Monte Cimon 2422 metri, dai Piani di
Vas.
Note tecniche.
Localizzazione:
Gruppo Siera - Forata
Avvicinamento:
Tolmezzo-Ovaro-Rigolato- Dal centro di Rigolato indicazioni per Laudaria-Piani
di Vas, ampio parcheggio quota 1250.
Punto di Partenza:
Piani di Vas, ampio parcheggio quota 1250.
Tempi di
marcia escludendo le soste: 6 ore.
Dislivello
complessivo:1314 m.
Distanza
percorsa in Km: 19.00 km.
Quota minima
partenza: 1250 m.
Quota
massima raggiunta: 2422 m.
Condizioni
Meteo: Eccellenti
Segnavia:
CAI -228 a; 227; 229. Un paio di paletti e qualche raro ometto.
Fonti
d’acqua: Ultima presso la Casera di Tuglia.
Difficoltà: Escursionisti
esperti con qualche nozione base di alpinismo.
Attrezzature:
Cartografia
consigliata. Tabacco 01
Data: 19
dicembre 2015
Condizioni
del sentiero: Ben marcato e curato fino alla Casera di Tuglia, selvaggio dalla
casera fino al passo. Inesistente per il Cimone, solo radi bolli rossi e blu e
ometti.
Il vostro “Forestiero
Nomade”.
Malfa.
Relazione:
Monte Cimon,
un vecchio desiderio trasformatosi in un escursione da sogno. Anni fa
curiosando in un sito per escursionisti, fui attratto da una foto in
particolare, un ripido piano erboso che terminava con una cresta rocciosa (il
Passo di Entralais e la cresta orientale del Cimon). E’ inspiegabile il motivo
per cui alcune montagne ti attirano e altre no! Ma con lo sguardo osservavo
quella foto e ne risalivo la cresta. Leggendo le mappe e alcune relazioni
capivo che non ero preparato tecnicamente all’impresa. Questa estate ho tentato
l’impresa, ma sbagliai punto di attacco, ero stato precipitoso, la frenesia
della conquista mi ha aveva accecato la logica, con il conseguente fallimento
dell’impresa. Un’ora a girare a vuoto e non trovare l’attacco per salire la
cresta. A casa dopo aver osservato accuratamente le foto, scoprii dove avevo
errato. Mi ero spinto troppo a sud-est dopo il passo di Entralais. Leggendo
alcune relazioni ho compreso che è facile non trovare le rare tracce. Nelle
ultime escursioni che mi hanno portato nella valle di Sappada, ho sempre
ammirato la catena Montuosa del gruppo della creta Forata, e in special modo la
creta del Cimon. Al rientro dell’ultima escursione (monte Palombino) ho anche dialogato
con essa.
<<Buona
sera signora, rientro a casa, siete sempre meravigliosa, ma penso che vi neghereste
di nuovo se io fossi così sfrontato nel riprovarci?>>
<<Buonasera
a te forestiero, ammiro la tua perseveranza, provare non nuoce, ti aspetto, a
presto!>>
A queste parole,
la mia già fervente fantasia è volata per una settimana, sicuro di provarci ero
solo indeciso da quale versante salire. Dal versante meridionale partendo dalla
Val Pesarina avrei allungato di 300 metri il dislivello, ma avrei risparmiato
di portarmi al seguito i ramponi. Dal versante settentrionale avevo l’incognita
della neve, ma risparmiavo sul dislivello. Dubbioso fino all’ultimo, decido di affrontarlo
di nuovo dai Piani di Vas, e partendo un’ora prima del solito.
Giunge il
fatidico giorno, sveglia nel cuore della notte, lasciato il caldo giaciglio, e
davanti ad una tazzina di caffè cerco di coinvolgere anche il corpo oltre la
mente della validità dell’’impresa (freddo e sonno sono sempre cattivi
consiglieri). Con Magritte al seguito si parte sotto un cielo stellato, la
strada fino ad Ovaro scorre quasi monotona. Il corpicino inerme di un
animaletto notturno giacente al centro dell’asfalto presso Cornino mi
rattrista, e non poco. Giungo nei Piani di Vas che è ancora notte, spente le
luci dell’auto non vedo nulla, solo le stelle e la luna, lassù nell’infinto.
Allaccio gli scarponi, zaino in spalle si parte. Destinazione: Creta del Cimon
o “dell’Entralais”. Al buio risalgo la strada forestale sul margine innevato,
evitando di scivolare sui strati di ghiaccio! Dopo pochi chilometri a passo
spedito raggiungo Casera Campiut, comincia ad albeggiare, e l’aurora tinge di
rosa il cielo. Conosco bene il sentiero, questa estate l’ho ripercorso più
volte, e rimando l’eventuale descrizione alla relazione sul Passo di Entralais
del 27 settembre dell’anno corrente. Da segnalare la morbida neve che ne
riveste alcuni tratti, soprattutto prima di giungere nella sella di Tuglia per
sentiero CAI 227. Il piano erboso nei pressi della casera di è ricoperto di
neve, proseguo evitando di passare da essa, tagliando per prati, così raggiugendo
la carrareccia sottostante. Superato un torrente totalmente ghiacciato scorgo
l’inizio sentiero del 229, che risale il selvaggio e ripido costone di Larici.
Alcuni tratti del sentiero sono nascosti dalla neve o sbarrati da schianti, procedo
a memoria mirando a sud est fino a ritrovare la traccia marcata. Uno sguardo al
vertice della conca mi permette di valutare la presenza di neve, è tutto ok! Non
scorgo tracce di nevai, quindi si prosegue con tranquillità. Superato il catino
di ghiaie e rocce posto alle pendici del versante meridionale del Cimon, risalgo
il teatro spettrale popolato da guglie gotiche. Le ben marcate cenge mi aiutano
nella progressione. Poco prima di raggiungere un passo noto un uccello
solitario in controluce, non è intimorito dalla mio sopraggiungere, lo
immortalo con la reflex, un tocco di poesia nella fredda valle. Negli ultimi
metri prima della forcella sono posti dei cavi per agevolare il superamento,
poco dopo si giunge al Passo di Entralais. Non faccio in tempo a passare l’intaglio
nella roccia che vengo investito da una potente luce, per un attimo non vedo
nulla, sono passato dall’ombra alla luce in una frazione di secondo. Come rinascere,
un emozione indescrivibile. Breve sosta sulla Passo dell’Entralais, estraggo
dallo zaino una fotografia del versante orientale del Cimon, su di essa sono
segnati due tracce, una in rosso che è
la più esposta e risale la cresta che si aggetta a settentrione, la meno impegnativa
segnata in blu risale un canalone fino a ricollegarsi con la traccia segnata in
rosso. Dal passo due paletti invitano a seguire il percorso più esposto segnato
in rosso. Per il percorso segnato in blu si risale il pendio erboso e superata
una placca inclinata la si aggira deviando a destra per balze erbose si
raggiunge il letto di un canalone, segnato con un ometto. Il canalone appare parzialmente
innevato, lo si risale superando alcuni passaggi di primo grado. Raggiunto il
tratto finale, scavo con gli scarponi tra la dura neve, creandomi un passaggio,
fino a scorgere sopra di me una piccola cengia che proveniente dal tratto di
cresta aggira uno spuntone roccioso,
portandosi sul versante meridionale. Il prosieguo da questo tratto appare
audace e adrenalinico, quindi ho deciso di lasciare Magritte insieme allo zaino
su un fazzoletto d’erba che sovrasta un esposto pulpito. Al seguito mi porto
solo i bastoncini telescopici e una sacca con all’interno una banana. Un saluto
al caro Magritte, che mi guarda rassegnato e con la speranza di ritornare e
riprenderlo, parto per il tratto più avventuroso! Superata l’esile e infida
cengia che aggira l’esposto sperone, giungo ad un intaglio, dove mi devo calare
un paio di metri per un passaggio di I grado superiore. Superato l’ostacolo
scendo per esile traccia alcuni metri per poi risalire la parte superiore di un
canalone e il successivo ripido ed esposto catino erboso; così raggiungendo una
piccola forcella esposta sui baratri del versante settentrionale. Dalla
forcella scorgo alla mia sinistra un ometto che mi indirizza su una cengia che
taglia in diagonale lo sperone roccioso, fino a portarmi sulla cresta. Splendida
visione sul ripido e inerbito versante meridionale. Gli ometti mi consigliano
di percorrere l’affilata cresta ad occidente, con cautela e d equilibrio supero
la prima crestina affilata per poi scendere alcuni metri sul versante
meridionale e risalire in cresta superando un inclinata cengia con passaggi di
primo grado. Superato quest’ultimo ostacolo mi ritrovo sull’esile e aerea cresta
che percorro in equilibrio fino a raggiungere l’anticima del Cimon (Ometto). La
