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mercoledì 15 marzo 2017

Monte Slenza Est 1589 M.



                                                               Monte Slenza Est 1589 M.

                                                          Note tecniche.

Localizzazione: Alpi carniche.

Avvicinamento: Gemona-Pontebba- Plans.

Dislivello: 1000 m.

Dislivello complessivo: 1006 m.

Distanza percorsa in Km: 20 km.

Quota minima partenza: 618 m.

Quota massima raggiunta: 1589 m.

In: Solitaria.

 Tipologia Escursione: Escursionistica.

Difficoltà: Escursionistica.

Segnavia: CAI 429

Fonti d’acqua: Molteplici fonti.

Attrezzature: Nessuna.

Croce di vetta: Si

Libro di vetta: Si.

Cartografia consigliata: Tab 018

Periodo consigliato: Tutto L’anno

Condizioni del sentiero: Ben marcato e segnato ove era visibile senza neve.

Data: 11 marzo 2017.

 

Il “Forestiero Nomade”
 
Relazione:

In previsione di un fine settimana all’insegna della pioggia non ho voglia di stare chiuso tra quattro mura, mettendo in preventivo di andare in montagna anche con le condizioni meteo avverse. Memore della frase “La montagna la si ama in tutte le stagioni”, mi sono preparato anche all’evenienza di fare una salutare doccia d’acqua piovana. Mappa alla mano della regione Friuli, studio dei percorsi che partendo da molto in basso mi evitano strade di campagna, tra questi sentieri alternativi mi colpisce  il 429 che partendo poco prima da Pontebba dalla località Plans mi porta nell’alto pascolo tra le due cime Slenza. Una breve ricerca sul Web e mi oriento sull’obbiettivo minimo che è la cima Slenza Est e un possibile anello passando per le due malghe di Slenza (alta e bassa). La settimana scorsa malgrado il meteo non fosse favorevole sono partito per la prima sortita, arrivato in zona volevo avventurarmi direttamente da Pontebba tentando un improvabile scorciatoia per il bosco che mi portasse sul sentiero 429. La montagna bagnata dalla pioggia e nascosta dalla nebbia mi ha rifiutato, rispedendomi senza cortesie al mittente. La lezione è stata chiara, non si va da una signora improvvisando, soprattutto se è indisposta. Forte della lezione appresa ritento la settimana dopo, rincuorato dalla bella stagione che scalda le cime. Finalmente arriva il sabato mattina, lascio a casa ciaspole e i ramponi a dodici punte, sono convinto di trovare neve ma morbida, porto al seguito solo i mini ramponi a sei punte e uno zaino più leggero del solito per via della temperatura che di giorno sicuramente supererà i dieci gradi. La strada che mi separa dalla località è illuminata dall’Aurora, mi gusto lo spettacolo. Raggiunta la località di Plans scorgo un cartello CAI, lascio l’auto difronte a una vecchia stalla, dalla contrada parte la carrareccia che segna l’inizio del sentiero 429. Zaino in spalle e Magritte e sogni al seguito si parte. Convinto di trovare neve nella zona alta indosso subito le ghette, e con calma e passo d’alpino inizio l’avventura. Il primo tratto di carrareccia è esposto a oriente privo di neve. Baciato dal sole ammiro le prime fioriture: primule, anemoni, crochi e geranio dei prati. È uno spettacolo, passeggiando per comoda carrareccia osservo a occidente le imbiancate rocce delle alpi di confine tra cui spicca il Malvueric e il monte Cavallo da Pontebba. Le coste prative ospitano bellissimi stavoli, senza fatica giungo a di casera Pramolina abbandonando la carrareccia che scende a Studena Bassa per proseguire per il sentiero 429 che solca la cresta boschiva del Saccolomb. A metà costone incontro la prima neve che a mano a mano che procedo si compatta avvolgendo il versante settentrionale del monte. La neve è morbida e farinosa, indosso i ramponi, ma solo per precauzione. Lungo il sentiero incontro gli angeli della montagna: due guardie forestali che procedono in discesa, li riconosco dalla divisa e dal berrettino grigio in lana indossato da uno di loro. Il più anziano, sicuramente il più alto in grado ha un viso simpatico: barbetta bianca, brizzolato occhi chiari, mentre il giovane è molto alto, occhi scuri, moro, loquace e prodigo di consigli. Mi fermo a conversare chiedendo informazioni sul proseguo. Mi informano che il procedere sarà arduo a causa dello sprofondare del manto nevoso anche di un metro. Ci salutiamo augurandoci una buona continuazione. Stavolta oltre a seguire i segni sugli alberi ricalco le impronte delle due guardie forestali, le orme con l’innalzarmi di quota si fanno sempre più profonde, in alcuni punti è come se nuotassi in un mare di panna, procedere è faticoso ma non mollo. Mi guardo indietro e noto che in alcuni passaggi delicati ho scavato con le gambe delle profonde