Monte Slenza Est 1589 M.
Note tecniche.
Localizzazione:
Alpi carniche.
Avvicinamento:
Gemona-Pontebba- Plans.
Dislivello: 1000
m.
Dislivello
complessivo: 1006 m.
Distanza
percorsa in Km: 20 km.
Quota minima
partenza: 618 m.
Quota
massima raggiunta: 1589 m.
In: Solitaria.
Tipologia Escursione: Escursionistica.
Difficoltà: Escursionistica.
Segnavia:
CAI 429
Fonti
d’acqua: Molteplici fonti.
Attrezzature:
Nessuna.
Croce di
vetta: Si
Libro di
vetta: Si.
Cartografia
consigliata: Tab 018
Periodo
consigliato: Tutto L’anno
Condizioni
del sentiero: Ben marcato e segnato ove era visibile senza neve.
Data: 11
marzo 2017.
Il
“Forestiero Nomade”
Relazione:
In
previsione di un fine settimana all’insegna della pioggia non ho voglia di stare
chiuso tra quattro mura, mettendo in preventivo di andare in montagna anche con
le condizioni meteo avverse. Memore della frase “La montagna la si ama in tutte
le stagioni”, mi sono preparato anche all’evenienza di fare una salutare doccia
d’acqua piovana. Mappa alla mano della regione Friuli, studio dei percorsi che
partendo da molto in basso mi evitano strade di campagna, tra questi sentieri
alternativi mi colpisce il 429 che
partendo poco prima da Pontebba dalla località Plans mi porta nell’alto pascolo
tra le due cime Slenza. Una breve ricerca sul Web e mi oriento sull’obbiettivo
minimo che è la cima Slenza Est e un possibile anello passando per le due malghe
di Slenza (alta e bassa). La settimana scorsa malgrado il meteo non fosse
favorevole sono partito per la prima sortita, arrivato in zona volevo avventurarmi
direttamente da Pontebba tentando un improvabile scorciatoia per il bosco che
mi portasse sul sentiero 429. La montagna bagnata dalla pioggia e nascosta
dalla nebbia mi ha rifiutato, rispedendomi senza cortesie al mittente. La
lezione è stata chiara, non si va da una signora improvvisando, soprattutto se
è indisposta. Forte della lezione appresa ritento la settimana dopo, rincuorato
dalla bella stagione che scalda le cime. Finalmente arriva il sabato mattina,
lascio a casa ciaspole e i ramponi a dodici punte, sono convinto di trovare
neve ma morbida, porto al seguito solo i mini ramponi a sei punte e uno zaino
più leggero del solito per via della temperatura che di giorno sicuramente
supererà i dieci gradi. La strada che mi separa dalla località è illuminata
dall’Aurora, mi gusto lo spettacolo. Raggiunta la località di Plans scorgo un
cartello CAI, lascio l’auto difronte a una vecchia stalla, dalla contrada parte
la carrareccia che segna l’inizio del sentiero 429. Zaino in spalle e Magritte
e sogni al seguito si parte. Convinto di trovare neve nella zona alta indosso
subito le ghette, e con calma e passo d’alpino inizio l’avventura. Il primo
tratto di carrareccia è esposto a oriente privo di neve. Baciato dal sole ammiro
le prime fioriture: primule, anemoni, crochi e geranio dei prati. È uno
spettacolo, passeggiando per comoda carrareccia osservo a occidente le
imbiancate rocce delle alpi di confine tra cui spicca il Malvueric e il monte Cavallo
da Pontebba. Le coste prative ospitano bellissimi stavoli, senza fatica giungo
a di casera Pramolina abbandonando la carrareccia che scende a Studena Bassa per
proseguire per il sentiero 429 che solca la cresta boschiva del Saccolomb. A metà
costone incontro la prima neve che a mano a mano che procedo si compatta
avvolgendo il versante settentrionale del monte. La neve è morbida e farinosa,
indosso i ramponi, ma solo per precauzione. Lungo il sentiero incontro gli
angeli della montagna: due guardie forestali che procedono in discesa, li
riconosco dalla divisa e dal berrettino grigio in lana indossato da uno di
loro. Il più anziano, sicuramente il più alto in grado ha un viso simpatico:
barbetta bianca, brizzolato occhi chiari, mentre il giovane è molto alto, occhi
scuri, moro, loquace e prodigo di consigli. Mi fermo a conversare chiedendo
informazioni sul proseguo. Mi informano che il procedere sarà arduo a causa
dello sprofondare del manto nevoso anche di un metro. Ci salutiamo augurandoci una
buona continuazione. Stavolta oltre a seguire i segni sugli alberi ricalco le
impronte delle due guardie forestali, le orme con l’innalzarmi di quota si
fanno sempre più profonde, in alcuni punti è come se nuotassi in un mare di panna,
procedere è faticoso ma non mollo. Mi guardo indietro e noto che in alcuni
passaggi delicati ho scavato con le gambe delle profonde trincee. Finalmente
l’ombroso bosco di faggi e abeti cede il passo al sole, sto per uscire allo
scoperto nel vasto pascolo e vengo investito dalla violenza della luce, un
bianco intenso mi abbaglia e allo stesso tempo riempie di felicità. La gioia è
incommensurabile, anche la neve è più calpestabile, cammino sulle dune, osservo
Magritte è felice di giocare come un bimbo. Dopo pochi metri incontro una
stalla in perfette condizioni, il resto dei manufatti è coperto dalla neve.
