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venerdì 26 ottobre 2018

Monte Chiampon (1709 m.) dalla malga Cuarnan

 
Monte Chiampon (1709 m.) dalla malga Cuarnan                               

Note tecniche.



Localizzazione: Prealpi Giulie.

Avvicinamento: Lestans-Cornino-Majano-Osoppo-Gemona-seguire le indicazioni per la Malga Cuarnan. Lasciare l’auto poco prima della malga presso uno spiazzo.

Località di Partenza: Spiazzo poco sotto la malga Cuarnan



Dislivello: 800 m.





 Dislivello complessivo: 800 m.





Distanza percorsa in Km: 7 chilometri.





Quota minima partenza: 967 m.



Quota massima raggiunta: 1709 m.



Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore massimo.

In: Solitaria.



 Tipologia Escursione: Escursionista naturalista.



Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionisti Esperti.

Segnavia: CAI 713

Impegno fisico: Medio.

Preparazione tecnica: Media

Attrezzature: Si.


Croce di vetta: SI.

Ometto di vetta: Si.

Libro di vetta: Si.

Timbro di vetta: No.

Riferimenti:

1)           Cartografici: IGM Friuli Venezia Giulia – Tabacco 020.

2)           Bibliografici:

3)           Internet:

Periodo consigliato: maggio-ottobre

Da evitare da farsi in: Condizioni di terreno umido o ghiacciato.

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.

Fonti d’acqua: No.

Consigliati:

Data:  24 ottobre 2018.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa

 
Racconto:



Dalla finestra dell’atelier curioso a oriente, dove spesso lo sguardo si adagia sulla figura del monte Chiampon, dalla caratteristica forma a “M” orientata a sud. Le due elevazioni viste da occidente a oriente sono il Deneal e il Chiampon di poco più alto. Da tempo ho appuntato nel taccuino la cima più bassa e selvaggia, sono pronto per il viaggio e confortato dalle nuove di uno spirito libero mi preparo all’avventura.  

Il Deneal mi sveglia al mattino, si vuol donare al forestiero, così tinge di rosa l’azzurro cielo. Non esito a esaudire la preghiera e mi appresto a carezzarne le vesti. L’aurora mi predispone all’incontro, mi sfiora la pelle e suggerisce di stare attento, desidererebbe fare l’amore e trattenermi nelle sue ali ma il Deneal dal profilo tagliente non attende. Raggiungo al galoppo del destriero la valle, sostando tra le due alture, la temperatura è mite, pochi passi nella faggeta e carezzo l’arco del Foredon.

Percorro la via che ben discernibile sale al gigante esposto al sole nascente.

Il caldo autunno mi aiuta a togliere gli abiti, procedo con la sola nera canotta. Mi illudo che il tempo da fruire nell’ascesa sarà breve, fantasticando altre mete da aggiungere a quelle decise, finché la fatica mi afferra all’improvviso non lasciandomi per tutta l’ascensione. Mi interrogo se ho nutrito bene le carni e se ho dormito poco, il corpo sembra volermi abbandonare per lasciarsi andare sui prati. Metro dopo metro avverto sempre di più la gravezza, sono approssimativamente vicino al “Passo della Signorina”, anni fa tremavo al solo pensiero di avvicinarmi a esso, lo affrontai insieme con il medesimo compare di oggi “Magritte”, portandomi appresso per sicurezza uno spezzone di corda. Oggi a distanza di più di due lustri ne ammiro i dirupi, non ne sono atterrito, anzi, cerco tra le pieghe della bianca roccia una pista che mi porti al cuore della montagna.

Pervengo al ripido e temibile pendio erboso, dove le date incise sulle targhe stanno a testimoniare che non tutti hanno la fortuna di ritornare nella dimora; lo scalo con attenzione, la fatica non desiste e io persisto. Gli scoscesi prati dorati mi invitano a stendermi, le ancelle di morfeo mi cingono il tronco trascinandomi giù, cerco di resistere poggiando il capo sui bastoni come un soldato acheo sullo scudo. Nomadi scendono dal monte, sono forti e giovani, mi salutano ma la mia lingua tace, non ho la forza di rispondere, accenno appena a un saluto con il volto, per poi guardare oltre il baratro, sperando che la meta sia prossima.

