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venerdì 16 dicembre 2016

Cima Colombera 2066 m e Monte Tremol 2007 m.

 
                               Cima Colombera 2066 m e Monte Tremol 2007 m.

                         Note tecniche.

Localizzazione: Gruppo Col Nudo-Cavallo. Dolomiti Sinistra Piave.

Avvicinamento: Aviano-Pian Cavallo-Impianti Sportivi-

Punto di Partenza: Impianti sportivi 1283 m.

Dislivello: 736 m.

Dislivello complessivo: 761 m.

Distanza percorsa in Km: 8 km.

Quota minima partenza: 1283 m.

Quota massima raggiunta: 2066 m.

In: Solitaria con Magritte.

 Tipologia Escursione. Escursionisti Esperti dopo monte Tremol.

Difficoltà: E.E.A

Segnavia: CAI 993, bolli rossi, o semplici segni di passaggio con ometti.

Tempo percorrenza totale: 4 ore.

Fonti d’acqua: Nessuna.

Attrezzature: Cavi.

Cartografia consigliata. 012

Periodo consigliato: Primavera-Autunno.

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.

Data: 08 dicembre 2016.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa.

 
Relazione.

Cima Colombera e Monte Tremol da Piancavallo.

Le due vette erano in progetto da mesi, dopo aver percorso in estate gran parte dell’anello del Rondoi, avevo lasciato queste due cime per giorni migliori. Come tutti sanno l’otto dicembre è l’anniversario dell’uccisione di John Lennon, e per coloro che hanno amato la musica dell’artista di Liverpool è un giorno da ricordare, anche se triste. Per questo ne ho approfittato per andare sulla cresta solitaria, dove poter cantare in silenzio “Imagine”. Il giovedì mattina le stelle del firmamento illuminano il cielo. Fa molto freddo, anche stavolta il distacco dal piumone è stato crudele, avrei dato tutto per spostare la montagna da me, ma non essendo profeta mi tocca andare. Sono coperto fino all’inverosimile, sembro la copia del piumone versione ambulante, Magritte è felice di andare in montagna, si crogiola sotto il suo pelo. Comincia ad albeggiare che percorro i curvoni di Piancavallo, e non posso fare a meno di fermarmi e fare i complimenti a questa grande pittrice che è la natura. L’aurora è da mozzafiato, irreale, fantastica. Nel giorno di “Imagine” e della fantasia, quest’ultima viene superata dalla realtà. Giungo nell’abitato dell’altopiano, sosto l’auto presso il campo sportivo, indosso gli scarponi, zaino in spalle e sogni e Magritte al seguito, si parte. Seguo una piccola traccia che mi collega al sentiero 924, abbandono lo stesso che risale il costone e proseguo a sud seguendo la carrareccia. Poco dopo arrivo nei pressi dell’impianto sciistico, alla mia destra noto un sentiero bollato in rosso, lo seguo, dopo pochi metri di quota leggo una targa in legno con l’indicazione “Baita Arneri”, sono nella giusta direzione. Tra faggi risalgo l’erto costone fino a sbucare sotto la seggiovia ancora dormiente. Uscendo dal bosco mi ritrovo sulla parte superiore della pista da sci, la attraverso seguendo le rade tracce del sentiero, fino ad arrivare alla sua sommità. Odo una voce spaziale proveniente da un altoparlante (prove di collegamento), scorgo la grande navetta dell’impianto, simile ad un’astronave, qualcosa che maledettamente cozza con il paesaggio circostante. Raggiungo un edificio in legno, una piccola capanna circondata da neve artificiale. Mi avvicino al balcone panoramico, una figura femminile mi accoglie fuori dalla struttura della Baita Arneri. Ricambio al saluto, ella è davanti all’uscio che sorseggia una tisana, successivamente si siede sulla panca. Mi chiede dove vado, riconosco sotto le mentite spoglie della gestrice la dea Diana, che sovente appare ai viandanti per consigliare il tragitto più sicuro. Tra battute e scambi, ascolto la sua voce interiore che mi consiglia:<< Giuseppe, dove vai di bello, stai attento! Hai indossato la maglia di lana? I calzettoni pesanti? Hai l’acqua al seguito e abbastanza viveri?>> Più che una Dea oggi sembra la mia mamma, tanto che commetto un lapsus freudiano: Durante la conversazione addebito alla gentile signora dieci anni in più di quelli che effettivamente ha! Come sono strane le Dee, sicuramente durante l’escursione apparirà un'altra volta, la conosco bene! Terminata la piacevole conversazione con la gestrice del rifugio proseguo verso la meta.  A nord del rifugio, presso una roccia è posto un cartello con le indicazioni per il monte Tremol. Il sentiero ben marcato tra le balze erbose aggira il costone, portandomi in breve nella Valle di Sass. Degli ometti posti in modo accurato mi invitano a seguire la linea di cresta.  Superato un ripetitore comincio la bellissima salita sulla cresta del Tremol. La temperatura si alza, sul versante orientale scalda abbastanza. Poco prima della vetta, riappare la Dea Diana nelle sembianze di un bel camoscio, si ferma e mi saluta: << Ciao Beppe, so che mi hai di nuovo riconosciuta, oggi è una bellissima giornata, per volare, immaginare, vola e vai con il tuo Dio! È un bel dì per sognare.>> Con queste frasi che mi ricordano i titoli di alcuni film, ella si congeda da me e con un bel salto sparisce tra le rocce. Poco dopo raggiungo la piccola cima del Monte Tremol e con essa l’inizio del sogno. Le cime che circondano la val Sughet sono fantastiche, e dire che una è più bella delle altre è solo puerile, nell’insieme rasentano il sublime. Mi fermo ad osservare il cielo azzurro, dove intravedo il volto di John che canta:

