anche questa visione alimenta la mia riflessione. Raggiunto il borgo Raccolana, giro per i vicoli, cercando qualcosa di bizzarro o remoto che mi incuriosisca, ma la ricerca è vana. 

Giunto al parcheggio procedo alle normali operazioni di svestizione, per poi rientrare alla civiltà, con una nuova cima conquistata e una nuova storia da raccontare.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.






































































































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