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domenica 26 agosto 2018

Creta di Cjanevate


Creta delle Cjanevate dal Passo di Monte Croce Carnico.

                                 Note tecniche.

Avvicinamento: Tolmezzo- Arta Terme, Paluzza Timau-Passo di Monte Croce Carnico.
Punto di Partenza: Passo di Monte Croce Carnico 1360 m.
Dislivello: 1400 m.
Dislivello complessivo: 1500 m.
Distanza percorsa in Km: 20 km.
Quota minima partenza: 1360 m.

Quota massima raggiunta: 2769 m.

Tempi di percorrenza escluse le soste: 8 ore.
In: Solitaria, poi coppia.

 Tipologia Escursione: Storico-Escursionistica

Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionisti Esperti Attrezzato.
Segnavia: CAI 143|146|171°;
Impegno fisico: Alto.
Preparazione tecnica: media.
Attrezzature: Si.
Croce di vetta: Si.
Ometto di vetta: Si
Libro di vetta: No.
Timbro di vetta: No
Riferimenti:
Cartografici: IGM Friuli Venezia Giulia
Bibliografici:
Internet:
Periodo consigliato: luglio-settembre
Da evitare da farsi in: Con terreno gelato o pioggia
Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato, attrezzature nuove di zecca.
Fonti d’acqua: Nessuna dopo lo stivale.
Consigliati: Tanta acqua.
Data: Martedì 31 luglio 2018
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
 
Racconto:

La Creta delle Cjanevate è stata la mia ossessione per tanti anni. La prima volta la vidi durante l’ascesa al monte Coglians, da allora è diventata il mio chiodo fisso. Tre anni fa, in una giornata afosa tentai l’impresa, salendo direttamente per la Cresta verde e la Creta di Collina (percorso alpinistico). Al momento di tentare la Cjanevate mi intimidii, nel vederla ebbi un sussulto e tanta inquietudine, ero con Graziano, lui voleva proseguire, ma a causa mia rinviò l’impresa.

Per l’uscita odierna avevo chiesto a un caro amico di farmi da tutor, ma gli avvenimenti che si sono susseguiti hanno cambiato tutti i piani. L’altra sera mentre leggevo un libro di montagna ho sentito il richiamo della Cjanevate che mi invita al suo cospetto; timbro di voce sensuale, caldo, ed erotico…mi vuole e non accetta ripudi. Così, sedotto dall’invito, preparo lo zaino.

Il mattino dopo, di buon’ora, sono al passo di Monte Croce Carnico, nel parcheggio solo un nutrito numero di camper.  Nel cielo che si tinge di azzurro e spicca la luna piena, essa mi fa l’occhiolino e mi parla: <<Vai forestiero, non fermarti, essa ti aspetta, hai saputo pazientare e verrai premiato. Tra le montagne è la più preziosa, difficilmente ama concedersi a coloro che non l’amano,  a volte le fanno violenza non ascoltando il suo cuore. Gli stolti, ignari di tale sopruso, si vantano di averla sedotta, per poi biasimarla. Essa, spesso per la vergogna si nasconde nella nebbia. Oggi sarà tua, la troverai nuda come mai nessuno l’ha vista, non aver fretta, non correre, conquistala dapprima con le tue attenzioni ed essa saprà ricambiarti, offrendosi fino al tramonto. Ora vai Forestiero, vivi, vivila… è tua!>> Così dicendo, la luna si congeda da me, rifacendomi l’occhiolino.

Tutto questo sentire ha ingrandito a dismisura il mio desiderio di seduzione. Mi preparo, la temperatura, malgrado mi trovi su a una certa quota, è calda, non tira un filo d’aria. Una volta pronto parto, l’orologio segna le 06:00, azzero il GPS e cammino per il sentiero CAI 146 che porta al rifugio Marinelli.

Percorro la carrareccia di guerra, dopo i primi tornanti mi ritrovo nel vallone da dove posso ammirare le ancelle che precedono la regina dei monti del Friuli, ovvero la Creta di Collinetta, la Cresta Verde e la Creta di Collina. Il Sole fa capolino, accarezzando caldamente con le propaggini dei suoi caldi raggi la raminga luna che si appresta a entrare nel regno di Morfeo.

Mi trovo vicino lo stivale, lascio il sentiero per il Marinelli e devio a destra, percorrendo la poco marcata traccia per la Creta di Collina (sentiero CAI 171°).

 Evito di bere e cammino lento, per preservare acqua ed energie. A metà pendio erboso mi volto indietro e scorgo un escursionista solitario, ha il mio stesso passo; spesso si ferma per ammirare il paesaggio, poi riprende il cammino, sembra un novello Don Abbondio, malgrado cerchi di attirare la sua attenzione non mi ha scorto ancora.

Sono contento, forse troverò una compagnia, o forse no. Rallento di proposito, finché mi raggiunge. Ha al seguito attrezzatura minimalista, veste con cappello da sole tipo pescatore, T-shirt bianca con disegno frontale, pantalone e cinghia da operaio, direi proprio uno che non segue per nulla il glamour di certi ambienti montani. Ci presentiamo, si chiama Moreno, vive a Bologna ma è nativo di Ferrara. Uno dei camper che avevo visto alla partenza è di sua proprietà, in pochi minuti effettuiamo una profonda conoscenza, con uno scambio velocissimo di informazioni da fare invidia ai moderni computer.

Di esperienze in montagna ne ha fatte l’amico, l’avermi citato la via della vita presso il Mangart, ed in solitaria, è un eccellente biglietto da visita, inoltre è diretto sulla Cjanevate. Bene! Si va su insieme! stranamente indossiamo i caschi molto prima del sentiero attrezzato.

Nel frattempo, una coppia di escursionisti viene su a tutta birra, appaiono abbastanza giovani, sicuramente colpa di quella leggera miopia che non mi fa mettere completamente a fuoco le persone da lontano. I due continuano a sfrecciare, non faccio in tempo a salutarli che riconosco il buon Daniele Puntel, in compagnia di un ragazzo (suo fratello). Cavolo! Daniele è un giovanotto, ci abbracciamo, naturalmente io da siculo sono molto espansivo, ci diamo un arrivederci in vetta, scherzando gli consiglio di pulirmi la via dall’infido ghiaino. Dopo pochi istanti i due hanno guadagnato già cento metri, volano. Beata gioventù! Penso a un sonetto del grande fiorentino “Lorenzo dei Medici”

Quant’è bella giovinezza



che si fugge tuttavia!



Chi vuol esser lieto, sia:



del doman non c’è certezza…

Mentre i due giovanotti volano via, io e Moreno continuiamo a passo comodo, risalendo prima il tratto attrezzato e poi per il piano inclinato la bianca roccia della creta di Collina. Comincio a sentire il peso dello zaino cerco di risparmiare acqua, e quindi procedo a rilento, una nube sfiora la cresta per poi svanire, quindi avanti con la salita.

Con Moreno spesso ci fermiamo, parliamo di tutto, addirittura anche di montagna. Poco prima dell’arrivo al bivio per la Cjanevate, mi vede affaticato, mi chiede come va! Gli rispondo che ho una sete boia e che non vedo l’ora di liberarmi dello zaino!

Infatti, giunti sulla cengetta che prelude all’inizio del sentiero per la Cjanevate, ci fermiamo nel piccolo ricovero ricavato da una grotta artificiale (panche e struttura in legno). Mi libero immediatamente dello zaino, 1200 metri di dislivello sono una bella tirata, non male e senza neppure una sosta. Provvedo a dissetarmi e mangio qualcosa di energetico, portando al seguito per la vetta una mini sacca con lo stretto necessario. Sono Impaziente, ma aspetto l’amico, che finisca di consumare la sua barretta energetica. Una volta pronti mi catapulto fuori dal riparo, affrontando con slancio la Cjanevate, percorro la cengia che collega all’attacco con il corpo del monte. Dal basso, prima di giungere sulla cengia, notai una corda, pensavo che fosse stata lasciata da Daniele, invece al contatto si rivela un cavo in metallo. Cavolo! Hanno attrezzato la Cjanevate, questo mi sa di bestemmia, è da eretici profanare in questo modo la regina della Carnia, e poi per quale astruso motivo? Per portare su anche sciocchi e balordi?  Mah! Ai posteri l’ardua sentenza. Faccio passare avanti l’amico. Dimenticavo, che durante l’ascesa ho visto un gruppo che saliva sulla Creta della Collina dalla Cresta verde. Ritornando alla Cjanevate, percorro il sentiero e mi rendo conto che meno difficile di quanto potessi immaginare, e anche meno esposto rispetto alle recenti esperienze personali, quindi mi diverto a camminare per l’evidentissima e aerea mulattiera di guerra. Tanto onore a chi la creò, scavando con immani sacrifici nella ripida e dura roccia e affrontando condizioni meteo impossibili.

 Il percorso è difficilissimo da descrivere, adopero solo aggettivi qualificativi: bello, fantastico, gioioso, giocoso, solare e luminoso. La bella giornata aiuta a riempire il cuore, saliamo e scendiamo per le varie ante cime, a tratti, il sentiero, è così largo che mi par di sentire gli zoccoli dei muli che portavano al seguito le armerie e i viveri.  Nel cielo non c’è una nube, e questo ci aiuta a continuare con serenità il cammino. I passaggi delicati sono aiutati dai cavi in metallo, ma non ho mai visto pericoli oggettivi. Arriviamo all’ultimo tratto, un canalino che porta in cima e ci rendiamo conto di quanto possa ingannare l’effetto ottico. La verticale parete di ghiaia si rivela un comodo canalino anche se molto ripido.  Ultimi metri da percorrere tra rocce e ghiaino, prima di ritrovarci sulla vetta. Spettacolo! Mi ritrovo a ridosso della croce, poi scendo di un metro su un comodo terrazzo. Wow! Fatta anche questa, la montagna tanto bramata, ora è il mio paradiso. Batto il cinque a tutti, mollo lo zaino e mi abbandono all’euforia, già di mio sono tanto loquace ma stavolta vado a ruota libera.

Vorrei urlare ma mi trattengo, se fossi stato solo sicuramente mi sarei denudato e concesso alla grande signora, per qualcuno è schietto esibizionismo, per altri coraggio, ma mi contento di cazzeggiare.

Isso la bandiera del gruppo, firmo il libro di vetta, e  mi concedo riflessioni profonde con Moreno. Ho scoperto che l’amico è un progressista e anarcoide, come il sottoscritto. Bene! Ci siamo ritrovati, mutuo soccorso e spiriti liberi, materiale e concetti che mi riportano alle vecchie letture di Max Stirner e Malatesta. Egli per me è un simbolo della libertà estrema: non è sposato, non ha figli, non ha nemmeno una compagna fissa, ha solo un lavoro che lo tiene legato a questo mondo terreno, e un camper per vagare in giro per il mondo. Mi viene in mente mentre discutiamo l’inno dei malfattori, ne fischietto il motivetto, con un breve accenno al testo:

 << Ai gridi ed ai lamenti di noi, plebe tradita, la lega dei potenti si scosse impaurita e prenci e magistrati gridaron coi signori che siam degli arrabbiati, dei rudi malfattori.>>

Sicuramente molte delle mie catene, durante la conversazione hanno cominciato a scaldarsi, e qualche anello si è allentato.

Adopero spesso l’aggettivo spirito libero, è bello, ma quanti di noi lo sono veramente? Forse sui monti ci illudiamo di esserlo, malgrado siamo in realtà simili a un sentiero attrezzato e bardato di cavi. Iniziamo la discesa malgrado nulla ce lo consigli, è mezzogiorno, abbiamo ancora otto ore di luce piena, la prendiamo con comodo, fermandoci in tutte le fessure della cresta, ispezionando ricoveri, insomma, facendo sosta nei punti più impensabili per discorrere di Lucio Dalla, John Lennon o delle occulte potenze virtuali che cercano di soggiogarci.

Spaziamo in lungo e largo, non abbiamo premura, la montagna si è offerta e non si è velata al forestiero nomade. Le varie argomentazioni trattate con l’amico mi hanno liberato lo spirito da anni di frustrazioni, mi rendo conto che per molto tempo ho vissuto nell’ambiente sbagliato. Moreno, l’amico mai conosciuto e ritrovato, non abbiamo in comune solo la montagna, ma anche una visione libera della vita. Continuando a scendere e con le ripetute soste ci mettiamo ben quattro ore per arrivare al bivio per il Marinelli e altre due per il passo di monte Croce Carnico, godendoci la montagna in pieno, come se passeggiassimo su e giù per la strada principale di un paese in festa. Arriviamo al parcheggio quasi all’imbrunire, ci scambiamo i recapiti, dandoci un arrivederci sui sentieri di questo mondo, in questa vita o in un mondo migliore. Una volta partito, mentre sono alla guida, dei pensieri volteggiano, mi prendono, stimolandomi una serie di riflessioni: Innanzitutto la Creta della Cjanevate, con i cavi o senza, è stupenda, mai fatto un sentiero così, per emozioni è simile al Ceria Merloni. Altra riflessione: ho camminato con un autentico spirito libero e conosciuto un ragazzino che è un portento, ma soprattutto ho volato sulla cresta, librandomi spesso nell’azzurro. Quindi concludo i pensieri, scrivendo: se questo non è uno dei migliori mondi possibili, ci si avvicina. Alla fine delle riflessioni, rientro a valle felicissimo, con una nuova storia da raccontare, e una meravigliosa e incantevole cima conquistata.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa.























































































































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