Immagina che non ci sia il Paradiso
prova, è facile
Nessun inferno sotto i piedi
Sopra di noi solo il Cielo
Immagina che la gente
viva al presente…

Immagina non ci siano paesi
non è difficile
Niente per cui uccidere e morire
e nessuna religione
Immagina che tutti
vivano la loro vita in pace…

Puoi dire che sono un sognatore
ma non sono il solo
Spero che ti unirai anche tu un giorno
e che il mondo diventi uno

Immagina un mondo senza possessi
mi chiedo se ci riesci
senza necessità di avidità o fame
La fratellanza tra gli uomini
Immagina tutta la gente
condividere il mondo intero…

Puoi dire che sono un sognatore
ma non sono il solo
Spero che ti unirai anche tu un giorno
e che il mondo diventi uno.

Non sei solo John, anch’io immagino tutto questo in questo istante. Così riprendo l’escursione, mi fermo vicino la piccola croce della cima, apro il tubo porta libro, apporto il timbro dell’alta via sul mio taccuino. Firmo il libro di vetta e proseguo lungo la cresta, come vorrei che essa fosse infinita! Così raggiungo la seconda cima di pochi metri più alta (cima Colombera), e da essa osservo le cime, regine della Val Sughet. La cima Palantina e cima Manera sono piene di escursionisti, oggi tutti sono Re. Altra piccola croce, altro tubo porta libro e timbro dell’alta via. Intanto sul monte Tremol sono giunti altri escursionisti, mi diletto a fotografare le loro sagome. La cresta crea queste immagini meravigliose. Il mio proposito iniziale è di proseguire lungo l’alta via e dopo aver raggiunto la base del Cimon di Palantina e girare a sinistra scendendo lungo la sua cresta per raggiungere la forcella omonima e rientrare. Così con Magritte ci avviamo. Sin da subito notiamo che non è uno scherzo, la cresta è affilata, articolata e con tracce di neve, che rendono tutto pericoloso. Ma noi da indomiti si va avanti, così superiamo molti salti, fino ad arrestarci nel tratto attrezzato. Posso chiedere di tutto a Magritte, ma non certo di volare. Trovo un paio di passaggi molto esposti, dove l’unico aiuto è un cavo volante, ma senza appoggi. Per il superamento necessito di un imbrago che non ho a seguito. Ritorniamo indietro e riconquistata la cima di Colombera, si passa al piano SM, cioè “Se Magna”. Nel frattempo nella cima giungono escursionisti. Magritte da ottimo cane da guardia crea intorno allo zaino una zona “Off Limit” dal diametro di cinquanta metri, pena per chi osa passare di essere sbranato all’istante. Consumato il gustoso pranzo, si rientra. Imbocco il sentiero dell’andata, stavolta osservando le zolle erbose a meridione, sperando di scovare qualche sentiero che mi risparmi la cima del Tremol. Evviva!! Trovato! Ho l’istinto dello stambecco, scorgo un canalone che scende a meridione, e tra le zolle noto impronte umane, per divenire successivamente gradinato. La traccia scende a metà tra i due monti e in basso diventa un comodo sentiero indicato da simpatici ometti. Ho sempre pensato che l’intuito sposato all’esperienza spesso rasenta la chiaroveggenza. Raggiungo il centro della valle dove è sita l’altra astronave (rifugio). Seguendo la pista da sci mi ricollego al sentiero dell’andata che in breve mi riporta alla Baita Arneri, ora affollatissima di villeggianti. Scendo giù velocemente per il sentiero dell’andata. Lungo la discesa ammiro una giovane mamma escursionista, zizzagare sul prato, con il suo piccolo sulla schiena, mi diverto a immaginare cosa ella racconta alla sua creatura. Fantasticando sugli episodi della bella escursione un pensiero vola al camoscio incontrato sulla cresta, e un altro vola ai caproni che avrei visto di sera, i “Krampus “. E così, via! Più veloci della luce, verso nuove mete.

Il vostro “Forestiero Nomade”

Malfa.

 
























































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