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lunedì 17 settembre 2018

Jof di Montasio dai piani del Montasio.


Jof di Montasio dai piani del Montasio.

                                 Note tecniche.



Localizzazione: Alpi Giulie occidentali-Gruppo del Montasio

Avvicinamento: Lestans-Cornino- Osoppo-Gemona del Friuli-Chiusaforte- Val Raccolana-Sella Nevea-Piani del Montasio.

Località di Partenza: Piani del Montasio 1502 m.



Dislivello: 1251 m.





 Dislivello complessivo: 1251 m.





Distanza percorsa in Km: 12 chilometri.





Quota minima partenza: 1502 m.



Quota massima raggiunta: 2753 m.



Tempi di percorrenza escluse le soste: 6 ore

In: Trio



 Tipologia Escursione: Alpinistica-Escursionistica



Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionisti Esperti con un minimo di preparazione alpinistica.

Segnavia: CAI 622

Impegno fisico: alto.

Preparazione tecnica: media alta

Attrezzature: Si.

Croce di vetta: Si.

Ometto di vetta: Si.

Libro di vetta: Si.

Timbro di vetta: Si.

Riferimenti:

1)                  Cartografici: IGM Friuli Venezia Giulia-Tabacco 019.

2)                  Bibliografici:

3)                  Internet:

Periodo consigliato: giugno -ottobre

Da evitare da farsi in: Presenza di Ghiaccio o bagnato- e nei fine settimana per l’assidua presenza degli escursionisti lungo la via normale.

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato

Fonti d’acqua: Nessuna

Consigliati: Casco e kit da ferrata.

Data: Sabato 15 settembre 2018.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa



Racconto:

Lo Jof di Montasio è una delle montagne più amate del Friuli, la più affascinante, massiccio dalla grande storia, venerato e solcato da noti alpinisti. Da tempo non andavo su, l’ultima volta fu il primo agosto del 2012, allora salii su con due amici sloveni, stavolta, confermando solo la regola del trio, cammino con due autentici spiriti liberi, cavalli di razza, ossia: il camoscio Roberto Fabbro, compagno di mille avventure e il Prof. Gino da Vià, un cadorino tutto pepe, che adora le montagne della nostra regione.

Motivo principale del ritorno  sul Montasio è perché Gino non vi è mai stato, Roberto ed io, approfittiamo dell’occasione per salire dal mitico canalone Findenegg e scendere dalla Pipan, potremmo anche proseguire dal sentiero attrezzato Leva, ma quello lo valuteremo sul posto.

L’appuntamento è fissato a Gemona presso “il Fungo”, cinque del mattino, buio pesto.

Arrivo con cinque minuti di ritardo (ho dormito poco perché mi sono goduto il temporale notturno), mi scuso, ci salutiamo, trasloco i materiali sull’auto di Roberto e partiamo, con l’incognita della Val Raccolana.

A causa di uno smontamento, poco sotto Sella Nevea, l’ingresso alla valle Raccolana è precluso agli automezzi, bisogna raggiungere Sella Nevea effettuando un lungo itinerario, passando per Tarvisio.

Giunti nei pressi di Sella Nevea, ci aspetta un banco di nebbia, Roberto non è felice, Gino invece è tranquillo, per lui queste nuvole sono poca cosa. Infatti, giunti nei piani del Montasio, la situazione cambia in meglio, le nubi sembrano diradarsi.

Ci approntiamo per l’escursione, nel parcheggio troviamo solo due automezzi, bene! Oggi non ci sarà la solita ressa per salire al Montasio. Una volta pronti ci dirigiamo verso il rifugio G.di Brazzà, pochi minuti dopo e siamo al suo cospetto; non vedendo movimento all’interno del locale ci dirigiamo verso la nostra meta, mirando alla forca dei Disteis, tempo stimato due ore, secondo Gino un’ora è anche troppa.

Ora inizia il filo conduttore della nostra escursione, Gino essendo veloce come Speedy Gonzales, si invola subito, Roberto non è da meno, ma conoscendo il mio passo da alpino, si immola, facendo la spola tra i due. Con il mio passo cadenzato seguo la truppa, come gli antichi decani dei legionari romani seguivano i virgulti soldati. Comunque, mettiamo più di un’ora per raggiungere la forca, dove ci attende un nutrito branco di stambecchi: le femmine e i cuccioli, stazionano nei pressi della crestina della forca, mentre i maschi indugiano sotto l’attacco alla via normale, dove si preparano alla lotta, limando le abnormi corna sulle rocce.

Sostiamo una decina di minuti a goderci il panorama e la fauna, una meraviglia, gli stambecchi essendo abituati all’uomo, si fanno avvicinare senza timore.

Finita la pausa, iniziamo l’avventura vera e propria, una novità per tutti noi. Dopo pochi metri di fastidioso e ripido ghiaino attacchiamo le rocce, alcuni passaggi di primo grado.

Nel frattempo, dal basso, un’orda di escursionisti si dirige verso di noi, speriamo che deviino per la normale, ma nulla da fare, in pochi minuti ci sono già alle costole. Poco prima dell’attacco della “Grande Cengia”, da tre ci ritroviamo in otto. I passaggi su roccia sono entusiasmanti, una vera goduria e soprattutto l’ambiente è elettrizzante, il vuoto che avvertiamo sotto gli scarponi più che spaventarci ci galvanizza. Intelligentemente ci facciamo avvicinare dal gruppo per poi farci superare. Una coppia (lei e lui) vanno verso il Canalone Findenegg, mentre il trio teutonico di atletici alpinisti prende la cima, ma per via alpinistica, salendo un torrione tramite corde.

I guerrieri normanni sono simpatici, allegri, e affascinanti, tra noi è subito cordialità, ci vuole poco in montagna ad aprire il cuore, entrambi condividiamo la stessa Signora, si vede dagli sguardi. Salutati i gagliardi alpinisti, iniziamo a percorrere la bellissima e adrenalinica cengia, una delle vie montane più belle fatte in vita mia, essa cinge il Montasio come una cintura. La trepidazione è viva, siamo rapiti dalla bellezza del tutto: dal paesaggio, dalla roccia, dall’azzurro cielo.

Gino è sempre avanti, fa da apripista, la coppietta ora è distante, di tanto sento il buon Roberto esclamare “Ce biel”, come contradirlo, stiamo vivendo dentro un sogno. In alcuni tratti sono presenti delle corde fisse, ma secondo noi sono predisposte dove non servono. Giunti nei pressi del bivio per il canalone (scritta con le indicazioni in vernice rossa sulla roccia) proseguiamo avanti per visitare il bivacco Suringar, che raggiungiamo in pochi minuti.

Troviamo la struttura aperta, due escursionisti sono all’esterno, appaiono infreddoliti, hanno passato la notte nel bivacco. << A sapere vi avremmo portato il caffè.>> Esclamo. Rispondono <<Vi ringraziamo, ma siamo già alla quinta tazza di caffè.>> Dopo una piacevole conversazione, noi, torniamo indietro, per imboccare la direzione del canalone Findenegg. I primi passaggi di arrampicata sono su un’ottima roccia, piccole cenge che si intervallano a passaggi di primo e secondo grado, e alcuni leggermente esposti. All’imbocco del canalone, rimaniamo esterrefatti, che meravigliosa visione ci aspetta, dal basso scorgiamo la coppietta, volano sulle rocce, tutto ciò è impressionante, ci aspetta una arrampicata indimenticabile.

Tra noi vige un silenzio irreale, interrotto solo da sospiri e vaghe parole di stupore. Imboccato il canalone, lo risaliamo tra passaggi su ghiaia e brevi tratti di arrampicata di primo e secondo grado, finché giungiamo al cospetto del passaggio chiave, una roccia di alcuni metri che a causa della sua curvatura e pochi appoggi non è facile da superare.

Lo stesso Gino (che è montanaro navigato) ha difficoltà, rimane incastrato con lo zaino, e decide di aggirare l’ostacolo sinistra; mentre Roberto e io, seguiamo i bolli.

Per superare l’ostacolo ci liberiamo dagli zaini, Roberto mi fa da appoggio con la gamba, io mi isso sulla roccia, e porto su entrambi gli zaini, poi mi calo sopra la strozzatura e protendo il braccio a Roberto, che con un balzo è su. Fatta! E senza l’ausilio delle corde, in questo caso l’unione ha fatto la forza e trovato la soluzione. Proseguiamo, ah! Dimenticavo, io salgo con a seguito un bastoncino da trekking sempre sfoderato (gli amici per questo mi prendono in giro), inoltre, i nostri zaini sono molto pesanti, e per finire, ho anche dimenticato a casa il casco, tutto ciò è deplorevole, imperdonabile.

Dopo altri passaggi di primo e secondo grado, siamo finalmente nei pressi della cresta; sopra di noi il cielo velato dalle nubi. Affrontiamo con cautela questa meravigliosa lama di roccia, non avverto nessun timore, sto bene, da Dio.

 Il Montasio mi ha chiamato, e io ho risposto. Affrontiamo la parete con divertimento, passo avanti per desiderio di Gino che vuole cogliere l’esposizione particolare, così mi ritrovo capocordata e visto che ci sono arrivo fino in fondo al tratto delicato, per poi ridare il primato a Gino; Roberto diligentemente chiude il gruppo.

Dopo alcuni passaggi divertenti sulla roccia, siamo sull’affilata crestina finale, da dove scorgiamo la croce di vetta. Dalla lettura delle precedenti relazioni mi aspettavo un crinale molto più esposto, non l’ho trovato pericoloso ma divertente. Come scrisse la mia amica” Elisa” nel descrivere l’ultimo tratto: << tenevo una chiappa sul tarvisiano e l’altra sui piani del Montasio.>> Il passaggio ardito mi ha rilassato, mi rendo conto di quanto sia importante la mancanza di vertigini; non volo ma provo le medesime sensazioni.

Odo i rintocchi della campana di vetta, è Gino il campanaro! Noi manteniamo le distanze, non per la sicurezza, ma per gli effetti fotografici, infatti, così a fine escursione avremo un book fotografico di tutto rispetto, i momenti di gloria non vanno solo vissuti ma anche immortalati.

            Raggiunti entrambi la croce, ci rilassiamo, non avverto tensione o stanchezza nei volti dei miei compagni, ma solo beatitudine. Troviamo in cima un ragazzo, poi arriva il secondo e infine il terzo, la nuova generazione, ragazzi friulani che avranno la metà dei nostri anni. Giovani dal sorriso innocente, di chi vive la stagione primaverile, hanno lo stesso nostro entusiasmo e un universo ancora da esplorare.

Noi li ammiriamo, e reciprocamente anche loro ci stimano, e tutto questo è divinamente bello.  Il Montasio che grande montagna che è! Dona: amore, beatitudine, crea nuove amicizie, unisce i popoli, le generazioni e le cime.

Dopo le foto di rito e una durevole sosta, ci avviamo al rientro, qualcuno ci ha preannunciato l’arrivo dell’orda barbarica, sì, un nutrito gruppo di escursionisti austriaci che nulla hanno in comune con i simpatici teutonici incontrati in basso. Questi predoni della roccia, vengono fuori dalla nebbia, portando al seguito il loro aspetto tetro, come se fossero i cavalieri della morte a caccia di anime.

 Noi abbandoniamo il Montasio e ci avviamo alla scala Pipan. Presso i resti di una postazione militare, ci fermiamo per ammirare dall’alto la Val Bruna, Roberto spera ancora che la nube si dissolva, ne approfittiamo per mettere qualcosa nello stomaco. Nel frattempo, ci raggiungono i ragazzi incontrati in vetta, e insieme a loro un nostro coetaneo, proveniente anche lui dal canalone Findenegg.

 Quest’ultimo ci porta cattive nuove, i vandali (gli austriaci) visti poco prima, si sono appesi alla croce della vetta, tirandola giù.  Nulla da dire, il gesto si commenta da solo, intuendo che quest’ultimi non hanno finito di fare danni, invito gli amici ad affrettare il rientro, anche perché essendo sprovvisto di casco, non voglio trovarmi i crucchi sopra che smuovono i sassi.

Accelerando le operazioni, percorriamo la seducente cresta del montasio fino all’attacco della scala a Pipan, e in ordine ci avviamo alla discesa dal tratto attrezzato. Per sicurezza, scendo tra i primi, per avere sopra di me più corpi che mi proteggano da un eventuale caduta di piccole ghiaie. Consiglio ad un escursionista (anch’esso non munito di casco) di bloccare l’orda dei nibelunghi per il tempo che a noi necessita per raggiungere il fondo del tratto attrezzato. Dal basso una comitiva di triestini scalpita, pronta ad arrembare la vetta. Sono attimi concitanti, in poco meno di quaranta metri ci ritroviamo in una trentina di escursionisti, siamo come formiche impazzite che schizzano via da un formicaio. Cadono pietre dall’alto, sono sopraggiunti i temuti austriaci; dal basso premono i triestini. Il silenzio della montagna è interrotto da un continuo strillare: <<Sassoooo!!!>> <<Porco Cane!>> <<Dio bon!>> <<Minchià!!>> <<Stein, stein!>>, sembra di stare sull’Arca di Noè, nel medesimo istante del catapultarsi fuori dalla sacra imbarcazione.

Raggiunto la base della scala a Pipan, ci portiamo fuori mira, al riparo dalla caduta sassi, per poi effettuare il rientro per il ghiaione pensile. Nei pressi dell’attacco con il sentiero Leva, Gino vorrebbe proseguire, sono ben cosciente, che qualcheduno alla lettura della relazione, scriverà: <<Potevate includere il tratto ferrato!>> Ma con Roberto abbiamo la stessa idea, sarà un buon motivo per ritornare sul Montasio. Gino stavolta mette il turbo e sparisce dalla nostra visione, scende velocemente (corre) per il ghiaione che porta ai piani del Montasio. Roberto e io ci ridiamo su:<<Ma che fretta avrà? Mica deve prendere la pillola? Si è avviato al Brazzà a stracannare birra? In realtà lo conosciamo bene, è un ragazzone che si concede peccati di gioventù, gli vogliamo bene anche per questo suo modo di fare. Si fermerà in basso, ad aspettarci presso un enorme masso. Roberto e io, una volta raggiunta la Forca dei Disteis, ci liberiamo dell’imbrago, e pranziamo. La fame ci ha proprio rapiti, festeggiando il tutto con un buon Cabernet, immancabile nello zaino di Roberto. Ripreso il cammino ci ricongiungiamo con Gino e lo prendiamo in giro. <<Bravo Gino, eh bravo! Ti sei studiato i monti? Quello laggiù è il Canin, studia, che la prossima occasione che vieni in Friuli, si va sul quel versante opposto.>> Ripreso l’ordine di marcia si mira al rifugio G.di Brazzà, metro dopo metro di sentiero pregustiamo la birra, come un’oasi nel deserto, stavolta sarà doppia, vista l’impresa. Una volta raggiunto lo storico locale, ci sollazziamo nella terrazza a gustare il sacro nettare estratto dal luppolo, felici ed entusiasti.

 La pausa per il relax è breve, una foto immortala l’evento. Rientriamo al parcheggio, soddisfatti e appagati. L’indomani gli amici sono attesi da un’altra bella faticaccia, il sentiero attrezzato “Ceria Merlone”, mentre io andrò a sollazzarmi nelle montagne del futuro, il mare.

Così l’avventura volge alla fine, con una signora Montagna conquistata e una nuova storia da raccontare.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.























































































































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