Monte
Chiampon (1709 m.) dalla malga Cuarnan
Note
tecniche.
Localizzazione:
Prealpi Giulie.
Avvicinamento:
Lestans-Cornino-Majano-Osoppo-Gemona-seguire le indicazioni per la Malga
Cuarnan. Lasciare l’auto poco prima della malga presso uno spiazzo.
Località di Partenza: Spiazzo poco sotto la malga Cuarnan
Dislivello: 800
m.
Dislivello complessivo: 800 m.
Distanza
percorsa in Km: 7 chilometri.
Quota minima
partenza: 967 m.
Quota
massima raggiunta: 1709 m.
Tempi di
percorrenza escluse le soste: 3 ore massimo.
In: Solitaria.
Tipologia Escursione: Escursionista
naturalista.
Difficoltà: Escursionisti Esperti.
Segnavia:
CAI 713
Impegno
fisico: Medio.
Preparazione
tecnica: Media
Attrezzature:
Si.
Croce di
vetta: SI.
Ometto di
vetta: Si.
Libro di
vetta: Si.
Timbro di
vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli Venezia Giulia – Tabacco 020.
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo
consigliato: maggio-ottobre
Da evitare
da farsi in: Condizioni di terreno umido o ghiacciato.
Condizioni
del sentiero: Ben segnato e marcato.
Fonti d’acqua: No.
Consigliati:
Data: 24 ottobre 2018.
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto:
Dalla finestra
dell’atelier curioso a oriente, dove spesso lo sguardo si adagia sulla figura
del monte Chiampon, dalla caratteristica forma a “M” orientata a sud. Le due
elevazioni viste da occidente a oriente sono il Deneal e il Chiampon di poco
più alto. Da tempo ho appuntato nel taccuino la cima più bassa e selvaggia, sono
pronto per il viaggio e confortato dalle nuove di uno spirito libero mi preparo
all’avventura.
Il Deneal mi
sveglia al mattino, si vuol donare al forestiero, così tinge di rosa l’azzurro
cielo. Non esito a esaudire la preghiera e mi appresto a carezzarne le vesti.
L’aurora mi predispone all’incontro, mi sfiora la pelle e suggerisce di stare
attento, desidererebbe fare l’amore e trattenermi nelle sue ali ma il Deneal dal
profilo tagliente non attende. Raggiungo al galoppo del destriero la valle, sostando
tra le due alture, la temperatura è mite, pochi passi nella faggeta e carezzo
l’arco del Foredon.
Percorro la
via che ben discernibile sale al gigante esposto al sole nascente.
Il caldo
autunno mi aiuta a togliere gli abiti, procedo con la sola nera canotta. Mi
illudo che il tempo da fruire nell’ascesa sarà breve, fantasticando altre mete
da aggiungere a quelle decise, finché la fatica mi afferra all’improvviso non
lasciandomi per tutta l’ascensione. Mi interrogo se ho nutrito bene le carni e
se ho dormito poco, il corpo sembra volermi abbandonare per lasciarsi andare
sui prati. Metro dopo metro avverto sempre di più la gravezza, sono approssimativamente
vicino al “Passo della Signorina”, anni fa tremavo al solo pensiero di avvicinarmi
a esso, lo affrontai insieme con il medesimo compare di oggi “Magritte”,
portandomi appresso per sicurezza uno spezzone di corda. Oggi a distanza di più
di due lustri ne ammiro i dirupi, non ne sono atterrito, anzi, cerco tra le
pieghe della bianca roccia una pista che mi porti al cuore della montagna.
Pervengo al
ripido e temibile pendio erboso, dove le date incise sulle targhe stanno a
testimoniare che non tutti hanno la fortuna di ritornare nella dimora; lo scalo
con attenzione, la fatica non desiste e io persisto. Gli scoscesi prati dorati
mi invitano a stendermi, le ancelle di morfeo mi cingono il tronco trascinandomi
giù, cerco di resistere poggiando il capo sui bastoni come un soldato acheo
sullo scudo. Nomadi scendono dal monte, sono forti e giovani, mi salutano ma la
mia lingua tace, non ho la forza di rispondere, accenno appena a un saluto con
il volto, per poi guardare oltre il baratro, sperando che la meta sia prossima.
I miei passi
sono affini a quelli di un veterano soldato, che dopo aver vinto mille
battaglie non riesce più a avanzare per le distese di papaveri. La giornata è
splendida, il sole e la nebbia bassa creano pittoreschi giochi di paesaggi
degni di Van Gogh. I colori accesi danno una residua forza al mio passo,
l’azzurra volta mi incita a non mollare: <<Su forestiero, non manca
molto. >> Il mio amico ansima dalla sete:<< Dai Magritte, siamo
vicini alla meta, anche se non fa nulla per venirci incontro.>> Le dune
delle montagnole finali sorgono come morbidi seni, ci siamo, pochi metri e mi
lascio andare sull’erba. Ripresomi, annodo alla croce di vetta un nastro rosso e
un lembo della mia bandana, li osservo sventolare spinti dalla forza del vento.
Trovo riparo dalla brezza dietro un masso orientato a sud, con Magritte prima ci
sfamiamo per poi lasciarci andare al sonno. Mi avvolgo bene dentro la giacca e
copro il capo con un berretto di lana. Chiudo gli occhi e accolgo garbatamente l’invito
di Morfeo, lasciandomi condurre lontano dalle sue ancelle. Il mio ultimo sguardo
nel mondo effimero si spegne sui fili d’erba dorata che danzano con il vento. Un
soffio caldo mi accompagna nel viaggio, scorre il tempo sulla cima del Chiampon,
quando mi desto ho ancora sonno, quindi mi giro su un lato, a oriente, racchiudendomi
in me stesso per continuare il sogno nel mondo onirico. Sarà passata all’incirca
un’ora, mi sveglio carico e pieno di energia, vorrei andare sul Deneal, ma lui mi
invita a declinare l’impegno, rispetto il suo volere.
Mi guardo
intorno, il vento aumenta la sua intensità, Eolo furioso impazza, quindi
riprendo il lo zaino e abbandono l’avvenente sommità. Scendendo mi sento un
uomo rinvigorito, procedo con passo felpato, ammiro tutto ciò in cui adagio lo
sguardo, i sassi dalle mille forme mi parlano e io li ascolto, sfioro la roccia
con dolcezza, le dico ti amo ed essa lo sente. Rallento il passo, mi fermo, mi
spoglio, mi cullo al sole e poi riprendo il cammino per poi arrestarmi e fare altri
scatti in pose impossibili o mangiare agrumi sull’esposta roccia dagli impressionanti
baratri. Una schiera di viandanti sale, lascio il passo e saluto per poi
riprendere il cammino. Prati d’oro e vegetazione brillante come smeraldo
accolgono il mio passo, al centro della sella seduto su un masso, un uomo
stanco del viaggio consuma il suo pasto, passo e gli sorrido. Percorro il prato
che precede la malga dove i colori autunnali mi illuminano il volto, sono raggiante
come lo scemo sulla collina, mi giro e rigiro, effettuando un girotondo che diviene
danza. Eolo commosso dal folle viandante invita gli otto venti a partecipare alla
danza, essi mi rapiscono in un vortice e i soffi diventano braccia che mi sfiorano
dappertutto, anche lì dove non è concesso. Chiudo gli occhi, frattanto che i
passi svogliati mi portano a valle, una timida lacrima mi solca il viso. Sfilo
davanti la malga Cuarnan, tre bandiere sventolanti attraggono la mia attenzione
chiamandomi pirata, palermitano, friulano, italiano, europeo, cittadino del
mondo, uomo e spirito libero. Supero questa
frontiera da scoprire dove tutto viene spazzato via se non è legato come drappi
e io che non sono avvinto cerco di sfuggire da questa storia surreale. Scendo a
valle vagando per le arterie di Glemone prima di raggiungere Osoppo, dove mi
libero dal prodigio. Ripercorro la via del mattino a occidente, essa mi conduce
alla dimora, con una montagna riconquistata e una nuova avventura da
raccontare.
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa