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mercoledì 8 agosto 2018

Cima del Lago (2125 m.) dalla Val del Rio del Lago.

 
Cima del Lago (2125 m.) dalla Val del Rio del Lago.                                



Note tecniche.



Localizzazione: Alpi Giulie-Gruppo del Canin.

Avvicinamento: Lestans-Gemona-Chiusaforte- Sella Nevea- scendere verso Cave del Predil - ponte sul canale della Trincea. (m 989, cartello CAI, ampio parcheggio a destra sul greto).



Località di Partenza: ponte sul canale della Trincea.



Dislivello: 1200 m.





 Dislivello complessivo: 1200 m.





Distanza percorsa in Km: 10 chilometri.





Quota minima partenza: 973 m.



Quota massima raggiunta: 2125 m.



Tempi di percorrenza escluse le soste:

In: Solitaria.



 Tipologia Escursione: Escursionistica ambientale



Difficoltà:  Escursionisti Esperti.

Segnavia: CAI 653.

Impegno fisico: medio.

Preparazione tecnica: medio bassa

Attrezzature: No.

Croce di vetta: No.

Ometto di vetta: Si.

Libro di vetta: Si.

Timbro di vetta: No.

Riferimenti:

1)                  Cartografici: IGM Friuli 1.25:000

2)                  Bibliografici:

3)                  Internet:

Periodo consigliato: maggio- ottobre

Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero: Ben segnato e battuto

Fonti d’acqua: Nessuna

Consigliati:

Data: Martedì 10 luglio 2018

Il “Forestiero Nomade”

Malfa

 
Racconto:

 Escursione in solitaria nelle Alpi Giulie, il tipo di uscita per stare con me stesso e divorare terreno mentre con la mente volo lontano. La cima di nome non mi era nuova, me ne aveva parlato in precedenza Fabrizio, durante la nostra escursione sul monte Stol, ma avevo dimenticato di inserita nella lista di quelle da farsi. Il giorno del genetliaco mi regalo la dirimpettaia Vetta Bella, passando dal parcheggio, presso il ponte sul canale della Trincea, notai il cartello CAI con le indicazioni per la Cima del Lago. Da allora l’idea di questa meta cominciò a frullarmi in testa. Così, in un dì che promette nulla di buono, parto in direzione lago di Predil.

Arrivato in zona scopro con sorpresa che la giornata contrariamente a quanto era previsto si rivela meravigliosa. Il cielo è lindo e le cime del gruppo del Fuart gareggiano a mostrare chi è la più divina. Preparo i materiali e una volta pronto, zaino in spalle si parte alla volta della cima del Lago, non chiaramente visibile perchè nascosta dalla controluce. Attraverso la Val del Rio del Lago (973 m.) tra le ghiaie, transitando sulla riva opposta dove si susseguono i chiari segni CAI. Non ho voluto argomentarmi con relazioni sul percorso, così mi godrò l’avventura in toto. Dall’altra parte dell’argine seguo la traccia nell’erba alta per poi risalire una breve canalino che mi porta dentro la faggeta. Distratto dai pensieri non mi avvedo di un cartello che mi consiglia di voltare a sinistra per l’ampia carrareccia (sentiero 653), io proseguo a destra (sentiero 654) per un centinaio di metri. Avvedutomi in tempo dell’errore, piuttosto che ritornare indietro individuo in mezzo alla vegetazione una traccia non segnata, essa a mezza costa volge a oriente, la seguo convintissimo di ritrovare in quota il sentiero smarrito. Dopo alcune centinaia di metri, ometti e segni su albero mi avvisano che ho ritrovato la retta via, stavolta starò attento a non distrarmi. Durante l’ascesa attraverso i prati dall’erba alta, fiutando lo stesso odore tipico delle malghe in disuso, percependo la remota presenza delle vacche, fantasmi di un passato che non cedono all’oblio. Uscito dal bosco risalgo il ripido pendio, la Forcella del Lago è ancora distante. Percorro un tratto malagevole di rampe erbose e detritiche, entro in un canalone che mi porta alla forca “Sella del Lago “cippo (1718 m.). Il paesaggio si dischiude sul meraviglioso scenario carsico.

Il sentiero procede quasi in piano, attraversando il luogo carsico fino a divenire una bella e ardita cengia, che scavata nella roccia, si spinge a oriente tagliando il versante occidentale del Cima Inese. Tra la forcella della stessa cima Inese e la successiva elevazione Gorenji Vogel decido di separarmi dallo zaino; come al solito lo carico troppo e dopo quasi mille metri di dislivello mi pesa un po’. Portando nella mini sacca lo stretto necessario mi avvio per l’ultimo tratto di sentiero. Dopo pochi metri la traccia risale il costone erboso dello stesso Gorenji Vogel, sfiorandone quasi l’apice per poi aggirare a nord il versante e sempre per cengia, scavata nella roccia, perde quota con un passaggio articolato e leggermente esposto. Ridisceso su una sella erbosa, con pendenza moderata risalgo verso la meta, percorrendo una lunga diagonale con brevi passaggi articolati non particolarmente esposti ma dove bisogna prestare attenzione. Avvistata la meta mi aspettano gli ultimi passaggi tra zolle e rocce e finalmente cavalco la bella crestina con al centro un ometto e una cassetta porta libro di vetta (2125 m.).

Nel frattempo, il cielo si è ricoperto di nuvole grigie e malauguranti, mi conviene affrettare le operazioni per il rientro se non voglio fruire di una doccia fredda. Ammiro il paesaggio e malgrado le nubi riesco a identificare il Mangart, lo Jalovec, il Bavski Grintavec, il Rombon, il Canin, il Cimone, Montasio, lo Jof Fuart e molte altre cime minori. Il cammino non è stato particolarmente gravoso, solo un po’ lungo, mi concedo l’ultimo sguardo al meraviglioso panorama e rientro per il sentiero dell’andata. Pochi metri prima dall’arrivo al parcheggio vengo raggiunto dalle prime gocce, l’acquazzone è imminente. Sistemati i materiali, procedo al rientro ponendo fine all’escursione, con una cima conquistata e un’altra storia da raccontare.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa.





























































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