I miei passi sono affini a quelli di un veterano soldato, che dopo aver vinto mille battaglie non riesce più a avanzare per le distese di papaveri. La giornata è splendida, il sole e la nebbia bassa creano pittoreschi giochi di paesaggi degni di Van Gogh. I colori accesi danno una residua forza al mio passo, l’azzurra volta mi incita a non mollare: <<Su forestiero, non manca molto. >> Il mio amico ansima dalla sete:<< Dai Magritte, siamo vicini alla meta, anche se non fa nulla per venirci incontro.>> Le dune delle montagnole finali sorgono come morbidi seni, ci siamo, pochi metri e mi lascio andare sull’erba. Ripresomi, annodo alla croce di vetta un nastro rosso e un lembo della mia bandana, li osservo sventolare spinti dalla forza del vento. Trovo riparo dalla brezza dietro un masso orientato a sud, con Magritte prima ci sfamiamo per poi lasciarci andare al sonno. Mi avvolgo bene dentro la giacca e copro il capo con un berretto di lana. Chiudo gli occhi e accolgo garbatamente l’invito di Morfeo, lasciandomi condurre lontano dalle sue ancelle. Il mio ultimo sguardo nel mondo effimero si spegne sui fili d’erba dorata che danzano con il vento. Un soffio caldo mi accompagna nel viaggio, scorre il tempo sulla cima del Chiampon, quando mi desto ho ancora sonno, quindi mi giro su un lato, a oriente, racchiudendomi in me stesso per continuare il sogno nel mondo onirico. Sarà passata all’incirca un’ora, mi sveglio carico e pieno di energia, vorrei andare sul Deneal, ma lui mi invita a declinare l’impegno, rispetto il suo volere.

Mi guardo intorno, il vento aumenta la sua intensità, Eolo furioso impazza, quindi riprendo il lo zaino e abbandono l’avvenente sommità. Scendendo mi sento un uomo rinvigorito, procedo con passo felpato, ammiro tutto ciò in cui adagio lo sguardo, i sassi dalle mille forme mi parlano e io li ascolto, sfioro la roccia con dolcezza, le dico ti amo ed essa lo sente. Rallento il passo, mi fermo, mi spoglio, mi cullo al sole e poi riprendo il cammino per poi arrestarmi e fare altri scatti in pose impossibili o mangiare agrumi sull’esposta roccia dagli impressionanti baratri. Una schiera di viandanti sale, lascio il passo e saluto per poi riprendere il cammino. Prati d’oro e vegetazione brillante come smeraldo accolgono il mio passo, al centro della sella seduto su un masso, un uomo stanco del viaggio consuma il suo pasto, passo e gli sorrido. Percorro il prato che precede la malga dove i colori autunnali mi illuminano il volto, sono raggiante come lo scemo sulla collina, mi giro e rigiro, effettuando un girotondo che diviene danza. Eolo commosso dal folle viandante invita gli otto venti a partecipare alla danza, essi mi rapiscono in un vortice e i soffi diventano braccia che mi sfiorano dappertutto, anche lì dove non è concesso. Chiudo gli occhi, frattanto che i passi svogliati mi portano a valle, una timida lacrima mi solca il viso. Sfilo davanti la malga Cuarnan, tre bandiere sventolanti attraggono la mia attenzione chiamandomi pirata, palermitano, friulano, italiano, europeo, cittadino del mondo, uomo e spirito libero.  Supero questa frontiera da scoprire dove tutto viene spazzato via se non è legato come drappi e io che non sono avvinto cerco di sfuggire da questa storia surreale. Scendo a valle vagando per le arterie di Glemone prima di raggiungere Osoppo, dove mi libero dal prodigio. Ripercorro la via del mattino a occidente, essa mi conduce alla dimora, con una montagna riconquistata e una nuova avventura da raccontare.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa