Monte Avostanis- 2193
–Timau 2217.
Note tecniche.
Localizzazione: Alpi Carniche Centrali.
Avvicinamento:Tolmezzo- Valle del But-Paluzza- Cleulis-
indicazioni per la foresta di Pramosio- Malga Pramosio.
Punto di Partenza: Malga
Pramosio
Dislivello complessivo: 905 m.
Distanza percorsa in Km: 9,5 km.
Quota minima partenza: 1520 m.
Quota massima raggiunta: 2217 m.
Condizioni Meteo: Eccellenti.
Segnavia: CAI 402.
Fonti d’acqua: Numerosi torrenti.
Difficoltà: Escursionistico
Attrezzature: Breve cavo sotto la cima di Timau.
Cartografia consigliata. Tabacco 09.
Data: 01 gennaio 2016.
Condizioni del sentiero: Bene segnato e marcato
Il vostro “Forestiero Nomade”. Malfa.
Relazione.
Primo giorno dell’anno con il sole, questo promettevano le
previsioni meteo, e questo è stato! Meta prescelta per la gita in montagna il
laghetto di Avostanis, sopra Casera Pramosio, l’ideale per sognare.
Passata la nottata del “Capodanno”, la mattina siamo pronti!
La mia signora, il fido Magritte ed io, per affrontare la prima uscita
dell’anno. Si arriva nei pressi di Timau, che è mattino inoltrato, un’auto ci
precede lungo la strada forestale che porta alla malga di Pramosio. Si alza tanta
di quella polvere che sembra di stare nel deserto, mai vista una simile
situazione in montagna. Arrivati alla malga, dopo aver posteggiato l’auto, ci approntiamo
per l’escursione. Il paesaggio circostante è brullo, presenti sparute chiazze di
neve sui versanti settentrionali dei monti. Una leggera velatura di nuvole
tinge il cielo azzurro, la temperatura è fresca, sopportabile e con il passare
delle ore diventerà mite! Si parte, lungo la comoda forestale che dalla Malga
porta al laghetto di Avostanis, passo lento e sguardi contemplativi, la
magnificenza del luogo merita un religioso silenzio! Osservo le cime,
leggendone sui fianchi i disegni, le mulattiere di guerra sono ancora evidenti
dopo un secolo, interrompo il silenzio fischiettando dei motivetti degli
alpini. Ne percepisco la presenza, ma non odo il rombo dei cannoni, né le
mitragliatrici. E’ il primo dell’anno di cento anni fa, hanno interrotto i combattimenti,
i soldati ridono, scherzano, si prendono in giro, malgrado la guerra c’è aria
di festa. Qualcuno da lassù fa tintinnare i mestoli, il rancio è pronto, chi in
ordine e chi in disordine corrono verso le marmitte, oggi doppia razione.
Questi miei pensieri silenziosi mi accompagnano lungo la non
faticosa salita, guardo la mia signora sognante e il mio cane felice di correre
nelle brune praterie!
Si arriva al laghetto di Avostanis, come immaginavo
totalmente ghiacciato, con cautela superiamo il torrente di emissione,
risalendo fino al ricovero della casera di Pramosio alta! Qui la mia consorte
decide di fermarsi, chiedendo la compagnia di Magritte, che mal volentieri
obbedisce! Estrapolo dallo zaino una nuova sacca, metto dentro lo stretto
necessario (un pile e un paio di piume) e parto per la prima cima, monte Avostanis.
Davanti la casera parte un sentiero che aggirando la malga
risale il pendio erboso, allontanandosi dal laghetto. Il paesaggio, passo dopo
passo è sempre più affascinante. Incedo lentamente, preso a catturare gli
attimi con la reflex. Il sentiero segue quello che rimane di una vecchia
mulattiera di guerra, una serie di tornanti che in breve mi porta nell’ampia sella
che collega il monte Avostanis con la creta del Timau. Un rudimentale piedistallo
in metallo mi fa da cavalletto per un autoscatto, sullo sfondo il maestoso massiccio
del Coglians non ancora innevato. Nel frattempo sopraggiungono dei giovani
dalla piccola forcella del Timau, hanno un passo spedito, senza zaini, mi
lascio superare. Osservo questa bella
gioventù, i loro sorrisi sparsi nel vento, baciati dal sole, mi fermo di
proposito a fotografarli. Per un’istante sono spettatore di un sogno che non mi
appartiene. Dall’ampia sella una traccia svolta a destra in direzione nord-est,
risalendo l’erto e scosceso pendio erboso, che superando manufatti bellici
della “Grande Guerra” (trinceramenti) raggiunge la massima elevazione. La cima
è materializzata da una piccola croce in legno e un da un cilindro in metallo
per il libro di vetta! Saluto la bella gioventù, inebriandomi dei loro sorrisi
e del panorama. Tiro fuori dalla sacca le due piume (una d’aquila e l’altra di
gabbiano), che ben rappresentano metaforicamente la mia dicotomia, il mio essere
funambolo. Ammiro le cime circostanti, una lunga serie di foto, attimi di
silenzio e mi avvio per l’altra meta (la creta del Timau), congedandomi dalla bella
compagnia. La meta che mi appresto a scalare non era in programma, ma sto fisicamente
bene, sono carico, e poi è lì davanti al mio orizzonte. Riguadagnata la sella
mi avvio in direzione sud ovest, scendendo alcuni metri fino ad un esile
crestina sormontata da un trinceramento con feritoie. Subito dopo affronto il
tratto più delicato dell’escursione. L’esile traccia risale il versante
settentrionale di un costone per roccette, e spostandosi a meridione procede
per un esposta cengia, lambendo una caverna artificiale. La cengia mantenendosi
aerea risale l’esposto pendio erboso superando un’affilata cresta con caverne
artificiali (baraccamenti bellici), fino a portarsi in prossimità del cupolone
sommitale. Dall’alto do uno sguardo al sottostante laghetto, scorgo in
lontananza la mia compagna, sento abbaiare il fido. Volto le spalle al lago e procedo verso la
cima, ora la traccia si abbassa a meridione, congiungendosi con la mulattiera
che sale direttamente dalla casera Pramosio. Ricordando il sentiero che feci
anni fa, mi appresto a raggiungere la cima. Negli ultimi metri la mulattiera
scavata nella roccia supera un tratto franato, (forse da dove è caduto giorni
prima uno sfortunato escursionista)! Penso: << Non ti devi mai
distrarre!>>. Affronto l’ultimo tratto, un cavo che attrezza un passaggio
infido tra roccette (I grado). Finalmente raggiungo la cima, inerbita con la
caratteristica croce, sembra un simbolo della pace. Il paesaggio cambia poco
rispetto alla precedente cima, essendo di pochi metri più alta. Scorgo la targa
in memoria di Davide Cattellan e i ricordi volano lontano. Lo sfortunato spirito
solitario morto nei pressi di questa cima a causa di un incidente il 2 luglio
del 2012. E il pensiero vola anche a Flavio Molinaro, ieri cercando informazioni
sull’Avostanis nel web, mi sono imbattuto sulla suo blog, ho ammirato le sue
foto. Il volto sorridente di un amico mai incontrato, di cui conservo alcune
conversazioni, anche lui uno spirito libero! Chissà perché quando gli “Spiriti
Liberi”, volano per l’ultima volta, lasciano un vuoto incolmabile, ciao Flavio,
Ciao Davide. Dopo queste riflessioni lascio la cima dopo aver raccolto un
sassolino, il più umile, il più insignificante, da portare con me, nel mio
universo, dove tutte le cime sono riunite in un fazzoletto di terra.
Ripreso il calmino verso il laghetto di Avostanis, mi lascio
accarezzare dal sole, sicuramente l’ultimo per un po’ di tempo, per comoda
mulattiera mi avvicino alla meta, pensando a questo bellissimo inverno estivo! Abbandono
la mulattiera per seguire una delle molteplici tracce che portano al catino
sotto la parete di roccia che sovrasta il lago, fino a raggiungere il bordo
ghiacciato di quest’ultimo. Chiamo la mia signora, invitandola a raggiungermi,
e provo l’emozione di camminare sullo strato trasparente, è magico! Tutto intorno
è la meraviglia del luogo, le due cime appena conquistate, la comitiva di
giovani, curiosi a fotografare e dilettarsi! Ci spostiamo presso un tavolo
attrezzato, mi siedo a consumare il pranzo, guardando la casera, e i giovani
incontrati prima in cima che si apprestano dopo aver raccolto le vettovaglie a
lasciare il sito. Il sole comincia a tramontare tingendo di rosso i monti, con
calma, molta calma ci avviamo al rientro. Lasciandoci baciare dal sole, ora
tiepido. Un ultimo sguardo ad un paesaggio estivo, che ora mentre scrivo sarà sicuramente innevato, mantenendo tutta intatta
la sua magia.
Il vostro “Forestiero Nomade”.
Malfa.
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