meta è davanti a me, scorgo sul cupolone sommitale una piccola croce. Percorro
gli ultimi metri che mi separano da essa, seguendo un‘esile traccia sul
versante meridionale che abbassandosi di alcuni metri costeggia a destra l’affilata
cresta; risalendola per il ripido pendio erboso fino alla croce di vetta. Grande
emozione, un sogno si è realizzato, con i ricordi volo lontano. Il paesaggio è
bellissimo, uno dei più belli del Friuli, la cresta continua davanti a me, e
poco più avanti vedo il granitico corpo della creta Forata, e oltre il monte
Siera, e in fondo la Terza Grande, La creta di Mimioias. Alle mie spalle a
oriente la creta di Fuina, a settentrione guardando in senso antiorario ammiro
le regine delle Giulie e della Carnia. Tra di esse spiccano il gruppo del Coglians,
del Peralba, il monte Lastroni e il Monte Rinaldo, e dietro di essi i recenti
amori delle crode dei Longerin, del Palombino, del Cavallino. A meridione
guardando ad occidente il gruppo del Bivera-Clapsavon, il Tiarfin, e il gruppo
del Col gentile e dietro di esso il monte Veltri. Sfoglio questo bellissimo
album dei ricordi, quasi tutti recenti, tanti amori vissuti. Come sarebbe
stupido scrivere quale è la montagna più bella di quest’anno, o degli anni
passati. Davvero insensato sarebbe! Se ne facessi un’ipotetica classifica, la
più bella sarebbe sicuramente sempre l’ultima, perché ne precede un ‘altra, e
un’altra ancora. E’ come chiedere a chi vuoi più bene dei tuoi figli? Anche se
qualcuno lo fa. Io, le “montagne” ho amate tutte, e le amerò tutte allo stesso
modo, rispettandone le diversità morfologiche, calpestando i loro sentieri allo
stesso modo, raccogliendo le immondizie dei presunti amanti, e abbandonandomi
all’amplesso della conquista con egual piacere. La montagna per me è un entità
astratta, un “Dio”, che adoro e so che ricambia il mio amore, la mia passione,con
la stesa intensità. Ecco la parola magica “passione”!. Come si fa ad andare in
montagna e non avere passione, cosa si può definire un uomo senza passione o
passioni? Non cerco gratificazione alcuna, ne sentirmi dire bravo, e un po’
schifo mi fanno quelli che si additano conquiste presunte, imbucandosi in
gruppi, o peggio, mentendo a se stessi. Non puoi ingannare un Dio, saresti
stupido, ignobile. Andare in montagna costa fatica, preparazione, meditazione,
non è facile raggiungere il suo cuore, e non divido con altri, i pericoli, la
paura, ne condividerò suo amore, e non decanterò successi mai avuti, o carezze
mai ricevute. Il panorama che si scorge dal Cimon è commovente, mi gusto il
sapore della libertà, consumando il frutto che mi sono portato al seguito. La
piccola cresta è materializzata da croce spartana legata con lacci, un cilindro
in cemento goniometrico, e una piccola cassetta in metallo piantata per terra.
Dentro di essa trovo delle buste in plastica, e al posto del libro di vetta
solo sparuti fogli, addirittura tra di essi uno scontrino fiscale. E’ tutto semplice,
laconico, e tutto questo ti fa pensare. Scatto le ultime foto e riprendo il
cammino verso il rientro, con cautela a ritroso superando i passaggi più delicati,
e così ricongiungendomi con Magritte, che ho trovato un po’ scorso, tremante,
fosse pensava che lo avessi abbandonato? Con cautela ho ridisceso il canalone, guadagnando
il Passo di Entralais, dove finalmente ho effettuato la meritata sosta. Sfamo l’amico,
e osservo da posizione comoda la cima che ho appena percorso. Mi rendo conto di
aver provato l’ebrezza della libertà, senza zaino e pesi volavo su le creste, è
stata un‘esperienza unica. Bacio con lo sguardo quelle bianche rocce che tanto
ho bramato, e tanto mi hanno fatto sognare. Osservo la piuma di gabbiano legata
all’elastico insieme alla piccozza, volgo lo sguardo dall’altra parte verso i
ripidi erbosi della Creta di Fuina, chissà forse il prossimo anno. Un luccichio
a questo pensiero illumina il mio sguardo di lupo solitario, eh sì! Ho una nuova
meta, una sogno da conquistare, ma ci penserò dopo. Indosso lo zaino,
riprendendo il cammino per il rientro, calandomi nelle oscurità del versante settentrionale,
con le sue guglie severe e tetre. La temperatura si abbassa notevolmente,
giungo ai Piani di Vas all’imbrunire, la luna nel cielo mi dà la buonanotte. La
dolce notte di un lupo, che ha vagato pe le cime dei monti, in compagnia del
suo più grande amore, “la libertà”
Il vostro
Forestiero Nomade”
Malfa.
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