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giovedì 20 aprile 2017

Monte Chiadin ovest 2287 m. dai Piani di Cristo.


Monte Chiadin ovest 2287 m. dai Piani di Cristo.

 Note tecniche.

Localizzazione: Alpi carniche centrali.

Avvicinamento: Tolmezzo-Ovaro-Rigolato-Forni di Avoltri-Sappada- Seguire le indicazioni per le sorgenti del Piave, sostare presso il rifugio Piani di Cristo, quota 1410 m.

 

Dislivello: 880 m.

Dislivello complessivo: 880 m.

Distanza percorsa in Km: 9 km.

Quota minima partenza: 1410 m.

Quota massima raggiunta: 2287 m.

Tempi di percorrenza. 4 ore escluse le soste.

In: Coppia.

 Tipologia Escursione: Selvaggia.

Difficoltà: Escursionistica.

Segnavia: CAI.

Fonti d’acqua: Torrente lungo il tragitto.

Attrezzature: Nessuna.

Croce di vetta: Si.

Libro di vetta: No.

Timbro di vetta: No.

Cartografia consigliata: Tab 01.

Periodo consigliato: aprile-ottobre

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.

Data: 17 aprile 2017.

 


Malfa

Relazione:

 Monte Chiadin per cima ovest, ovvero, la vetta di Pasquetta. L’idea di effettuare l’escursione durante una delle festività dedicate alle grigliate, mi è venuta dopo l’escursione sulla cima orientale dello stesso monte. Costatando che il versante meridionale e occidentale è sgombro di neve, ho pensato di andarci in escursione con la mogliettina e il fido Magritte. Le previsioni meteo per Pasquetta mettono bello di mattina, e pioggia di pomeriggio. Tradotto per gli escursionisti significa: a mezzogiorno bisogna essere come minimo in discesa, e se possibile a metà percorso. Il giorno di Pasqua mentre la consorte è intenta a preparare il lauto pranzo festivo, il sottoscritto si prodiga per approntare i materiali per l’escursione.  A sera tutto è pronto per la gita versione scampagnata. Sveglia presto, si esce da casa volgendo lo sguardo al cielo. l’azzurro mattino è luminoso, durante il percorso in direzione Sappada, ammiriamo il paesaggio. La nebbia (che esala dal tagliamento) crea giochi di luce nel sposarsi con il sole, avvolgendo il paesaggio in un’atmosfera magica. Raggiunta la Carnia, risalgo la valle del Degano. Giovanna è estasiata, ammira le cime dolomitiche: tra cui il Siera, la Creta forata e soprattutto la cuspide rocciosa del monte Tuglia. Attraversando il bellissimo borgo di Cima Sappada, non passano inosservate le caratteristiche forme delle abitazioni, ci ripromettiamo di fermarci al ritorno. Seguendo le indicazioni per le sorgive del Piave, risaliamo la Val Sesis, fino d un’ampia radura chiamata “Piani di Cristo, con l’annesso rifugio che porta lo stesso nome. Il sito è provvisto di ampio parcheggio dove poter lasciare l’auto. La temperatura all’esterno dell’abitacolo è fredda, dovuta sia alla posizione geografica (a Occidente del monte Chiadenis) e sia per il vistoso calo delle temperature negli ultimi giorni. Ci copriamo bene, dirigendoci verso il rifugio. Accanto all’edificio parte una carrareccia che con lieve pendenza risale la boscosa valle (abeti e larici) posta alle spalle della struttura. Dopo aver risalito duecento metri di quota, il tracciato esegue un’ampia ansa in senso orario, portandosi in una radura dove è sito un simpatico bivacco costruito con tronchi di legno. Su un grosso masso sono dipinte le possibili direzioni da seguire: a destra si scende per i Piani Luzza, a sinistra si sale per il Chiadin. Lasciato lo spiazzo, procediamo per esile traccia sul pendio inerbito alla nostra sinistra (cartello con la scritta Chiadin) che risale il ripido costone chiamato anche Keser. Dopo pochi metri usciamo dal boschetto per attraversare un’ampia distesa prativa.  Ci fermiamo, per ammirare dal basso la nostra meta e i ripidi campi erbosi che la precedono. L’esile traccia rientra nel bosco di conifere, per poi riuscirne attraversando e risalendo i ripidi prati inerbiti. Il sentiero si sviluppa con lunghi traversi da occidente a oriente e viceversa, che con moderata pendenza portano alla cima. La traccia è battuta e segnata, radi sono i salti di roccia, alcuni tratti con leggera esposizione si superano senza patemi. Ammiriamo la vetta, sempre più vicina. Il cielo sembra chiudersi, riaprirsi e successivamente richiudersi, queste fasi alternate ci danno gioia e ansia. È un gioco continuo quello tra il sole e le nuvole, e noi spettatori speranzosi con passo cadenzato ci avviciniamo alla meta, fiduciosi di speranzosi di evitare il piovasco. L’ultimo tratto sotto la cresta è umido e scivoloso, ci fermiamo, effettuando una provvidenziale sosta per calzare i ramponi da erba. Per Giovanna è la prima volta che li calza, ora va su con sicurezza e brio, l’aderenza e la sicurezza sono notevolmente aumentate. Ultimi metri e siamo in cresta, da dove ammiriamo il versante orientale con le altre due cime: la centrale di roccia dolomitica, e la orientale inerbita.  La croce di vetta è in vista, tra balze erbose e rocce raggiungiamo la massima elevazione (2287 m.), simbolizzata da un corposo ometto, sormontato da una croce originale e da due targhe in legno. La cima si sviluppa su un esile crestina, esposta su entrambi i versanti. Ci muoviamo con cautela, felicissimi di aver raggiunto la meta. Dall’alto ammiro le cime che la circondano, illustro il panorama a Giovanna. Alcune cime le conosco e tante altre no. Un mondo di emozioni ci circonda, ti da una gran voglia di vivere. Sostiamo poco, il tempo di fare due foto, e riprendiamo il cammino per il ritorno. Poco sotto la cima comincia a nevischiare, con cautela superiamo i tratti più delicati fino a raggiungere i prati in basso. Magritte è felicissimo, più contento di una Pasqua per rimanere in tema. Esso, corre, su e giù, saltella e scodinzola, la montagna lo rende più bello, sicuramente è il richiamo della natura. Con il passare del tempo il nevischio aumenta di intensità, siamo in prossimità della baita in legno, ma prudentemente rinviamo il pasto, preferendo raggiungere l’auto. Le ultime centinaia di metri prima della località “Piani di Cristo”, sono caratterizzati da una intensa nevicata. Raggiunto il punto di partenza ci cambiamo velocemente. Decidiamo di andare a consumare il pasto giù, a Cima Sappada. Raggiunto il parcheggio davanti le strutture dell’impianto sciistico, ci fermiamo. Non nevica più, ci godiamo il paesaggio, ammirando i bei monti avvolti dalle nuvole. Riprese le energie si rientra a valle, deliziati e compiaciuti della nostra “Pasquetta in vetta”.

Il vostro “Forestiero Nomade”

Malfa.

 


































































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