Vivo l’estasi del momento osservando la cresta del vicino Slenza Ovest e dietro
di esso le guglie imbiancate del versante orientale del Chiavals. Nessuna
descrizione può far rappresentare la bellezza del paesaggio che mi circonda.
Noto dietro la vegetazione di conifere la punta della cima, in un primo tempo
cerco seguendo una linea immaginaria di avvicinarmi alla vetta, ma il percorso
sotto gli abeti è ripido e affondo anche di un metro nella neve. Ritorno
indietro fino alla stalla e mi avvicino alla cresta che cerco di seguire
affidandomi all’intuito. L’impresa è ardua e in alcuni frangenti sono
scoraggiato nel proseguire. Percorrendo la cresta arrivo sotto un salto, esso è
esposto sia a meridione che a settentrione, non mi resta che inventarmi un
percorso che aggirando l’ostacolo mi porti in cima. Scavando con gli scarponi mi
apro un varco e con cautela aiutandomi con i rami della vegetazione conquisto
l’affilata crestina coperta da una coltre di neve. La percorro in equilibrio
stando attento di non camminare su blocchi di neve sospesi nel vuoto. Avvisto
l’originale croce in legno con disegno celtico con annessa cassetta in metallo
porta libro di vetta. Raggiunta la massima elevazione, sgancio lo zaino, e
insieme a Magritte mi godo il fantastico paesaggio. Le prime cime che noto sono
quelle sul versante meridionale del Chiavals, guglie dolomitiche imbiancate.
Apro lo sguardo all’orizzonte effettuando una panoramica a trecentosessanta
gradi, notando la vetta del montasio che fa capolino dietro lo Jof di Dogna.
Attimi che vorrei fermare in eterno, una forte emozione mi avvolge, da lupo mi
trasformo in aquila spiccando il volo nell’azzurro. Dopo aver apportato la
firma sul libro di vetta (dal mese di dicembre risale l’ultima nota) riprendo
il cammino scendendo con cautela dalla vetta e nel ripercorrere a ritroso la
traccia mi porto alla stalla da dove sono partito in precedenza. Do un’occhiata
alla mappa, anche perché non ci sono né sentieri e ne segni da seguire, tutto è
nascosto dalla neve. A occhio nudo osservo la radura che ha la forma di un
anfiteatro, di istinto seguo le tracce di un mammifero (forse un capriolo) che
mi portano a meridione e con gaia sorpresa raggiungo la malga “Casera Slenza
Alta”, un ultimo sguardo al paradiso bianco e mi innesto su un sentiero
seguendo le indicazioni di un ometto. La traccia ora è ben marcata, con una
lunga serpentina scende sul versante sud-est attraversando il bosco di conifere
fino alla malga di Casera Slenza Bassa. Breve sosta e illudendomi che il più è
fatto continuo a scendere per l’evidente carrareccia ancora innevata. Leggendo
la mappa dovrei trovare un sentiero che partendo da un tornante e tagliando il
versante meridionale del monte (da sud a nord) mi riporta in località Plans.
Effettivamente lo trovo il sentiero segnato con bolli in rosso, ma dopo averne
percorso un tratto qualcosa non mi convince, la traccia si biforca facendomi
perdere l’orientamento. Ci rifletto su e decido di non correre inutili rischi,
quindi ritorno indietro fino alla carrareccia che seguo fino a fine percorso,
ovvero nella località di Pietratagliata. Dalla località appena citata mi
innesto sul manto stradale della statale e risalgo la Pontebbana fino
all’imbocco di Pontebba, dove seguendo le indicazioni raggiungo la località di
partenza. Stanco per il contrattempo (grande ravanata) ma felice di avere salvato
anche oggi la pelle e la pelliccia di Magritte. Con calma mi preparo per il
ritorno, la sera mi aspetta una festa di compleanno che mi vedrà sicuramente
ospite silenzioso e assente (immerso nei ricordi). Prima di ripartire do uno
sguardo al paesaggio annusando nell’aria l’odore caratteristico delle stalle,
questo odore che mi riporta alla fanciullezza, quando di fronte a casa c’era
una stalla, e con il mio babbo e una bottiglia vuota si andava prendere il
latte fresco. Un attimo che mi porta lontano, la magia degli odori e dei sogni.
Giro la chiave, metto in moto e il sogno svanisce percorrendo la Pontebbana.
Il vostro
“Forestiero Nomade”
Malfa.
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