trincee. Finalmente l’ombroso bosco di faggi e abeti cede il passo al sole, sto per uscire allo scoperto nel vasto pascolo e vengo investito dalla violenza della luce, un bianco intenso mi abbaglia e allo stesso tempo riempie di felicità. La gioia è incommensurabile, anche la neve è più calpestabile, cammino sulle dune, osservo Magritte è felice di giocare come un bimbo. Dopo pochi metri incontro una stalla in perfette condizioni, il resto dei manufatti è coperto dalla neve. Vivo l’estasi del momento osservando la cresta del vicino Slenza Ovest e dietro di esso le guglie imbiancate del versante orientale del Chiavals. Nessuna descrizione può far rappresentare la bellezza del paesaggio che mi circonda. Noto dietro la vegetazione di conifere la punta della cima, in un primo tempo cerco seguendo una linea immaginaria di avvicinarmi alla vetta, ma il percorso sotto gli abeti è ripido e affondo anche di un metro nella neve. Ritorno indietro fino alla stalla e mi avvicino alla cresta che cerco di seguire affidandomi all’intuito. L’impresa è ardua e in alcuni frangenti sono scoraggiato nel proseguire. Percorrendo la cresta arrivo sotto un salto, esso è esposto sia a meridione che a settentrione, non mi resta che inventarmi un percorso che aggirando l’ostacolo mi porti in cima. Scavando con gli scarponi mi apro un varco e con cautela aiutandomi con i rami della vegetazione conquisto l’affilata crestina coperta da una coltre di neve. La percorro in equilibrio stando attento di non camminare su blocchi di neve sospesi nel vuoto. Avvisto l’originale croce in legno con disegno celtico con annessa cassetta in metallo porta libro di vetta. Raggiunta la massima elevazione, sgancio lo zaino, e insieme a Magritte mi godo il fantastico paesaggio. Le prime cime che noto sono quelle sul versante meridionale del Chiavals, guglie dolomitiche imbiancate. Apro lo sguardo all’orizzonte effettuando una panoramica a trecentosessanta gradi, notando la vetta del montasio che fa capolino dietro lo Jof di Dogna. Attimi che vorrei fermare in eterno, una forte emozione mi avvolge, da lupo mi trasformo in aquila spiccando il volo nell’azzurro. Dopo aver apportato la firma sul libro di vetta (dal mese di dicembre risale l’ultima nota) riprendo il cammino scendendo con cautela dalla vetta e nel ripercorrere a ritroso la traccia mi porto alla stalla da dove sono partito in precedenza. Do un’occhiata alla mappa, anche perché non ci sono né sentieri e ne segni da seguire, tutto è nascosto dalla neve. A occhio nudo osservo la radura che ha la forma di un anfiteatro, di istinto seguo le tracce di un mammifero (forse un capriolo) che mi portano a meridione e con gaia sorpresa raggiungo la malga “Casera Slenza Alta”, un ultimo sguardo al paradiso bianco e mi innesto su un sentiero seguendo le indicazioni di un ometto. La traccia ora è ben marcata, con una lunga serpentina scende sul versante sud-est attraversando il bosco di conifere fino alla malga di Casera Slenza Bassa. Breve sosta e illudendomi che il più è fatto continuo a scendere per l’evidente carrareccia ancora innevata. Leggendo la mappa dovrei trovare un sentiero che partendo da un tornante e tagliando il versante meridionale del monte (da sud a nord) mi riporta in località Plans. Effettivamente lo trovo il sentiero segnato con bolli in rosso, ma dopo averne percorso un tratto qualcosa non mi convince, la traccia si biforca facendomi perdere l’orientamento. Ci rifletto su e decido di non correre inutili rischi, quindi ritorno indietro fino alla carrareccia che seguo fino a fine percorso, ovvero nella località di Pietratagliata. Dalla località appena citata mi innesto sul manto stradale della statale e risalgo la Pontebbana fino all’imbocco di Pontebba, dove seguendo le indicazioni raggiungo la località di partenza. Stanco per il contrattempo (grande ravanata) ma felice di avere salvato anche oggi la pelle e la pelliccia di Magritte. Con calma mi preparo per il ritorno, la sera mi aspetta una festa di compleanno che mi vedrà sicuramente ospite silenzioso e assente (immerso nei ricordi). Prima di ripartire do uno sguardo al paesaggio annusando nell’aria l’odore caratteristico delle stalle, questo odore che mi riporta alla fanciullezza, quando di fronte a casa c’era una stalla, e con il mio babbo e una bottiglia vuota si andava prendere il latte fresco. Un attimo che mi porta lontano, la magia degli odori e dei sogni. Giro la chiave, metto in moto e il sogno svanisce percorrendo la Pontebbana.

Il vostro “Forestiero Nomade”

Malfa.

 








































































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