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martedì 6 marzo 2018

Monte Sabotino e Monte Santo.

 
Monte Sabotino e Monte Santo da Nova Gorica.

Racconto.

L’inizio dell’anno che stiamo vivendo sarà ricordato sicuramente tra i più gelidi del nuovo millennio. Malgrado dall’est arrivi il forte vento siberiano chiamato “Burian”, noi, spiriti liberi, decidiamo di sfidarlo, affrontandolo a viso aperto e capo coperto sui rilievi del goriziano. Come meta scegliamo due cime, Il Sabotino e il vicino Monte Santo, piccole montagne note alla grande storia.

Partenza anticipata rispetto alle ultime escursioni, ne approfitto per accompagnare la prole alla stazione ferroviaria di Cormons Lungo il tragitto si aggiunge Roberto, con Fabrizio ci incontreremo a Gorizia, naturalmente il silente Magritte anche oggi fa parte della spedizione.

Alla stazione di Cormons ricevo la telefonata di Fabrizio, non potrà far parte della compagnia, perché colpito e affondato dalla micidiale influenza che quest’anno sta mietendo vittime.

Da Cormons per statale ci dirigiamo a Gorizia, e aiutato dal navigatore satellitare raggiungo la località Salcano in Slovenia, dove lascio l’auto in uno spiazzo prima del ponte che attraversa il Soka (Isonzo).

La temperatura è a dir poco polare, diventa un’impresa per me e l’amico calzare gli scarponi, siamo costretti a indossare subito i guantoni. Una volta approntati partiamo per il Sabotino, il sacro monte dista pochi metri, esso sovrasta Gorizia.

Superiamo il ponte ammirando il sottostante fiume sacro (l’Isonzo) dalle inconfondibili acque dal colore smeraldo. Proseguiamo lungo la statale e al primo tornante notiamo un cartello con le indicazioni per il Sabotino, ci siamo, inizia l’avventura.

Il sentiero è una scorciatoia, che in un tratto attraversa la strada statale, per poi proseguire ripido per la cresta del monte, esso è ben battuto e ricalca le mulattiere della Grande Guerra.

Dopo una breve sosta da un pulpito panoramico ammiriamo la cittadina di Gorizia, proseguiamo seguendo i segni per la comoda mulattiera, su un masso leggiamo S. Valentin, è la diretta per la cresta.

Imboccato il nuovo sentiero, dopo pochi metri ci troviamo in mezzo ad affioramenti carsici, ci divertiamo a balzare per massi, è insolito trovare la roccia a bassa quota.

Successivamente il sentiero si fa meno ripido, attraversiamo gli ultimi arbusti fino a uscire allo scoperto destreggiandoci dentro delle file di sassi che creano una scritta (TITO) ben visibile da Gorizia chiaro sberleffo degli ex Jugoslavi nei confronti della popolazione italiana.

 Mancano pochi metri per giungere alla prima elevazione chiamata San Valentino, nei pressi avvistiamo un palo porta bandiera e successivamente i ruderi della vecchia chiesetta. Mentre Roberto si dedica alla firma del libro di vetta, io esploro i ruderi, notando i resti di un vecchio osservatorio militare e le rispettive gallerie. A causa delle continue raffiche trovo riparo in un angolo dell’edificio, il Buran si fa sentire e ci apprestiamo ad attraversare la cresta. Ammiro il bellissimo e sottile crinale che un tempo divideva le due nazioni, prova ne sono le centinaia di cippi che ne delimitano il confine, la loro visione e il loro eccessivo numero non può che suscitare la nostra ilarità.

Il versante occidentale è affascinante. È una gigantesca parete carsica che si aggetta sulla valle percorsa dall’Isonzo, spesso ci sporgiamo, ammirando le rocce che precipitano verticalmente nel vuoto. Poco sotto la linea di cresta, sul versante italiano, corre un lunghissimo trinceramento, intervallato da rifugi e caverne artificiali, con le feritoie protese al monte Santo. Il Sabotino fu conquistato dal Regio Esercito nel marzo del 1916 e le gallerie e le fortificazioni cambiarono direzione, volgendosi all’odierna Slovenia.

La sottile linea di cresta con i lievi saliscendi ci porta alla massima elevazione del Monte, quota 609 metri. Un cippo italiano e l’altro sloveno con rosa dei venti ne testimoniano la massima quota. Il Burian imperversa, urla, fisso con dei sassi sul cippo sloveno la reflex per fare un autoscatto, Roberto e io abbiamo le mani congelate malgrado i guanti, la bassa temperatura ha messo fuori uso le batterie della reflex e del GPS.

 In cresta non abbiamo nessun riparo dal vento, per un attimo penso ai soldati che 101 anni fa erano di vedetta. Questa montagna può vantarsi di avere intriso la sua terra del sangue di migliaia di soldati di entrambi le fazioni, naturalmente viste le conseguenze, tale sacrificio fu vano.

Dato che il vento non molla, decidiamo di seguire il sentiero che scende dalla vetta sul versante italiano, passando accanto a una casermetta, oggi adibita a ospitare antenne e ripetitori. Seguiamo i segni, perdendo rapidamente quota e finalmente protetti dalle folate, rientriamo nella mulattiera che taglia a mezza costa il versante sino  al bivio per “San Valentin”. È un bel vagabondare, finalmente coperti dal vento, possiamo goderci il paesaggio, camminiamo con gioia, la bella cresta del monte ci ha entusiasmati e la portiamo nel cuore. Raggiunto il bivio dove abbiamo deviato in precedenza proseguiamo fino all’auto. Sul ponte che attraversa l’Isonzo incrociamo un escursionista indigeno, egli si dirige sul Sabatino, gli chiediamo ragguagli sulla vicina cima del Monte Santo, parla bene l’italiano e ci rende edotti sul percorso da fare. Raggiunto l’automezzo, deponiamo gli zaini nel portabagagli, senza togliere gli scarponi. Auto in moto, ci scaldiamo dentro l’abitacolo, riprendendoci dal freddo prima di affrontare la seconda cima che dista poche centinaia di metri. Percorso in auto un breve tratto nel territorio sloveno, seguo le indicazioni per Sveta Gora (Monte Santo), superata la trattoria “Oddih” (come consigliato dall’escursionista sloveno), lasciamo l’auto in uno spiazzo nei pressi del tornante.

L’ambiente circostante grazie alla fitta vegetazione è riparato dal vento, ci approntiamo per la seconda cima, Magritte non è di buon umore perché svegliato dal pisolino.

Le direzioni da seguire sono due, noi scegliamo quella più ripida che risale il monte dal versante occidentale. Effettivamente il sentiero nel primo tratto tira parecchio, sarà che dopo una discesa iniziare una salita non è proprio salutare. L’ambiente è selvaggio, la fitta vegetazione nasconde le ferite impresse cento anni fa dalla Grande Guerra, il terreno dal colore bruno rossiccio è intriso del sangue dei soldati. Il sentiero incrocia la traccia segnata con segni sloveni proveniente dalla località di Lapos. Malgrado la quota da risalire sia breve il sentiero mantiene la sua ripidezza, attraversando un terreno con numerosi affioramenti carsici che lo rendono insidioso. Finalmente raggiungiamo la stradina asfaltata di servizio, sul versante opposto della carreggiata inizia una scalinata in pietra che ci porta con una serie di svolte al Santuario. Con l’avvicinarci al santo edificio sentiamo l’ululare minaccioso del Burian, avvertiamo un freddo più pungente rispetto a quello percepito sulla cresta del Sabotino.   Lungo la strada che porta al sacrario lambiamo il vecchio cimitero, i rami degli alberi oscillano vistosamente e del ghiaccio misto a neve contorna i confini degli edifici. Troviamo riparo entrando in chiesa, Magritte non potrebbe, dei chiari cartelli lo proibiscono, ma penso al frate di Assisi e ignoro i consigli.

Dall’edificio sacro esce nel medesimo istante un tizio corpulento e panciuto, erroneamente pensiamo che sia il sacrestano, ma sbagliamo.

Il tizio è un macedone che lavora in regione, ci chiede se possiamo fare un selfie, acconsentiamo, ci sembra anche un po’ matto. Il forestiero abbandona il luogo con l’automezzo, noi continuiamo aggirando il santuario, scendendo sul versante occidentale per ripararci dal vento. Soddisfatti della giornata decidiamo di porre fine all’escursione percorrendo il sentiero d’andata fino all’auto. Raggiunta quest’ultima notiamo intono allo spiazzo del posteggio una notevole concentrazione di immondizie, ne rimaniamo delusi e sconcertati, personalmente quella visone mi mette nostalgia del Friuli e della sua gente. Una volta pronti, si parte, rientriamo a Gorizia, stavolta mi affido al mio senso di orientamento che non sbaglia. Per la pausa pranzo, ci fermiamo in uno spiazzo davanti una fabbrica dismessa nei pressi di Manzano, due abeti giganti mi danno l’illusione di essere ancora sui monti. Consumiamo il pranzo al calduccio dentro l’abitacolo, ben coscienti che non sia ortodosso, ma il Burian oggi la fa da padrone. Con un buon rosso e un Nocino, si festeggia l’ennesima uscita insieme, che anche oggi è stata remunerativa. 

Deliziati nello spirito e nei ludici piaceri si rientra nella pianura, con un'altra avventura da ricordare e raccontare.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa.

 


Note tecniche.

Localizzazione: Prealpi Giulie -Val dell’Isonzo

Avvicinamento: Per il Monte Sabotino: Slovenia- Nova Gotica-Solkan-Lasciare l’auto nello spiazzo prima del ponte.

Per il Monte Santo: Slovenia- Nova Gotica-Solkan- indicazioni per Sveta Gora (Monte Santo) -Superata la trattoria “Oddih”, lasciare l’autovettura nel parcheggio presso il successivo tornante.



Località di Partenza: Per il Monte Sabotino: Solkan-Lasciare l’auto nello spiazzo prima del ponte.

Per il Monte Santo: Superata la trattoria “Oddih2, lasciare l’autovettura nel parcheggio presso il successivo tornante.

Dislivello:



 Dislivello complessivo: Dei due monti complessivo di 1000 metri.



Distanza percorsa in Km: 14 chilometri complessivi per i due monti





Quota minima partenza: Sabotino 99 m. Monte Santo 280 m.



Quota massima raggiunta: Monte SANTO  681 m. Sabotino 609 m.



Tempi di percorrenza. Complessivi 6,5 ore.

In: Coppia



 Tipologia Escursione: Storico -Escursionistica



Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionistiche.

Segnavia: CAI 97 per il Sabotino-Segni sloveni per il monte Santo.

Attrezzature: No.

Croce di vetta: Per il monte Sabotino un santuario di vetta.

Ometto di vetta: Si, Sabotino.

Libro di vetta: Si Sabotino.

Timbro di vetta: No.

Riferimenti:

1)                  Cartografici: Tabacco 054.

2)                  Bibliografici:

3)                  Internet:

Periodo consigliato: Tutto l’anno.

Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.

Fonti d’acqua: Nessuna.

Consigliati:

Data: 26 febbraio 2018.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa


























































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