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mercoledì 26 aprile 2017

Monte Rancolin 2096 m. da Forni di Sotto: 21 aprile 2017



Monte Rancolin 2096 m. da Forni di Sotto: 21 aprile 2017

 

Monte Rancolin 2096 m. da Forni di Sotto.
Note tecniche.
Localizzazione: Alpi Carniche
Avvicinamento: Tolmezzo- Villa Santina-Ampezzo-Forni di Sotto- Superato Forni di sotto, sulla statale imboccare la stradina a destra presso la cappella di S. Antonio. Seguire la stradina asfaltata fino a incrociare a sinistra una stradina sterrata con indicazioni CAI. Lasciare l’auto presso quota 900 m.
Dislivello: 1200 m.
Dislivello complessivo: 1400 m.
Distanza percorsa in Km: 12 km.
Quota minima partenza: 900 m.
Quota massima raggiunta: 2096 m.
Tempi di percorrenza. 6 ore escluse le soste.
In: Con Magritte.
Tipologia Escursione: Selvaggia.
Difficoltà: Escursionisti Esperti.
Segnavia: CAI 212- Bolli Rossi, e radi ometti.
Fonti d’acqua: piccoli rivoli lungo il sentiero.
Attrezzature: Nessuna.
Croce di vetta: Si.
Libro di vetta: Si.
Timbro di vetta: Si.
Cartografia consigliata: Tab n.02
Periodo consigliato: maggio -ottobre.
Condizioni del sentiero: Ben segnato, qualche tratto da pulire.
Data:
21 ottobre 2017.

Il “Forestiero Nomade”
Malfa



 

Monte Rancolin è una delle cime che ho messo in programma. La giornata di venerdì mette bello, è un esplicito invito ad avventurarmi dalle parti di Forno, zona che ho poco esplorato dopo l’escursione sul Pramaggiore. Per provare intense emozioni stavolta non mi sono documentato, ho solo preparato una mappa della zona in formato A4, e procederò solo con l’ausilio di essa. Il giorno dell’escursione si parte più presto del solito, accompagno mio figlio alla stazione ferroviaria di Udine, e dopo procedo in direzione della Carnia. La giornata è spettacolare, cielo terso, la felicità vibra nell’aria. Vorrei giungere presto sul punto della partenza del sentiero, con difficoltà tengo alto il piede dall’acceleratore per non incorrere in infrazioni. Viaggio per la statale che percorre la parte meridionale della Carnia, osservo i monti, fantasticando sulle prossime mete. Superata la frazione di Ampezzo, osservo la bellissima mole del Tinisa, e subito dopo mi ritrovo nei pressi di Forni di Sotto. Distrattamente, non memore delle indicazioni della mappa, proseguo per Forni di Sopra, incantato dalle cime che circondano la zona. Giunto a Forni di Sopra, scruto la mappa, rendendomi conto dell’errata valutazione, inverto la direzione per Forni di Sotto. Giunto alla frazione appena citata, erroneamente prendo una stradina, peraltro interrotta, che prosegue per il sentiero 214 che sale fino a Costa Baton. Resomi conto dell’ennesimo errore, ritorno indietro e stavolta sono nella direzione giusta. Presso un tornante in località S. Antonio diparte una stradina che risale per Costa Baton, lungo il tracciato giro a sinistra e risalgo una carrareccia (segni CAI per il sentiero 212), fino a raggiungere la località di Cjaspaes, dove lascio l’auto, quota 910 m. Mi appronto per l’escursione, al seguito con me c’è il fido Magritte. Do un’occhiata all’ora. Accidenti! Sono già le nove! Raramente inizio un ‘escursione così tardi, pazienza, la cima s'ha da fare!

