Cima del Lago (2125 m.) dalla Val del Rio del Lago.
Note tecniche.
Localizzazione: Alpi Giulie-Gruppo del Canin.
Avvicinamento: Lestans-Gemona-Chiusaforte- Sella Nevea- scendere verso Cave del Predil - ponte sul canale
della Trincea. (m 989, cartello CAI, ampio parcheggio a destra sul greto).
Località di Partenza: ponte sul canale della Trincea.
Dislivello: 1200 m.
Dislivello
complessivo: 1200 m.
Distanza percorsa in Km: 10 chilometri.
Quota minima partenza: 973 m.
Quota massima raggiunta: 2125 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste:
In: Solitaria.
Tipologia Escursione:
Escursionistica ambientale
Difficoltà:
Escursionisti Esperti.
Segnavia: CAI 653.
Impegno fisico: medio.
Preparazione tecnica: medio bassa
Attrezzature: No.
Croce di vetta: No.
Ometto di vetta: Si.
Libro di vetta: Si.
Timbro di vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici: IGM Friuli 1.25:000
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo consigliato: maggio- ottobre
Da evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero: Ben segnato e battuto
Fonti d’acqua: Nessuna
Consigliati:
Data: Martedì 10 luglio 2018
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto:
Escursione in
solitaria nelle Alpi Giulie, il tipo di uscita per stare con me stesso e divorare
terreno mentre con la mente volo lontano. La cima di nome non mi era nuova, me
ne aveva parlato in precedenza Fabrizio, durante la nostra escursione sul monte
Stol, ma avevo dimenticato di inserita nella lista di quelle da farsi. Il
giorno del genetliaco mi regalo la dirimpettaia Vetta Bella, passando dal
parcheggio, presso il ponte sul canale della Trincea, notai il cartello CAI con
le indicazioni per la Cima del Lago. Da allora l’idea di questa meta cominciò a
frullarmi in testa. Così, in un dì che promette nulla di buono, parto in
direzione lago di Predil.
Arrivato in zona scopro con sorpresa che la giornata contrariamente
a quanto era previsto si rivela meravigliosa. Il cielo è lindo e le cime del
gruppo del Fuart gareggiano a mostrare chi è la più divina. Preparo i materiali
e una volta pronto, zaino in spalle si parte alla volta della cima del Lago, non
chiaramente visibile perchè nascosta dalla controluce. Attraverso la Val del
Rio del Lago (973 m.) tra le ghiaie, transitando sulla riva opposta dove si
susseguono i chiari segni CAI. Non ho voluto argomentarmi con relazioni sul
percorso, così mi godrò l’avventura in toto. Dall’altra parte dell’argine seguo
la traccia nell’erba alta per poi risalire una breve canalino che mi porta dentro
la faggeta. Distratto dai pensieri non mi avvedo di un cartello che mi
consiglia di voltare a sinistra per l’ampia carrareccia (sentiero 653), io proseguo
a destra (sentiero 654) per un centinaio di metri. Avvedutomi in tempo dell’errore,
piuttosto che ritornare indietro individuo in mezzo alla vegetazione una
traccia non segnata, essa a mezza costa volge a oriente, la seguo convintissimo
di ritrovare in quota il sentiero smarrito. Dopo alcune centinaia di metri, ometti
e segni su albero mi avvisano che ho ritrovato la retta via, stavolta starò
attento a non distrarmi. Durante l’ascesa attraverso i prati dall’erba alta, fiutando
lo stesso odore tipico delle malghe in disuso, percependo la remota presenza delle
vacche, fantasmi di un passato che non cedono all’oblio. Uscito dal bosco
risalgo il ripido pendio, la Forcella del Lago è ancora distante. Percorro un
tratto malagevole di rampe erbose e detritiche, entro in un canalone che mi
porta alla forca “Sella del Lago “cippo (1718 m.). Il paesaggio si dischiude
sul meraviglioso scenario carsico.
Il sentiero procede quasi in piano, attraversando il luogo
carsico fino a divenire una bella e ardita cengia, che scavata nella roccia, si
spinge a oriente tagliando il versante occidentale del Cima Inese. Tra la
forcella della stessa cima Inese e la successiva elevazione Gorenji Vogel
decido di separarmi dallo zaino; come al solito lo carico troppo e dopo quasi
mille metri di dislivello mi pesa un po’. Portando nella mini sacca lo stretto
necessario mi avvio per l’ultimo tratto di sentiero. Dopo pochi metri la
traccia risale il costone erboso dello stesso Gorenji Vogel, sfiorandone quasi
l’apice per poi aggirare a nord il versante e sempre per cengia, scavata nella
roccia, perde quota con un passaggio articolato e leggermente esposto.
Ridisceso su una sella erbosa, con pendenza moderata risalgo verso la meta,
percorrendo una lunga diagonale con brevi passaggi articolati non particolarmente
esposti ma dove bisogna prestare attenzione. Avvistata la meta mi aspettano gli
ultimi passaggi tra zolle e rocce e finalmente cavalco la bella crestina con al
centro un ometto e una cassetta porta libro di vetta (2125 m.).
Nel frattempo, il cielo si è ricoperto di nuvole grigie e malauguranti,
mi conviene affrettare le operazioni per il rientro se non voglio fruire di una
doccia fredda. Ammiro il paesaggio e malgrado le nubi riesco a identificare il Mangart,
lo Jalovec, il Bavski Grintavec, il Rombon, il Canin, il Cimone, Montasio, lo Jof
Fuart e molte altre cime minori. Il cammino non è stato particolarmente gravoso,
solo un po’ lungo, mi concedo l’ultimo sguardo al meraviglioso panorama e
rientro per il sentiero dell’andata. Pochi metri prima dall’arrivo al
parcheggio vengo raggiunto dalle prime gocce, l’acquazzone è imminente. Sistemati
i materiali, procedo al rientro ponendo fine all’escursione, con una cima
conquistata e un’altra storia da raccontare.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa.
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