Terza
Piccola ad anello da Borgo Lerpa (Sappada).
Note
tecniche.
Localizzazione:
Alpi Carniche -Gruppo delle Terze- Clap.
Avvicinamento:
Lestans-Pinzano- Cornino-Interneppo-Tolmezzo-Villa Santina-Ovaro-
Rigolato-Forni Di Avoltri-Sappada- In prossimità del borgo Lerpa, scendere sul
Piave (Quota 1169 m.) Ampio parcheggio presso il vicino ponte di legno
(crollato).
Località
di Partenza: Ampio parcheggio presso il vicino ponte di legno sul Piave
(crollato) quota 1169 m.
Dislivello:
1240 m.
Dislivello complessivo: 1240 m.
Distanza
percorsa in Km: 15 chilometri.
Quota
minima partenza: 1169 m.
Quota
massima raggiunta: 2334 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 6 ore.
In:
Coppia.
Tipologia Escursione: Selvaggio-Escursionistica-
Difficoltà:
E.E.A. Escursionisti Esperti con rudimenti
base di arrampicata ( primo grado e un secondo grado).
Segnavia:
CAI 311; 313.
Impegno
fisico: Medio.
Preparazione
tecnica: Media.
Attrezzature:
No.
Croce
di vetta: Si.
Ometto
di vetta: Si.
Libro
di vetta: Si.
Timbro
di vetta: No.
Riferimenti:
Cartografici:
IGM Friuli.
Bibliografici:
Internet:
Periodo
consigliato: giugno-ottobre.
Da
evitare da farsi in:
Condizioni
del sentiero: Ben segnato e marcato fino alla forcella per il versante
nord-orientale- Insidioso e a tratti assenti sul versante sud-occidentale
Fonti
d’acqua: Solo in prossimità della casera Tabia Digola.
Consigliati:
Data:
giovedì 19 luglio 2018
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto:
La Terza piccola è la minore del trittico di montagne
che domina la periferia sud-occidentale di Sappada, è personalmente anche la
più impegnativa da un punto di vista tecnico. Non è che presenti grosse
difficoltà a parte un passaggio di secondo grado su una di tre metri e la
susseguente crestina esposta. Queste difficoltà, sicuramente irrisorie per chi ha
basi alpinistiche, hanno fatto in modo di lasciarla ultima nella lista delle
preferenze. La montagna spesso è una questione di testa, per un periodo ti
senti impreparato e poi un giorno vai su dritto e sicuro come un treno. Questi
quesiti psicologi li proporrei ad
alpinisti di un certo spessore, in mancanza di tali docenti, mi contento nel
mio piccolo, di fare esperienza con le stesse mie gambe, seguendo i consigli di
chi della saggezza fa virtù.
Il giorno dell’ascesa le previsioni meteo
mettono al bello, si arriva presto in terra di Sappada (anche questa volta mi è
compagno Roberto), ammirando dall’interno dell’abitacolo dell’auto le tre
Terze. La nostra meta è staccata a destra, se ne sta in disparte rispetto alle sorelle
maggiori. Giunti nel piccolo borgo di Lerpa, entriamo in un bar socializzando
con il gestore, lui le Terze le ha fatte sin da piccolo, noi siamo proprio in gran
ritardo. Tra gli argomenti della piacevole discussione spicca la nuova ubicazione
di Sappada, che da qualche mese non è più sotto la bandiera veneta ma bensì quella
friulana. Preso il caffè, ci avviamo per l’attività odierna, la nostra meta ci
aspetta. Sempre in l’auto, di rimpetto al bar imboccando una stradina,
scendiamo fermandoci presso un piccolo prato con panche e tavoli poste ai lati,
poco sotto scorre il Piave. Guadare in auto il sacro fiume è impossibile, quindi
zaini in spalle e sogni al seguito, si parte. Guazzato il fiume sacro,
procediamo per tracce, il vecchio ponticello in legno è andato distrutto quindi
scorgo un cartello CAI con le indicazioni per la piccola Terza. Il primo tratto
è una carrareccia noiosa che serpeggia nel bosco (sentiero CAI 313), e risale noiosamente
la valle delle Coti (Wezental) fino ad incontrare il bivio (quota 1541 m.) con
il sentiero 311. Seguiamo le indicazioni a destra (sentiero 311) per la Terza
Piccola.
Dopo pochi passi sulla ripida carrareccia
sentiamo il rombo di un motore, un Pick up sale dal basso, il mezzo si arresta
davanti a noi. Il simpatico conducente, dal volto simpatico, ci chiede dove
andiamo e se vogliamo uno strappo, nemmeno gli faccio finire la frase che sono a
bordo del mezzo catapultandomi dietro nel cassone. Roberto è un po’ titubante,
non gli è mai successo una cosa del genere, sale inizialmente intimidito, ma
dopo che il mezzo parte lo vedo allietato più dei suoi frus (nipotini) quando
li porta alla giostra. Ridiamo divertiti, cercando di stare in equilibrio e accovacciati
sulle sponde del cassone. Ritornare ragazzi e vivere la vita con leggerezza è
il metodo migliore di affrontare la vita. Dopo un paio di chilometri il mezzo
si ferma, scendiamo, ringraziando i due boscaioli (marito e moglie), breve
conversazione in cui ci danno delle dritte sul
proseguo, consigliandoci di non scendere dalla forcella della Terza, sul
versante meridionale il sentiero è impraticabile.
Dal luogo dove ci troviamo, pochi metri dopo,
parte un bel sentiero che zizzagando risale il costone erboso; a volte la
vegetazione si apre mostrando le belle cime a settentrione tra cui il gruppo
del monte Ferro e del Monte Rinaldo. La bellissima giornata ci carica di energia
positiva, dopo una serie di svolte entriamo nella vallone della Terza Piccola.
Il primo tratto di sentiero è un evidente mulattiera di guerra, passiamo sotto
la roccia che ci preannuncia la maestosità del luogo.
Dopo aver superato un canale dove il viottolo è
franato, abbandoniamo la vecchia mulattiera per seguire per uno stretto e
ripido canalino tra i mughi (segni). In breve, ci ritroviamo sul sovrastante e
meraviglioso teatro naturale, dominato dalle fantastiche guglie dolomitiche.
Rimaniamo estasiati nell’osservare le sculture di roccia, la sola
contemplazione per oggi basterebbe, ma siamo ingordi e con passo lento e
sguardo curioso camminiamo, mirando alla forcella seguendo i radi ometti per
l’evidente percorso. La nostra meta rimane nascosta alla visione, le cime
minori tendono a ingannarci con le loro altezze, mentre a sinistra del percorso
raffinate sculture di dolomia catturano il nostro spirito. Rapiti da cotanta
bellezza, raggiungiamo la forcella della Terza Piccola (quota 2188 m.), dove la
visione si apre sul l’altro versante opposto da dove ammiriamo il passo della
Digola e le altre Terze. Al centro della forcella un dolomitico gendarme ci
indica la strada per la vetta, dobbiamo percorrere l’esile crestina fino
all’attacco con il corpo principale del monte. Seguendo l’evidente traccia
entriamo in un angusto canalino, qui procediamo a cambiare assetto, da quello
di escursionisti fuori porta a spiriti liberi per eccellenza. Mi libero come è
mio solito fare dello zaino, portandomi nella mini sacca lo stretto necessario,
naturalmente indossiamo il caschetto e guanti. Si parte per un canalino, non
difficile ma rognoso, leggermente esposto a meridione, che con un po’ di
attenzione, superiamo, passando per brevi tratti erosi. Sotto di noi la roccia
si frantuma in mille forme. Seguendo dei sbiaditissimi bolli rossi continuiamo
per il canale, che a tratti è incassato e talmente impraticabile da doverlo
superare sulla destra orografica, più in alto si si ampia. Superata una guglia
dolomitica ci troviamo al cospetto del passaggio più difficoltoso dell’escursione,
ovvero un grosso masso incastrato che ostruisce il passaggio. Davanti a noi una
paretina da superare, o transitare dentro il foro, con difficoltà entrambi sul
secondo grado, Roberto lo supera salendo per la paretina con l’ausilio di una
corda azzurra, io transito dentro il foro, trovando il passaggio meno ostico di
quanto immaginavo.
Una volta superato l’intoppo ci troviamo a filo
con una forcelletta che divide i due canaloni, seguendo i segni di passaggio
sulla roccia ci alziamo sulla lama rocciosa, esposta su entrambi i versanti, un
po’ meno su quello di sinistra dove trovo appoggi buoni.
Superato l’ultimo ostacolo giungiamo in un
ripido piano erboso, una serie di ometti ci guidano (tratto da affrontare con
cautela per la notevole ripidezza). Pochi metri ancora e siamo sulla bella crestina
dove perveniamo alla croce di vetta posta a quota metri 2334. Anche questa
bella cima non è più un sogno. La giornata ideale amplifica le emozioni, ci
dedichiamo a esplorare la superficie. Roberto si avvicina a una scultura di
madonna collocata in una posizione esposta, mentre io mi dedico ad ammirare
tutto intorno le meravigliose cime carniche e dolomitiche. Scarichiamo l’adrenalina,
godendoci il sole, poi provvediamo ad apporre il segno del nostro passaggio.
Trascorriamo una buona mezzora in cima, finché a malincuore, decidiamo di
affrontare la discesa. Stranamente, ma ultimamente mi succede spesso, la
discesa è meno impenativa della salita, in breve, superati i tratti delicati
siamo alla forcella della Terza Piccola, dove effettuiamo una breve pausa.
Durante la sosta, con zaini a terra, mi spingo pochi metri sul breve pendio
erboso a meridione, dall’alto noto un tratto malagevole, detrito infido con tratti
di sentiero mancanti, ma più in basso, tra i mughi, un sentiero attira la mia attenzione.
Decidiamo dopo un’acuta analisi di provare a scendere da questo versante. I
primi metri dopo il ripido prato sono rognosi, ci aiutiamo con l’esperienza a
superare in vari tratti erosi, finché con qualche patema, ma nulla di
pericoloso raggiungiamo l’agognato sentiero. Scendiamo stavolta dentro i mughi,
la traccia è ben marcata anche se mancano i segni, solo per un breve tratto percorriamo
il canalone per un traverso, per poi rientrare tra mughi e abeti. Raggiunto un
bivio: a destra si va per passo di Digola, a sinistra per Campolongo.
Procediamo per il passo e raggiunto quest’ultimo, rimaniamo estasiati per la bellezza dell’alpeggio.
I verdi prati dividono la Terza Piccola (alla nostra destra) dalle altre Terze,
la più vicina di esse (la Media) spicca per l’incomparabile bellezza.
La fame si fa sentire, mi ricordo della casera
Digola, posta più in basso, seguendo la carrareccia a oriente la raggiungiamo,
l’edificio è un invidiabile pulpito panoramico.
Finalmente zaini a terra, ci rilassiamo, riempiamo
le borracce alla vicina fonte e poi imbandiamo il tavolo esterno per il lauto
pranzo. Mangiamo con piacere, coscienti che in questo istante stiamo vivendo
una situazione invidiabile. Non tutti i giorni si può avere l’onore di vivere in
Paradiso, ed essendo consapevoli di questo, ne siamo appagati. Roberto prende
nota di alcuni monti per riempiere la sua già numerosa agenda. Finita la pausa,
a malincuore ci allontaniamo dalla bella casera, riprendendo il percorso a
ritroso fino alla forca di Digola (1659 m.); dove davanti a noi si apre un bel
scenario che ha come protagonista il gruppo del Clap. Con lo sguardo fisso alle
belle crerte scendo dalla forcella, direzione Lerpa (sentiero 313 CAI), passando
davanti alla bella casera di Tamer di Dentro (1650 m), dove ci saremmo fermati
a oziare per la bellezza, ma il tempo vola. Percorriamo velocemente la
carrareccia, entrando nel fitto bosco di abeti e raggiunto il bivio dell’andata
sempre per la stessa via raggiungiamo le fresche acque del Piave. Guadato il
torrente, do un ultimo sguardo alla cima appena conquistata. La bella giornata
estiva, rara per taluni aspetti, ha reso il tutto incantevole, donandoci una
nuova conquista e un’altra storia da raccontare.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
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