Il primo tratto del sentiero (CAI 212) è una ripida mulattiera parzialmente cementata, che sale sin da subito il costone boschivo. La carrareccia raggiunge una radura dove si erge un’abitazione, il sentiero continua per traccia segnata, inoltrandosi nel bel bosco di abeti e faggi. La pendenza è sostenuta, mi fa intuire che sto guadagnando velocemente quota. Raggiungo un bosco di faggi con grossi macigni, è un luogo incantato. Gli enormi massi sono sormontati da faggi dalle forme fantastiche, paesaggio degno di un pittore surrealista. Mi perdo nelle fantasie create dalla natura, tra le foglie secche scorgo un quotidiano. Evidentemente l’ultima generazione di gnomi e folletti, non fa più scherzi goliardici ai viandanti, ma investe in borsa e si occupa di scienze politiche. Tutto e tutti  cambiano in questo mondo, tranne gli idioti. Uscito dal bosco di faggio raggiungo una piccola radura dove un bellissimo larice fa da vigile. Mi fermo e chiedo: <<Buon albero, sapreste indicarmi la direzione per quel bellissimo monte che domina la valle?>> Con tono allegro mi risponde. <<Malfa, Malfa! Con quel sorrisetto potresti ingannare anche un larice decrepito come me, comunque segui il sole e troverai la tua via!>>. Il buon larice in veste di santone taoista, in modo sinottico mi ha consigliato di lasciarmi condurre dall’inconscio, quindi seguendo l’istinto e la traccia, rientro nel bosco di conifere, dove essa si biforca. Alla mia sinistra su un masso trovo scritte le indicazioni per la cima, anche sull’abete dietro è posta una targa con le stesse scritte, impossibile perdersi. La traccia, dopo alcuni tornanti dentro il bosco di conifere, esce allo scoperto entrando in una fittissima mugheta. Finalmente posso ammirare lo splendido paesaggio: le pareti orientali e dirupate del Rancolin.  La splendida giornata solare non fa che aumentare l’intensità della gioia. Percorro all’interno la mugheta, stando attento a non incrociare vipere e similari. Avendo al seguito Magritte, devo cautelare la sua integrità. Seguo i bolli rossi, avvicinandomi sempre di più alla cresta meridionale del Rancolin. Rientro tra le conifere di alto fusto, seguo i radi segni e risalgo il ripido prato, la pendenza è notevole, mi consolo con il sole che mi scalda lo spirito. Raggiunta la base della mugheta, avvisto una croce, mi chiedo se sono già in prossimità della cima, ho qualche ragionevole dubbio. Seguendo i sempre più radi segni raggiungo la croce, ma non è la cima. Essa è posta più in basso, è una croce “due punto zero”, di ultima generazione, con annessa cassetta porta libro e timbro di vetta, e una campana come segnalatore acustico posta vicina ad essa. Seguendo con lo sguardo la cresta verso l’alto, noto una croce divelta, posta a metà percorso, e sulla cima niente, nemmeno un misero e orfano ometto. Firmo il libro di vetta, e percorrendo il crinale mi porto al vertice di esso. Mi chiedo: Come mai due croci, e nessuna delle due è posta in cima?>> Valuto un’ipotesi avveniristica: visto il loro orientamento a valle, in direzione del sottostante borgo, sono messe in posizione tale da poter essere adorate dai devoti. Raggiunto il vertice scopro l’amara verità, non è la cima del Rancolin, ma l’ante-cima. Ma le sorprese non finiscono qui. Guardando verso la cima noto che è solcata da sentieri, ma come raggiungerli? Tra me e il prosieguo c’è il vuoto, uno strapiombo su entrambi i versanti, tranne quello da dove sono giunto. Mi guardo intorno in cerca di soluzioni, do un’occhiata a Magritte, anch’esso mi sembra perplesso, con lo sguardo sembra dirmi:<<Non so volare, credimi, e non ci provare!>> Provo a tornare indietro, cercando di aggirare ad occidente il monte, niente, i mughi sono fitti, ritorno alla cima (fatica extra), perché quel bollo rosso è segno che quella è la giusta direzione. Ecco! Svelato l’arcano:  poco prima della cima, trovo un piccolo e impercettibile intaglio tra i mughi, esso segna l’inizio del ripido e perpendicolare sentiero che prosegue a settentrione, per giunta, anche ingombro di neve residua e dura! <<Ottimo Malfa! >> Esclamo, e continuando. <<Magritte! Oggi non ci facciamo mancare niente!>>. Scendo con cautela, tenendomi ai santi mughi e stando attento a non scivolare, raggiunta l’esile forcella risalgo la china scorgendo una terza croce tra i mughi, guadagnando quota arrivo sulla bella cima di roccia friabile. Un ometto corposo mi dà il benvenuto, zaino a terra per il meritato relax. Magritte come è sua consuetudine dopo aver posato per la foto di vetta si fa un bel sonnellino, lo invidio! Io mi dedico alle molteplici faccende, tra cui: fotografare, preparare la mensa, sistemare il materiale per il ritorno; e visto che le ottime condizioni meteo lo permettono, venti minuti di salutare ascesi, contemplando il meraviglioso mondo che mi circonda. Dall’alto della cima ammiro: i vicini Clap Savon e Bivera, i Monfalconi, le tre cime di Lavaredo, l’inconfondibile mole del Tinisa, e dietro di esso l’Amariana. C’è tutto un universo di roccia da amare e conoscere. La temperatura è mite, un esplicito invito a lasciarsi andare ed esclamare: <<Caro Mondo, addio! Io me sto qui con il mio cagnetto, voi non sentirete la nostra mancanza, ancora meno noi.>> Ma è solo un’utopia, un pensiero sicuramente dettato dalla rarefazione dell’ossigeno, e voglio illudermi che sia questo il vero motivo. Finita la festa, mi alzo dal suolo e mi preparo al rientro. Zaino in spalle e Magritte e altri sogni al seguito si riparte.  La scrollata di pelo del fido mi manifesta che anche lui è pronto, si scende dalla mole. Dalla cima alla destra, un chiaro bollo, mi indica la traccia da seguire. Essa attraversa in discesa per un lungo tratto il versante orientale, non è particolarmente esposto, anzi, in molti punti è anche piacevole da percorrere. Il sentiero scende per un macereto, e procedendo per mughi e zolle d’erba riguadagna la cresta, proseguendo sempre a settentrione. L’ultima difficoltà degna di nota è l’aggiramento a settentrione di un costone di roccia. La difficoltà consiste in un ripido nevaio, con neve dura, molto pericoloso da attraversare. Indosso i ramponi a 12 punte che cautamente ho portato al seguito. I nevai in seguito si rivelano più numerosi del previsto, senza patemi li supero, raggiugendo in sicurezza la forcella del Rancolin. Dalla forcella seguo i ritrovati segni C.A.I, numerati 212 e 213, seguo il primo che scende a meridione nella bella e selvaggia valle di Costa Baton. Il sentiero 213 risale in direzione di Fantignelles, vista l’ora tarda, sarà per un’altra volta. Rapidamente seguo i segni e raggiungo casera Costa Baton, ci fermiamo per un’altra sosta. Magritte brontola, mi chiede se sono disposto a dividere con lui quel buon panino che mi sono risparmiato in vetta. Furbetto l’amico, come digli di no, è anzianotto, ma non molla mai. Ci accomodiamo al tavolo posto all’esterno della casera, estraggo dallo zaino, il panino e la Red Bull, e consumando il pasto ammiriamo il paesaggio, stavolta da una posizione più confortevole. Estasiati, e saziato lo spirito e lo stomaco, giungiamo alla dura conclusione di riprendere il cammino.  Il sentiero 212 prosegue per un lungo tratto selvaggio, ben segnato, anche se la traccia abbisogna di manutenzione. Raggiugo il bosco di conifere dove incrocio il sentiero dell’andata, con il noto masso con indicazioni per la cima del Rancolin. Percorro a ritroso l’ultimo tratto di sentiero fino all’auto, con la mente assolta. Sicuramente, essa, è rimasta lassù in cima, ad ammirare le bellissime cime.

Il vostro “Forestiero Nomade.”

Malfa.


















































































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